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Il Mistero Eucaristico - II Conferenza del Servo di Dio P. Tomas Tyn Parte Prima (1/2)

 

Il Mistero Eucaristico

II Conferenza del Servo di Dio P. Tomas Tyn

 Parte Prima (1/2)

Ho il piacere di presentare questa seconda conferenza del Servo di Dio Padre Tomas Tyn, dedicata ad una analisi teologica dell’atto della Consacrazione Eucaristica nella Messa, nonché della presenza reale di Cristo nell’Eucarestia e all’esame di alcune delicate questioni che nascono dalle riflessioni sul Mistero dell’Eucarestia.

Questi pensieri appaiono oggi particolarmente opportuni in un clima ecclesiale segnato purtroppo da diverse parti da una tendenza liturgica che non riconosce al Mistero Eucaristico, e quindi alla Santa Messa la sua vera dignità, riducendola ad una semplice memoria dell’Ultima Cena e ad uno stimolo di carità sociale, mentre nel contempo purtroppo dispiace dover constatare in certi ambienti un’attenzione all’essenziale del Mistero Eucaristico, ma in un contesto spirituale di dissidio nei confronti di una piena comunione ecclesiale.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 28 febbraio 2025

I Conferenza: Eucarestia S.Messa:

https://padrecavalcoli.blogspot.com/2025/03/il-mistero-eucaristico-conferenza-del.html

https://padrecavalcoli.blogspot.com/2025/03/il-mistero-eucaristico-conferenza-del_2.html 

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P. Tomas Tyn, OP - Seconda Meditazione - Eucarestia S.Messa - Bologna, 16 - 30 marzo 1985

Meditazioni sul sacrificio della Santa Messa per il Terzo Ordine Domenicano presso la Basilica di San Domenico in preparazione alla Santa Pasqua del 1985 - n. 3 Meditazioni

Audio:   6b) http://youtu.be/RHce-M9sdSM

Cf. : http://www.arpato.org/testi/lezioni_dattiloscritte/Sacrificio-SMessa.pdf

Seconda Meditazione

Registrazione e custodia dell’audio a cura di diverse persone

          Sono felice di rivedervi ancora quest’oggi per continuare il nostro discorso sul sacrificio della Santa Messa e sulla nostra partecipazione al medesimo. Soprattutto quest’oggi dovremo affrontare un problema non molto facile. Diciamo che oggi ci proponiamo sostanzialmente tre domande.

         La prima. Come è presente il Nostro Signore e Salvatore in questo sacramento? Cioè come può accadere che praticamente la presenza di Cristo è al di sopra delle leggi dello spazio e del tempo? Infatti, evidentemente Gesù è presente contemporaneamente in diversi altari e in diversi tabernacoli e nello stesso tempo sotto quel piccolo pezzettino di pane e in queste poche gocce di vino c’è il Christus totus, quindi Gesù secondo tutto il suo corpo e tutto il suo sangue e quindi secondo un’estensione certamente più grande di quella delle sacre specie, cioè sia del pane che del vino. Questa è la prima domanda. Come può accadere questo?

         La seconda è quella che riguarda il sacrificio della Santa Messa e la Chiesa. Questa tesi è molto importante. E cioè che Gesù assieme a Se stesso, al suo corpo diciamo così storico, al suo corpo vero e proprio, cioè fisico, offre anche al Padre il suo Corpo Mistico, cioè la Chiesa tutta intera. Quindi la Chiesa assieme a Gesù, la Chiesa che è Gesù, è assieme a Lui offerente, nel senso del suo sacerdozio ed è anche offerta e vittima offerta per la salvezza del mondo.

         Ed infine vedremo il modo particolare di partecipazione al Santo Sacrificio della Vergine Santissima. Questi sono i tre temi che ci proponiamo per quest’oggi. Cominciamo dunque subito da questo primo. Il problema delle leggi dello spazio e del tempo. Noi sappiamo tutti che Gesù è presente nell’eucaristia, è presente in maniera tale da non sottostare alle leggi della estensione. Lo spazio, il luogo, è qualche cosa che riguarda la quantità dei corpi, in quanto sono quantificati.

