Moderni ma non modernisti
Il giornalista Americo Mascarucci mi scrive
e io rispondo
Caro padre Giovanni,
Lei giustamente ci ha spiegato la differenza sostanziale che esiste fra l'essere progressista e l'essere modernista, ma temo che oggi questa differenza sia molto sottile. Il modernismo non è più quello di inizio Novecento, il modernismo di Ernesto Bonaiuti per intenderci, scomunicato da San Pio X e dai pontefici fino a Pio XII, ma è un modernismo che io definisco conciliare. Ovvero il tentativo di armonizzare la fede con il mondo, adattare la dottrina alle esigenze della società contemporanea.
Quando il cardinale Hollerich arriva a sostenere che è necessario modificare il catechismo sull'omosessualità eliminando espressioni considerate esclusive, sostiene a mio giudizio una posizione che è progressista e modernista al tempo stesso. Perché si tratta di cambiare l'approccio dottrinale nei confronti dell'omosessualità e al tempo stesso abbracciare le istanze della società contemporanea che chiede alla Chiesa di adattarsi ad una società in evoluzione che non intende più anni, nei fatti e quindi nella pratica, l'omosessualità come "disordine morale".
Come non vedo differenze fra progressismo e modernismo nelle richieste del Sinodo tedesco in merito all' abolizione dell'obbligo del celibato sacerdotale e all' apertura al diaconato femminile. Questioni che sono a mio giudizio un chiaro esempio di modernismo, da intendere come adesione della Chiesa alla modernità e uniformità ad un modello di cristianesimo protestante.
Oggi parlare di riforme nella Chiesa equivale a sostenere posizioni di aperta rottura con la tradizione, da qui la non differenza nei fatti fra progressismo e modernismo. Esiste certo una differenza teorica e teologica che lei giustamente ha rimarcato, ma nella pratica oggi essere progressisti equivale ad essere modernisti, nel momento stesso in cui i progetti di riforma proposti dalle conferenze sinodali sono un'adesione totale all' agenda modernista.
Progressista potevano definirsi cardinali come Tettamanzi, Piovanelli, Pellegrino, che guardavano ad una Chiesa più aperta alle istanze della contemporaneità con un approccio tuttavia "cattolico"; ma anche loro sfociavano nel modernismo, Tettamanzi nel battere ossessivamente sul tasto dell'integrazione multiculturale (le famose moschee accanto alle chiese), Piovanelli nel legittimare l'esperienza dell' Isolotto di Firenze, Pellegrino nel sostenere l'esperienza dei preti operai. Erano sicuramente già moderniste figure come il cardinale Suenens, o come il vescovo Helder Camara, o come l'arcivescovo Hunthausen.
Dopo il Concilio Vaticano II ritengo che questo confine fra progressismo e modernismo sia saltato e che oggi provare a separare il grano buono (i progressisti) dalla zizzania (i modernisti) sia impresa oggettivamente impossibile. Lei sostiene giustamente che nel mio ultimo libro "L'eredità di Papa Francesco" io in qualche modo confonda le due categorie ed il suo giudizio non soltanto è legittimo ma mi fa onore e la ringrazio di cuore per questo.
Ma alla luce di quanto esposto sopra ritengo oggi più utopico che reale pensare ad una Chiesa progressista capace di non essere nel contempo anche filo modernista. E il fatto che papa Francesco abbia contribuito ad alimentare contraddizioni evidenti con un linguaggio che lei stesso ha riconosciuto essere stato spesso ambiguo, poco chiaro e confuso, al punto da rendere impossibile ipotizzare una futura beatificazione e canonizzazione del papa argentino, ritengo sia la migliore dimostrazione di come non possa esistere un sano progressismo fatto di parole chiare e coerenti con la tradizione, ma un modernismo malato capace soltanto di alimentare confusione in campo teologico e pastorale".
Americo Mascarucci
3 giugno 2025
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Caro Mascarucci,
del termine «modernista» si sono impossessati i filolefevriani, che lo usano a proposito, per esempio in riferimento a Rahner, e a sproposito, per esempio in riferimento al Concilio e ai Papi del postconcilio. Il termine, come sanno tutti, è stato reso famoso da San Pio X con la sua enciclica Pascendi. Il Papa non dà una definizione dell’appellativo, ma dal contenuto dell’enciclica si comprende benissimo che cosa il Papa intende con questo termine: l’idolatria della modernità, una visione acritica della modernità elevata a criterio di valutazione della teologia cattolica.
Ora l’istanza dei modernisti non era sbagliata: che la Chiesa, nella sua dottrina assumesse i valori della modernità. Quale fu l’errore? Di credere che la Chiesa nel fare questa assunzione, invece di usare come criterio di discernimento i princìpi di San Tommaso, come aveva raccomandato di fare Leone XIII con l’enciclica Aeterni Patris del 1879, bisognava assumere le idee di Lutero, Cartesio, Kant ed Hegel, che invece erano incompatibili con la verità cattolica.
