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Considerazioni circa il diaconato femminile

 

Considerazioni circa il diaconato femminile

Ormai i tempi sono maturi

Da tempo nella Chiesa fervono le discussioni circa l’opportunità o la necessità del ripristino del diaconato femminile, che esistette già nei primi secoli per quelle donne che assistevano le donne che ricevevano il battesimo.

La discussione rischia di essere viziata dall’equivoco per il fatto che alcuni confondono il diaconato ordinato, proprio del sacramento dell’Ordine, col diaconato istituito, basato sulla Cresima. E ciò avviene perché questi tali non accettano la dottrina della Chiesa secondo la quale mentre il diaconato ordinato è riservato all’uomo maschio, il diaconato istituito può essere concesso anche alla donna. Per questo quei tali vorrebbero che anche alla donna fosse aperta la strada per poter ricevere il sacramento dell’Ordine e il primo passo sarebbe il diaconato.

Cominciamo allora col chiarire che cosa è il diaconato ordinato e in che consiste la sua differenza da quello istituito. L’esistenza del diaconato ordinato, ossia come grado minimo del sacramento dell’Ordine non risulta esplicitamente dalla volontà di Cristo così come ci è riferita dal Nuovo Testamento, che si limita a riferire l’istituzione del sacerdozio da parte di Cristo e la sua istituzione dei poteri e della missione degli apostoli con a capo Pietro.

Per sapere come può configurarsi un diaconato femminile, dobbiamo ricordare che cos’è in generale nella Chiesa cattolica il diaconato. Diakonìa significa servizio. Gli Atti degli Apostoli narrano l’istituzione di sette diaconi aventi il compito di un’assistenza ai poveri, tale per cui gli Apostoli potessero essere liberi per dedicarsi alla preghiera e alla predicazione.

Diakonìa si può tradurre anche con ministero, sicchè diacono e ministro possono essere sinonimi. Occorre però controllare i diversi contesti. Certamente è chiaro che quando gli Atti ci parlano dei sette diakonoi, non dobbiamo tradurre con ministri, che può far pensare a sacerdoti, ma con diaconi, ossia l’infimo grado dell’Ordine, mentre è altrettanto chiaro che quando San Paolo parla del suo «ministero» (diakonìa), non intende affatto dire che egli era diacono, giacchè sappiamo tutti che era vescovo. 

Il diacono ordinato fruisce del carattere del sacramento dell’Ordine, ma, come specifica la Chiesa, «non è per il sacerdozio, ma per il servizio». Secondo la dottrina della Chiesa il diacono non è un sacerdote, ma un aiutante del vescovo e del presbitero nell’esercizio della liturgia e loro mediatore presso il popolo con particolare attenzione all’assistenza dei poveri.

L’offerta del sacrificio della Messa e l’amministrazione del sacramento della penitenza spetta al vescovo e al presbitero, ossia al sacerdote. Il vescovo, che possiede la pienezza del sacerdozio, rende partecipe del sacramento dell’Ordine come suoi collaboratori in due gradi inferiori discendenti il presbitero e il diacono; amministra la cresima ed ordina altri vescovi e i ministri inferiori. Il presbitero oltre alla celebrazione della Messa e a confessare, amministra il sacramento dell’unzione degli infermi. Il diacono assiste il sacerdote nella celebrazione della Messa.

I diaconi sono ministri, ma non sono né presbiteri né vescovi. E tuttavia ricevono il sacramento dell’Ordine. I loro compiti sono precisati da San Paolo VI nella Lettera apostolica data in forma di motu proprio Sacrum diaconatum del 18 giugno 1967, con la quale viene ripristinato il diaconato permanente.

Come abbiamo visto, esiste anche un ministero diaconale semplicemente laicale, non sacramentale, istituito, non ordinato, che era in uso per le donne nei primi secoli. E questo è il ripristinabile diaconato femminile, chiaramente con mansioni diverse da quelle che ebbe nei primi secoli e consone a ciò che la donna oggi è capace di fare nella Chiesa.

La dottrina dei tre gradi del sacramento dell’Ordine, episcopato, presbiterato, diaconato appare invece chiara come dato pacifico della vita ecclesiale nelle Lettere di Sant’Ignazio di Antiochia già nel sec. II. Sappiamo altresì che la Chiesa nei primi secoli ammetteva un diaconato femminile istituito che aveva lo scopo di abilitare queste diaconesse ad assistere le donne che ricevevano il battesimo. Ma con l’entrata in uso del battesimo dei bambini, questo servizio, rivelatosi superfluo, fu soppresso

Diaconato ordinato e diaconato istituito

Così nel linguaggio della Chiesa il termine «ministero» non fa riferimento soltanto alla condizione clericale, non ha solo un significato sacramentale, ma riguarda anche la condizione laicale. Non esiste solo il ministero sacro, ma anche quello laicale; non c‘è solo il mistero ordinato, ma anche quello istituito[1].