         Ciascuno di noi, in quanto è corpo, è quantificato. Cioè ha una determinata dimensione, una determinata misura. Ebbene, i corpi in quanto sono quantificati, sottostanno alle leggi spaziali. Cioè la quantità ha questi due effetti. Il primo effetto della quantità è l’estensione del corpo, quindi il fatto che ogni corpo ha delle parti estrinsecate[1] le une rispetto alle altre.

          Così per esempio nell’uomo noi possiamo distinguere la testa, il collo, il torace, mani, piedi e via dicendo. E tutto questo è una parte al di fuori dell’altra. Cioè non sono tutte mescolate e confuse tra loro. Quindi il primo compito della quantità è quello di estendere i corpi. Ecco l’estensione.

         Il secondo compito della quantità è quello di collocare, cioè di porre in un determinato luogo, intendendo per luogo, la circonferenza[2] attigua del corpo contenente[3] il corpo[4]. Per esempio noi ci troviamo nel luogo, perché siamo circondati dall’aria, che è attorno a noi. Questa circonferenza[5], per così dire, cioè questa superficie[6] priva di corpo, circondante il corpo contenuto, cioè dell’aria che c’è attorno a noi, si chiama luogo. E ogni corpo evidentemente, in quanto è quantificato, si trova in un luogo.  

         Vedete invece come il mondo spirituale si sottrae alla legge della quantità, perché lo spirito è inesteso. Non ha una determinata quantità che si possa misurare a metri, a decimetri e a centimetri. Se uno mi chiedesse: “Dimmi quanto misura la tua anima”; io posso solo rispondergli: “L’anima non è misurabile”.

         Quindi, vedete, a differenza del mondo corporeo, che sottostà alle leggi della quantità, quindi all’estensione e alla collocazione, il mondo spirituale è dominato dalla pura forma, come la chiama Aristotele. A differenza della materia, la forma è ciò che determina l’entità delle cose, dà l’essere alla realtà.

         E quindi il mondo spirituale è il mondo delle pure forme, senza materia. E quindi è un mondo che non soggiace alle leggi della quantità. Perciò lo spirito in quanto tale, compresa la nostra anima che è spirituale, non è né esteso nè collocato, proprio perché non è quantificabile, non è quantitativamente misurabile.

        Invece tutti i corpi sono evidentemente quantitativamente misurabili e quindi quantificabili; possiamo dire quanto misurano esattamente in lunghezza e in larghezza e in profondità, secondo le famose tre dimensioni. E poi tutti i corpi sono evidentemente estesi. Uno spirito non è esteso. Cioè non posso dire: nell’anima l’intelligenza si trova a destra della volontà. Sarebbe una cosa ridicola, dire così.

         C’è l’intelligenza, la volontà, e l’appetito sensitivo, ci sono le dimensioni conoscitive e sensitive. Tutte queste facoltà fanno parte dell’unica anima spirituale dell’uomo, ma non si può collocarle, cioè non si può dire, immaginando le cose come se l’anima fosse una realtà spaziale, nella quale si dice che la volontà si trova qui e invece l’intelligenza si trova da quell’altra parte.

        Quindi, nell’anima, in quanto è spirituale, non c’è né la misurabilità quantitativa, e nemmeno l’estensione. Le singole parti dell’anima, le facoltà, le potenze, le capacità dell’anima non sono una al di fuori dell’altra, né l’una accanto all’altra; non sono insomma estese, e per di più quest’anima stessa non è collocata in senso vero e proprio. Cioè io non posso dire l’anima è precisamente in questo luogo. Anzi devo dire che l’anima è tutta in tutto il corpo e in tutte le sue parti[7].

