Che cosa è il nichilismo?
Prima Parte (1/5)
Prima che nascessero i monti e la terra
e il mondo fossero generati,
da sempre e per sempre Tu Sei, Dio
Sal 90,2
Bisogna che ne parliamo
Il Santo Padre, nell’omelia della Messa celebrata il 1° novembre scorso per la proclamazione di San John Henry Newman a Dottore della Chiesa, ha segnalato la necessità di «liberare l’umanità dall’oscurità del nichilismo, che è forse la malattia più pericolosa della cultura contemporanea, perché minaccia di cancellare la speranza». Il Papa ha ripetuto quasi alla lettera quanto disse già Papa Francesco il 21 novembre dell’anno scorso in un discorso all’Assemblea plenaria del Dicastero per la Cultura e l’Educazione. Disse infatti che «il nichilismo è forse la piaga più pericolosa della cultura odierna perché è quella che pretende di cancellare la speranza».
È la prima volta che compare nel Magistero della Chiesa la segnalazione del male del nichilismo. Chi conosce la storia delle idee, sa che nel passato fu chiamata «nichilista» una corrente di pensatori russi del sec. XIX, i quali si designavano nichilisti volendo significare con questo termine un rifiuto dell’esistente, che abbisogna di essere totalmente rinnovato, la necessità di un’azione rivoluzionaria che annientasse le basi del presente sistema politico, sulla base della convinzione che la volontà umana è tanto potente, da poter distruggere e annientare l’essere e ricostruirlo e ricrearlo, così da operare nella società e nell’umanità un rinnovamento talmente radicale, da assicurare a tutti una tale libertà ed onnipotenza sull’essere e sul nulla, così da rinnovare radicalmente la realtà, la società e l’umanità, così da renderla capace di operare sull’essere e sul nulla, e da assicurare a tutti una libertà assoluta sull’essere e sulla realtà, di annullare o creare a proprio piacimento tanto l’essere che il nulla.
Naturalmente Papa Francesco e Papa Leone usando il termine nichilismo non hanno inteso riferirsi alla suddetta concezione, che oggi nessuno sostiene, e tuttavia tale concezione ha messo in circolazione un certo concetto di nichilismo, che, senza arrivare alla follia di quelle idee, ha assunto oggi un certo credito e significato che è degno di considerazione, significato che è quello al quale i due Pontefici si riferiscono e che vorrei chiarire in questo articolo perchè noi possiamo ottemperare adeguatamente al grave avvertimento che ci viene da loro.
C’è il nichilismo nella Scrittura?
Il termine «nichilismo» non compare nella Scrittura, ed essa non fa speculazioni sul nulla, supponendo che tutti sappiano che cosa è il nulla, ma il concetto che esso esprime, nella sua valenza ontologica, logica, gnoseologica e morale è illustrato in vari modi e con la massima efficacia e appare come una delle nozioni fondamentali del messaggio biblico, improntato a uno straordinario senso dell’essere e della realtà e quindi, per conseguenza, alla coscienza di che cosa è il nulla, come esso è connesso con la creatura e quanto danno fa la privazione di essere, cioè il male, il cui rimedio è una ricreazione dell’essere.
La «vanità delle vanità» della quale parla il Qohèlet sembra essere un motivo nichilistico. Si tratta della confessione amara di un uomo scoraggiato e deluso, abbattuto e depresso e tentato di disperazione, In queste condizioni si perde l’oggettività dello sguardo, per cui tutto sembra svanire, perdere di senso e cadere nel nulla.
Il Bibbia ha comunque chiarissimo il concetto del nulla e ne parla più volte con molta profondità ed esattezza metafisica, in opposizione all’essere o all’esistere[1]. Parlando della creazione fa riferimento al fatto che Dio crea dal nulla o dal non-essere[2].
La Bibbia ha anche la chiara percezione dell’analogia dell’essere, cioè del fatto che insieme con Dio, al di sotto di Lui e in dipendenza da Lui, creati, ordinati e mossi da Lui, esistono molti e diversi enti, esistenti analogicamente, similmente o diversamente, benchè inferiormente, a come esiste Lui, enti che non sono l’essere, ma hanno un essere per partecipazione, essere creato, finito, permanente o corruttibile.