Ora, il modernismo così inteso esiste anche oggi. Naturalmente i modernisti non accettano di essere chiamati così, e questo si capisce bene; ma non cessano di restare tali, anche se il modernismo dell’epoca di San Pio X è diverso da quello di oggi.
Osservo che parlare di «modernismo conciliare», è il linguaggio dei filolefevriani, che non è affatto da approvare. Nel Concilio non c’è modernismo (ci mancherebbe!), ma progressismo. Il Concilio col suo sano progressismo assume l’istanza modernista, la libera del veleno e la accontenta in quanto essa ha di legittimo e di opportuno.
Non sono bene informato sul Card. Hollerich, ma se egli dovesse sostenere la liceità dei rapporti omosessuali, questa non sarebbe una posizione di progresso, ma semmai di regresso, ossia di ritorno alla dissolutezza degli antichi Romani, della quale parla San Paolo. Questo è modernismo, non progressismo. Con ciò non si nega affatto, ma si suppone il dovere di rispettare le persone omosessuali come figli di Dio destinati alla salvezza aprendo anche ad essi le porte della Chiesa.
Quanto alle richieste del Sinodo tedesco di permettere il matrimonio dei preti e di istituire il diaconato femminile, si tratta di proposte accettabili, sanamente progressiste e per nulla moderniste, a patto che si tratti di semplice diaconato istituito, ossia laicale, e non si intenda quello ordinato, connesso al sacerdozio, che invece è riservato ai maschi, e si abbia un concetto giusto del sacerdozio e non quello modernista di Rahner.
Le riforme che sono in rotta con la tradizione non possono essere vere riforme, ma sono rigurgiti modernisti. Le vere riforme, benefiche e costruttive sono in continuità con la tradizione ed hanno quindi il carattere del vero progresso.
Caro Mascarucci, confondere progressismo e modernismo non è un titolo di onore, ma mancanza di discernimento. È come confondere i funghi buoni con quelli velenosi. Per fare la distinzione basta seguire attentamente il magistero dei Papi del postconcilio. E penso che il Papa attuale porterà più chiarezza di quanto abbia fatto il precedente.
La sana vita cristiana è una sintesi di conservazione e di progresso, perché bisogna conservare valori perenni che però devono essere sempre meglio coltivati. Occorre sapersi staccare da ciò che è superato per aprirsi al nuovo. Occorre recuperare valori dimenticati. Occorre fedeltà alla parola di Cristo che non passa. Questa è la strada giusta.
I modernisti falsificano la tradizione col pretesto del progresso. I passatisti bloccano il progresso col pretesto dl tradizione. Si tenga nella via giusta. Così Lei con le sue doti di scrittore può promuovere un’opera di pacificazione fra le due opposte tendenze favorendo sia un sano tradizionalismo che un sano progressismo, che sono fatti per completarsi a vicenda nell’unità della comunione fraterna in Cristo.
Padre Giovanni
Fontanellato, 4 giugno 2025
Il giornalista Americo Mascarucci mi scrive
e io rispondo
Personalmente sono convinto che se nella Chiesa sono sorte delle correnti di pensiero teologico-pastorale tra di loro in aperto contrasto chiamate di volta in volta “moderniste/progressiste “ o “tradizionaliste/indietriste/passatiste” è perché si sta perdendo di vista il compito primario che Gesù ha affidato alla sua Chiesa fin dalle origini: mettere a disposizione di tutti e del cristiano in particolare, i contenuti di fede in cui deve credere e i Sacramenti, che sono i segni efficaci attraverso i quali giunge a noi la Grazia di Dio per la nostra salvezza. La Chiesa ha il compito di continuare nei secoli la missione affidatagli da Gesù Cristo, ce lo ricordava Papa Francesco:
RispondiElimina«La Chiesa non è un negozio, non è un’agenzia umanitaria, la Chiesa non è una ONG, la Chiesa è mandata a portare a tutti Cristo e il suo Vangelo; non porta se stessa - se piccola, se grande, se forte, se debole - la Chiesa porta Gesù e deve essere come Maria quando è andata a visitare Elisabetta. Cosa le portava Maria? Gesù». (Udienza generale, mercoledì 23 ottobre 2013)
Quindi la Chiesa è molto più che un’istituzione umana; e anche di più che la semplice aggregazione di coloro che, partecipi di una stessa fede, continuano la tradizione nata venti secoli or sono in Palestina.
Il mondo secolarizzato, post-moderno, permeato da una cultura relativistica e nichilista, vorrebbe una Chiesa che si occupasse, come aggregazione religiosa, di aiutare i governi e le nazioni a risolvere i problemi socio-economici dell’umanità, legati alla globalizzazione, mettendosi al servizio del potere temporale nelle sue forme attuali. Si vorrebbe una Chiesa Cattolica che finalmente mettesse a disposizione della società le sue competenze organizzative, le sue finanze e il suo prestigio morale perché in fondo il mondo si salva da sé, unicamente con le sue forze, per mezzo di un’illusoria auto-redenzione.
