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Che cosa intende Gesù quando parla di spirito? - Prima Parte (1/2)

 

Che cosa intende Gesù quando parla di spirito?

Prima Parte (1/2)

Una nozione fondamentale nell’insegnamento di Cristo

Tra noi ci sono di coloro i quali non hanno problemi circa la verità, l’evidenza, la certezza e la realtà delle cose visibili, sensibili, sperimentabili, materiali. Si trovano invece in difficoltà ad ammettere e comprendere qualcosa che sia più reale, più certo e più importante, che non abbia queste proprietà, ma sfugga alla vista, ai sensi, all’immaginazione e all’esperienza. Se c’è qualcosa di siffatto lo ritengono meno importante e frutto dell’immaginazione. Sono i materialisti eredi di Democrito.

Per altri, invece, la coscienza di sé o la coscienza di pensare, atti interiori dello spirito, sono i dati più certi, fondanti, più veri, più evidenti, più reali, di esperienza immediata che non le cose materiali esterne, oggetti sfuggenti, incerti, soggettivi, illusori, ingannevoli. Per loro è la certezza dello spirito che fonda la certezza delle cose materiali esterne. Sono gli idealisti derivanti da Cartesio.

Gesù riprende sul concetto dello spirito l’insegnamento dell’Antico Testamento. Lo spirito, rùach, è un effluvio celeste, una emanazione divina, una forza motrice onnipotente, non visibile, non sensibile, intelligente e benefica, oggetto del puro intelletto e della pura volontà, forza di verità e d’amore, stabile eppure motrice, principio della vita e dell’immortalità.

Lo spirito conserva e sviluppa nel tempo e nella storia, tutti i valori permanenti, assoluti ed eterni, genera la crescita, il rinnovamento, il progresso, la perfezione, la pienezza, la santità.  È inesauribile bontà e ineffabile diletto. È amico dell’uomo e lo rende figlio di Dio.

È animatore del corpo e dominatore dell’universo, autore dei miracoli e dei prodigi. Genera la parola, la dottrina, la sapienza, il ragionamento, il linguaggio, l’interpretazione, la tradizione, il fervore, la costanza, la comunione, la sinodalità, l’unità, la diversità, la scienza, la libertà, la virtù, il ministero, la nobiltà, la bellezza, la profezia, la conciliazione, la purificazione, la pace. Suscita la memoria e spinge alla conservazione, alla custodia e trasmissione fedele dei valori appresi. Produce i carismi, le rivelazioni, il pentimento, le consolazioni, le vittorie.

La novità introdotta da Gesù nella vita spirituale è l’invio del suo Spirito, che è anche lo Spirito del Padre, lo Spirito Santo. Lo spirito come ne parla Gesù non è più solo una forza emanata da Dio, ma è una Persona divina, è Dio stesso.
La missione di Cristo, al d là di quella di salvare l’uomo dal peccato e dalla morte, è quella di inviare lo Spirito Santo, di glorificare l’uomo rendendolo figlio di Dio, abitato dallo Spirito Santo.

Aveva ragione Hegel quando diceva che il cristianesimo è la religione suprema perché è la religione dello Spirito. E aveva ragione Gioachino da Fiore quando diceva che l’era del Padre conduce all’era del Figlio e questa all’era dello Spirito. E aveva ragione San Tommaso quando diceva che la legge cristiana è la legge dello Spirito Santo.  Scopo del cristianesimo, come appare chiaramente in San Paolo, è quello di creare il corpo spirituale, l’uomo spirituale.

Circa la questione dello spirito c’è un aspetto speculativo e c’è un aspetto pratico. Un conto è formare un concetto dello spirito, chiarire qual è la sua essenza o natura e quali sono le sue potenze. Qui dobbiamo utilizzare un concetto metafisico analogico di ente sostanziale, perchè nella mortale vita presente il nostro intelletto, benché fatto per conoscere l’essere assoluto, di fatto ha per oggetto naturale i fenomeni sensibili e l’essenza delle cose materiali e non è proporzionato ad una intellezione immediata ed appropriata della sostanza spirituale, per cui dobbiamo ricorrere a questo concetto impreciso e analogico conoscendo lo spirito per mezzo dei suoi effetti materiali o immaginari. Può essere utile anche l’esperienza della coscienza o la riflessione dell’anima sulla propria essenza[1].

Invece, per quanto riguarda il problema pratico, lo spirito è un’entità personale con la quale possiamo venire interiormente a contatto o dialogare nella nostra azione o nella nostra condotta pratica.  In tal senso diciamo che lo Spirito Santo è «dolce Ospite dell’anima» o che ci conferisce i suoi doni o possiamo sentire o sperimentare o avvertire la presenza dell’angelo custode o del demonio.

Corpo e spirito

Gesù distingue  lo spirito come sostanza sussistente separatamente dal corpo, e questa sostanza è Dio, l’angelo e l’anima del defunto e lo spirito come componente della natura umana, insieme col corpo. In tal caso lo spirito coincide con l’anima.