Cristo poi ci parla di una creatura spirituale, intelligente ma malvagia, il demonio, spirito astuto, menzognero ed omicida, spirito superbo, sleale e disonesto, maestro di finzione ed ipocrisia, spirito che mette assieme il sì e il no, spirito di doppiezza che ci spinge a servire a due padroni, spirito di disobbedienza, di ribellione, di negazione, di contraddizione, spirito demolitore, disfattista, corrosivo, spregiatore dell’essere che entifica il nulla, fa sembrar vero ciò che è falso, denigra e disprezza la verità e sostituisce l’apparenza alla realtà, dà corpo alle apparenze, confonde l’essere col pensiero, crea nelle menti il dubbio, la confusione e la critica corrosiva, lo sconcerto e lo smarrimento o la disperazione, la superbia e l’arroganza, spirito che odia la luce e ama le tenebre, divide ciò che è unito e confonde ciò che è distinto, spirito ingannatore e seduttore, che crea il disordine laddove c’è l’ordine, fa credere che sia nullo ciò che ha valore, illude, toglie la vista e crea nell’uomo il disgusto per le cose dello spirito, lo spinge a disobbedire, a ribellarsi, alla doppiezza, alla distruzione, all’odio, alla violenza e alla guerra.
Nella Scrittura la figura dell’ipocrita potrebbe essere paragonata a quello che oggi chiamiamo nichilista, in quanto fa apparire vero ciò che è falso. L’ipocrisia è compagna della menzogna, la quale è negazione o spregio dell’essere in quanto pensato, che si traduce in pratica nella soppressione o disprezzo della vita, ossia nella violenza, nell’odio e nell’omicidio.
A sua volta l’ipocrisia, per la Scrittura, suppone la superbia, l’empietà e la disobbedienza a Dio. Nella superbia l’uomo assolutizza sé stesso e si mette al posto di Dio. L’uomo, che è nulla indipendentemente da Dio e senza Dio, ma esiste solo perchè è da lui creato dal nulla e da Lui mantenuto in essere, entifica il suo nulla come se fosse essere, nega l’essere divino e quindi disobbedisce a Dio sostituendo con la sua propria volontà la volontà divina.
Per la Bibbia, il superbo è l’empio e l’incredulo: empio, perché non rende a Dio il culto che Gli è dovuto; incredulo perché non crede a Dio e non si fida di Lui, disubbidendo alla legge divina. Siccome Dio è la luce dell’uomo, il superbo per la Bibbia, ama le tenebre e da Dio è cacciato nelle tenebre (Mt 8,12, 22,13; 25,30; II Pt 2,17; Gd 6).
Per la Bibbia, se Dio è misterioso e avvolto da una nube che impedisce di vederLo faccia a faccia, non vuol dire che Egli sia del tutto oscuro alla vista o inintellegibile o addirittura contradditorio o contro la ragione. Non vuol dire che non possa essere oggetto di concetto ed espresso nella parola, ché anzi il Verbo divino ci parla di Dio con parole e concetti umani e ce Lo fa limitatamente comprendere, benché Egli nella sua infinità resti incomprensibile.
Ma non bisogna confondere la «notte oscura» della quale parla San Giovanni della Croce con le tenebre dell’inferno. Non bisogna confondere la mistica con l’ateismo. E il panteismo, che sembra l’esaltazione di Dio, in realtà è una smargiassata e una mostruosa superbia che nasconde nel proprio nulla il vuoto del nulla.
Per la mistica della Scrittura Dio non è il buio dove non si vede niente, ma è la luce nella quale vediamo la luce. Egli nella vita presente è una luce che brilla nelle tenebre per diventare, se Gli obbediremo, una luce sfolgorante in paradiso, benchè sempre rimanga anche lassù un margine di mistero ben comprensibile, data l’infinità del suo essere rispetto alla finitezza della nostra intelligenza. Il nichilismo, per la Scrittura, è l’amore per le tenebre proprio dei malvagi.
