Articoli e testi di P.Giovanni Cavalcoli

Rivista PATH - Accademia Pontificia

Radio Maria

Teologia dogmatica

Cristologia

Escatologia

Liturgia

Mariologia

Successore di Pietro

Ecclesiologia

Teologia morale

Etica naturale

Metafisica

Gnoseologia

Antropologia

Il Dialogo

P.Tomas Tyn

Testi di P. Tomas Tyn, OP

La scomparsa degli angeli nella metafisica idealista. Da Cartesio a Bontadini - Terza Parte (3/4)

 

La scomparsa degli angeli nella metafisica idealista

Da Cartesio a Bontadini

 

Terza Parte (3/4)

 

Le fascinose pretese dell’idealismo

Uno dei danni provocati alla metafisica dalla nascita della metafisica cartesiana è stato la scomparsa del trattato sugli angeli, che in Tommaso raggiunge il vertice del suo splendore, avendo, come è noto, l’Aquinate fra i suoi titoli di gloria anche quello di Dottore Angelico.

Dopo Tommaso, a partire dal Beato Duns Scoto per passare da Guglielmo di Ockham fino a Suarez assistiamo a un progressivo indebolimento della consistenza ontologica dell’angelo, la cui essenza, col pretesto della sua individualità, perde progressivamente la sua trascendenza rispetto alla natura umana e il suo stato ontologico intermedio fra l’uomo e Dio.

Diventa in qualche modo ingombrante per la voglia dell’uomo di salire direttamente a Dio, per cui con Cartesio l’uomo si sostituirà all’angelo, così da volere al di sopra non più l’angelo ma direttamente Dio, finchè poi con l’idealismo tedesco l’uomo pretenderà addirittura di possedere o diventare l’essere divino.

Così i suddetti teologi, in quanto cristiani, ammettono certamente l’esistenza degli angeli, ma solo come dato di fede. Infatti la loro metafisica non è capace di dimostrarne l’esistenza per il fatto che in essa manca la distinzione reale fra essenza ed essere, per cui manca il paradigma dell’ente creato.

Tommaso nota che il principio di individuazione nelle sostanze materiali è la materia segnata dalla quantità. Il genere di una data sostanza è dato dalla materia; e la differenza è data dalla forma, come accade per esempio nella natura umana, dove il genere è l’animalità, mentre la differenza che determina la specie è la razionalità.

Ma laddove non c’è materia, il genere angelo è una forma indeterminata e la differenza è una forma più limitata o determinata, che costituisce il singolo angelo. E in tal modo l’individuo è una pura forma, dove però la differenza individuale coincide con la differenza specifica. Per questo, non possedendo gli angeli la materia, occorre che il principio della loro distinzione o moltiplicazione sia puramente formale, per cui non si dà più l’individuo della specie, ma la specie che è essa stessa individuo.

Ora i suddetti teologi hanno certamente la percezione della singolarità esistente personale, ma non riescono a capire come faccia un angelo essere una specie per sé stesso. Pertanto pongono il singolo angelo come individuo di una specie, come per le sostanze materiali. Ma ciò comporta evidentemente una materializzazione della natura angelica, che si riduce a dimensioni simili a quelle dell’uomo, per cui ridotto l’angelo a una specie di doppione dell’uomo, appare come un ente superfluo.

La tesi tomista dell’angelo come specie sussistente fu fraintesa da Stefano Tempier, Arcivescovo di Parigi, che nel 1277 la condannò come se Tommaso[1] difendesse il politeismo. Ma la cosa fu chiarita da Sant’Alberto Magno, il quale spiegò che Tommaso non paragonava affatto gli angeli agli dèi pagani, ma che la qualifica di specie che egli assegnava alla persona dell’angelo supponeva la distinzione reale nell’angelo fra essenza ed essere[2].

Il Beato Duns Scoto intende il singolo angelo come ecceità; Ockham, come individuo intellegibile, Suarez intende l’angelo come essenza spirituale singola. Ma non riescono a vedere la necessità razionale di ammettere l’esistenza di puri spiriti perché non riescono a concepire un individuo che sia una semplice essenza o forma in atto d‘essere e quindi una specie sussistente, come appunto è l’angelo.

In Scoto la specie corrisponde alla sua cosiddetta «natura comune» universale nella realtà, nozione che provoca la reazione di Ockham, il quale riduce la specie a una semplice categoria logica. Quanto a Suarez, egli riprende la natura comune di Scoto, rifiutando la distinzione reale tomista fra essenza ed essere.

