Il Mistero Eucaristico
Conferenza del Servo di Dio P. Tomas Tyn
Parte Prima (1/2)
Ho il piacere di presentare questa conferenza del Servo di Dio Padre Tomas Tyn, dedicata ad una analisi teologica dell’atto della Consacrazione Eucaristica nella Messa, nonché della presenza reale di Cristo nell’Eucarestia e all’esame di alcune delicate questioni che nascono dalle riflessioni sul Mistero dell’Eucarestia.
Questi pensieri appaiono oggi particolarmente opportuni in un clima ecclesiale segnato purtroppo da diverse parti da una tendenza liturgica che non riconosce al Mistero Eucaristico, e quindi alla Santa Messa la sua vera dignità, riducendola ad una semplice memoria dell’Ultima Cena e ad uno stimolo di carità sociale, mentre nel contempo purtroppo dispiace dover constatare in certi ambienti un’attenzione all’essenziale del Mistero Eucaristico, ma in un contesto spirituale di dissidio nei confronti di una piena comunione ecclesiale.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 28 febbraio 2025
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P.Tomas Tyn, OP - I Meditazione - Eucarestia S.Messa - Bologna, 16 - 30 marzo 1985
Conferenza sul sacrificio della Santa Messa per il Terzo Ordine Domenicano presso la Basilica di San Domenico in preparazione alla Santa Pasqua del 1985 - N. 3 Meditazioni
Audio: 6a) http://youtu.be/xgbBROL5XfY
Cf. : http://www.arpato.org/testi/lezioni_dattiloscritte/Sacrificio-SMessa.pdf
Prima Meditazione
Registrazione e custodia dell’audio a cura di diverse persone
Bisogna definire la natura stessa del sacrificio, per poi applicare questa definizione, che come diceva Aristotele, fa conoscere l’essenza delle cose, alla Santa Messa e far vedere che effettivamente nella Santa Messa si tratta di un’azione strettamente e propriamente sacrificale. Allora, abbiamo visto che il sacrificio consiste nella oblazione, da parte dei legittimi ministri, dei doni a Dio per mezzo della loro reale o equivalente distruzione.
Quindi nel sacrificio c’è questo elemento del sacerdozio, cioè del legittimo ministro, il quale fa una cosa essenziale. Senza questa, il sacrificio non si compie. Il ministro deve avere l’intenzione interiore di offrire esteriormente dei doni a Dio. Notate bene che nel sacrificio quindi c’è un aspetto interiore e un aspetto esterno. C’è l’aspetto esterno dell’oblazione del dono a Dio e c’è l’aspetto interno dell’intenzione che il sacerdote ha di offrire questo dono a Dio. Ma non basta nemmeno questo. Così si avrebbe solamente un’oblazione, ma non ancora un sacrificio.
Quindi, ogni sacrificio è una oblazione, ma non ogni oblazione o offerta è un sacrificio. Che cosa aggiunge il sacrificio all’oblazione o alla offerta? Aggiunge questo elemento essenziale, costitutivo del sacrificio, e cioè la distruzione della vittima. Nell’Antica Alleanza i sacrifici erano o parziali o totali; il totale era appunto l’olocausto. I sacrifici dell’Antica Alleanza erano tali perché la vittima veniva uccisa e poi veniva offerta a Dio, cioè bruciata o in tutto o in parte.
Quindi la distruzione è essenziale al sacrificio. Tuttavia, la distruzione della vittima può accadere in due modi. In un modo reale, fisico, e in un modo, altrettanto se non più reale ancora, mistico. Questo è molto importante. Cioè si tratta sempre di una distruzione reale della vittima, che deve essere tale, altrimenti il sacrificio è un pium desiderium, ma non è un qualche cosa di consistente sul piano dell’essere.
Dev’essere sempre una distruzione reale della vittima. Però, ripeto, questa realtà della distruzione può essere o una realtà fisica, l’uccisione della vittima, o una realtà mistica o realtà sacramentale. E vedremo come questo ultimo tipo di distruzione si applica appunto alla Santa Messa.