Fin dai primissimi tempi nella Chiesa sono dunque esistiti due tipi di ministeri: ministeri ordinati e ministeri istituiti, i primi, sacramentali, voluti da Cristo; i secondi, laicali, istituiti dalla Chiesa secondo le necessità dei tempi e dei luoghi. Anche i ministeri laicali conferiscono una grazia di stato, che consente di svolgerli meglio con maggior frutto e maggiore efficacia.

Il ministero sacerdotale nella Chiesa è dunque affiancato dal ministero laicale. S.Paolo VI nel Motu proprio Ministeria quaedam del 1972 fissò l’esistenza di due ministeri per coloro che si preparano al sacerdozio: il lettorato e l’accolitato. Ma, come vedremo, questi ministeri, appunto perchè laicali, possono servire da spunto per l’istituzione del diaconato femminile

Ricordiamo che mentre l’esercizio del lettorato femminile è ormai d’uso nella Chiesa da molti anni, una domanda che possiamo porci oggi è se può esser conforme alla donna il ministero dell’accolitato. Esso infatti riguarda il servizio dell’altare, nell’aiuto al sacerdozio ministeriale, riservato agli uomini.

Quanto al servizio del sacrestano, esso è un ministero laicale antichissimo, che prevede faccende facili, umili e semplici, come aprire e chiudere la chiesa, custodire e conservare gli oggetti sacri, tenere pulita la chiesa. apparecchiare e sparecchiare l’altare, raccogliere le offerte delle Messe e durante la Messa; suonare la campana per la Messa, dare gli avvisi ai fedeli, accogliere i visitatori e i pellegrini, ma anche comportare compiti delicati, difficili e di responsabilità; può avere a che fare con persone sospette, malintenzionate o pericolose o bisognose di aiuto materiale o spirituale. Perché una diaconessa non potrebbe essere incaricata di queste mansioni?

La Beata Vergine Maria è la madre della Chiesa e la Regina degli apostoli. Ha portato nel suo seno il Sommo Sacerdote Salvatore del mondo, il Capo e Principe di tutti i sacerdoti. L’opera della Redenzione iniziò già e in certo modo si compì nel suo seno, all’ombra della sua maternità.

Quest’opera, che è l’opera della Chiesa, avviene nel seno di ogni gestante, per cui già l’embrione è liberato da Cristo dalla colpa originale e vivificato dalla grazia. Il battesimo del bambino non farà che confermare ed aumentare la grazia ricevuta. E non è questo un servizio diaconale della donna?

Quando di recente il Papa ha parlato della donna superiore all’uomo si riferiva, come ha espressamente detto, alla Chiesa sposa di Cristo e madre dell’umanità e quindi anche del sacerdote in quanto uomo maschio. Questa maternità della Madonna e quindi della Madonna in quanto donna non è forse un servizio diaconale?

Aggiungo che per chiarire questa questione del diaconato femminile, che mette in gioco i valori specifici della femminilità, dobbiamo inoltre considerare che ormai da almeno due secoli la donna nella Chiesa ha gradualmente conquistato una posizione e un ruolo di una tale importanza, che molti si domandano se non sia utile, conveniente o necessario per il bene della Chiesa e per il potenziamento di quei ruoli, uffici, ministeri e mansioni, che le donne già esercitano onorevolmente, che esse, se lo desiderano e ne hanno l’attitudine,  ricevano un supplemento di grazia e di energia soprannaturale in forza del conferimento ad esse del ministero laicale del diaconato.

Confermare con un dono di grazia ciò che la donna già fa

Ricordo che da molti anni la donna si mostra capace e ricercata in varie attività ecclesiali come nell’animare le assemblee liturgiche o paraliturgiche, nonchè gli incontri di preghiera o i pellegrinaggi o la recita del Rosario o cose simili. Essa non può fare l’omelia al Vangelo della Messa, ma può fare delle brevi introduzioni o presentazioni degli atti liturgici o fare le preghiere dei fedeli.

Come negare la creatività femminile nell’invenzione di nuove preghiere adatte alle circostanze? Come negare la sua sensibilità ai bisogni concreti delle persone, soprattutto i familiari, i piccoli, gli anziani, i malati? Come negare la sua pietà per i defunti? La sua apprensione e preoccupazione per la sorte dei peccatori?

