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08 dicembre, 2024

Dialettica e diabolica - Il progetto di Hegel - Seconda Parte (2/4)

 

Dialettica e diabolica

Il progetto di Hegel

 
Seconda Parte (2/4)
 

Il bisogno di Hegel

A differenza di filosofi come Aristotele o San Tommaso il cui bisogno è quello della verità, il bisogno fondamentale di Hegel è un bisogno di unità. Hegel non sente il bisogno di adeguare il proprio pensiero a una realtà esterna già data, dalla quale dedurre poi la causa prima. Il suo bisogno fondamentale non è quello di vedere, ma di organizzare in unità. Non gl’interessa la molteplicità degli enti, ma la totalità (Ganzheit) raccolta nell’Uno. In ciò assomiglia a Plotino.

Hegel sa che l’Assoluto è uno solo, ma sbaglia nella sua volontà di unificazione dell’essere al nulla, del vero al falso e del bene al male, quando invece sappiamo che l’essere si oppone al non-essere, il vero al falso, il bene al male. La vera conciliazione concilia il conciliabile, non l’inconciliabile. È proprio l’amore per l’unità, per la pace e la concordia che giustifica l’opposizione del paradiso all’inferno. Hegel serve a due padroni proprio perché il suo Assoluto mette assieme Dio col diavolo.

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Ad Hegel manca il concetto platonico dell’essere per partecipazione, la metessi, che si distingue dall’essere per essenza. Egli dispone solo del concetto di parte relativa al tutto, concetto, questo, proprio della fisica e della matematica, che non è sufficiente in metafisica, ossia nel campo dell’essere, dove occorre formare un concetto analogico di parte, ossia appunto l’essere per partecipazione, altrimenti si finisce come Parmenide per concepire l’universo non come un insieme di enti, ma come un unico tutto intero, come una torta o una mela da tagliare a fette.

Hegel infatti non si è accorto che è stato Aristotele a farci comprendere l’intellegibilità del divenire senz’alcun bisogno di un’impossibile contradditorietà della realtà, ma nel pieno rispetto del principio di non-contraddizione, fino a darci la possibilità di istituirne la scienza, che è appunto la fisica, che a sua volta consente il dominio e l’utilizzazione della natura per i bisogni umani e quindi l’istituzione della tecnica.

Infatti, come è noto, per Aristotele il divenire non è altro che l’atto dell’ente in atto che passa dalla potenza all’atto. Ciò suppone le due nozioni ontologiche di atto e potenza, che purtroppo sono sfuggite ad Hegel. Egli ha avuto un forte senso della potenza attiva, ma ha ignorato quella passiva, necessaria per concepire la materia come soggetto della forma. 

Immagine da Internet: La saggezza dà ad Aristotele la chiave del tesoro della ragione

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