Le prove della esistenza di Dio secondo Kant
Perché la ragione kantiana non arriva a Dio
Kant si mette in un’impresa indubbiamente utile e meritoria per il suo tempo. Egli si trova in una situazione filosofica aggrovigliata da forti contrasti fra empiristi e razionalisti circa l’essenza, il valore e la portata della ragione umana. Egli pertanto si propone di chiarire, fondare e metter ordine nel campo delle possibilità della ragione facendole rinunciare a ricerche che non portano a nulla o danno un falso sapere e spingendola là dove essa può produrre buoni frutti.
Egli pertanto nella Critica della ragion pura, intraprende ad esaminare il potere e i limiti della ragione umana per stabilire quali sono i fondamenti delle sue certezze, fin dove essa possa conoscere con le sue forze e qual è l’ambito del suo sapere, e smascherare le illusioni, nel tentativo di risolvere il conflitto fra la concezione razionalista di Wolff e quella empirista di Hume.
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Monte Oreb |
Kant nella sua gnoseologia non ha pensato di utilizzare la dottrina aristotelico-tomista dell’astrazione dell’essenza universale dal singolare concreto. Eppure è il processo astrattivo che consente all’intelletto di ascendere dalla scienza fisica alla scienza metafisica. Questa ascesa non è affatto presunzione, come crede Kant, ma è il potere e il dovere del filosofo e di ogni uomo, perché è solo per questa via che si trova Dio. La mente umana, come insegna San Bonaventura, può e deve salire dalla terra al cielo. Non è che sia già in cielo e debba scendere sulla terra. Non parte dall’autocoscienza per passare alla conoscenza. Questo è proprio solo di Dio.
Viandante sul mare di nebbia, Caspar D.F. | |
Anche per Agostino Dio è trascendente ed extra animam, per usare l’espressione tomista. Anche per Tommaso Dio abita nell’anima. Ma quello che né Agostino né Tommaso concederanno mai è che la ragione abbia la presunzione folle di considerare Dio come un’idea della ragione.
Per loro, come per ogni uomo ragionevole, soprattutto se credente, Dio è il creatore della ragione e non è la ragione che crea Dio. Su questo punto fra Agostino e Tommaso da una parte e Kant dall’altra c’è un abisso, così come c’è un abisso fra il razionale e l’assurdo.
L’intelletto giunge, dopo aver applicato il principio di causalità, alla certezza dell’esistenza di Dio, perchè l’intelletto, alla conclusione del ragionamento, si ferma nella luce e nella pace davanti a Dio. Ananke stenai, bisogna fermarsi, come già diceva Aristotele. Quando si è arrivati alla cima della montagna, ci si ferma ammirati del paesaggio stupendo. Ma il povero Kant cammina, cammina, prova e riprova, non trova mai l’ubi consistam, perché non è mai certo di essere arrivato alla cima, ma ne fa solo l’ipotesi.
Immagini da internet
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