        Cioè non posso dire che nel mio dito ci sia meno di anima di quanto non ce ne sia per esempio nel mio capo. Quindi l’anima non è legata a questa parte del corpo piuttosto che a quest’altra. La legge dell’anima, la presenza dell’anima è questa, che l’anima si trova, tutta nel tutto e tutta in ciascuna delle parti del tutto. Invece, al contrario, un corpo collocato si trova tutto in tutto, ma ogni parte si trova sotto ogni parte del luogo.

        Per esempio, l’orologio è collocato nello spazio. Ed io posso assegnare a ogni parte dell’orologio una parte dello spazio circondante che vi corrisponde. Se poi io sposto[8] l’orologio così non cambia il posto, non cambia il luogo, però cambia il situs, cioè la sua situazione nel luogo nel senso che altre parti del corpo corrispondono allora ad altre parti dello spazio.

        In questo senso, la presenza corporea è sempre una presenza quantitativa di qualche cosa di esteso, di collocato e di situato. Evidentemente il luogo del corpo, cioè la sua collocazione spaziale, è qualche cosa che compete individualmente a questo corpo, ossia gli compete di essere in questo luogo. Perciò non è possibile che lo stesso corpo vero sia contemporaneamente in due luoghi.

         Infatti, ad un solo corpo, corrisponde un solo luogo, una sola collocazione. Voi mi direte: “Ma la bilocazione dei santi? Che cosa vuol dire?”. Ebbene, si racconta di santi che si sono spostati[9], cioè praticamente che furono presenti in due luoghi diversi. A me non è ancora capitato di vedere un simile prodigio, ma so che succede raramente, quindi non pretendo una verifica empirica. Se comunque è successo, solo Dio può fare un miracolo del genere. E certamente, non è possibile che sia in due luoghi il corpo del medesimo Santo. Ma in un luogo c’è il suo corpo vero e proprio, e in un altro c’è una apparenza del suo corpo, cosa che il buon Dio può fare, sia oggettivamente, facendo vedere proprio un corpo oggettivo in un altro luogo, oppure producendo, diciamo così, una percezione soggettiva corrispondente alla percezione di un corpo, che però non c’è.

          In questi due modi è spiegabile la bilocazione. Ma non nel senso che un corpo vero, un corpo fisico, nella sua identità individuale, numerica, sia contemporaneamente in due luoghi.

         Ebbene, tutto questo invece si verifica nell’Ostia Santa. Cioè l’Ostia Santa è la presenza di Gesù, che contemporaneamente si rende presente in diversi luoghi, su diversi altari, dove contemporaneamente si celebra la Santa Messa nel momento della consacrazione, e dopo la consacrazione è presente in diversi tabernacoli, dove Gesù è compresente nella realtà identica, numerica, sostanziale del suo unico corpo.

         Quindi questo corpo unico, fisicamente ed individualmente determinato del Salvatore si trova in diversi luoghi allo stesso tempo. C’è di più. Gesù si trova situato in un luogo, meglio, in uno spazio, che è piccolissimo: appunto l’Ostia Santa. Ci sono particole piccolissime. Come spiegare che Gesù sia lì, tutto, tutto il suo corpo, che mettiamo abbia la misura di un metro e 70 o 80, chissà.

         Come mai un corpo di un metro e 70 o 80 centimetri può trovarsi sotto la specie del pane, che misura circa 2 o 3 centimetri al massimo? La domanda è questa.  Evidentemente non è facile rispondere. Come è possibile pensare che la particola sacra spezzata faccia sì che il corpo del Signore sia presente sotto entrambe le parti della Ostia?

         Cosa che non capita se uno tagliasse un corpo fisico. In tal caso, le due parti sono tali, che ciascuna parte contiene solo la metà del corpo frantumato, mentre nell’Ostia Santa, quando la si spezza, il corpo tutto, tutto intero di Gesù è contenuto sotto l’una e sotto l’altra parte dell’Ostia.

