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19 settembre, 2022

La vera essenza della filosofia moderna - Prima Parte (1/4)

 La vera essenza della filosofia moderna

Prima Parte (1/4)

                                                                          Aliud est esse rei in seipsa et aliud esse rei in anima

                                                                                                       Sum. Theol., I, Q.14, a.1, ad 2m

 

Chi si esalta sarà abbassato

               e chi si umilia, sarà esaltato

Lc 4,11

 

Che cosa si deve intendere per «filosofia moderna»

I cartesiani e i loro epigoni idealisti, con un’abilissima operazione pubblicitaria, diffusa per tutto l’Occidente da quattro secoli, sono riusciti a persuadere tutti coloro che credono di sapere che cosa è la filosofia e gli ingenui privi di acume critico, ma che vogliono piccarsi di essere critici, nonchè gli storici della filosofia, spesso raccoglitori del «si dice», limitati in fatto di sapienza filosofica e ripetitori di quello che dice la cultura dominante, che Cartesio sarebbe il fondatore della filosofia moderna, la quale, dopo i secoli medioevali o i millenni dell’ingenuità, dell’incertezza o addirittura del buio, avrebbe rivoluzionato il modo di far filosofia e scoperto per l’eternità la vera filosofia o quanto meno il vero metodo di far filosofia e quindi di trovare la verità. Cartesio lo presenta come metodo facile alla portata di tutti e della semplice ragione naturale. 

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Mentre per Agostino le idee divine illuminano la mente già istruita dai sensi elevandola oltre i sensi, in Cartesio Dio svolge la funzione di garante della veracità dei sensi, che altrimenti sarebbero dubbiosi, ciechi o bugiardi. 

La rivelazione divina è umiliata dalla manifestazione di misteri soprannaturali a quella di garantirci che la mela che noi percepiamo (percipere) come rossa, è (esse) effettivamente rossa.

 


Riguardo al metodo cartesiano bisogna tener presente la parte del volere nel pensare. 

Il pensare precede il volere, ma è anche effetto del volere. 

Il pensare originario, ossia la percezione delle cose esterne e dei primi princìpi della ragione speculativa non è effetto del volere, ma in esso l’intelletto è necessitato e specificato dalla verità. Invece l’esercizio del pensare, essendo volontario, è soggetto al dovere della limpidezza e dell’onestà.

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