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Testi di P. Tomas Tyn, OP

14 maggio, 2021

Appartenenza spirituale e appartenenza giuridica a un Istituto religioso - Dedicato ai giovani alla ricerca della loro vocazione - Seconda Parte (2/3)

  Appartenenza spirituale e appartenenza giuridica

a un Istituto religioso

Dedicato ai giovani alla ricerca della loro vocazione

Seconda Parte (2/3)

L’impegno di vita religiosa è una cosa molto seria

Il giovane, cioè, che sente veramente la chiamata, non sente il farsi religioso come la proposta di un consiglio: «fa’ così se credi o se ti pare», ma la sente come un progetto affascinante, rispondente a un bisogno vitale, impellente ed irrinunciabile relativo alla conquista della vita eterna. Così e giustamente sentì Lutero – lo racconta lui stesso – quando avvertì perentoria e indiscutibile la vocazione a farsi monaco, a parte ciò che purtroppo è successo dopo.

Quando Dio chiama alla vita religiosa non ci chiede qualcosa, ma ci chiede tutto: «Figlio, dammi il tuo cuore e i tuoi sguardi siano attenti alle mie vie» (Pro 23,26). Questo vuol dire «lasciare tutto per Lui». Donarsi tutto a Dio, nulla anteporre a Cristo è già dovere di ogni cristiano. È già implicito negli obblighi del battesimo. Il donarsi a Dio proprio del religioso, al di sopra del modo secolare, consiste nel voto di rinunciare, in nome di un più alto bisogno di spiritualità e di una più grande carità, a quei beni secolari, che, nel suo caso, avverte come ostacolo alla soddisfazione di quel bisogno. 

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i veri monaci, proprio nella e dalla loro solitudine con Dio, sono più che mai, come dice Santa Teresa di Gesù Bambino, «nel cuore della Chiesa», 

sanno più che mai comprendere i profondi bisogni e drammi del mondo e farli presenti a Dio intercedendo per la salvezza del mondo


 

La vita religiosa è una questione di amore: né più né meno. Questo lo capì benissimo San Bernardo. È una storia d’amore. 

 

 Immagini da internet

 

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