Se ci chiediamo come mai il tema degli angeli è scomparso dagli interessi metafisici della modernità, la risposta non è difficile. Il motivo è dato dal fatto che i fondatori della modernità, Lutero e Cartesio, hanno proposto un cristianesimo (Lutero) e un filosofare (Cartesio) non più inteso come indagine sull’ente esterno, mondano e trascendente, ma come sguardo rivolto al proprio io, per cui l’interesse non è più stato il raggiungimento di Dio, ma l’affermazione e l’ingrandimento del proprio io.

Ciò allora ha comportato il rigetto dei limiti della natura umana e l’impossessarsi graduale e metodico degli attributi delle entità superiori col fine ultimo di appropriarsi degli attributi appartenenti all’ente supremo che è Dio.

Così il primo passo che è stato compiuto è quello di Cartesio, ossia la pretesa dell’uomo di essere alla pari dell’angelo, di essere uno spirito puro (res cogitans) che non forma col corpo (res extensa) una sola sostanza, ma si presenta come una sostanza completa davanti ad un’altra sostanza.

Si è mantenuta inizialmente l’affermazione dell’esistenza e della trascendenza di Dio come ente supremo, ma ciò non sarà per un lungo tempo, perché già con Kant Dio non sarà più considerato come un ente reale personale extramentale e trascendente, ma diventerà un semplice idea, seppur nobilissima e suprema, ma pur sempre e solo un’idea: l’idea suprema della ragione, immanente alla ragione e costitutiva della ragione.

Intanto però, la prima cura dei filosofi cartesiani sia empiristi – gli Inglesi – che razionalisti – i Tedeschi – fu quella di scompigliare il perfetto ordine di concetti metafisici e cosmologici che l’aristotelismo, perfezionato da San Tommaso, era riuscito a organizzare e mettere in piedi con immensa soddisfazione della sana ragione in piena armonia con la fede. In particolare si gettò la confusione in quella distinzione fra materia e spirito, che con tanta cura San Tommaso aveva chiarito, cosicchè si finì, per esempio con Berkeley, col dissolvere la materia nello spirito o con Hume col degradare la spiritualità nell’animalità.

In tal modo i filosofi cartesiani, onde aver campo libero per dare la scalata al cielo, procedettero ad un barbarico lavoro di distruzione sistematica di quanto il medioevo tomista aveva faticosamente costruito con l’approvazione della Chiesa.

Si formarono così due cantieri di lavoro nel mondo protestante: in Germania i razionalisti, Leibniz e Wolff; in Inghilterra gli empiristi: Hobbes, Locke, Berkeley ed Hume. In Inghilterra si cominciò a lavorare, per ridurre lo spirito alla materia – il caso Berkeley non è altro che un sensualismo mascherato da spiritualismo -. Lo svuotamento empirista dello spirito passò poi in Francia nel sec. XIX col positivismo di Comte, il quale nei primi ‘900 del secolo scorso, dette quel bel frutto di sapienza che fu il Circolo di Vienna, per il quale la metafisica sono «parole senza senso».

L’altro cantiere fu quello tedesco, che preparò Kant, dove  da una parte abbiamo un dissolvimento della materia nello spirito nella monadologia di Leibniz, e dall’altra abbiamo in Wolff una materializzazione dello spirito, con la riduzione della metafisica alla matematica, e quindi  la conseguenza di ignorare la causa efficiente e quella finale, cosicchè si arriva a confondere la composizione ontologica dell’ente con quella quantitativa ed estensiva, la divisibilità dell’intero, del tutto o del composto o dell’essenza con la divisibilità della materia, la semplicità della forma con la semplicità del punto o dell’elemento, l’inesteso spirituale con quello spaziale.

Soltanto Spinoza, in Olanda, capisce subito dove porta il sum cartesiano. Ebreo com’era, esperto nella Kabbala, capisce subito che il sum cartesiano non è altro che l’allusione al Nome divino, l’Io Sono di Es 3,14 e trae le conseguenze.  Io, come individuo esteso e pensante, non sono altro che uno degli infiniti modi finiti, particolari, determinati e necessari dell’unica sostanza divina identica alla natura dell’universo («Deus sive natura»), i cui attributi fondamentali sono il pensiero e l’estensione.

Spinoza però non fu utilizzato subito, ma venne utilizzato dai Tedeschi solo dopo che Kant, ancora legato al realismo della cosa in sé esterna allo spirito, fu oltrepassato dal balzo compiuto da Fichte, che appunto ampliò l’io umano fino alle dimensioni dell’Io assoluto. La sostanza in Kant è declassata a mera categoria dei fenomeni, cioè la sostanza chimica, mentre, al posto della sostanza spinoziana, balza in primo piano la ragione cartesiana, res cogitans, che però non ha per oggetto le cose, come ancora in Cartesio, ma sé stessa. In Kant oggetto della metafisica non è l’ente extramentale ma la ragione cosciente di sé stessa, che è lo spirito. Questo è l’ultimo messaggio kantiano al di là della Critica, nei Prolegomeni. Fichte parte da qui per il suo io autoponente.

