Heidegger ha superato Hegel?
Parte Seconda (2/3)
Chi ci fa meglio conoscere l’essere?
Il clima filosofico e teologico nel quale respirano e si muovono le diverse tendenze che caratterizzano la teoresi moderna, quando il pensare non è pienamente conforme a quella pienezza e purezza di verità che sono date dal seguire il pensiero di Cristo e dalla sapienza cristiana, è certamente ancora in larga misura, a volte inconsapevolmente, quell’orizzonte di pensiero che fu creato da Hegel a partire dal cogito cartesiano attraverso Kant e dal fideismo luterano.
Gli stessi oppositori di Hegel da Kierkegaard a Comte a Marx a Bergson a Sartre al Circolo di Vienna ad Husserl ad Heidegger a Severino gli si oppongono dal suo stesso interno, incapaci di ritrovare quel realismo gnoseologico che fa la gloria della sapienza biblica e cristiana, da sempre raccomandata dalla Chiesa cattolica soprattutto nel realismo della teologia tomista.
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Non c’era bisogno di Heidegger per sapere che l’oggetto della metafisica, al di là dell’ente, dev’essere l’essere. I tomisti lo hanno sempre saputo.
Invece Heidegger, col suo richiamo all’essere dimenticato da Hegel, all’essere al di là dell’idea, col suo voler superare Husserl, sembra che sia stato capace di recuperare l’esse tomistico, offuscato dall’idealismo nichilista hegeliano e messo tra parentesi da Husserl. Tornando a Parmenide Heidegger si vantò di aver ritrovato l’essere al di sopra dell’ente come nessuno aveva fatto prima di lui.
I tomisti fecero notare ad Heidegger che Tommaso già prima di lui aveva sostenuto il primato dell’essere sull’ente. Ma Heidegger controbatté che l’essere come lo intendeva lui non era l’esse tomistico, atto analogico culminante nell’essere sussistente ossia Dio creatore dell’essere contingente. L’essere non è causa e non esiste un essere causato. Ma soltanto l’essere appare all’uomo e l’uomo è apertura all’essere.
Per Heidegger l’essere non può essere senza l’ente, ma è essenzialmente connesso con l’ente, unito al nulla, in quanto l’ente è nulla di essere, finitizzato e temporalizzato come esser-lì (Dasein) nell’essere umano, costitutivamente aperto all’essere, essere che non appare nel concetto ma nel linguaggio poetico, essere non come essere in sé ma come «presenza del presente», come evento (Ereignis), come fenomeno o apparire o svelarsi, quindi con essenziale riferimento all’uomo, per cui senza l’uomo non si dà essere. L’essere è l’essere umano.
Immagine da Internet: Martin Heidegger
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