Abbiamo dunque detto che nella Santa Messa la parte esteriore è appunto la duplice consacrazione. E approfondiremo ancora questo concetto. Una duplice consacrazione viene a separare misticamente, ma realmente, veramente e sacramentalmente, il corpo dal sangue del Signore.
Il sacerdote, quando celebra la Santa Messa pronuncia due formule di consacrazione. La forma della Santa Messa, la cosiddetta forma del sacramento, cioè la formula pronunciata sulle offerte, è duplice: una di consacrazione del pane; l’altra di consacrazione del vino.
Entrambe queste formule sono state pronunciate e istituite da Nostro Signore e Salvatore durante l’Ultima Cena. “Questo è il mio corpo” e, separatamente: “Questo è il mio sangue”. Con queste due formule di consacrazione, Cristo si rende presente realmente sull’altare. E qui bisogna dire una parolina riguardo al mistero della presenza reale di Cristo.
Non tutto naturalmente, perché esulerebbe un po’ dal nostro tema. Ma comunque, le cose essenziali. Cioè, la presenza del Signore. E a questo riguardo Gesù è estremamente chiaro. Dice: “Questo è il mio corpo”. Non dice “questo sembra essere il mio corpo”. Neppure dice: “Anche così tra l’altro è il mio corpo”. No. Gesù dice: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”[1].
E allora, carissimi, noi possiamo veramente gloriarci di appartenere alla Chiesa Cattolica, che è veramente e pienamente la Chiesa di Cristo, proprio perché, carissimi, solo la Chiesa Cattolica rispetta veramente e pienamente il senso di queste parole di Gesù. E qui vedete la indefettibilità della Chiesa fondata sulla roccia, che è Pietro. Solo la Chiesa Cattolica ha mantenuto questa consapevolezza piena e viva della presenza reale di Cristo, prendendo proprio sul serio fino all’ultima virgola queste parole del testamento che Gesù stesso ci ha lasciato: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”.
Quindi presenza reale. Solo che voi sapete dal Catechismo, che i sacramenti della Nuova Alleanza significano certe realtà sacre, però significandole le pongono anche nella realtà, ossia sul piano dell’essere, oltre che sul piano del significato. Quindi si dice che i sacramenti della Nuova Alleanza hanno un significato e producono ciò che significano. Significano delle realtà sacre e producono, cioè pongono realmente davanti a noi quelle stesse realtà sacre, che significano.
Quindi, quando il sacerdote pronuncia la formula consacratoria del pane e del vino dicendo: “Questo è il mio corpo” e “Questo il mio sangue”, non c’è dubbio che non solo il pane e il vino posti sull’altare significano il corpo e il sangue di Gesù, ma significando queste sublimi realtà, questo rito sacramentale pone queste realtà anche sull’altare. Quindi, il sacramento della Nuova Alleanza, e in particolare il sacramento della Santissima Eucaristia produce ciò che è significato.
Ora, l’Eucaristia significa precisamente ciò che è annunciato nelle formule di consacrazione. Cioè significa la presenza del corpo e del sangue del Salvatore. Quindi significando, produce. Perciò dopo la consacrazione sull’altare non c’è più il pane e il vino. Se qualcuno dicesse: “Qui c’è ancora il pane”, sarebbe eretico.
Bisogna proprio dire, oppure al massimo è permesso di dire: “Qui ci sono le specie del pane e del vino”, perché rimangono gli accidenti. Però, quanto alla locuzione sostanziale, cioè riguardante la sostanza, bisogna dire: “Qui c’è il corpo del Signore; qui c’è il sangue del Signore”. Questo è essenziale.
E allora, sull’altare, dopo la consacrazione, è presente il corpo e il sangue di Cristo. Però, notate bene, che questa presenza non è una presenza parziale. È una cosa molto importante, questa. Perché qualcuno potrebbe pensare: “Allora, c’è il corpo, c’è il sangue, ma non c’è il resto”, E invece no. Cristo è presente sull’altare così come è realmente esistente adesso nella gloria di Dio Padre, esaltato alla destra del Padre suo, dopo l’ascensione.