Ma nella visione fichtiana dell’Io, totalità della realtà, Soggetto assoluto, al di là dell’apparire del panteismo, è già implicito l’ateismo, che si manifesterà apertamente con Marx, dopo che Hegel aveva identificato l’io umano con lo Spirito assoluto. Da allora Spinoza entrò a gonfie vele nel mondo degli idealisti diventandone il nume tutelare, tanto che Hegel ebbe a dire che la filosofia comincia con Spinoza. L’unica riserva che Hegel ha per Spinoza è che egli non vuol più sentir parlare di sostanza, che gli sembra cosa statica e morta, ma parla di Soggetto, come aveva già fatto Schelling sulla scorta dell’Io fichtiano, intendendo con ciò la vita, la forza e il divenire storico dello Spirito.

Con Fichte l’io penso di cartesiana memoria non ha più davanti a sé un oggetto esterno, la cosa in sé, la natura, ma esso pone sé stesso, tutto sorge da lui ed è posto da lui per mezzo della negazione. Schelling propone l’identità di Spirito e Natura, di Oggetto e Soggetto, Hegel l’identità di pensiero ed essere, razionale e reale, di Idea e Natura, Gentile, l’identità di pensato ed atto del pensare. Per Gentile «l’anima si pone come io. Quest’essere si pone da sé opponendosi a ogni altra realtà, si pone come diverso da ogni altra realtà»[3].

Nietzsche, come sappiamo, è il propugnatore del superuomo, il dominatore feroce e spietato dei deboli e dei poveri, la «bestia bionda che si aggira in cerca di preda». Per Husserl «Io prendo coscienza esclusivamente di ciò che posso trovare in me stesso»[4]. Per Heidegger «l’essenza dell’uomo è l’esistenza, il principio esistenziale; l’esserci è la sua apertura»[5]. Per Jaspers l’uomo è coscienza: «poichè l’esserci è coscienza, le cose esistono per me solo come oggetto della coscienza»[6]. Per Bontadini «la persona è la persona pensata dalla persona. L’entità della persona è essa stessa pensata dalla persona. E così pensato è l’atto del pensiero con cui la persona pensa sé stessa»[7].

Per Severino

 

«l’essenza dell’uomo è la verità dell’essere dell’ente: l’uomo è l’eterno apparire della verità dell’essere.  … L’uomo non è che l’eterna e già da sempre compiuta rivelazione del Tutto.  Se Dio è la luminosità del Tutto, … l’uomo è il luogo dove Dio è processo, ma appunto per questo è il luogo in cui si nasconde l’illuminarsi del Tutto (e quindi lo stesso illuminarsi del processo del suo essere avvolto nel Tutto)»[8]. «Io sono» - modestia a parte - «l’eterna manifestazione della verità dell’essere e quindi l’eterna coscienza della mia eternità»[9]. «L’uomo ha il compito di diventare Dio»[10].

Questo prometeico programma è stato puntualmente realizzato nel corso dei secoli a partire dai seguenti a Lutero e Cartesio fino ad oggi. Ma oggi ci stiamo accorgendo che queste spacconate ci hanno portati alle due guerre mondiali, per cui, se non ci ravvediamo e ritorniamo sui nostri passi per riprendere il retto cammino, la via smarrita, direbbe Dante, e non rinunciamo alla superbia di crederci Dio e non accettiamo umilmente i limiti della nostra natura umana, per l’umanità è giunto il momento della distruzione totale in un immane conflitto nucleare. L’attuale ripresa di modernismo non è la via d’uscita, ma occorre una sincera attuazione del programma del Concilio Vaticano II. Non sono le proposte di Luigino Bruni, a garantire la futura sopravvivenza dell’umanità, ma il tomismo maritainiano promosso del Concilio.

È interessante notare come il programma inconfessato lanciato da Cartesio proponga all’uomo sia un cammino intellettuale e morale per il quale l’uomo attribuisce gradualmente a se stesso  nel corso dei secoli successivi proprietà che appartengono agli enti superiori  aumentando progressivamente il grado di essere fino ad attribuire a sè il grado massimo, ossia quello divino, o in altre parole, un progressivo metodico appropriarsi di attributi che non gli spettano perché oltrepassano i limiti della sua essenza, fino ad attribuirsi al termine della scalata ciò che conviene solo a Dio e quindi ad eguagliare la propria natura con quella divina.

