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I costumi dei modernisti

 

I costumi dei modernisti

Il Concilio strumentalizzato dai modernisti

Il Beato Antonio Rosmini scrisse le famose «Cinque piaghe della Santa Chiesa». A noi oggi ne basta una sola e ce n’è d’avanzo: quella dei modernisti. Sono quegli scribi e farisei, dei quali Cristo dice: «sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei».

Ma Gesù oggi non direbbe: «fate quello che dicono», perché è già sbagliato quello che dicono. Piuttosto ci metterebbe in guardia dalle loro menzogne presentandoli come falsi cristi e fasi profeti, lupi travestiti da agnelli.

Gesù oggi ci direbbe: guardatevi dalle loro imposture e dalla loro finta devozione al Papa, perché lo strumentalizzano, lo ingannano, lo fraintendono a loro vantaggio e lo accettano solo nella misura in cui fà a loro comodo. Sono infatti ciechi e guide di ciechi. «Si danno un gran daffare a procurarsi discepoli, per renderli poi peggio di loro».

Cristo però, se vivesse oggi tra noi, non li presenterebbe come austeri maestri di rigore morale che pretendono dagli altri l’eroismo, riservandosi di fare poi di nascosto i propri comodi. Questi semmai sono oggi i filolefevriani o i sedevacantisti.

Al contrario, gli scribi e i farisei di oggi non impongono pesi né a sé stessi né agli altri. Appaiono come accondiscendenti, aperti, tolleranti, liberali e comprensivi, si presentano come gioiosi  liberatori dai sensi di colpa e dai pesi insopportabili imposti dagli arcigni conservatori preconciliari, e quindi invitano a evitate sforzi, pesi e fatiche, non si deve espiare niente, niente rinunce o sacrifici, segni di masochismo e sorgenti di neurosi e di ipocrisia, ma si deve a godere della  vita presente e dei valori della modernità nella libertà senza preoccuparsi di leggi o verità astratte o di dottrine fissate una volta per sempre, secondo l’esperienza di fede della coscienza del «Dio-con-noi», che tutti perdona  e salva  secondo la concretezza del vissuto quotidiano esistenziale, nel dialogo col mondo, immersi nel divenire della storia che è storia di Dio.

I modernisti non rispondono alle obiezioni dei lefevriani, non le considerano degne di essere prese in considerazione, tanto sono sicuri di aver ragione loro e che gli altri hanno torto. Ora, è vero che i lefevriani hanno argomenti che non tengono, ma hanno anche argomenti validi, che, se i modernisti li prendessero in considerazione, potrebbero correggere i loro errori. In tal modo essi invece perseverano nell’errore credendo di aver ragione loro.

Le categorie di giudizio dei modernisti non sono la verità e l’errore; essi, come è noto, non credono nell’immutabilità della verità, per cui, benché si ritengano cattolici ed anzi cattolici d’avanguardia, «postconciliari», dei «fans» di Papa Francesco, non fanno riferimento alla dottrina della Chiesa, ma ai loro stessi capi, perché essi sono come loro dei relativisti. Le loro categorie sono allora, il «progressismo», ossia loro stessi e il «tradizionalismo», che è il relitto del passato. Chi è progressista è all’altezza dei tempi, da approvare, ammirare, propagandare e seguire: chi è tradizionalista è fuori della storia, è oggetto d’irrisione è dev’essere fermato, ignorato ed emarginato.

I modernisti trattano in questo modo non solo i lefevriani e i sedevacantisti, ma anche i cattolici normali, veri attuatori del Concilio, veri seguaci del Papa e fedeli alla dottrina della Chiesa. Il loro evoluzionismo e storicismo impedisce loro di apprezzare il valore della sacra Tradizione, non sanno distinguerla da tradizioni umane o ecclesiali superate, e senz’alcuna discriminazione respingono in blocco tutte le tradizioni cattoliche, superate o ancora attuali, salvo poi ad essere fanatici della tradizione modernista.

È il caso di parlare di modernismo?