Perché tutte queste chiare manifestazioni di una sana spiritualità non potrebbero essere confermate e potenziate dal possesso del diaconato? Se essa si prodiga fino allo stremo delle forze per le persone meritevoli che ama, senza badare a fatiche e sacrifici, se essa possiede doni di profezia o narra delle sue esperienze mistiche, perché non favorirla e sostenerla col dono del diaconato?

Già da molti anni è consentito alla donna l’esercizio del ministero del lettorato, benché non in vista del sacerdozio. Fruisce anche del ministero della distribuzione della Comunione alla Messa e ai malati. Ha facoltà di esporre e riporre il SS.mo Sacramento per l’adorazione eucaristica, di benedire funerali e matrimoni, di amministrare il battesimo. Recentemente la Chiesa ha istituito il ministero del catechista, del quale la donna ha possibilità di valersi.

Ci si potrebbe domandare se essa non potrebbe ricevere anche il ministero dell’accolitato, visto che esso è un ministero laicale. Quanto al diaconato istituito (quello ordinato è escluso), occorrerebbe chiarire quali potrebbero essere le sue mansioni. Per questo il Papa vuole che continuino gli studi perché i tempi non sono ancora maturi per una decisione. Sembra più opportuno che siano le donne stesse a fare proposte.

In questi ultimi due secoli sono migliorate le conoscenze delle qualità spirituali proprie della donna. Lo stesso Magistero pontificio a partire da Pio XII ci fornisce indicazioni preziose[2] .

Notiamo anche che  i ministeri ordinati sono riservati sì all’uomo maschio in forza della volontà di Cristo, ma che anche esiste una corrispondenza tra di essi e le qualità proprie della mascolinità, mentre la questione oggi ancora aperta è quella di scoprire meglio i carismi e i ministeri conformi alle qualità proprie della femminilità.

Salve restando le intangibili e immutabili disposizioni di Cristo sul sacerdozio, occorre vedere meglio per quali ministeri è adatta la mascolinità e per quali è adatta la femminilità. Quanto più si chiariranno le qualità dell’una e dell’altra, tanto più si comprenderà quali ministeri sono adatti all’una e all’altra.

Qualità per essere diaconesse

Le donne più adatte ad essere diaconesse sono quelle che maggiormente sanno comprendere ed apprezzare il valore e la funzione del sacerdozio ministeriale. Se la donna non può essere sacerdote, vi sono però alcune donne, specialmente tra le Religiose, che si trovano in una speciale affinità con l’anima del sacerdote; hanno una speciale attitudine alla direzione spirituale, una speciale stima e attitudine per la liturgia, sono interessate alla teologia o al diritto canonico;  assomigliano al sacerdote nella sua predicazione del Vangeli e nella sua missione educativa e formatrice, sanno comprendere e condividere in modo speciale la sensibilità e le cure del cuore sacerdotale per i sofferenti, i poveri, i bisognosi; posseggono un senso simile al suo della comunione umana ed ecclesiale, una sete di Dio simile alla sua[3].

Assomigliano al sacerdote nella sua combattività contro le forze del male, della menzogna e dell’ingiustizia. Sanno capire l’animo del sacerdote nelle sue aspirazioni, nelle sofferenze, nei suoi problemi e sanno donargli luce, consiglio, consolazione e conforto, lo correggono, lo incoraggiano e lo stimolano nel compimento dei suoi doveri e della sua missione.

Queste donne conoscono la differenza fra le qualità maschili e quelle femminili e non desiderano affatto il sacerdozio perché sanno che esso si confà solo alle qualità maschili. Esse invece sono contente e fiere della loro femminilità perché sanno che essa è gradita e benefica agli uomini («ecco finalmente l’osso delle mie ossa e la carne della mia carne!» Gen 2,23) e sanno che essa integra la loro mascolinità.

Viceversa, quelle donne che vorrebbero essere sacerdote, sono come delle sessualmente frustrate, mostrano ad un tempo disprezzo per la loro femminilità e incomprensione per la vera dignità del sacerdozio. Mettono in gioco a sproposito la pari dignità dei sessi, che per la verità qui non c’entra nulla, come se il sacerdozio corrispondesse alla rivendicazione di un diritto umano o fosse al vertice della scala sociale.

Nel corso di questi ultimi due secoli le donne hanno fatto bene a liberarsi dal loro stato di inferiorità e di asservimento all’uomo ottenendo oggi di raggiungere i vertici della scala sociale. Ma il sacerdozio non appartiene all’orizzonte dei diritti umani, quasi esistesse un diritto al sacerdozio, bensì al mistero dei doni e delle scelte divine.