         Similmente, il corpo del Signore evidentemente non soggiace alle leggi del tempo, le quali praticamente misurano il moto. C’è una successione di istanti, che è legata al divenire. In un mondo spirituale, nel quale non c’è un divenire materiale vero e proprio, neanche il tempo può esistere. Quindi abbiamo questa situazione. Negli enti che sono propriamente mobili, cioè negli enti materiali, il moto fa sì che questo muoversi, questo divenire dell’ente mobile sia misurabile secondo un’enumerazione di istanti successivi. E questa è l’enumerazione di istanti successivi, dove ogni istante numerato corrisponde a un momento particolare del muoversi del corpo. Pensate per esempio ad una gara di atleti, nella quale c’è uno con il cronometro che misura esattamente il tempo della corsa. Si dà l’enumerazione dei secondi e delle frazioni di secondo che corrispondono esattamente al moto della corsa dell’atleta.

          E allora il tempo è appunto questa enumerazione degli istanti del moto. Dove non c’è il movimento, non esiste il tempo. Dove non c’è cambiamento, non c’è il tempo. Allora naturalmente, siccome Dio è perfettamente immutabile, in Dio non c’è cambiamento; perciò in Dio si parla di eternità. Che cosa è l’eternità? L’eternità è la perfezione dell’esistenza in un unico istante, che non ha né inizio né fine nè successione. È così che la si potrebbe definire.

         Quindi perfetta esistenza. Che cosa vuol dire perfetta esistenza? Vuol dire pienezza di essere. Dove c’è pienezza di essere, non c’è possibilità di cambiamento, perché un essere pieno, completo, perfetto, se cambia, potrebbe cambiare solo in peggio. Ma allora vuol dire che prima, in partenza, era suscettibile di un cambiamento in peggio, quindi era imperfetto. Il che contraddice l’ipotesi.

        Perciò, se Dio è perfetto, non cambia. Allora, essendoci in Dio questa pienezza dell’essere, c’è anche, diciamo, una emergenza, una trascendenza di Dio rispetto alle leggi del tempo. Evidentemente Dio non è misurabile dal tempo. Dio è eterno. Ed è eterno in questo senso, che la sua esistenza gli compete non secondo un muoversi, un divenire, che si potrebbe enumerare per istanti successivi, ma l’essere compete a Dio da sempre e per sempre e in un unico istante, che non si sdoppia nè si moltiplica in altri istanti precedenti o successivi.

        Questa è, per quanto noi poveri uomini possiamo immaginarcela, la concezione comunemente data della eternità. Ci sono però tra Dio e l’uomo delle creature, spirituali, cioè gli angeli e le anime umane separate, le anime dopo la morte, però prima della resurrezione. Quando c’è la resurrezione c’è anche il corpo. Quindi in questo stato di passaggio tra la morte e la risurrezione, l’anima si trova in uno stato di separazione.

         Ebbene, in questo stato evidentemente l’anima è quasi simile agli angeli. C’è però una differenza, perché mentre gli angeli sono incorporei per loro natura, l’anima di per sé esigerebbe e vorrebbe avere anche il suo corpo, per essere completa[10].

         Perciò gli angeli, in questa loro esistenza spirituale, sono completi e perfettamente sussistenti. L’anima è sussistente, ma non perfettamente, perché non è completa. Ha bisogno, per la sua completezza, per essere sostanza in pieno, per essere uomo in pieno, persona umana in pieno, ha bisogno del suo corpo.

        Quindi l’anima sarà uomo dopo la risurrezione. In attesa della risurrezione l’anima è la parte principale dell’uomo, ma non è ancora l’uomo tutto intero. Vedete la differenza tra l’anima e l’angelo. Non è la stessa cosa. Però quanto alla successione, al divenire, cioè al movimento di queste realtà che sono l’angelo e l’anima, c’è una certa somiglianza.

