La questione della teologia negativa
Non si tratta di abdicare all’intelligenza, ma di evitare la presunzione
Terza Parte (3/3)
È possibile definire l’essenza di Dio?
Considerando gli enti di questo mondo, ci accorgiamo che hanno l’essere per partecipazione. Dunque essi dipendono da un ente che è l’essere per essenza. È lo stesso essere per sé sussistente. Essi non hanno l’essere da sé, ma da altro, da un ente che ha l’essere da sé. Sono tratti da Dio dal non-essere all’essere. Sono creati.
Una volta scoperta l’esistenza di questo ente, che tutti chiamiamo «Dio», ci chiediamo qual è la sua essenza, chi è Dio. Quali sono i caratteri, le proprietà e le prerogative della sua essenza, che la rendono irripetibile, distinguibile dal mondo e da tutti gli altri enti, riconoscibile ed inconfondibile.
In base a tutti questi dati possiamo dire di poter conoscere Dio, di poter farci un concetto di Lui, che rappresenta assai imperfettamente l’essenza divina, perché questa è misteriosa ed infinita, mentre la nostra capacità di comprensione è finita.
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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-questione-della-teologia-negativa_38.html
Invito a consultare:
3-4 Giugno 2021, Roma - Conferenza sulla teologia negativa per il XXI secolo
Una volta scoperta la causa prima, occorre darne una definizione, il che è come dire dare una definizione dell’essenza o natura di Dio.
Se Dio è, come dice il Concilio Vaticano I, «una singola sostanza spirituale» (Denz.3001), irripetibile, individuale, inconfondibile, discernibile e distinguibile da tutte le altre sostanze spirituali e personali, deve ben avere un’essenza propria e un nome proprio, come appunto dichiara Dio a Mosè (Es 3,14): «Io Sono Colui Che É», ovvero «Io Sono», ossia, secondo la famosa definizione di San Tommaso, l’ipsum Esse per se subsistens. Dio è l’Essere assoluto, infinito, sommo ed eterno. È, come dice il Catechismo di San Pio X, l’Essere perfettissimo.
Così
l’Aquinate descrive la via negativa:
«Quando procediamo verso Dio per via di rimozione, innanzitutto neghiamo di Lui le realtà corporali, e in secondo luogo anche le realtà intellettuali così come si trovano nelle creature, come la bontà e la sapienza; e resta nel nostro intelletto soltanto che Egli è e nulla più; per questo si trova in una certa confusione.
Ma alla fine rimuoviamo da Lui anche lo stesso essere, così come si trova nelle creature, e allora l’intelletto rimane in una certa tenebra di ignoranza, secondo la quale ignoranza, per quanto riguarda lo stato presente, ottimamente ci congiungiamo a Dio, come dice Dionigi nel De divinis Nominibus, c.VII: questa è una certa quale caligine, nella quale si dice che Dio abita» (Comm. a I Sent., D.8, q.1, a.1, 4m).
Tommaso non esclude affatto la possibilità di vedere immediatamente e svelatamente questa essenza in paradiso, benché anche lassù essa continuerà a trascendere la finitezza del nostro intelletto.
Gregorio Palamas ha ritenuto impossibile la visione immediata dell’essenza divina
Immagini da internet:
- Mosè e il Roveto ardente
- Dionigi l'Areopagita
- Gregorio Palamas
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