Indubbiamente per poter diventar sacerdoti occorre dar prova di equilibrio psicologico e di virtù umane, ma non occorrono speciali livelli culturali, nobiltà di natali o ricchezza di capacità umane. L’essenziale è un forte bisogno di Dio e di condurre il prossimo a Dio. Se qualcuno diventa capo d’azienda o leader politico, a parte la fortuna, appare spiegabile il suo successo pensando alle sue capacità. Ma che questi diventi sacerdote e l’altro no non è umanamente spiegabile, ma si spiega solo con una misteriosa e insondabile scelta divina.

La donna che desidera il sacerdozio come fosse un diritto dà prova di scambiarlo per una conquista sociale alla stregua di diventare presidente della Repubblica o dell’Unione Europea. Inoltre quale donna di buon senso vorrebbe rinunciare alla sua voce o al suo meraviglioso corpo per assumere quelli maschili? Non la giudicheremmo una stolta? Ebbene, le donne che aspirano al sacerdozio fanno la stessa cosa.

Alcuni obiettano: ma che c’entra il sacerdozio col sesso? Siamo sul piano spirituale, dove essere maschi o essere femmine è indifferente. Il sacerdote non è una guida di anime? Il sacerdozio non è un’attività spirituale? Non hanno un’anima allo stesso modo l’uomo e la donna? E dunque che c’entra il sesso? Ebbene, il sesso c’entra! E qui vediamo quanta importanza dà Dio al sesso, se lo rende soggetto di un sacramento, come del resto avviene nel matrimonio.

E qui sta proprio la scoperta moderna della dignità femminile. L’esser donna non è solo un fatto fisico ma anche il fatto di avere un’anima diversa da quella dell’uomo[4], sicchè uomo e donna non si completano solo fisicamente, ma anche spiritualmente. Ed ecco dunque il punto: diaconato ordinato e diaconato istituito si integrano a vicenda!

Ecco allora come potremmo vedere delle diaconesse collaboratrici, consigliere ed aiutanti del Papa, dei Cardinali, dei Vescovi, dei presbiteri e dei diaconi nel loro ministero specifico. Vedremo, laddove è possibile, crearsi delle coppie, una cosa sola nell’esercizio del ministero in reciproca complementarità al servizio della Chiesa e delle anime.

Notiamo dunque che il sacerdozio non è un’essenza a parte nei confronti della femminilità; al contrario, esso è essenzialmente completo solo grazie all’apporto della femminilità. Quei sacerdoti che trattano la donna a distanza dall’alto al basso, non sanno capire la spiritualità femminile, sicchè non potranno mai sviluppare in pienezza le potenzialità del loro ministero.  Per il sacerdote, che è uomo, vale il detto genesiaco: non è bene che l’uomo sia solo; facciamogli un aiuto simile a lui, un aiuto per l’edificazione della Chiesa. E questo sarà la diaconessa.

La custodia della castità va attuata in forma positiva, come relazione più che come autocontrollo, più che in forma negativa o repressiva, senza ovviamente trascurare le tradizionali pratiche ascetiche. Ma non si tratta tanto di fuggire tentazioni e pericoli, quanto piuttosto di valersi delle qualità proprie dell’altro sesso per integrare il proprio.

Dio ha creato l’uomo e la donna non perché stessero in guardia l’uno dall’altro, ma perchè fossero una sola carne e questo non deve valere solo per il matrimonio, ma per tutte le vocazioni e gli stati di vita, in tutte le attività nella società e nella Chiesa, salvando naturalmente, laddove è richiesto, l’astinenza sessuale. L’uomo è per essenza la coppia umana. «Non è bene che l’uomo sia solo». La grazia del diaconato favorirà questa reciprocità tenendo lontano i pericoli e incrementando l’unione nella collaborazione per il bene della Chiesa e la santificazione della stessa coppia.

Resta nella coppia la prospettiva del generare assieme, solo che in tal caso i due sono padre e madre non tanto dei corpi, quanto piuttosto delle anime. Dunque si uniscono spiritualmente per una generazione spirituale. Ma se non si capisce qual è la spiritualità femminile, come si può realizzare quell’unione e quella generazione?

Ritengo adesso di fare cosa utile riportare le direttive di San Paolo VI riguardanti i ministeri istituiti del lettorato e dell’accolitato, che qui il Papa riferisce agli aspiranti al sacerdozio, ma, trattandosi di ministeri laicali, credo che li si possa adattare al diaconato femminile.