         In queste realtà puramente spirituali, cioè sussistenti nella loro spiritualità, separata dalla materialità del corpo, in queste realtà non è che non ci sia il movimento, perché le anime e gli angeli non sono Dio, pienezza di essere. Quindi sono suscettibili di un certo cambiamento, ma non di un cambiamento vero e proprio secondo il luogo, perché non esistono nel luogo, non sono circoscritti dal luogo, come abbiamo visto. Quindi non c’è un cambiamento di tipo materiale. Perciò evidentemente il tempo delle anime, e il tempo degli angeli, non è misurato dal tempo astronomico ossia degli astri. Non hanno un giorno di 24 ore, per dire. Perciò, sia detto solo tra parentesi, è un modo di dire alquanto improprio il parlare degli anni che le anime hanno da scontare nel purgatorio, proprio perché il tempo delle anime separate non è un tempo vero e proprio, non è il tempo astronomico.

         Può darsi che in mente Dei, nell’intelligenza divina ci sia una corrispondenza tra il nostro tempo astronomico e il tempo delle anime. Però di per sé le anime non sono misurate dal tempo astronomico. E allora, il tempo c’è e non c’è. Qualche cosa c’è. C’è però un tempo cosiddetto discreto. Ossia c’è una possibilità anche nel mondo spirituale di enumerare gli istanti successivi di quel cambiamento di cui gli angeli e le anime separate sono suscettibili. Quali istanti sono? Di che cosa si tratta? Che cosa si muove nell’anima separata e nell’angelo?

         Ciò che si muove, non è altro che il loro pensiero. Cioè sono gli atti interiori del pensare e del volere. Questi sono successivi. Quindi anche l’angelo e anche l’anima separata ha dei pensieri distinti, un pensiero dopo l’altro, una volontà dopo l’altra. E in questo senso c’è una specie di tempo, ma non il tempo astronomico. Ed è per questo che si parla della sempiterità. Queste anime e gli angeli sono destinati a durare per sempre. Ecco la sempiternità. Non hanno fine.

         Allo stesso tempo, però, c’è una certa successione di istanti, non di istanti esteriormente misurabili, ma di istanti interiori di vita psichica. Allora i Medioevali, dopo l’eternità di Dio, hanno introdotto, diciamo, una misura intermedia, che chiamavano eviternità, dalla parola aevum, che vuol dire appunto “evo”, cioè un’epoca. Eviternità.

         Invece noialtri, come ben sappiamo, siamo ben misurabili dal tempo, proprio perché il mondo corporeo è sottoposto alle leggi del moto, nel senso più vero e più profondo della parola, cioè il nostro mondo corporeo è un mondo in continuo divenire.

         Ed è per questo che i corpi, poveretti, hanno meno di essere di ogni altra realtà. Cioè quanto più una realtà è spirituale, tanto più ha l’essere. Invece il mondo corporeo ha più divenire e meno essere. Va bene? Infatti il divenire, come ben sapete, il divenire è un passaggio dal poter essere all’essere di fatto. E questo poter essere, è proprio del divenire, perché, se non c’è il poter essere, non si diviene, ma si è già.

          E questo poter essere, ossia non essere ancora, è ovviamente una mancanza di essere. E quindi una imperfezione. Perciò vedete come nel mondo corporeo, nel mondo materiale, data questa imperfezione, questa non pienezza di essere, c’è un vero e proprio divenire in tutti i sensi, sia il divenire secondo il luogo che il divenire secondo la quantità. Pensate a un ente che cresce. Una pianta che cresce, per esempio; è un aumento secondo la quantità.

         Pure[11] secondo la qualità delle alterazioni. Pensate, per esempio, agli elementi chimici, che sono in continuo scambio tra di loro e che cambiano anche la qualità delle sostanze chimiche secondo la diversità delle singole composizioni. Quindi il moto di alterazione.

         E poi – e questo è importantissimo – c’è un movimento, un cambiamento più profondo, la mutazione più profonda, che è la mutazione sostanziale. E questa si chiama generazione e corruzione. E il mondo materiale nel senso stretto della parola è proprio soggetto anche a questo mutamento più profondo, più incisivo, più radicale, che è quello di essere generabile e corruttibile.