È interessante notare inoltre che l’idealismo è un criptomaterialismo, che all’inizio, con Cartesio, non appare, anzi abbiamo l’impressione di un’alta spiritualità e di un certo disprezzo della corporeità ridotta ad estensione, meccanismo o entità matematica senza vita e senza sviluppo.

Cartesio ammette senza difficoltà l’esistenza degli angeli, ma solo come dato di fede. Sorprendentemente nella sua metafisica, che pare così spiritualistica, non c’è posto per gli angeli per il semplice motivo che la mente umana prende il posto dell’angelo, capace com’è di possedere le idee senza trarle dai sensi, ma solo per intuito naturale, in quanto esse, come negli angeli, sono infuse da Dio nella mente.

Ma ecco che con Spinoza la materia viene divinizzata, diventando un attributo divino. Dunque l’uomo non è puro spirito come ce lo propone Cartesio, ma è un modo materiale della sostanza divina.

Il primo passo che ci offre Cartesio per proporre all’uomo la scalata al cielo è la concezione dell’uomo come puro spirito.  L’uomo è pareggiato ad una sostanza superiore, l’angelo, per cui Cartesio attribuisce all’uomo il modo angelico della conoscenza, che comporta possesso di idee infuse da Dio nella mente, non avendo l’angelo i sensi e quindi non avendo bisogno di ricavarle dall’esperienza sensibile delle cose materiali.

Il corpo umano infatti in Cartesio non è più materia formata dall’anima come in Aristotele e nel dogma cristiano, ma, a somiglianza di Platone, è una macchina governata dalla sostanza pensante, mentre resta aperta la questione morale del dominio della volontà sulle passioni, se è vero che esse sono semplici moti fisici del corpo. Cartesio ammette ancora l’esistenza degli angeli, ma già Leibniz e Spinoza concepiranno una metafisica nella quale per gli angeli non c’è più posto. L’idealismo materialistico hegeliano è un falso teismo criptoateo, che Marx rovescerà in materialismo idealista apertamente ateo dell’uomo Dio per l’uomo.

La composizione metafisica della realtà

Ci si accorge dell’esistenza degli angeli quando si scompone la realtà nelle sue componenti fondamentali. La credenza negli spiriti nelle religioni sia primitive che evolute è segno di una conoscenza metafisica, che noi moderni spesso abbiamo perduto. Lo stesso politeismo, quando si fa promotore di scienza, di virtù e di civiltà, come è avvenuto per esempio per la Grecia o per l’antica Roma, può essere un segno del culto degli angeli. Il politeismo esecrato dalla Bibbia e dai Padri della Chiesa è evidentemente un culto dei demòni ed allora è ovvio che meriti tutto il nostro disprezzo.

La filosofia è ricerca delle cause. La mente umana non fatica a capire che l’esistenza di certi fatti nel corso della nostra vita è il segno e testimonianza dell’azione di potenze spirituali superiori alle correnti e comuni facoltà umane. E le varie religioni insegnano come entrare in comunicazione con queste forze o personalità extracorporee ricevendo da esse influssi spirituali, ottenendo vantaggi e poteri sia nel bene come nel male.

Inoltre, l’analisi metafisica della composizione dell’ente causato porta alla scoperta del fatto che la composizione più semplice è quella di essenza ed essere, cioè l’angelo è una natura o forma o essenza o sostanza dotata di atto d’essere. L’angelo è dunque l’ente causato più semplice. L’angelo è la sostanza spirituale. Anche l’anima umana è spirituale, ma essa non è una natura completa, perchè qui la natura completa, che è la natura umana, è composta di forma e materia o spirito e corpo.

Più complessa della sostanza angelica è la sostanza materiale, nella quale l’essenza stessa è composta di materia e forma. Massimamente semplice è Dio che è un’essenza nella quale l’essere coincide con la sua essenza. Dio ha per essenza quella di essere. Egli esiste per essenza. In tal senso Dio non può non esistere, mentre ogni ente creato è contingente, ossia in lui l’essere c’è ma potrebbe non esserci.

Il Concilio Lateranense IV del1215 definisce che

«unico è il principio di tutte le cose: il creatore di tutte le cose visibili e invisibili, spirituali e corporali, il quale con la sua onnipotente virtù simultaneamente sin dall’inizio del tempo ha creato dal nulla l’una e l’altra creatura, quella spirituale e quella corporale, ossia quella angelica e quella mondana; e quindi quella umana, quasi congiunzione (quasi communem) di spirito e corpo. Il diavolo e gli altri demoni furono indubbiamente creati da Dio buoni, ma essi da sé si sono resi malvagi» (Denz.800).