Che cosa è il nichilismo per la Bibbia rappresentato dall’immagine delle tenebre? È la volontà di accecare, di mentire, di creare confusione, di ingannare. Le tenebre sono l’immagine dell’eterna dannazione così come la luce è l’immagine del paradiso e della beatitudine. I beati vedono Dio. I dannati hanno la vista del demonio, di colui che li ha ingannati e dal quale si sono lasciati ingannare.
Il nichilismo, per la Bibbia, è la sfiducia in Dio, è la disperazione di coloro che non sperano in una vita eterna dopo la morte e non attendono la venuta di Cristo, anzi o non ci credono o non la vogliono affatto. È la sorte di coloro che distolgono lo sguardo da Dio, che non vogliono vederLo e che preferiscono volgere lo sguardo alla creatura o a se stessi, al proprio io.
Ebbene, costoro la Bibbia li giudica immersi nelle «tenebre» e fautori di tenebra. Sono i nichilisti. Li considera dei ciechi, ma non i ciechi che implorano Dio per acquistare la vista, ma dei ciechi che non vogliono vedere e credono o danno ad intendere di vedere meglio di coloro che vedono.
Questa tenebra è quella nella quale sono immersi gli empi e i superbi. La tenebra divina, invece, non vuol dire altro che Dio nasconde in sé un’infinità di essere e di verità, che è infinitamente oltre o al di là di quanto noi, col nostro limitato intelletto, anche nella visione beatifica, potremo mai vedere.
E questo è del tutto logico, se è vero che noi siamo finiti e Dio è infinito. Vedremo sì l’Infinito, ma Lo vedremo finitamente, Totus sed non totaliter. Ci uniamo all’Infinito, ma non diventiamo l’Infinito. Chi pretendesse di vedere l’infinito infinitamente, come i panteisti, è punito dalla Bibbia con l’essere gettato nelle tenebre, è punito col nichilismo, quel nichilismo che egli per primo ha praticato accecando gli altri, e chiudendo gli occhi superbamente all’infinità di Dio e facendo Dio del proprio io.
Per la Scrittura è vana presunzione anche la pretesa di vedere o sperimentare Dio direttamente adesso, prima dei concetti o senza i concetti o al di là dei concetti, ricavati dalle creature, senza far uso di alcuna dottrina o insegnamento, magari spacciandola per esperienza mistica, non è altro che superbia, punita da Dio con la cecità e il nichilismo. È solo nel considerare i contenuti interiori della nostra coscienza e nello sperimentare la nostra anima che possiamo fare a meno del concetto[3].
La dignità umana nel suo essere creato non è infinita, ma finita. Eppure non è proibito parlare di una certa infinità per le sue aspirazioni infinite e per il suo desiderio di infinito. Essa può immaginare l’infinito. C’è in lei qualcosa di infinito. Pensiamo alla potenza del pensiero; pensiamo solo al fatto che nei nostri concetti è racchiusa virtualmente un’infinità di possibili individui della specie rappresentata dal concetto.
Oggi, quando si parla di nichilismo, generalmente non ci si riferisce più ai nichilisti russi dell’800, ma s’intende far riferimento al significato più ovvio del termine, ossia a chi ha in odio o in disprezzo l’essere, soprattutto i gradi alti dell’essere, a chi vorrebbe identificare l’essere col non essere, a chi ama la contraddizione e l’assurdo, a chi mette la ragione contro la fede, a chi crede di poter sostituire l’essere col pensiero, a chi preferisce l’apparire all’essere, a chi chiude gli occhi davanti alla realtà, a chi nega l’esistenza della realtà attorno a sé, a chi crede che l’essere venga dal nulla e al nulla e vi ritorni, a chi identifica l’essere col nulla, a chi ritiene indifferente che una cosa sia o non sia, esistere o non esistere, a chi crede di essere padrone dell’essere, a chi nega l’immortalità dell’anima o l’esistenza di Dio, a chi nega il valore della metafisica[4], a chi crea negli altri dubbio, incertezza, confusione, sconforto o scoraggiamento o li getta nella disperazione o a chi ha perso la speranza.
