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P.Tomas Tyn

Testi di P. Tomas Tyn, OP

05 luglio, 2024

Sulla questione del perdono divino

 

Sulla questione del perdono divino

La dittatura della misericordia

Può capitare in una famiglia troppo austera che se un figlio viene educato ad una astinenza troppo severa dai piaceri, se viene troppo fermato e represso, poi, una volta liberatosi dalla tutela dei genitori, tutto il potenziale di energie represse accumulato in precedenza, tutte le brame a lungo insoddisfatte, trovano improvvisamente uno sbocco torrenziale e se prima il soggetto era oppresso dal terrore del Dio punitore e schiacciato sotto il peso di un insopportabile ed angoscioso senso di colpa e dalla disperazione, poi, presa coscienza della sua libertà, eccolo alle stelle, in preda ad uno stato di esaltazione e di euforia per il Dio della misericordia e della comprensione, per la piena liberazione, la totale innocenza, e l’indubitabile salvezza. È la storia di Lutero che si ripete.

La Chiesa prima del Concilio Vaticano II è stata in certa misura una madre arcigna del primo tipo. Una certa Chiesa uscita dal Concilio, interpretato in senso modernistico e luterano, è divenuta una madre liberale del secondo tipo, come a dire una madre che si eclissa dicendogli: «fa’ come ti pare e sta’ tranquillo ché Dio è buono, non vuole la sofferenza, non castiga e perdona e salva tutti, sempre e comunque». Ecco allora la convinzione oggi diffusa che nessuno dice no a Dio perchè l’uomo, sul modulo rahneriano, è per essenza tendenza atematica ed inconscia verso Dio o, come dice Heidegger, «apertura all’essere» o, come si può ricavare da Severino, manifestazione dell’essere o, come dice Husserl, «fenomeno dell’essere».

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L’antropologia e l’ontologia di Heidegger sono un ritratto esatto e fedele dello stato confusionale ed angosciante nel quale si trova l’uomo d’oggi postmoderno, postcristiano, post-teista, trascendente, deietto e progettante, schiavo della tecnica, dimentico dell’essere e immerso nel «si dice» e negli enti. Per questo il pensiero di Heidegger, per quanto contorto e pieno di forzature e significati arbitrari delle parole, ha avuto tanto successo, questo è il motivo per cui tanti si riconoscono nel quadro orribile e sinistramente affascinante del Dasein.

Nello svolgimento storico di fatto del piano della provvidenza non c’è misericordia senza giustizia. Chi nega la giustizia nega la misericordia. È vero che giustizia e misericordia sono contrarie l’una all’altra, perché la prima irroga la pena ed esige l’espiazione, mentre la seconda toglie o mitiga la sofferenza. Esse infatti stanno assieme non simultaneamente nello stesso soggetto, ma successivamente in soggetti diversi o nello stesso soggetto

Dio mostra la sua misericordia ad uno proprio castigando il suo offensore. Israele canta la misericordia divina che lo ha salvato dagli Egiziani proprio perché ha punito gli Egiziani.

Se l’oppressore crede di essere perdonato pur continuando ad opprimere l’oppresso, come Dio non verrebbe ad avallare l’ingiustizia o a considerare giustizia l’ingiustizia dell’oppressore? Una misericordia che tolleri l’ingiustizia è falsa ed ipocrita. È un Dio misericordioso quello che non castiga il peccato dell’impenitente o non è piuttosto un Dio connivente e ingiusto? È vera misericordia quella che si accompagna all’ingiustizia, che chiama bene il male? 


Immagine da Internet: Miriam, Basilica della Dormizione, Gerusalemme

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