Gesù non parla mai di materia. Il termine, presente in Aristotele (yle) è assente dal suo vocabolario e in generale da quello stesso della Sacra Scrittura. Il concetto di materia è implicito in quello di corpo. Come manca il termine materia, così non c’è nel vocabolario di Gesù, il termine forma (morfè, eidos), presente invece nel vocabolario di Aristotele. Ne consegue quindi che Gesù non parla mai, come farà poi il dogma cristiano, di anima come forma sostanziale del corpo. Per conseguenza, Gesù non parla mai, a differenza da Aristotele, di spirito come forma o essenza separata (usìa coristè)

Come mai la Chiesa ha interpretato l’antropologia di Gesù usando categorie aristoteliche? Perché nell’insegnamento di Cristo, se non ricorrono i termini materia e forma, sostanza e accidente, ci sono però i concetti, concetti che peraltro sono basilari della ragione umana, espressi con l’uso di termini diversi.

D’altra parte Aristotele non indica lo spirito col termine pneuma, che significa soffio, corrispondente all’ebraico ruach di Gesù, perché Aristotele preferisce indicare o rappresentare lo spirito più in forma statica – ecco il concetto di forma - che dinamica – il vento – come nella cultura ebraica.

In altre parole, Aristotele associa l’idea dello spirito all’immagine della perfezione, dell’attualità, della pienezza, dell’armonia, della compiutezza, della bellezza, mentre la mentalità ebraica di Gesù, senza escludere affatto i valori ai quali si riferisce Aristotele, preferisce associare l’idea dello spirito a quella dell’attività, del creare, dell’azione, della vita, della bontà, della purificazione, della potenza, della forza.   

Per quanto riguarda il concetto di anima, nella psicologia di Gesù c’è sia l’anima spirituale immortale (rùach), che Egli chiama spirito e anche l’anima sensitiva mortale (nefesh), propria degli animali. Volendo trovare un corrispettivo nella psicologia di Aristotele, potremmo dire che mentre la rùach corrisponde al nus, l’intelletto, la nefesh corrisponde alla psychè.

Comunque il termine intelletto (ebr.binà) ricorre anche nel vocabolario di Gesù, mentre Egli non parla mai esplicitamente, come fa Aristotele, di anima degli animali o delle piante. Ma, da come parla di questi viventi, è chiaro che in Gesù il concetto è implicitamente presente.

Molto interessante in Gesù, come del resto nel vocabolario biblico, è il termine cuore, assai comune anche nella cultura popolare di tutti i paesi. Gesù dà alla metafora del cuore una grandissima importanza.

 Il cuore non è altro che l’anima spirituale, ma considerata nel suo legame col corpo e nei riflessi che la sua attività ha nel corpo e per converso il cuore è il mondo interiore dei messaggi e stimoli che provengono dal corpo e dall’esterno dell’io, dal prossimo e da Dio. Il cuore è il luogo dive entrano in conflitto il buono col cattivo spirito, dove agiscono, per il possesso del cuore umano, il demonio e lo Spirito Santo, e si gioca il destino eterno della persona.

Da come ne parla in molte occasioni, si vede benissimo che Gesù considera il cuore come il luogo interiore del colloquio personale con Dio, la sorgente dei princìpi morali e speculativi, il centro della personalità come il principio e la scaturigine di tutti poteri e facoltà dell’anima, che sono oggi conosciuti e analizzati dalla psicologia moderna: l’intelletto, l’intuizione, l’esperienza, la coscienza, l’inconscio,  l’autocoscienza, la riflessione,  il pensiero, l’ideazione, la conoscenza, il ragionamento, l’affettività, l’emotività, il sentimento, la volontà, l’istinto, le passioni, il piacere e il dolore, la gioia e la tristezza, l’angoscia e la speranza, la quiete e l’inquietudine, il timore e la confidenza, l’infelicità e la beatitudine.

Il cuore è per Gesù è l’intimo della persona, misterioso ad essa stessa, tantomeno indagabile per gli altri, così come il loro cuore è misterioso a noi. Gesù contrappone il cuore come interiorità della persona, dove essa forma le sue più intime e reali intenzioni, buone o cattive, un interno che può essere guasto e può essere in dissonanza con l’esterno, che dà solo l’apparenza della virtù. Da qui la forte polemica di Cristo contro la doppiezza, l’opportunismo e l’ipocrisia.

Cosa sommamente importante per Gesù è la purezza e per conseguenza purificazione del cuore. La purezza di cuore non è solo la castità, ma è soprattutto l’umiltà e l’apertura alla verità. Il cuore indurito, orgoglioso, dev’essere spezzato, reso tenero, mite ed umile come il suo, per poter essere gradito a Dio ed accedere al regno dei cieli.

Fine Prima Parte (1/2)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 3 maggio 2025


La novità introdotta da Gesù nella vita spirituale è l’invio del suo Spirito, che è anche lo Spirito del Padre, lo Spirito Santo. Lo spirito come ne parla Gesù non è più solo una forza emanata da Dio, ma è una Persona divina, è Dio stesso.
La missione di Cristo, al d là di quella di salvare l’uomo dal peccato e dalla morte, è quella di inviare lo Spirito Santo, di glorificare l’uomo rendendolo figlio di Dio, abitato dallo Spirito Santo. 

 

Immagine da Internet: Gesù invia gli undici Apostoli, Duccio

[1] Vedi S.Tommaso, Opusc.De Veritate, q.10, a.8.

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