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04 luglio, 2021

La nozione di pensiero in Giuseppe Barzaghi - Prima Parte (1/3)

  La nozione di pensiero in Giuseppe Barzaghi

Prima Parte (1/3)

I miei pensieri non sono i vostri pensieri

Is 55,8

 

Lo stile di Barzaghi 

Padre Giuseppe Barzaghi ha svolto la sua concezione del pensare in relazione al pensare cristiano in tre suoi libri: 1. Soliloqui sul divino. Meditazioni sul segreto cristiano, 2. Philosophia. Il piacere di pensare, 3. Oltre Dio ovvero omnia in omnibus. Pensieri su Dio, il divino, la deità.

La concezione di Barzaghi appare interessante in quanto tentativo di avvicinare la dottrina di San Tommaso al pensiero idealista, in particolare quello di Emanuele Severino. Barzaghi insiste molto sulla potenza e la dignità del pensiero, ma quasi nulla sui suoi limiti e le sue insidie. Sembra dimenticare che del pensiero si può fare buon uso e cattivo uso.

Pare che non vi sia nulla di più grande del pensiero, per cui trascura il primato del reale e l’eccellenza dell’azione. Il risultato delle sue numerose osservazioni, alcune senz’altro giuste e acute, è pertanto, tutto sommato, deludente. Segue la concezione severiniana e tenta di ridurre a questa la visione tomista, eliminando ciò che non si concilia con le idee di Severino. 

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-nozione-di-pensiero-in-giuseppe.html


Barzaghi non tiene conto del fatto che la nostra autocoscienza non è originaria, come credeva Cartesio, ma è dedotta dalla nostra precedente conoscenza delle cose esterne e, in quanto attuazione di un ente come la nostra anima, il cui essere è distinto dalla sua essenza, è un pensante creato, il cui comprendere è limitato, per cui essa può bensì pensare alla sua divina origine creatrice, ma ciò non vuol dire che Questa non resti infinitamente trascendente come realtà in se stessa esterna alla coscienza, benché pensata dalla coscienza. 

     Inoltre è assurda e blasfema l’idea barzaghiana che l’origine trascendente dell’autocoscienza umana, ossia l’autocoscienza divina, debba «fagocitare» l’autocoscienza umana, quando invece ne è la causa creatrice, che col dono della vita di grazia, eleva l’anima umana alla gloria della visione beatifica e della vita eterna. Difficile capire come ad un teologo domenicano possa venire in mente un’idea così mostruosa.

      È vero che quando la mente umana pensa al Dio trascendente, in qualche modo la mente s’identifica intenzionalmente con l’essenza divina ed essa viene immanentizzata nella mente umana mediante rappresentazioni concettuali, come per esempio i dogmi della fede. Ma è chiaro che Dio in Se stesso resta infinitamente trascendente nel suo infinito Mistero.

Barzaghi dà più importanza al pensare che al conoscere. E si capisce perché: perché da buon idealista vuol dare un primato del pensiero sulla realtà. Il che vuol dire che la sua volontà rifiuta di assoggettarsi al reale, di essere vincolata dall’oggetto, ma vuole essere libera di pensare quello che vuole, di stabilire lei l’oggetto. Il che è appunto proprietà del pensare.

Questa distinzione di Barzaghi può valere in quanto il pensare può effettivamente proporsi oggetti di libera scelta, anche inesistenti, mentre il conoscere o sapere è vincolato al reale e deve adeguarsi al reale. Io posso pensare quello che voglio, come dice anche Kant, ma posso conoscere solo ciò che sono obbligato o necessitato (o per evidenza o per dimostrazione) a conoscere, se voglio essere nella verità.

Immagini da internet:
- G. Barzaghi
- R. Cartesio
- E. Kant

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