Alcuni però si domandano: perché parlare oggi di modernismo? Esistono ancora i modernisti? Per i modernisti parlare di modernismo suppone l’essere rimasti nel clima della caccia alle streghe dell’epoca di San Pio X e non esser riusciti a comprendere il clima di dialogo proprio della Chiesa del postconcilio.

Occorre in realtà dire che «modernismo» è una categoria eresiologica che va oltre il modernismo come il fenomeno storico dei tempi di San Pio X. Come tale, nei suoi precisi contorni storici, è evidente che questo modernismo oggi non esiste più.

Ma se per modernismo intendiamo l’ispirazione che animò il modernismo dei tempi di San Pio X, dobbiamo dire che il modernismo, benchè in forme diverse ed anche più gravi, esiste anche oggi. Di che si tratta? L’ho detto tante volte: di un’istanza in sé giusta, ma realizzata male. Era giusta l’istanza dei modernisti di far progredire la teologia cattolica assumendo i valori della modernità.

Sbagliato fu il metodo col quale essi, sottraendosi alla guida della Chiesa, condussero col loro solo criterio la delicatissima operazione, la quale, per ottenere il risultato prefisso e sperato, avrebbe invece dovuto essere condotta separando, nel pensiero moderno, il grano dalla pula, alla luce, come raccomandava la Chiesa, di San Tommaso d’Aquino e della dottrina della Chiesa.

San Giovanni XXIII seppe capire e raccogliere il valore dell’istanza modernista di rinnovamento, ma che per la verità era rimasta inattuata, perché la repressione degli errori non seppe accompagnarsi con l’apprezzamento del positivo. Con l’indire il Concilio, il Papa avviò nella Chiesa quel processo di recupero di quell’istanza, la quale, fatta propria dalla Chiesa stessa, non poteva non realizzarsi libera dagli errori che avevano fatto fallire la proposta modernista.

Infatti il risultato dell’operazione dei modernisti non fu affatto un progresso del pensiero cattolico, ma un suo grave inquinamento a causa dell’infiltrazione degli errori moderni che conduceva all’eresia. E per questo San Pio X parlò retoricamente del modernismo come «somma di tutte le eresie».

Certo, dopo una simile definizione di San Pio X,  ci si potrebbe domandare che cosa intese dire il Maritain nel 1966 parlando di un ritorno di modernismo molto peggiore di quello dell’epoca di Pio X da lui definito come «somma di tutte le eresie».  Che cosa ci poteva essere di peggio?

Per risolvere questo paradosso è sufficiente capire che il modernismo, come morbo dello spirito, è soggetto, similmente a un morbo fisico, a diversi gradi di gravità. I più leggeri sono i più diffusi. In molti cattolici vi sono solo tracce di modernismo in una vita cattolica sostanzialmente sana.

Sappiamo bene infatti che c’è una differenza tra le cellule iniziali di una neoplasia e la metastasi dello stesso tipo di neoplasia. Così il modernismo ha una sua essenza definita, ma la presenza di questo morbo nelle anime è soggetta a diversi gradi.  Sempre di modernismo si tratta, ma quando oggi parliamo di modernismo, dobbiamo precisare, per dovere di giustizia e di carità, a quale grado di gravità lo riscontriamo.  Non esagerare e non minimizzare.

I modernisti fecero l’inverso di quello che bisognava fare: considerando indiscriminatamente la filosofia moderna come tutto oro colato, pretesero di scegliere nel Vangelo e nella tradizione cattolica solo quello che era gradito alla modernità postcartesiana immanentista, fenomenista, idealista, panteista ed atea.

Perché oggi i Papi non parlano di modernismo? Il motivo può essere una duplice preoccupazione: da una parte, evitare equivoci incresciosi, per il fatto che del termine si sono impossessati  lefevriani e sedevacantisti, i quali lo usano a tutto spiano  a proposito e a sproposito, soprattutto per dare contro il Concilio e i Papi del postconcilio; dall’altra,  per non riaprire piaghe dolorose col rievocare il clima drammatico e sovraeccitato del modernismo primi ‘900, anche se è bello e istruttivo ricordare l’esempio di coraggio e zelo per la Chiesa e per le anime, di cui San Pio X dette eroica prova nello smascherare, combattere e vincere l’insidia modernista.

