Il concetto della morte
in San Paolo
La morte è il castigo del peccato
S.Paolo
riprende la concezione etica veterotestamentaria, che mostra chiaramente che
l’etica biblica è un’etica della vita. I comandamenti divini sono precetti,
leggi di vita. Il Dio biblico è un Dio vivente, il Dio della Vita. È un Dio
buono, che come tale, ama e vuole il bene, cioè la vita. Bene è infatti la
vita, male è la morte. E come l’amore ha per oggetto il bene e vita, così
l’odio ha per oggetto e scopo la morte. Per questo, la volontà di Dio non è
altro che le sue creature vivano e siano felici.
Per questo
il libro della Sapienza proclama:
«Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha
creato tutto per l’esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c’è
veleno di morte» (13,14). Il bene è l’esistente. Il male è carenza o privazione
di esistere. Dio crea il bene perché è buono. La morte è privazione di
esistenza. Dio quindi crea la vita, che è bene ed esistenza, e non la morte.
Ma allora la
morte da dove viene? Risponde la Scrittura: «La morte è entrata nel mondo per l’invidia
del diavolo» (Sap 2,24). Il Concilio Lateranense IV spiegherà che il diavolo è
una creatura di Dio. Egli pertanto è stato creato buono, ma per colpa propria
si è reso malvagio (cf Denz.800).
È lo stesso uomo
peccatore col suo peccato che si procura la morte, appunto perché il peccato è contro
la vita dello stesso peccatore, come avverte la Scrittura: «Non provocate la
morte con gli errori della vostra vita» (Sap 1,13). Il peccato, ogni peccato,
per la Scrittura, si riduce al suicidio. Continua a leggere:
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Immagine da internet - San Paolo del Carpaccio
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