Certo nessuno è così nichilista da credere che non esiste nulla o che il mondo sia un prodotto dell’immaginazione. Il nichilismo si limita svilire la realtà, a svalorizzare i valori, come tentò di fare Nietzsche, per inventarne dei nuovi, inventati da lui; si limita a rimpicciolire ciò che è grande, a ridurre l’importanza dell’essere e l’ampiezza della vista intellettuale alle cose più basse e più vili; non vede la luce del sole, ma scambia lucciole per lanterne, così da ingigantire, idolatrare e divinizzare ciò che dovrebbe avere l’ultimo posto e svolgere un ruolo del tutto secondario.
Il nichilismo è sostanzialmente un chiudere gli occhi alla realtà, soprattutto a quella suprema, e una tendenza pratica a disprezzare, a spegnere, a estinguere o a sopprimere la vita, una tendenza alla violenza, all’odio e all’omicidio. Il nichilista è schiavo di quello che Freud chiama «istinto di morte» ed Heidegger chiama «essere-per-la-morte». Come il superuomo di Nietzsche il nichilista, se vede uno che vacilla, invece di renderlo stabile, gli dà uno spintone perchè cada a terra. Se vede uno fragile, invece di dargli forza, lo schiaccia.
Il nichilismo teoretico è il «pensiero debole» di Vattimo, un pensiero che non resiste al vento delle mode, ma è come una canna sbattuta dal vento, un pensiero che si crogiola nell’incerto e nell’instabile, si basa sulla sabbia e non sulla roccia, infirma le certezze, evita le affermazioni categoriche, si ferma nel sensibile, non alza lo sguardo al cielo, ma è solo intento alle cose della terra, preferisce il carnale allo spirituale.
L’io del nichilista o è l’io fondante del quale parla Fichte: un io che pone se stesso, mentre l’altro è un semplice non-io, ossia un nemico da eliminare perché pone in discussione l’io. Il nichilista non crede all’immortalità dell’anima: finita questa vita è finito tutto. Godiamoci il più possibile questa vita perché poi di là non c’è niente.
Per questo, Cristo presenta il demonio ispiratore di nichilismo come menzognero e omicida. Il nichilista rimpicciolisce l’essere metafisico a quello fisico, riduce l’essere all’apparire o al sembrare, l’essere-per-sé all’essere-per-me, l’essere divino all’essere umano o al proprio io, l’essere extramentale all’essere intramentale, il pensabile al pensato, l’essere in sé all’idea dell’essere, l’essere trascendente all’essere di coscienza. Non è questo, forse, nichilismo?
Ma anche nell’opposto partito dei modernisti, che pur sembra tanto ottimista e incoraggiante, dietro l’apparente certezza, che è sicumera, dietro la spensieratezza che è irresponsabilità, dietro all’apparente bontà che in realtà è astuto buonismo, dietro l’arroganza e la spavalderia, c’è l’insicurezza, l’ipocrisia, l’infondatezza e il vuoto.
Il nichilismo è il rifiuto dell’essere. Tale rifiuto si esprime sia nell’intelletto che nella volontà. Il nichilista non accetta il proprio nulla creaturale, non accetta di esser stato creato da Dio dal nulla. Egli ha il concetto dell’essere assoluto, ma invece di riconoscere che questo essere assoluto è Dio suo creatore, pretende di essere egli stesso l’assoluto. Quindi egli rifiuta l’essere nel momento in cui rifiuta Dio, salvo poi ad entificare il suo nulla come se egli fosse l’essere.
Così l’intelletto del nichilista chiude gli occhi alla realtà e soprattutto a Dio che è l’Ente supremo, e siccome l’intelletto non può non avere come oggetto l’essere, il nichilista sostituisce il pensare col sentire o con l’immaginare, identifica l’essere col nulla, ripiega sulle forme inferiori o minime dell’essere, come la storia, il divenire, l’apparire, il proprio io, l’ente di ragione o la realtà materiale. Non ammette nulla di immutabile ed eterno, ma per lui tutto passa e tutto finisce. Siccome nel momento in cui pensa e giudica non può evitare l’affermazione, ma d’altra parte ama la negazione, allora sostiene il contradditorio o il dubbio sistematico o il dubbio forzato o la menzogna. L’essere o il non-essere per lui sono la stessa cosa.