La Chiesa Cattolica dovrebbe finalmente abbandonare una volta per sempre la pretesa di possedere la Verità sul senso della vita e sul destino del mondo, di occuparsi dell'aldilà e occuparsi unicamente di risolvere i problemi materiali della gente. Si vorrebbe una Chiesa Cattolica che presentasse un cristianesimo in dialogo e aperto alle altre religioni, perché in fondo, tutte le religioni, per i loro seguaci, sono vie ugualmente valide di salvezza.
Ma le cose per noi cristiani cattolici, non stanno così, per noi l’unica Verità che veramente conta è la Verità di Cristo salvatore e redentore, come ci ricorda San Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis Splendor al n2:
“Così la Chiesa, Popolo di Dio in mezzo alle nazioni, mentre è attenta alle nuove sfide della storia e agli sforzi che gli uomini compiono nella ricerca del senso della vita, offre a tutti la risposta che viene dalla verità di Gesù Cristo e del suo Vangelo. È sempre viva nella Chiesa la coscienza del suo «dovere permanente di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto».
In conclusione, una sana prassi pastorale deve essere fondata e radicata sulla dottrina e sul magistero della Chiesa che ci trasmette le verità della nostra fede, altrimenti, nella nostra azione pastorale rischiamo il disorientamento, la confusione e l’arbitrio.
Don Vincenzo
Caro Don Vincenzo,
Eliminale sue considerazioni mi paiono certamente condivisibili e le ritengo molto sagge.
Vorrei fare un’unica considerazione. Lei ha parlato delle numerose divisioni, che oggi purtroppo affliggono la Chiesa dall’interno. Secondo me la causa prima di queste divisioni è l’azione del demonio, il quale astutamente inganna noi poveri esseri umani ingenui e sprovveduti ed è l’ispiratore di superbia, di empietà, di egocentrismo, di ipocrisia e di odio.
Che cosa fare, allora? Secondo me occorre una pastorale, la quale, senza cadere in una esagerazione in riferimento all’azione di satana, come è avvenuto in passato, metta maggiormente in luce, secondo una indicazione proveniente dallo stesso Concilio Vaticano II, quella che è la lotta apocalittica tra la Donna e il Dragone, ossia del demonio contro la Chiesa.
Questa messa in luce è utile per chiarire in ogni periodo della storia quali sono i termini dei conflitti che impediscono nella Chiesa la concordia e la pace. Io ho cercato di sviluppare questa tematica in un mio opuscolo “Il fuoco sulla terra. L’aspetto comunitario dell’agone cristiano”, pubblicato da Chorabooks, Hong Kong, 2018.
Caro padre non ho detto che era un titolo di onore confondere progressismo e modernismo ma che era un onore la sua sana critica al mio libro. Ad ogni modo resto dell' idea che oggi non esista differenza nella Chiesa odierna fra progressisti e modernisti...vedo tanti cardinali neo modernisti ma di sani progressisti nemmeno l'ombra
RispondiEliminaCaro Americo,
Eliminala ringrazio per questa precisazione e le chiedo scusa per il mio fraintendimento.
La questione che lei pone non è di facile soluzione, ma è estremamente importante. Effettivamente i Cardinali più noti non danno l’impressione di seguire un sano progressismo sulla linea di un Maritain o di un Congar o di un Fabro. Ma si ha l’impressione che la faziosità esista anche all’interno del Collegio Cardinalizio.
Per quanto riguarda la distinzione tra progressismo e modernismo, dev’essere fatta prendendo in considerazione uno per uno i temi o i valori che sono in gioco. Intendo dire che un modernista, che come tale è un eretico, di fatto sotto altri punti di vista può essere perfettamente ortodosso. Per questo è importante fare un discernimento.
Faccio qualche esempio tra i Cardinali, che io conosco. Trovo che il Cardinale Zuppi abbia fatto molto bene ad incontrarsi con il Patriarca Cirillo, ma siamo sicuri che sia su una posizione maritainiana?
Cardinali come Sarah, Burke e Müller ci hanno dato l’impressione di essere troppo contrari a Papa Francesco; però chi ci dice che per altri aspetti non seguano un progressismo moderato?
Il Cardinale Zen ci è sembrato troppo anticomunista, ma chi ci dice che non abbia le sue buone ragioni? Il Cardinale Radcliffe, che in passato ha difeso Schillebeeckx, non potrebbe per esempio sostenere un moderato progressismo sotto altri aspetti? Il Cardinale Hollerich, che è favorevole al sacerdozio della donna, non potrebbe forse seguire un moderato progressismo sotto altri punti di vista? Il Cardinale olandese Eijk, che ha mostrato una piena ortodossia, non potrebbe essere un po’ troppo di destra?