Il Concilio lascia aperta la questione dell’esatta natura dell’anima umana, che qui viene chiamata «spirito». Si presentava la domanda: bisogna concepire l’anima come spirito ad un modo simile a quello dell’angelo? La risposta venne dal Concilio di Viennes del 1312, che insegna che l’anima umana non è una natura completa come l’angelo, ma è solo la parte formale del composto umano: «la sostanza dell’anima razionale o intellettiva è veramente e di per sè ed essenzialmente forma del corpo umano» (Denz. 902).

Come vediamo da questi insegnamenti della Chiesa, essa ha assunto le nozioni di spirito, di corpo e di forma per elevarle alla dignità di nozioni di fede, sicchè noi possiamo sapere che esistono i corpi, gli spiriti e le anime come forme del corpo umano non solo in base alla ragione, ma anche alla fede. Il credente sa dunque che la conoscenza dei corpi, e quindi la cosmologia, delle anime, e quindi la psicologia, nonché degli spiriti, e quindi l’angelologia, non sono più soltanto scienze umane, ma conoscenze salvifiche che procurano la vita eterna.

Fine Terza Parte (3/4)

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 4 luglio 2025

Diventa in qualche modo ingombrante per la voglia dell’uomo di salire direttamente a Dio, per cui con Cartesio l’uomo si sostituirà all’angelo, così da volere al di sopra non più l’angelo ma direttamente Dio, finchè poi con l’idealismo tedesco l’uomo pretenderà addirittura di possedere o diventare l’essere divino.

Così i suddetti teologi, in quanto cristiani, ammettono certamente l’esistenza degli angeli, ma solo come dato di fede. Infatti la loro metafisica non è capace di dimostrarne l’esistenza per il fatto che in essa manca la distinzione reale fra essenza ed essere, per cui manca il paradigma dell’ente creato. 

Cartesio ammette senza difficoltà l’esistenza degli angeli, ma solo come dato di fede. Sorprendentemente nella sua metafisica, che pare così spiritualistica, non c’è posto per gli angeli per il semplice motivo che la mente umana prende il posto dell’angelo, capace com’è di possedere le idee senza trarle dai sensi, ma solo per intuito naturale, in quanto esse, come negli angeli, sono infuse da Dio nella mente.

 Ma ecco che con Spinoza la materia viene divinizzata, diventando un attributo divino. Dunque l’uomo non è puro spirito come ce lo propone Cartesio, ma è un modo materiale della sostanza divina.

La Chiesa ha assunto le nozioni di spirito, di corpo e di forma per elevarle alla dignità di nozioni di fede, sicchè noi possiamo sapere che esistono i corpi, gli spiriti e le anime come forme del corpo umano non solo in base alla ragione, ma anche alla fede. Il credente sa dunque che la conoscenza dei corpi, e quindi la cosmologia, delle anime, e quindi la psicologia, nonché degli spiriti, e quindi l’angelologia, non sono più soltanto scienze umane, ma conoscenze salvifiche che procurano la vita eterna.

Immagini da Internet:
- Angelo adorante, Luini Bernardino, Milano
- Angelo custode, Acireale

[1] Della vicenda parla il Gilson in Jean Duns Scot. Introduction à ses positions fondamentales, Vrin, Paris 1952, p.398.

[2] La questione dell’esistenza dell’angelo si riduce alla questione della distinzione fra essenza ed essere. Per questo l’opposizione di fondo di Suarez alla metafisica di San Tommaso, è su questo punto, sicchè come qui Suarez porta avanti scoto ed Ockham così egli apre la strada a Cartesio. Tutto ciò è spiegato da Cornelio Fabro in Neotomismo e suarezismo, Edizioni EDIVI, segni (RM), 2005.

[3] Teoria dello spirito come atto puro, Editrice Bompiani, Milano 2016, p.202.

[4] Logica formale e logica trascendentale, Edizioni Laterza, Bari 1966, p337.

[5] Essere e tempo, Edizioni Longanesi, Milano 1976, pp.170-171.

[6] Metafisica, Edizioni Mursia Milano 197, p.22.

[7] Conversazioni di metafisica, tomo I, Edizioni Vita e Pensiero, Milano 1995, p.11.

[8] Essenza del nichilismo, Adelphi Edizioni, Milano 1995, p.373.

[9] Ibid., p.305.

[10] P.116.


Nessun commento:

Posta un commento

I commenti che mancano del dovuto rispetto verso la Chiesa e le persone, saranno rimossi.