Quindi, il Cristo glorioso è presente tutto nella sua anima e nel suo corpo glorificato. È presente secondo la sua umanità e secondo la sua divinità. È presente sotto entrambe le specie e come corpo e come sangue. Sarebbe un’idea allucinante pensare che sotto la specie del pane c’è semplicemente il corpo privo di sangue e privo di anima, eccetera; e sotto la specie del vino c’è solo il sangue, senza il corpo e senza l’anima, eccetera. Quindi, diceva già Sant’Agostino che in questo grande sacramento è presente Christus Totus, Cristo tutto, Cristo nella sua piena realtà di Dio e di uomo, vero Dio e vero uomo. E allora bisogna pur dire che la presenza reale del Salvatore avviene come una presenza reale piena. Cioè Cristo è presente tutto, con la sua divinità e con la sua umanità.
Ma allora, mi direte voi, come c’entra la duplice consacrazione? Bisogna chiarire questo punto per capire come la Santa Messa si può presentare come sacrificio. Come c’entra la duplice consacrazione? C’entra moltissimo. Perché, come abbiamo visto, bisogna sempre tener ben presente questo punto, che si sottintende che i sacramenti della Nuova Legge significano qualcosa di sacro, e producono realmente, causano realmente ciò che significano. Ora, il sacramento dell’eucaristia significa precisamente ciò che è il contenuto della duplice formula consacratoria.
Quindi, la formula della consacrazione del pane, significa la presenza del corpo; quella del vino, la presenza del sangue di Cristo. Precisamente come corpo e come sangue. E qui c’è il punto in cui bisogna scomodare la sacra teologia. I teologi ci dicono che c’è una presenza di Cristo nel sacramento in virtù del sacramento stesso e in virtù di ciò che i teologi chiamano giustamente la reale concomitanza.
Bisogna spiegare questi termini, apparentemente difficili, ma che poi tali non sono. Allora, in virtù del solo sacramento, cioè in virtù strettamente parlando del sacramento, è presente solo il corpo e il sangue di Cristo. Perché dico questo? Per il motivo che abbiamo visto. E cioè che la formula del sacramento, la forma del sacramento, implica il significato del sacramento stesso e con il significato indica anche la causalità sacramentale.
Infatti, bisogna sempre tenere presente che i sacramenti della Nuova Alleanza sono altrettanto segni sacri, di cui Dio si serve come di strumenti separati nel conferimento della sua grazia. Vedete, si potrebbe dire che nella causalità della grazia, nell’infusione della grazia tramite i sacramenti, la grazia scaturisce da Dio. Non può scaturire da nessun’altra fonte, perché solo Dio, che è Santo, può santificare; solo Dio, che è essenzialmente soprannaturale, può dare a noi una parte della sua soprannaturalità, può rivestirci quindi di grazia, di carità, di virtù teologali e di doni dello Spirito Santo.
Perciò l’origine della grazia, di ogni grazia, anche di quella sacramentale, è Dio e Dio solo. Non è nemmeno l’umanità di Gesù. È solo Dio. La divinità di Gesù sì; ma non la sua umanità. L’umanità del Salvatore, ipostaticamente unita alla Persona del Verbo, diventa strumento congiunto, dice San Tommaso. Questa è una idea molto bella, cioè praticamente come la nostra anima si serve del nostro corpo, delle membra del nostro corpo, per esempio della mano, che, secondo Aristotele, è lo strumento di tutti gli strumenti, se ne serve come di qualche cosa di appartenente all’unità dell’essere umano. Quindi si deve parlare di uno strumento congiunto.
Così l’umanità del Salvatore è per così dire organicamente unita all’Ipostasi del Verbo, cosicché il Verbo divino si serve della strumentalità della natura umana di Cristo come di uno strumento congiunto, uno strumento intimamente e inseparabilmente unito alla divinità. Ma Dio non ha voluto solo questa mediazione di Cristo, ha voluto istituire anche la mediazione dei segni sacramentali.