          L’anima di per sé non è generabile. L’anima è creata da Dio[12]. Lo sapete, cari, che noi abbiamo un’anima, che il Signore personalmente ha creato. Mentre il nostro corpo è stato generato dai nostri genitori, l’anima, no. Perché? Proprio perché l’anima è destinata alla eternità. Non è generabile. Invece i corpi sono generabili. Ed essendo generabili sono anche corruttibili, quindi destinati alla corruzione. Sono segnati praticamente da questa legge della corruzione, da questa legge del dover morire.

         Ora, voi capite che il corpo di Nostro Signore e Salvatore è quel corpo che Egli possiede impassibile e glorioso in cielo. E quindi anche nell’Ostia Santa la presenza del Salvatore è tale. La presenza del corpo di Cristo nell’eucaristia e del sangue sotto la specie del vino, ovviamente non cambia, non si altera, non si corrompe, non muore, non invecchia e via dicendo.

         Quindi, vedete, in questo senso il corpo e il sangue del Salvatore presenti sull’altare sono decisamente al di là e al di sopra non solo delle leggi dello spazio, ma anche di quelle del tempo. Scusate questa premessa. Mi pareva molto importante per spiegarvi appunto il problema che ci si pone, che è notevole e che potete anche incontrare nella catechesi.

         Infatti, spesso ci si imbatte in questi fatti prodigiosi della contemporanea esistenza del corpo del Signore in diversi luoghi della terra. Ci si irrita nel pensare praticamente che ogni frammento contenga il corpo tutto del Salvatore. Ci si urta nel vedere che una piccola particola può contenere un corpo molto più esteso. E via dicendo. Come rispondere a tutto questo?

         Bisogna dire che la presenza del Salvatore è la presenza di un corpo e di un sangue. Quindi evidentemente anche il sangue è un corpo. Quindi diciamo che sia il corpo che il sangue del Salvatore sono insieme la presenza di un qualcosa di corporeo. Bisogna sottolinearlo bene, perché quel Gesù che è presente, è presente veramente tutto con la sua vera corporeità risorta, ascesa alla gloria del cielo e glorificata appunto presso il Padre.

        Quindi, è una corporeità vera e propria, fisica, proprio materiale. Insisto molto perché, al giorno d’oggi di nuovo esistono certe strane concezioni un pochino gnostiche. Voi sapete infatti che secondo gli gnostici il corpo che ha patito sulla croce, non era un vero corpo che poi si è di nuovo unito con l’anima di Cristo nel momento della resurrezione.

         Invece noi ribadiamo tutto questo. Si tratta di un vero corpo, non di una specie di fantasma spirituale, di un corpo apparente o di un corpo astrale. Si tratta di un vero corpo umano. Quindi la presenza nell’eucaristia è la presenza di un corpo. Lo sottolineo.

         Di per sé un corpo presente dovrebbe soggiacere alle leggi dello spazio e del tempo, come abbiamo visto. Cioè ogni corpo è presente in maniera tale da essere quantificabile, misurabile, da essere esteso, cioè da avere le singole parti estrinsecate[13] rispetto alle altre, e poi in maniera tale da essere ben collocato e situato nel luogo.

         Quindi si può dire che questa parte del corpo è situata in questa parte dello spazio. Per esempio, la mia mano è precisamente situata in questa parte dell’aria. Poi si dovrebbe anche dire a rigor di logica che, se il corpo è sottomesso essenzialmente al divenire sotto tutti questi aspetti di movimento secondo il luogo, di alterazione qualitativa, di aumento e di diminuzione quantitativa, e soprattutto se un corpo è sottoposto alla legge del divenire sostanziale, cioè della generabilità e della corruttibilità, si dovrebbe pensare che anche il corpo di Gesù presente sull’altare, presente nel tabernacolo, debba essere praticamente un corpo sottomesso a queste leggi della corruzione e quindi tendente ad invecchiare e a morire, cosa che ovviamente è assurda.