C’è inoltre da notare che in ogni caso i Papi, se non usano la parola modernismo, tuttavia non mancano di segnalare i suoi errori, li si chiami o non li si chiami modernistici. È chiaro tuttavia che essi nominano il modernismo sotto altre voci: immanentismo, secolarismo, antropocentrismo, soggettivismo, pelagianesimo, gnosticismo, falsa mistica, storicismo, relativismo, idealismo, panteismo, materialismo, ateismo, evoluzionismo, mondanità, proselitismo, clericalismo.

Il lettore inoltre deve fare attenzione al fatto che io uso il termine «modernismo» in un senso ben diverso da quello usato da indietristi, passatisti, lefevriani e sedevacantisti. Questi danno del modernista al Papa e osano accusare di modernismo le dottrine del Concilio, cose che io mi guardo bene dal fare.

Ritengo anzi che il Magistero conciliare e postconciliare sia il vero rimedio al modernismo e proponga un vero modello di modernità cattolica. Invece i passatisti confondono il modernismo col progressismo e col rinnovamento. Per loro il nuovo, il moderno, il progredito è simbolo di falso, è modernismo.

Invece io prendo il termine modernismo nell’accezione che ho spiegato, chiarendo che il moderno è per sé cosa buona, progredire è doveroso e il nuovo in teologia è una benedizione dello Spirito Santo.  Ma il modernismo è un falso e ingannevole modo di essere moderni.

Qualcuno forse potrebbe chiedersi: come mai Cavalcoli parla di modernismo insieme con i lefevriani, mentre Papa Francesco non ne parla mai? Ho già spiegato che ben diverso è il senso che alla parola modernista dò io da quello dei lefevriani, mentre ho spiegato perché il Papa non parla di modernismo.

Se poi mi si chiede chi considero modernista, non ho alcuna difficoltà a fare nomi, senza negare i rispettivi meriti, perché io non stronco mai nessuno, con rispetto precisando che non in tutti il modernismo si riscontra al medesimo grado di gravità. I casi peggiori e più pericolosi sono indubbiamente quelli di Küng, Rahner e Schillebeeckx, sui quali ho fatto studi speciali con pubblicazioni.

C’è poi una folla di casi meno gravi, che però in questi ultimi anni stanno spuntando come i funghi e purtroppo non si notano interventi da parte delle autorità. Non ho la medesima certezza per tutti. Se per qualcuno mi sono sbagliato, attendo una eventuale segnalazione e sarò ben felice di correggermi.

Molto interessante è il fatto che la Madonna a Medjugorje è più volte intervenuta a metterci in guardia contro il modernismo. Padre Livio Fanzaga non ha perso l’occasione per scrivere su questi fatti addirittura un libro, L’inganno del modernismo. L’ammonimento della Madonna a Medjugorje, Edizioni Sugarco, Milano 2019.

Realizzare il Concilio, ma nel senso giusto.

Il compito urgente per l’oggi è allora quello di un’opera di conciliazione del fattore conservativo con quello del progresso. Conservatore e tradizionalista non devono essere titoli infamanti, salvo che non si tratti di conservatorismo o indietrismo. Lo stesso dicasi per progressista. Non esiste vita dello spirito senza progresso, a meno che non si tratti di quel falso progresso che è il modernismo.

Occorre congiungere un progressismo che non sia modernismo con un rispetto alla tradizione che non sia passatismo. Senza rinunciare alle conquiste fatte, occorre recuperare certi valori che abbiamo abbandonato.

Per reazione all’eccessiva severità del passato, siamo caduti nel buonismo. Occorre recuperare una moderata severità per essere veramente buoni. Per reagire all’ascetismo siamo caduti nel lassismo. Occorre recuperare una certa disciplina mantenendo l’unione dello spirito con la carne. Per superare la costrizione in campo dottrinale, siamo caduti nel relativismo. Bisogna ritrovare il rispetto per la verità in un clima di libertà.

In reazione ad un’eccessiva opposizione alla modernità siamo caduti nel modernismo. Occorre dialogare col mondo, ma tornare ad essere luce del mondo. In reazione ad un eccessivo polemizzare, siamo diventati delle pappe molli. Senza abbandonare le buone maniere, occorre ritrovare il valore della paolina buona battaglia.