Cosicché quella grazia, che scaturisce da Dio e attraversa l’umanità di Cristo, di cui si serve strumentalmente e intrinsecamente, quella stessa grazia ulteriormente si serve strumentalmente, ma questa volta estrinsecamente, dei sacramenti. È come se io lavorassi con un qualche strumento, per esempio con un martello o qualcosa del genere.
La mia mano è lo strumento congiunto, mentre lo strumento che uso, il martello, è uno strumento separato. Qualcosa di analogo, ma solo una lontana analogia, si capisce, lo ritrovate anche nell’azione sacramentale. Quello che vi ho detto è solo un esempio. Quindi i sacramenti, come strumenti separati della grazia di Dio, producono quella stessa grazia che significano.
Ora, l’eucaristia significa in virtù della stessa divina istituzione di questo sacramento, significa la presenza di Gesù, non in maniera indifferenziata, ma la presenza precisa sotto l’aspetto di corpo e di sangue. Gesù non ha detto: “Qui ci sono io”. Non ha nemmeno detto: “Qui”; ma ha detto: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue”. Non ha detto indifferentemente: “Questo sono io”[2]. Ma ha detto: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue”.
Perciò l’istituzione stessa della eucaristia ci fa pensare a questo duplice significato. Ma, dato questo significato, c’è anche una duplice causalità, una causalità reale. Questo è essenziale, perché, ripeto, nei sacramenti della Nuova Alleanza, la causalità reale è legata al significato. Quindi dove c’è un duplice significato, c’è anche una duplice causalità.
Allora, il duplice significato è quello della presenza del corpo e del sangue di Cristo. Perciò c’è anche una duplice causalità sacramentale. Perché sacramentum vuol dire sacrum signum, ossia la duplice causalità in virtù di questo significato sacramentale. Tale duplice causalità riguarderà anch’essa precisamente il corpo e il sangue di Cristo, separatamente l’uno dall’altro. Questo è essenziale.
Una volta che è reso presente il corpo del Salvatore, sotto la specie del pane, in virtù della prima formula di consacrazione, si dà una reale concomitanza, che vuol dire sequela, accompagnamento. Quindi in virtù della reale sequela di tutto ciò che appartiene alla realtà di fatto di Cristo, tutto questo[3] segue immediatamente.
Perciò, in virtù del sacramento è posto sull’altare solo il corpo. Ma siccome il corpo è sempre accompagnato dal sangue, dall’anima e dalla divinità, ecco che c’è il corpo in virtù del sacramento; ma in virtù della reale concomitanza c’è anche il sangue, l’anima e la divinità. La stessa cosa avviene nella consacrazione del vino. C’è, in virtù del sacramento, solo il sangue del Salvatore. Però, dove è presente il sangue, c’è anche il corpo, l’anima e la divinità.
Allora, in virtù del sacramento sono presenti: per la prima consacrazione, il corpo; per la seconda, il sangue del Salvatore. In virtù della reale concomitanza c’è sempre tutto il resto, per così dire, cioè tutto ciò che integra l’unità divino-umana del Salvatore. Notate allora, care sorelle. È una cosa importantissima. Qui siamo al nocciolo del nostro discorso.
Il Signore ha istituito questo sacramento mediante questa duplice consacrazione, proprio per indicare il sacramento della sua morte sacrificale. Ora, questo sacramento o sacrum signum, il segno sacro della morte di Cristo sulla croce, diventa la realtà della croce sull’altare.
E questo proprio perché il sacramento produce ciò che significa. La croce di Cristo, che è significata nella duplice consacrazione, è anche resa presente sull’altare dopo la consacrazione delle due specie. Questo è essenziale. Notate, però, che quello che vi voglio far capire è questo: si potrebbe dire – che il Signore mi perdoni, non è del tutto adeguato, ma poi lo spiegheremo - che questa duplice consacrazione fa quasi morire Gesù[4]. Ma non nel senso fisico. Guai a noi. Sarebbe un orribile crimine, come vedremo. Non nel senso fisico. In maniera incruenta pone sull’altare Gesù vivo in eterno, che non muore più, una volta che è risorto, però sottoposto misticamente e sacramentalmente alla realtà della sua crocifissione e della sua morte.