Il nichilista è un cieco che presume di vedere e accusa il vedente di cecità. È un cieco guida di ciechi, cosicchè lui e i suoi discepoli finiscono nella fossa. Il nichilista odia la luce, odia la verità. E pertanto, siccome è impossibile pensare senza credere di dire la verità, egli confuta se stesso, obbligato ad affermare la verità nel momento in cui la nega.
La volontà del nichilista è una volontà di distruzione, di annullamento e di morte. Siccome la volontà ha necessariamente per oggetto un bene, il nichilista si affeziona ai beni inferiori o minimi, disprezza quelli massimi, preferendo quindi i beni materiali a quelli spirituali, il senso all’intelletto, la passione alla volontà, l’istinto alla ragione, il proprio io a Dio, le proprie idee alla realtà. Il nichilista odia la luce ed ama le tenebre. Vuole ciò che vuole lui e non ciò che vuole Dio. Sa di non poter annullare nulla, ma se potesse, lo farebbe volentieri. Intanto però cancella Dio dal proprio pensiero volgendolo alla creatura. Infatti, qualcosa deve ben pensare!
Il nichilismo ha effetti disastrosi: nato dalla superbia, dall’accidia, dalla miopìa o dalla cecità mentale, dall’attaccamento ai beni corruttibili e ai piaceri carnali; schiavo delle apparenze, provoca pessimismo, amarezza, catastrofismo, disperazione, disprezzo, sconforto, scoraggiamento, ignavia, disfattismo, negligenza, rilassatezza, autodistruzione e distruzione.
Fine Prima Parte (1/5)
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 24 novembre 2025
Non esiste nella Scrittura un termine corrispondente alla parola «nichilismo». Tuttavia nessun testo religioso dell’umanità ci fa capire meglio che cosa è il nichilismo, qual è il male del nichilismo e come evitare e vincere il nichilismo. Innanzitutto nessuna sapienza come quella biblica mostra di avere il senso dell’essere, di sapere che cosa è l’essere e di avere tanta stima e tanto rispetto per l’essere, in qualunque sua forma, modalità e grado.
Il Bibbia ha comunque chiarissimo il concetto del nulla e ne parla più volte con molta profondità ed esattezza metafisica, in opposizione all’essere o all’esistere. Parlando della creazione fa riferimento al fatto che Dio crea dal nulla o dal non-essere.
La Bibbia insegna inoltre che il principio, la causa, la ragion d’essere, il perchè primo, il fondamento e l’origine di tutte le cose, di tutti gli enti esistenti e possibili, … è un Essere primo, unico, spirituale, personale, il «Signore» (Elohìm) … ossia Dio.
La Bibbia ha anche la chiara percezione dell’analogia dell’essere, cioè del fatto che insieme con Dio, al di sotto di Lui e in dipendenza da Lui, creati, ordinati e mossi da Lui, esistono molti e diversi enti, esistenti analogicamente, similmente o diversamente, benchè inferiormente, a come esiste Lui, enti che non sono l’essere, ma hanno un essere per partecipazione, essere creato, finito, permanente o corruttibile.
[1] Vedi Tb 13,2; II Mc 7,28; 14,35; Gb 24,25; 26,7; Sal 39,6; 89, 48; Sap 96;11,24; Is 40,17;41,11. 24.29; Dn 4,32; Na 1,3; Rm 4,17; Gv 1,2-3.
[2] II Mc 7,28; Rm 4,17: Gv 1, 2-3.
[3] Vedi San Tommaso, Quaestio disputata De veritate, q.10, a.8.
[4] Vittorio Possenti ha ragione nel collegare il nichilismo al disprezzo per la metafisica. In due suoi pregevoli studi storici egli passa in esame molti autori responsabili della diffusione del nichilismo e ne fa una buona critica. Ci saremmo aspettati però dall’illustre filosofo maritainiano un’analisi dell’essenza del nichilismo come fenomeno teoretico e vizio morale e una confutazione dell’accusa che Severino fa di nichilismo al cristianesimo, cosa che invece in queste sue opere è assente. Esse sono: Il nichilismo teoretico e la «morte della metafisica», Armando Editore, Roma 1995 e Terza navigazione. Nichilismo e metafisica, Armando Editore, Roma 1998.

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