Dalla Lettera apostolica

in forma di motu proprio Ministeria quaedam

di San Paolo VI del 15 agosto 1972[5]

Corrisponde alla realtà stessa e alla mentalità odierna che i menzionati uffici non siano più chiamati ordini minori e che il loro conferimento sia denominato non «ordinazione» ma «istituzione», ed ancora che siano e vengano ritenuti propriamente chierici soltanto coloro che hanno ricevuto il Diaconato. In tal modo risalterà anche meglio la distinzione fra chierici e laici, fra ciò che è proprio e riservato ai chierici e ciò che può essere affidato ai fedeli laici; così apparirà più chiaramente il loro vicendevole rapporto, in quanto il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo (Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium s, 10: AAS 57 (1965), p. 14).

I. La Prima Tonsura non viene più conferita; l'ingresso nello stato clericale è annesso al diaconato.

II. Quelli che finora erano chiamati Ordini minori, per l'avvenire dovranno essere detti «ministeri».

III. I ministeri possono essere affidati anche ai laici, di modo che non siano più considerati come riservati ai candidati al sacramento dell'Ordine.

IV. I ministeri che devono essere mantenuti in tutta la Chiesa Latina, adattati alle odierne necessità, sono due, quello cioè del Lettore e quello dell'Accolito. Le funzioni, che finora erano affidate al Suddiacono, sοno demandate al Lettore e all'Accolito, e pertanto, nella Chiesa Latina, non si ha più l'ordine maggiore del Suddiaconato. Nulla tuttavia impedisce che, a giudizio della Conferenza Episcopale, l'Accolito, in qualche luogo, possa chiamarsi anche Suddiacono.

V. Il Lettore è istituito per l'ufficio, a lui proprio, di leggere la parola di Dio nell'assemblea liturgica. Pertanto, nella Messa e nelle altre azioni sacre spetta a lui proclamare le letture della Sacra Scrittura (ma non il Vangelo); in mancanza del salmista. recitare il salmo interlezionale; quando non sono disponibili né il Diacono né il cantore, enunciare le intenzioni della preghiera universale dei fedeli; dirigere il canto e guidare la partecipazione del popolo fedele; istruire i fedeli a ricevere degnamente i Sacramenti. Egli potrà anche - se sarà necessario - curare la preparazione degli altri fedeli, i quali, per incarico temporaneo, devono leggere la Sacra Scrittura nelle azioni liturgiche. Affinché poi adempia con maggiore dignità e perfezione questi uffici, procuri di meditare assiduamente la Sacra Scrittura.

Il Lettore, sentendo la responsabilità dell'ufficio ricevuto, si adoperi in ogni modo e si valga dei mezzi opportuni per acquistare ogni giorno più pienamente il soave e vivo amore (Cf Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 24: AAS 56 (1964), p. 107: CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, n. 25: AAS 58 (1966), pp. 829) e la conoscenza della Sacra Scrittura, onde divenire un più perfetto discepolo del Signore.

VI. L'Accolito è istituito per aiutare il Diacono e per fare da ministro al Sacerdote. È dunque suo compito curare il servizio dell'altare, aiutare il Diacono e il Sacerdote nelle azioni liturgiche, specialmente nella celebrazione della Santa Messa; inoltre, distribuire, come ministro straordinario, la Santa Comunione tutte le volte che i ministri, di cui al can. 845 del CIC, non vi sono o non possono farlo per malattia, per l'età avanzata o perché impediti da altro ministero pastorale, oppure tutte le volte che il numero dei fedeli, i quali si accostano alla Sacra Mensa, è tanto elevato che la celebrazione della Santa Messa si protrarrebbe troppo a lungo. Nelle medesime circostanze straordinarie potrà essere incaricato di esporre pubblicamente all'adorazione dei fedeli il Sacramento della Santissima Eucaristia e poi di riporlo; ma non di benedire il popolo. Potrà anche - in quanto sia necessario - curare l'istruzione degli altri fedeli, i quali, per incarico temporaneo, aiutano il Diacono e il sacerdote nelle azioni liturgiche portando il messale, la croce, i ceri ecc., o compiendo altri simili uffici. Egli eserciterà tanto più degnamente questi compiti, se parteciperà alla Santissima Eucaristia con una pietà sempre più ardente, si nutrirà di essa e ne acquisterà una sempre più profonda conoscenza.

L'Accolito, destinato in modo speciale al servizio dell'altare, apprenda tutte quelle nozioni che riguardano il culto pubblico divino e si sforzi di comprenderne l'intimo e spirituale significato: in tal modo potrà offrirsi, ogni giorno, completamente a Dio ed essere, nel tempio, di esempio a tutti per il suo comportamento serio e rispettoso, e avere inoltre un sincero amore per il corpo mistico di Cristo, o popolo di Dio, e specialmente per i deboli e i malati.