         E allora come spiegare che il corpo, e si tratta ripeto di un vero corpo, presente sull’altare, è un corpo non sottomesso alle leggi del tempo, un corpo che non invecchia e non muore, un corpo che non è esteso, nè esteso nel senso vero proprio di estensione locale, cioè in maniera tale che una parte del corpo corrisponda ad una parte dello spazio, né in maniera tale da essere determinatamente in questo luogo e non più in quest’altro luogo? Come spiegare tutto questo?

        Allora, non c’è altra spiegazione che quella che fa leva proprio sul mistero della cosiddetta transustanziazione. Mi dispiace proprio di mettere continuamente alla prova la vostra pazienza con questi termini così difficili. Ma, se si ha pazienza per tante altre cose e noi ce l’abbiamo proprio in maniera molto quaresimale, dopo si capisce, diciamo così, quello che il nostro povero intelletto può capire di questo grande mistero per rivelazione divina. Ora, non sarà una fatica sprecata o vana.

         Allora, pensiamo bene a questo. Bisogna pensare al modo in cui il corpo e il sangue del Signore si rendono presenti sull’altare, e che la Chiesa ha dogmaticamente stabilito. Il Concilio di Trento è estremamente esplicito su questo. La Chiesa ha dogmaticamente stabilito che questa presenza del Salvatore avviene per mezzo della cosiddetta transustanziazione. Transubstantiatio.

         Notate bene che al giorno d’oggi ci sono tentativi per sostituire questa parola con altre apparentemente più semplici, tipo la transignificazione oppure la transfinalizzazione. Tutte cose estremamente pericolose. Perché, mentre nel concetto di transustanziazione l’idea è quella di tutta una realtà che realmente cambia, nella idea della transignificazione c’è solo un cambiamento di significato. Ma non cambia di più. Lo stesso nella transfinalizzazione: cambia lo scopo, cambia la funzione, non cambia per sé la realtà.

         Quindi bisogna proprio tenerci da buoni cristiani cattolici ad affermare che la presenza del Salvatore avviene per vera conversione sostanziale. San Tommaso la chiama conversio substantialis, e il termine appropriato è appunto quello di transustanziazione. Allora, vedete carissimi. È qui il punto. Cioè Gesù si rende presente sull’altare in virtù della forma sacramentale, in virtù delle parole che il sacerdote pronuncia, non tanto in virtù del sacerdote; ma sono le stesse parole pronunciate nello spazio, come abbiamo visto l’altra volta, che ricevono una virtù strumentale divina, una virtù divina creatrice di questo fatto della transustanziazione.

          Allora, in virtù di queste parole, non però in se stesse, ma in virtù della forza strumentale che Dio infonde a queste parole, avviene questo prodigio, è il caso di dirlo, della transustanziazione. Questa transustanziazione consiste in questo, che c’è un vero e proprio cambiamento. Questo cambiamento però avviene in questi termini. Ossia tutta la sostanza del pane e del vino, si cambia[14] in tutta la sostanza del corpo e del sangue del Signore. Quello che invece non cambia paradossalmente sono i cosiddetti accidenti del pane e del vino.

 Fine Prima Parte 

 Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP

Trascrizione da registrazione di Suor Matilde Nicoletti, OP – Bologna, 6 luglio 2015

Testo con note rivisto da Padre Giovanni Cavalcoli, OP – Varazze, 5 ottobre 2017; Fontanellato, 28 febbraio 2025 

Servo di Dio P. Tomas Tyn, OP

Quindi bisogna proprio tenerci da buoni cristiani cattolici ad affermare che la presenza del Salvatore avviene per vera conversione sostanziale. San Tommaso la chiama conversio substantialis, e il termine appropriato è appunto quello di transustanziazione. Allora, vedete carissimi. È qui il punto. Cioè Gesù si rende presente sull’altare in virtù della forma sacramentale, in virtù delle parole che il sacerdote pronuncia, non tanto in virtù del sacerdote; ma sono le stesse parole pronunciate nello spazio, come abbiamo visto l’altra volta, che ricevono una virtù strumentale divina, una virtù divina creatrice di questo fatto della transustanziazione.

