Riflessioni sulla
volontà divina
«Farò misericordia di chi vorrò fare misericordia»
Es 33,19
C’è
un’analogia fra la volontà umana e la volontà divina,
ma
ci sono anche grandi differenze
La volontà,
da un punto di vista generale o trascendentale, è il potere dello spirito di
realizzare l’idea, di tradurre il pensiero nell’essere, di applicare l’astratto
al concreto, l’universale al particolare. Senza il pensare, il volere è
impossibile. Il pensare nasce dall’intimo dell’intelletto in possesso dell’idea
dell’essere. La volontà consegue come realizzazione dell’essere ideato nell’idea.
La volontà
ha due orientamenti essenziali, i quali nascono da due diverse propensioni del
volere verso il bene: il primo è l’appetito intellettuale del bene o inclinazione
al possesso del bene, e il secondo è
il potere di operare o produrre il bene, ovvero di compiere
l’azione indirizzata al fine dell’opera dell’agente.
La volontà di
per sé ama il bene ed odia il male. Mentre la volontà di Dio vuole ed opera sempre
il bene, ricavando eventualmente il bene dal male, la volontà della creatura
intellettuale può essere cattiva, ossia scegliere colpevolmente un falso bene
ed odiare di un falso male, che in realtà è un vero bene.
La volontà di
per sé vuole assolutamente il fine, che è il bene che la volontà appetisce per
essenza. In ordine al fine la volontà sceglie liberamente i mezzi che occorrono
per raggiungere il fine. La volontà divina vuole necessariamente il fine, che è
Dio stesso, bene sommo ed assoluto. Invece la volontà creata è creata da Dio
perché scelga Dio come suo sommo bene. Tuttavia essa è necessariamente
orientata a un fine ultimo in generale, ma non è necessariamente orientata a
Dio. Sta invece a lei sceglierLo come suo fine ultimo in concreto. Se Lo
sceglie si salva; se non Lo sceglie si danna.
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Dio Padre Onnipotente di Michelangelo - Immagine da Internet
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