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21 novembre, 2025

Che cosa intendeva dire Rosmini? Un santo non può essere un panteista - Terza Parte (3/3)

 

Che cosa intendeva dire Rosmini?

Un santo non può essere un panteista

Terza Parte (3/3)

 

Alcuni punti da chiarire

Volendo passare in rassegna alcuni punti che ci aiutano a comprendere il senso della Nota della CDF, possiamo cominciare col dire che il «divino» del quale parla Rosmini, citato nelle proposizioni condannate, come chiarisce bene Giannini, non è Dio, ma è l’essere, scoprendone l’ampiezza e la sublimità del quale la mente giunge a scoprire l’essere divino. È «appartenenza divina» non perché sia un attributo divino, o una proprietà di Dio, ma perché, benchè, partecipe anch’esso dell’essere, legato al creato, è un predicato, un nome, un pensiero, che Dio ha scelto per designare il suo stesso essere sussistente.

Rosmini sembra confondere l’essere reale con l’essere ideale come se non fossimo noi a ricavare l’idea dell’essere dall’essere a noi già dato e a noi presupposto come oggetto del conoscere, ma fossimo noi a porre l’essere con la nostra idea dell’essere. Ora questo certamente sarebbe idealismo. Ma non è questo il vero intento e il vero pensiero di Rosmini. 

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Per Rosmini la «forma» non appartiene all’essenza dell’intelletto, anche se giace kantianamente nell’intelletto, ma è data all’intelletto; non costituisce, come per Kant, il modo del conoscere, ma l’oggetto suo primo, corrispondente all’ente come primo oggetto dell’intelletto, come nella gnoseologia tomista. L’intelletto, per Rosmini, come per Tommaso, è una facoltà dell’anima; non è come in Kant, l’io penso (Ich denke) di cartesiana memoria.

E lo stesso Tommaso chiama «forma» l’essere. Ma in Rosmini come in Tommaso, a differenza di Kant, per il quale la forma dà forma all’oggetto, l’essere come forma dell’intelletto è luce dell’intelletto e corrisponde all’essere stesso dell’oggetto del conoscere. Ossia per Tommaso e per Rosmini la cosa o la realtà ha già per conto proprio, fuori della mente e in sé stessa, la sua forma che è il suo stesso atto d’essere. Per cui l’intelletto non dà né forma né essere alle cose come fosse un semidio o un demiurgo, ma, grazie all’idea dell’essere, riconosce la forma e l’essere delle cose, che non dipendono dall’intelletto, ma da Dio creatore.

Immagine da Internet: Papa Gregorio XVI, ritratto

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