Allora, in virtù di queste parole, non però in se stesse, ma in virtù della forza strumentale che Dio infonde a queste parole, avviene questo prodigio, è il caso di dirlo, della transustanziazione. Questa transustanziazione consiste in questo, che c’è un vero e proprio cambiamento. Questo cambiamento però avviene in questi termini. Ossia tutta la sostanza del pane e del vino, si cambia in tutta la sostanza del corpo e del sangue del Signore. Quello che invece non cambia paradossalmente sono i cosiddetti accidenti del pane e del vino.


[1] Parti le une al di fuori delle altre.

[2] Avvolgimento.

[3] L’aria

[4] Corpo collocato.

[5] Avvolgimento

[6] Abbiamo qui due superfici: la superficie del corpo e la superficie dell’aria, determinata dalla superficie del corpo.

[7] L’anima spirituale emana da essa anche le potenze sensitive e vegetative. È chiaro che per quanto riguarda tali potenze corrispondenti a quelle che sono nelle piante l’anima vegetativa e negli animali l’anima sensitiva, quelle potenze non si attuano in tutto il corpo, ma solo negli organi ad esse relativi. Per esempio un’emozione di tipo affettivo fa battere il cuore più velocemente; oppure la potenza vegetativa anima il cervello o l’apparato circolatorio o l’apparato digerente e così via.

[8] Lo faccio girare lasciandolo al suo posto nel polso.

[9] Si sono in qualche modo sdoppiati.

[10] Affinchè la natura umana sia completa.

[11] Esiste un divenire.

[12] Immediatamente.

[13] Fuori delle altre.

[14] Il Concilio di Trento dice “Si converte”.

2 commenti:

  1. "Dovremmo, Figli carissimi, approfondire il mistero dell’Eucaristia, proprio in ordine alle condizioni interne ed esterne della Chiesa ai nostri giorni: circa la presenza di Cristo sotto le specie del pane e del vino, e perciò circa quella sua realtà viva e vera che la teologia cattolica chiama «transustanziazione»; circa il significato non solo di cena, ma anche di vero sacrificio, ch’è l’immolazione incruenta della carne e del sangue di Cristo, raffigurata nell’oblazione del pane e del vino (Cfr. M. De LA TAILLE, Mysterium Fidei, p. 457: «l’Eucaristia non è sacramento, se non in quanto è sacrificio»); circa la necessità d’un divino potere ministeriale, cioè sacerdotale per operare un così prodigioso mistero; circa l’esigenza d’avere l’anima purificata da ogni grave peccato prima di accedere alla mensa eucaristica (Cfr. Matth. 22, 12; 1 Cor. 11, 28-29); circa la comprensione della carità e dell’unità, come effetto specifico dell’Eucaristia, cioè come sacramento ecclesiale per eccellenza (sempre devono risuonare nei nostri spiriti le celebri esclamazioni di S. Agostino: O sacramentum pietatis! o signum unitatis! o vinculum caritatis! (S . AUG. In Io. tract. 26, 13; PL 35, 1612-1613); e sempre dobbiamo ricordare come S. Tommaso veda l’effetto proprio, la grazia, la res dell’Eucaristia nell’«unità del corpo mistico, senza la quale non vi può essere salvezza; a nessuno infatti è aperto l’ingresso della salvezza, fuori della Chiesa» (S. TH. III, 73, 3)." San Paolo VI, Udienza Generale, 31 maggio 1972)

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    1. Caro Fabio, ti ringrazio per la citazione di questi passi molto belli e nutrienti per lo spirito.

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