Per reazione all’immobilismo siamo diventati degli evoluzionisti. Senza abbandonare il senso della storia, bisogna ritrovare il senso dell’eterno. Per reagire ad una liturgia esoterica, abbiamo perduto il senso del sacro. Bisogna ritrovare il colloquio con Dio senza rinunciare alla comunione umana. Per superare la paura del mondo, ci siamo tuffati nelle gioie del mondo. Occorre ritrovare la fuga dal mondo senza rinunciare all’impegno nel mondo.

P. Giovanni Cavalcoli 

Fontanellato, 3 settembre 2024

Alcuni però si domandano: perché parlare oggi di modernismo? Esistono ancora i modernisti? Occorre in realtà dire che «modernismo» è una categoria eresiologica che va oltre il modernismo come il fenomeno storico dei tempi di San Pio X. Come tale, nei suoi precisi contorni storici, è evidente che questo modernismo oggi non esiste più.

Ma se per modernismo intendiamo l’ispirazione che animò il modernismo dei tempi di San Pio X, dobbiamo dire che il modernismo, benchè in forme diverse ed anche più gravi, esiste anche oggi. Di che si tratta? L’ho detto tante volte: di un’istanza in sé giusta, ma realizzata male. Era giusta l’istanza dei modernisti di far progredire la teologia cattolica assumendo i valori della modernità.

Sbagliato fu il metodo col quale essi, sottraendosi alla guida della Chiesa, condussero col loro solo criterio la delicatissima operazione, la quale, per ottenere il risultato prefisso e sperato, avrebbe invece dovuto essere condotta separando, nel pensiero moderno, il grano dalla pula, alla luce, come raccomandava la Chiesa, di San Tommaso d’Aquino e della dottrina della Chiesa.

San Giovanni XXIII seppe capire e raccogliere il valore dell’istanza modernista di rinnovamento, ma che per la verità era rimasta inattuata, perché la repressione degli errori non seppe accompagnarsi con l’apprezzamento del positivo. Con l’indire il Concilio, il Papa avviò nella Chiesa quel processo di recupero di quell’istanza, la quale, fatta propria dalla Chiesa stessa, non poteva non realizzarsi libera dagli errori, che avevano fatto fallire la proposta modernista.

Immagine da Internet:
- La chiesa di Auvers, Vincent van Gogh, Parigi

2 commenti:

  1. Caro padre Cavalcoli,
    mi ha sorpreso la sua brillante sintesi della sua espressione: "Per reagire ad una liturgia esoterica, abbiamo perduto il senso del sacro. Bisogna ritrovare il colloquio con Dio senza rinunciare alla comunione umana".
    So che lei non è uno specialista in liturgia, ma anche così, e tenendo conto dei diversi decenni in cui ha celebrato come sacerdote la liturgia cattolica, oso suggerire che sarebbe molto interessante avere dalla sua penna una testimonianza personale, se non fosse possibile una completa riflessione teologico-liturgica, su quel suddetto passaggio di una liturgia esoterica (quella preconciliare, così come era celebrata da alcuni) e quella attuale, che deve anche essere rispettosa del sacro.

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    1. Caro Gabriel,
      proprio ieri ho ricordato il 48° anniversario della mia ordinazione sacerdotale. Io ho sempre sentito molto il valore della Messa e proprio oggi stavo pensando di scrivere un articolo su questo argomento.
      Sinteticamente vorrei sostenere la tesi che tutta la nostra vita morale deve essere vissuta alla luce della Messa. Non ho avuto problemi ad accogliere il Novus Ordo, anche perché la Messa che ho imparato è stata questa.
      Se devo esprimere un mio parere, io trovo che il Novus Ordo e il Vetus Ordo in qualche modo si completano a vicenda. Benedetto XVI parlava di una riforma della riforma. Indubbiamente, considerando come stanno le cose adesso, le posizioni di Papa Francesco sono molto chiare e ovviamente ci dobbiamo adeguare.
      Se le cose mi si chiariscono, ben volentieri pubblicherò un articolo.

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