VII. L'istituzione del Lettore e dell'Accolito, secondo la veneranda tradizione della Chiesa, è riservata agli uomini.

VIII. Perché uno possa essere ammesso ai ministeri, si richiedono:

a) la domanda, liberamente compilata e sottoscritta dall'aspirante, da presentare all'Ordinario (il Vescovo, e negli istituti clericali di perfezione, il Superiore Maggiore), cui spetta l'accettazione;

b) l'età conveniente e le speciali qualità, che devono essere determinate dalla Conferenza Episcopale;

c) la ferma volontà di servire fedelmente Dio e il popolo cristiano.

IX. I ministeri sono conferiti dall'Ordinario (il Vescovo e, negli Istituti clericali di perfezione, il Superiore Maggiore) con il rito liturgico «istituzione del Lettore» e «istituzione dell'Accolito», riconosciuto dalla Sede Apostolica.

X. Fra il conferimento del Lettorato e quello dell'Accolitato siano rispettati gli interstizi, stabiliti dalla Santa Sede o dalle Conferenze Episcopali, tutte le volte che alle medesime persone viene conferito più di un ministero.

XI. I candidati al Diaconato e al Sacerdozio debbono ricevere i ministeri del Lettore e dell'Accolito, se non l'hanno già fatto, ed esercitarli per un conveniente periodo di tempo, affinché meglio si dispongano ai futuri servizi della Parola e dell'Altare. Per i medesimi candidati, la dispensa dal ricevere i ministeri é riservata alla Santa Sede.

XII. Il conferimento dei ministeri non dà diritto al sostentamento o alla remunerazione da parte della Chiesa.

XIII. Il rito dell'istituzione del Lettore e dell'Accolito sarà pubblicato entro breve tempo dal competente Dicastero della Curia Romana.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 23 ottobre 2024


La Beata Vergine Maria è la madre della Chiesa e la Regina degli apostoli. Ha portato nel suo seno il Sommo Sacerdote Salvatore del mondo, il Capo e Principe di tutti i sacerdoti. L’opera della Redenzione iniziò già e in certo modo si compì nel suo seno, all’ombra della sua maternità.

Quest’opera, che è l’opera della Chiesa, avviene nel seno di ogni gestante, per cui già l’embrione è liberato da Cristo dalla colpa originale e vivificato dalla grazia. Il battesimo del bambino non farà che confermare ed aumentare la grazia ricevuta. E non è questo un servizio diaconale della donna?

Quando di recente il Papa ha parlato della donna superiore all’uomo si riferiva, come ha espressamente detto, alla Chiesa sposa di Cristo e madre dell’umanità e quindi anche del sacerdote in quanto uomo maschio. Questa maternità della Madonna e quindi della Madonna in quanto donna non è forse un servizio diaconale?

Aggiungo che per chiarire questa questione del diaconato femminile, che mette in gioco i valori specifici della femminilità, dobbiamo inoltre considerare che ormai da almeno due secoli la donna nella Chiesa ha gradualmente conquistato una posizione e un ruolo di una tale importanza, che molti si domandano se non sia utile, conveniente o necessario per il bene della Chiesa e per il potenziamento di quei ruoli, uffici, ministeri e mansioni, che le donne già esercitano onorevolmente, che esse, se lo desiderano e ne hanno l’attitudine,  ricevano un supplemento di grazia e di energia soprannaturale in forza del conferimento ad esse del ministero laicale del diaconato.

Dio ha creato l’uomo e la donna non perché stessero in guardia l’uno dall’altro, ma perchè fossero una sola carne e questo non deve valere solo per il matrimonio, ma per tutte le vocazioni e gli stati di vita, in tutte le attività nella società e nella Chiesa, salvando naturalmente, laddove è richiesto, l’astinenza sessuale. L’uomo è per essenza la coppia umana. «Non è bene che l’uomo sia solo». La grazia del diaconato favorirà questa reciprocità tenendo lontano i pericoli e incrementando l’unione nella collaborazione per il bene della Chiesa e la santificazione della stessa coppia.

Immagini da Internet

[1] Come insegna S.Paolo VI nella Lettera apostolica Ministeria quaedam del 1972, parlando dell’accolitato e del lettorato, «il loro conferimento è denominato non “ordinazione” ma “istituzione”».

[2]Vedi i Discorsi di Pio XII sulla donna nella collezione degli insegnamenti di Pio XII pubblicata dalle Edizioni Paoline; La donna nel magistero di Paolo VI con Prefazione del Card. M. L. Ciappi, Tipografia Poliglotta Vaticana 1980; San Giovanni Paolo II, Enciclica Mulieris dignitatem, del 15 agosto 1988; Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano, Città Nuova Editrice-Libreria Editrice Vaticana 1985.

