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P.Tomas Tyn

Testi di P. Tomas Tyn, OP

24 settembre, 2024

Il cogito cartesiano è contrario alla fede?

 

Il cogito cartesiano è contrario alla fede?

Videte ne quis vos decipiat

       Per philosophiam et inanem fallaciam

Col 2,8

La cattiva filosofia blocca o falsifica l’accesso alla fede

Se una buona filosofia apre la mente all’accoglienza della fede, ne crea le condizioni della sua possibilità, la prepara all’ascolto della Parola di Dio e della Chiesa, liberandola dagli ostacoli e dalle illusioni che le impediscono il cammino, incoraggiando, purificando e confermando il suo desiderio e la sua sete di verità e di giustizia, una cattiva filosofia accentua la tendenza della mente all’ipocrisia e alla menzogna, fomenta vane illusioni di grandezza, restringe lo sguardo dell’intelletto, insegna ad essere dei sofisti e ad impugnare la verità conosciuta, rende sleali e capziosi nei ragionamenti, giustifica la propria voglia di peccare ed avvia verso la strada della perdizione.

La verità di fede è il massimo livello di un’esperienza della verità che inizia con l’esercizio dei sensi, sale alla ragione e s’innalza alla fede. Se non facciamo quest’esperienza iniziale della verità, che fanno anche gli animali, in quanto dotati come noi di sensi, è impossibile procedere oltre e l’intelletto rimane bloccato, come avviene nei dementi. 

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Alcuni fecero notare a Cartesio che il suo principio non era nuovo. Anche Aristotele, Sant’Agostino e San Tommaso si erano espressi in questo senso. Cartesio rispose che invece il suo principio non coincideva affatto con quello dei pensatori citati.

Era un chiarimento pericoloso ed equivoco, inquatoché le parole di Cartesio potevano essere interpretate come a dire: nel momento in cui esercito l’atto del pensare, esercito l’atto d’essere.

Sarà proprio questa l’interpretazione di Fichte, per cui verrà fuori che io non ho bisogno di essere creato da Dio, perché io stesso pongo il mio essere nel momento in cui penso me stesso. E si noti bene che per Fichte questo porre non è un atto teoretico, ma pratico. È un fare, un agire, un causare, un produrre, quindi un creare.

Nel cogito cartesiano non c’è un’adaequatio intellectus, ma una positio voluntatis. La verità, la scienza e la certezza non sono l’effetto di una convinzione dell’intelletto necessitato dall’evidenza, ma della libera volontà.

Aristotele nel porsi il problema dell’essere, non si chiede chi sono io, ma che cosa è l’ente. È estremamente meschino ridurre la sconfinata vastità della questione dell’essere alle ristrettissime dimensioni del proprio io, come se esso esaurisse tutto l’essere e non esistesse altro che il mio io.

La mia essenza non sta nel pensare. Io esisto anche se non penso. E solo dopo aver pensato le cose, posso, con un atto di riflessione, pensare a me pensante le cose e scoprire me che sto pensando le cose e accorgermi di esistere. Questo è l’iter di un cogito che dia il vero fondamento.  

Immagine da Internet: Il pensatore, Auguste Rodin

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