E questo sottoporre sacramentalmente e misticamente Gesù, vivo in eterno, alla realtà della sua morte sacrificale in croce, non è, ripeto, solo un simbolo, ma in virtù nel simbolo e del significato sacramentale, in una causalità reale, è un qualcosa di veramente reale, obiettivo, sostanziale, esterno, che si produce davanti a noi. Questo è il punto delicato.
Perciò, nella Santa Messa ci sono tutti i requisiti del sacerdozio e del sacrificio, perché il sacerdozio è sempre ordinato a offrire il sacrificio a Dio. Quindi c’è il sacerdozio, non tanto quello dei poveri ministri. Quelli sono davvero molto strumentali, strumenti estrinseci, molto estrinseci.
Ebbi l’occasione di dirvi l’altra volta che noi cristiani corriamo un grosso pericolo, che è quello di vedere noi protagonisti della Santa Messa. Non lo siamo. Nella Santa Messa il vero protagonista, Colui che è il centro di questa azione, è Gesù, sacrificato sulla croce, e della Santissima Trinità, che riceve questo sacrificio di espiazione. Noi c’entriamo molto relativamente. Ed è bene che sia così.
Infatti, se Dio avesse affidato alla nostra debolezza una cosa così sublime, pensate che cosa ne avremmo fatto noialtri. Per fortuna Dio ha sottratto la grandezza di questo sacrificio alla debolezza umana. Pensate alla bellezza di queste parole del profeta Malachia, circa quella che sarà l’offerta a Dio. E il Concilio di Trento riprende questo applicandolo autorevolmente proprio al sacrificio della Santa Messa, dove dice che alla fine dei tempi una hatzah tahorà cioè un’offerta pura sarà offerta a Dio da tutte le parti della terra.
Proprio quello che si realizza nella Chiesa Cattolica. E sarà una hatzah tahorà tohorà, cioè un’offerta pura nel senso che, a differenza dei sacrifici antichi, la debolezza del sacerdote e del popolo non potrà mai inquinare questa realtà sacramentale del corpo e del sangue di Cristo, che è il vero ed ultimo sacrificio della Nuova ed eterna Alleanza.
Allora, abbiamo visto come nel sacrificio della Santa Messa c’è, diciamo così, questa duplice dimensione: una, interiore, che è il sacerdozio di Cristo, sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedech. Poi, in subordine, proprio come strumenti esterni, ci siamo anche noi, sacerdoti ministri, che offriamo sempre a nome di Cristo. Vedete, anche questo è essenziale. San Tommaso insiste tanto su questo.
E in tutti i sacramenti, quando un sacerdote, che è un ministro soltanto umano, amministra un sacramento, è Gesù stesso che lo amministra. Perché, se non ci fosse Gesù, nulla si compirebbe. Quindi, quando un sacerdote battezza, è Gesù che battezza. Però c’è ancora una differenza tra il battesimo, la cresima e tutti gli altri sacramenti e il sacrificio del Salvatore nella Santa Messa.
Infatti, la transustanziazione, cioè la conversione della sostanza del pane nel corpo di Cristo e della sostanza del vino nel sangue di Cristo, è un’opera di Dio, in cui Dio esclude una strumentalità umana. E quindi San Tommaso ha questa bellissima meditazione. Egli in qualche modo intuisce, ma non dà l’ultima spiegazione. Perché penso poi che non si può neanche dare.
Egli dice che nella Santa Messa non è tanto che l’azione divina passi attraverso il sacerdote, come nel battesimo, per esempio, quanto piuttosto che passa attraverso le stesse parole, che il sacerdote pronuncia. In qualche modo c’è più obiettività[5] nella Santa Messa, perché in questa conversione del corpo e del sangue di Cristo che si chiama transustanziazione, è tutta la sostanza che passa in tutta l’altra sostanza. Cosicché rimangono solo gli elementi accidentali. È un prodigio.