[3] Ciò si nota nelle coppie fondatrici di Istituti religiosi. Il fondatore può essere solo; ma se c’è una fondatrice, essa è sempre abbinata a un fondatore

[4] Sulla differenza tra l’anima dell’uomo e quella della donna, in L’anima nell’antropologia di San Tommaso d’Aquino, Atti del congresso internazionale della SITA, Editrice Massimo, Milano 1987, pp.227-34.

[5] PAOLO VI - LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI MOTU PROPRIO MINISTERIA QUAEDAM, CON LA QUALE NELLA CHIESA LATINA VIENE RINNOVATA LA DISCIPLINA RIGUARDANTE LA PRIMA TONSURA, GLI ORDINI MINORI E IL SUDDIACONATO:

https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/motu_proprio/documents/hf_p-vi_motu-proprio_19720815_ministeria-quaedam.html

 

12 commenti:

  1. Caro padre, ha attirato la mia attenzione il fatto che lei dica che:
    "...una domanda che possiamo porci oggi è se può esser conforme alla donna il ministero dell’accolitato..."
    Il ministero dell’accolitato per le donne non è già consentito da Papa Francesco?

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    1. Infatti, caro padre Cavalcoli, Papa Francesco ha provveduto a questo, anche modificando le norme del Codice di Diritto Canonico, a meno che non tralasci qualche dettaglio che contraddica quanto vedo:
      https://www.vatican.va/content/francesco/it/motu_proprio/documents/papa-francesco-motu-proprio-20210110_spiritus-domini.html

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    2. Cara Herminia,
      per quanto riguarda il ministero dell’accolitato femminile, esso è già stato voluto dall’attuale Pontefice nella Lettera Apostolica “Spiritus Domini” in forma di “Motu Proprio”, dell’11 gennaio 2021.
      Occorre comunque tenere presente che questo ministero è semplicemente un ministero istituito dalla Chiesa senza relazione o finalizzazione al Sacramento dell’Ordine.

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    3. Caro Padre Giovanni,
      proprio, non ho dubbi: il ministero del accolitato per le donne è un ministero istituito, non come percorso verso l'Ordine Sacro.
      Ma mi è venuta l'impressione che la sua domanda, nel testo del suo articolo ("...una domanda che possiamo porci oggi è se può esser conforme alla donna il ministero dell’accolitato..."), desse l'impressione che lei stesse aspettando che questo ministero fosse concesso alle donne, quando in realtà è già stato concesso.
      Grazie.

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    4. Cara Herminia,
      quando ho parlato dell’accolitato femminile nel mio articolo, io avevo presente la mia esperienza di sacerdote, al quale, dall’anno della mia ordinazione nel 1976, non è mai capitato di vedere una donna che esercitasse il ministero dell’accolitato.
      Ricordo infatti che questo ministero consiste nel porre sull’altare durante la Messa le offerte, che sono il pane, il vino, il calice, la patena, il corporale, il purificatoio, eventualmente la pisside; nel versare alcune gocce d’acqua nel vino; nel fare il lavabo, che consiste nel versare un po’ d’acqua sulle dita del sacerdote; prelevare la pisside dal tabernacolo e riporla. Finita la Messa togliere le offerte (il calice, la patena, il corporale, il purificatoio, le ampolline) dall’altare e riporre il tutto in un luogo adatto.
      La questione che si pone adesso è quella di collegare questo servizio all’altare al diaconato femminile.

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  2. Non ho un nessuna idea sul tema. Posso solo ascoltare e prendere nota. Quello che non capisco e vorrei un aiuto, é l'uso e l'azione dello Spirito Santo in eventi come questo sinodo particolare. Ad esempio, all'inizio Papa Francesco ha detto: "Protagonisti del Sinodo non siamo noi, è lo Spirito Santo, e se noi lasciamo posto allo Spirito Santo, il Sinodo andrà bene." D'accordo, ma non é un po' strano parlare così prima per giustificare qualsiasi decisione che si prenderà dopo? E come si fa a sapere se lo Spirito Santo davvero agisce tra le persone? Il documento finale di questa sessione riporta ancora: "non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo". Certo, in termini assoluti é vero. Ma come facciamo ad essere sicuri che quanto si é deciso é davvero sotto lo Spirito Santo? Io sono un po' perplesso. Lo Spirito Santo non si dovrebbe solo invocare come aiuto senza chiamarlo in causa sempre, forse a sproposito? Potrebbe spiegare l' azione dello Spirito Santo ed il giusto modo per rivolgerci a Lui?
    Un anno fa, poi, ho sentito su una nota tv cattolica, un sotto-responsabile ufficiale del Sinodo uscire con l'espressione "é Gesù che lo vuole!" Stesso problema, come fa a dirlo?

