Che cosa è
il soggettivismo
Le sue radici
storiche e l’intento di fondo
È possibile notare nel magistero pontificio,
nei teologi, nei filosofi, nei moralisti, nei pubblicisti e giornalisti
cattolici del postconcilio una polemica contro il cosiddetto «soggettivismo»,
considerato come un errore tipico della modernità. Esso viene descritto come
individualismo, egoismo, autoreferenzialità, ideologia, interesse privato, tracotanza,
chiusura all’altro, e gli si contrappone come medicina un personalismo
relazionale, l’apertura alla verità, il senso del bene comune, il dialogo, l’accoglienza,
la reciprocità, la fratellanza universale, la fede, la carità, la misericordia,
la concezione cristiana dell’uomo, la comunione ecclesiale, la sinodalità.
Tutti rimedi certamente buoni, ma che, a mio
giudizio, non sono sufficienti a risolvere il problema alla radice, perché non
partono da una definizione del fenomeno che lo colga nella sua radice. Così si
strappano i rami ma non distrugge la pianta, per cui i rami ricrescono. Non si
va abbastanza a fondo. Ci si limita infatti alla denuncia del soggettivismo
come comportamento sociale, politico o ecclesiale, come modo di pensare o
fenomeno del linguaggio, come esaltazione del proprio io o come criterio di giudizio
morale o sociale e non ci si accorge o non si tiene conto del fatto che il
soggettivismo come fenomeno comportamentale o di relazione umana o con se
stessi, sociale o politico, ha la sua base e la sua origine nella storia del
pensiero in una data concezione della conoscenza, della verità, del rapporto
pensiero-realtà, della ragione, del linguaggio, del soggetto umano, della
conoscenza, dell’io.
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San Tommaso d'Aquino -Immagine da internet
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