Da Hegel a Marx
Il passaggio storico dal panteismo all’ateismo
attraverso Feuerbach
Quinta Parte (5/5)
La protesta di Marx contro lo sfruttamento capitalistico
in nome dell’ateismo
Quanto a Marx, egli, come materialista, al seguito di Feuerbach, apprezza la concretezza, la sensibilità e le passioni, anche in modo esagerato, tanto da disprezzare quell’ascetismo che consente allo sguardo ed all’appetito dello spirito di emergere al di sopra della materia per apprezzare e praticare dovutamente, col soccorso della grazia divina, gli eterni ed universali valori della morale e della religione.
Marx irride all’etica della persona, che ai suoi tempi era forse anche troppo rigorista e intimista, e tuttavia, come è noto, ebbe una forte percezione delle esigenze della giustizia sociale. Comprese i danni arrecati dall’avarizia sul piano sociale ed economico nella società del suo tempo e ne provò forte sdegno. Si accorse delle gravissime ingiustizie sul lavoro occasionate dal sorgere della società industriale inglese del suo tempo e insieme con l’amico Engels, si dette a studiare scientificamente la situazione alla ricerca di un rimedio e ne venne fuori la sua opera più famosa, Il capitale. Attaccò duramente le teorie economiche utilitariste e liberali come quelle di Adamo Smith, che giustificavano l’egoismo dei ricchi.
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Ad ogni modo bisogna riconoscere onestamente che Marx col suo intervento dimostrò sul momento una maggiore attenzione a quel tragico fenomeno che non la Chiesa stessa. Egli infatti precorse di 40 anni l’intervento della Chiesa. Il Manifesto del partito comunista è infatti del 1848; la Rerum novarum di Leone XIII è del 1891.
Erano cose nuove per il Papa; ma non erano cose nuove per i comunisti, anche se è vero che la vera soluzione del problema fu data da Leone XIII. Resta il pregiudizio, benché del tutto falso, che l’ateismo e non il teismo sia la vera strada per la liberazione e la grandezza dell’uomo.
Disse bene Dostoevskij: «se Dio non esiste, tutto è lecito».
Occorre costruire il dialogo con l’ateismo sulla base della ragione. Dimostrare all’ateo che Dio esiste e che egli sbaglia resta sempre un dovere. Occorre il confronto fra chi dimostra che Dio esiste e chi vorrebbe dimostrare che Dio non esiste.
L’ateismo feuerbachiano è un esempio di ateismo lungamente ragionato. Esso riveste una speciale importanza per il ben noto credito che Marx ed Engels danno all’ateismo feuerbachiano. Esso deriva da un teismo, che è un falso teismo, quello di Hegel. Dal che possiamo vedere come un falso teismo che sfocia nel panteismo, può produrre l’ateismo, perché contiene un ateismo implicito, che Feuerbach non farà che esplicitare. Feuerbach confuta il teismo hegeliano credendo di aver confutato il teismo. Ma il vero teismo è quello di San Tommaso d’Aquino. Provino i feuerbachiani a confutare questo: come abbiamo visto, sarà come sparare ad un leone con una pistola ad acqua.
Immagini da internet: - Leone XIII - Dostoevskij - Leone (Babilonia - Istanbul Museo Archeologico)
Caro Padre, è corretto dire che l'idealismo di Hegel è il materialismo di Marx derivano dal cogito cartesiano? Grazie in anticipo
RispondiEliminaCaro Giuseppe,
Eliminaè del tutto corretto, per il fatto che il cogito cartesiano pone un sum che è un’autocoscienza assoluta e originaria, cioè non è la conclusione mediante riflessione di un precedente contatto con le cose esterne, ma è la posizione di sé da parte del sé.
Ora, se riflettiamo bene, già in questo concetto dell’autocoscienza c’è in germe la confusione tra l’autocoscienza umana e l’autocoscienza divina, perché è solo questa che parte da se stessa e passa al pensiero delle cose, che essa stessa crea, mentre la nostra autocoscienza è, come ho detto, il momento conclusivo per il quale il nostro intelletto ritorna completamente su se stesso, portando nella coscienza il contenuto delle cose sensibili che in precedenza abbiamo contattato con i sensi. Per questo, noi non cominciamo a conoscere partendo dal cogito e contattando le cose in base al cogito. Questo è proprio solo di Dio.
Noi non ricaviamo la conoscenza delle cose dalla nostra autocoscienza, ma dal contatto sensibile con le cose, perché all’inizio della nostra vita intellettuale il nostro intelletto è privo di qualunque contenuto. Invece Dio, essendo il creatore di tutte le cose, ha ab aeterno nella sua mente l’idea e il progetto produttivo di tutte le cose che crea.
Dal cogito di Cartesio deriva l’autocoscienza hegeliana. Come sappiamo in Hegel l’unità della natura umana con la natura divina è una tesi fondamentale della sua filosofia, che costituisce la sua interpretazione dell’Incarnazione. Ciò comporta il fatto che per Hegel l’uomo è Dio.
A questo punto arriverà Marx, mediato da Feuerbach, il quale, assumendo la concezione panteistica dell’uomo in Hegel, la rovescia nel senso di dire: Dio non esiste, perché il vero Dio è l’uomo.