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    1. Caro Alessandro,
      nella storia della Chiesa lo Spirito Santo agisce nelle grandi occasioni: elezione del Papa, convocazione di un Concilio o di un Sinodo, professioni religiose, ordinazioni sacerdotali, amministrazione dei Sacramenti soprattutto la Cresima e il Matrimonio.
      Invece per le necessità della vita quotidiana, è consigliabile la devozione all’Angelo custode; per la lotta contro il demonio, l’Arcangelo Gabriele; per l’acquisto di qualunque grazia, la Madonna; per il bene della propria vita personale, il proprio Santo Patrono.
      Come facciamo a sapere che le decisioni di un Sinodo vengono dallo Spirito Santo? La verifica non è difficile. Come possiamo vedere per esempio in questo Sinodo, esse vengono prese a larghissima maggioranza, segno di una profonda concordia ed unione nella carità, che sono doni dello Spirito Santo. *
      E poi si tratta di considerare le decisioni in sé stesse, se sono sagge. Infatti non è detto che esse siano tutte al massimo della saggezza, ma può capitare che alcune siano meno prudenti, per cui occorre eventualmente, in un successivo Sinodo, rimediare.
      Per esempio, il Concilio Vaticano II, nella sua parte pastorale, come disse lo stesso Benedetto XVI, può essere discusso, un eufemismo per dire che occorre un mutamento di rotta consistente nel fatto che, siccome nel Concilio c’è una certa tendenza buonistica, occorre ricuperare una certa severità, senza smentire la maggiore conoscenza della divina Misericordia attuata dal Concilio.

      * https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2024/october/documents/20241026-sinodo-vescovi.html
      https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2024/10/26/0832/01659.html
      https://press.vatican.va/content/dam/salastampa/it/fuori-bollettino/pdf/Risultati%20Votazioni_Sinodo.pdf

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  3. Questo tipo di sviluppi e nuove dottrine nella Chiesa allontaneranno sempre più la possibilità di un'unione ecumenica, sia con gli ortodossi orientali che con i lefebvriani.

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    1. Caro Anonimo,
      che questo tipo di “sviluppi e nuove dottrine nella Chiesa”, come lei dice, allontanerà sempre più gli ortodossi orientali e i lefebvriani dalla piena comunione con Roma è assolutamente inevitabile. Per quale motivo? Poiché nella Chiesa c'è una tradizione viva, la conoscenza della Parola di Cristo non è fissata e rigidamente cristalizzata in un passato capricciosamente stabilito, ma è una conoscenza che viene migliorata, chiarita e approfondita nel tempo, grazie all'impegno dei teologi e, con l'aiuto dello Spirito Santo, sviluppo del dogma che è guidato dal Magistero della Chiesa. Ovviamente, gli ortodossi nel 1054, e Lefebvre e il suo gruppo di seguaci nel 1970, erano più vicini a Roma nel 1054 e nel 1970 di quanto lo siano oggi, perché c’è stato uno sviluppo del dogma e della dottrina cattolica. Vale a dire: viceversa c'è un approfondimento dello scisma e dell'eresia di entrambe le comunità separate.

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    2. Caro Anonimo,
      io farei una lettura diversa della situazione.
      Secondo me l’attuale valorizzazione della dignità femminile, basata su un progresso comprovato ormai da una serie di fatti più che sicuri, dovrebbe essere uno stimolo credibile nei confronti di questi nostri fratelli, che sono rimasti ad una visione superata.
      Occorre avere fiducia nel fatto che lo Spirito Santo illumina anche questi fratelli. Infatti la Chiesa non può fermare il suo progresso per aspettare che alcuni si muovano, ma sono loro che, fiduciosi nella presenza di Cristo nella Chiesa, sono tenuti a prendere atto della novità dello Spirito Santo.

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    3. Caro Don Silvano,
      certo umanamente, dati i precedenti, possiamo immaginare una reazione contraria.
      Ma d’altra parte non sono chiamati anche loro, come dice il Concilio Vaticano II, a raggiungere la piena comunione con la Chiesa Cattolica?

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    4. Ha ragione, padre Giovanni. Il mio pensiero è stato sicuramente troppo umano. Dobbiamo ricordare che dobbiamo sempre confidare nella potente azione dello Spirito Santo, che anima la sua Chiesa.

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