Infatti su questa terra non esiste nessun’altra istanza assimilabile a questo passaggio sostanziale. Esiste la generazione, ma la generazione avviene sempre in un sostrato che rimane. Mentre lì non c’è nessun sostrato, non c’è nessuna materia che rimanga, ma c’è il passaggio di tutto, forma e materia, in un altro tutto, forma e materia.
Fine Prima Parte
Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP
Trascrizione da registrazione di Suor Matilde Nicoletti, OP – Bologna, 6 luglio 2015
Testo con note rivisto da Padre Giovanni Cavalcoli, OP – Varazze, 15 settembre 2017; Fontanelalto, 28 febbraio 2025
In questo grande sacramento è presente Christus Totus, Cristo tutto, Cristo nella sua piena realtà di Dio e di uomo, vero Dio e vero uomo. … Ma allora, mi direte voi, come c’entra la duplice consacrazione?
La formula della consacrazione del pane, significa la presenza del corpo; quella del vino, la presenza del sangue di Cristo. Precisamente come corpo e come sangue. E qui c’è il punto in cui bisogna scomodare la sacra teologia. I teologi ci dicono che c’è una presenza di Cristo nel sacramento in virtù del sacramento stesso e in virtù di ciò che i teologi chiamano giustamente la reale concomitanza.
Ora, l’eucaristia significa in virtù della stessa divina istituzione di questo sacramento, significa la presenza di Gesù, non in maniera indifferenziata, ma la presenza precisa sotto l’aspetto di corpo e di sangue. Gesù non ha detto: “Qui ci sono io”. Non ha nemmeno detto: “Qui”; ma ha detto: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue”. Non ha detto indifferentemente: “Questo sono io”. Ma ha detto: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue”.
Il Signore ha istituito questo sacramento mediante questa duplice consacrazione, proprio per indicare il sacramento della sua morte sacrificale. Ora, questo sacramento o sacrum signum, il segno sacro della morte di Cristo sulla croce, diventa la realtà della croce sull’altare. ... E questo proprio perché il sacramento produce ciò che significa. La croce di Cristo, che è significata nella duplice consacrazione, è anche resa presente sull’altare dopo la consacrazione delle due specie. Questo è essenziale.
[1] Questo «è» non vuol dire «significa» come credeva Calvino, ma dev’essere preso come suona. Secondo Lutero l’«è» vuol dire «Io sono in questo pane e in questo vino»
[2] Quando Gesù dice «questo» si riferisce al pane in atto di transustanziazione per il quale il pane diventa il corpo, ma non diventa Cristo, perché nell’eucaristia l’altro elemento (o corpo o sangue), l’anima e la divinità sono presenti per concomitanza. In questo senso si può dire che nell’eucaristia c’è tutto Cristo.
[3] Cioè sangue, anima e divinità.
[4] Il sacerdote con le parole della consacrazione ripresenta il sacrificio di Cristo in modo incruento (Denz.1740). Rende presente lo stesso sacrificio della croce. Il sacerdote non offre un altro sacrificio, ma offre al Padre il medesimo sacrificio che Cristo ha fatto di sé sulla croce. Certo Cristo adesso è vivo in cielo. Tuttavia il sacrificio di Cristo è la morte di Cristo sulla croce. L’atto del sacrificio di Cristo come atto del Figlio di Dio è eterno, al di sopra del tempo. Nella Messa Cristo si sacrifica adesso, eppure non muore adesso, perché adesso è vivo in cielo. La morte di Cristo è eternata nel sacrificio della croce, ma è chiaro che come morte fisica, essa avvenne solo 2000 anni fa per esser vinta dopo tre giorni dalla risurrezione. Su questo fatto della morte sacrificale di Cristo ci sono due errori opposti, che sbagliano nel concepire nel sacrificio di Cristo il rapporto del tempo con l’eterno: Lutero, che nega il sacrificio della Messa perché chiude l’eterno nel passato, col pretesto che Cristo non muore un’altra volta, per cui la Messa non ripresenta il sacrificio di Cristo; qualcun altro, che intende la Messa come sacrificio di Cristo, ma come presente eterno o come passato che si risolve nell’eterno («l’Agnello immolato sin dalla fondazione del mondo»).
[5] Più realtà divina.
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