Il problema della coscienza di sé in Cartesio
Seconda Parte di Tre Parti
V. Il dubbio metodico
È stoltezza dubitare di ciò che è indubbio. Tuttavia si può verificare se un dato principio è veramente indubitabile. Lo si pone in dubbio e si vede che cosa succede. Se ponendolo in dubbio mi accorgo che nel negarlo lo affermo o che per negarlo devo servirmi di lui, allora vuol dire che è innegabile ed indubitabile. Quindi assolutamente certo. Questo è il principio di non-contraddizione.
Il dubbio più radicale è l’«universalis dubitatio de veritate»[1]. Esso si risolve facendo riferimento al principio di non-contraddizione, che dice: Non est adfirmare et negare simul. Il quale principio a sua vola si basa sul principio d’identità: un ente non può essere e non essere simultaneamente e sotto il medesimo rapporto.
Non è proibito al filosofo formulare questo dubbio a livello di ipotesi; ma poi, esaminandone il valore, si accorge immediatamente che è assurdo, giacché, se dubito della verità, sarà vero per me che la verità non c’è. E allora è evidente che faccio appello alla verità per negare la verità e questa è un’evidente autoconfutazione.
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Penso perché esisto. Il pensare consegue all’esistere. Ma chi non pensa può esistere ugualmente. Pensiamo all’embrione. Immagine da internet
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