La nozione di pensiero in Giuseppe Barzaghi
Terza Parte (3/3)
Il linguaggio dell’essere in teologia
È nella conoscenza che l’anima ha di se stessa, che in questa autocoscienza l’anima sperimenta se stessa per essenza senza che occorra formare un concetto, data la riflessine dell’intelletto su se stesso e la perfetta continuità ed immediatezza tra il pensante e il pensato, mentre il concetto è necessario come rappresentazione mediatrice, fra intelletto ed oggetto esterno al pensante. Ma in questa autocoscienza spontanea ed originaria non appare per nulla l’essere e tanto meno l’essere divino, che invece è ottenuto dopo che l’intelletto, partendo dall’esperienza delle cose e della stessa autocoscienza, risale per induzione dagli effetti alla causa prima.
Oltre a ciò è ingannevole il continuo parlare che fa Barzaghi dell’«essere» senza mai spiegare che cosa intende con questa parola e limitandosi all’identificazione dell’essere col pensiero, cosa che avviene solo nell’essere divino e non è proprietà dell’essere come tale, che può benissimo essere distinto dal pensiero.
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L’essere di Barzaghi è lo stesso essere di Parmenide e di Severino: nessuna molteplicità, nessuna diversificazione, nessun divenire, se non come apparire dell’Eterno. Tutto è bene così com’è, perchè l’essere è buono. Il male o è pura apparenza o, in quanto esiste, s’identifica col bene, come già disse Hegel, è bene ed eterno come il bene.
Barzaghi, al di là dell’identità dell’essere parmenideo valida nella concettualità, ritiene che per parlare adeguatamente di Dio in senso mistico, al di là dell’uso dei concetti, occorra superare il principio di non-contraddizione e convenga immaginare Dio cusanamente come coincidentia oppositorum, per cui pare si possa giungere a dire con Nietzsche che Dio è al di sopra del bene e del male e che nel contempo è fautore del bene e del male. Oppure Barzaghi suggerisce di imitare il linguaggio del koan Zen, usando termini senza senso. Ma dobbiamo affermare chiaramente che non esiste assolutamente né conoscenza teologica né esperienza mistica senza concetto. La coscienza originaria preconcettuale o metaconcettuale, l’io trascendentale degli idealisti, di Barzaghi e di Rahner, non esistono. Sono un’invenzione della loro immaginazione ampliata per l’enfiagione del cogito cartesiano.
In questi scritti di Barzaghi manca la categoria della partecipazione; manca il ragionare analogico e per questo manca la percezione dei gradi dell’essere e del pensare. E ciò a causa della sua concezione dell’essere e del pensiero identico all’essere.
L’esperienza mistica cristiana non comporta affatto l’«esplosione» dei dogmi, ma al contrario li presuppone rettamente intesi, dovutamente interpretati, diligentemente conservati, e amorosamente accolti dalle mani sicure della Santa Madre Chiesa, «colonna e sostegno della verità» (I Tm 3,15).
Essa non è altro che lo stato emotivo di accensione del cuore, ardente per aver sentito e gustato (Sal 34,9) la Parola di Dio (Lc 24,32).
- G. Barzaghi
- E. Severino
- K. Rahner
- San Tommaso d'Aquino
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