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12 gennaio, 2023

La creazione divina secondo Gustavo Bontadini - Quarta Parte (4/5)

 La creazione divina secondo Gustavo Bontadini

 Quarta Parte (4/5)

La metafisica di Bontadini

Bontadini fa oggetto della metafisica l’essere inteso alla maniera di Parmenide, come uno, unico, univoco, atto d’essere, necessario, sussistente, eterno, totale, infinito, immutabile, immediatamente intuìto dal pensiero, anzi essere coincidente col pensiero secondo il principio parmenideo to autò to noèin kai to einai, il pensare e l’essere sono la stessa cosa, il principio dell’idealismo.

La metafisica bontadiniana si riassume nella sua nozione fondamentale di «unità dell’esperienza». Unità perchè l’essere è uno e perché essa è unità di esperienza sensibile e intellettuale, di scienza e di coscienza. 

Per questo la metafisica per Bontadini non è una scienza, ma un’esperienza. Si tratta sì di cogliere un valore primario qual è l’essere, universale, immutabile e necessario come nella scienza, ma in modo immediato e per esperienza, non in forza di un atto astrattivo e giudicativo dell’intelletto a partire dall’esperienza sensibile dell’ente materiale e mutevole, non un reale esterno e trascendente al pensiero, meramente intellegibile, ma intellegibile e sensibile ad un tempo, immanente alla coscienza, aperto all’orizzonte sconfinato dello spirito. Si tratta di quella che egli chiama «unità dell’esperienza», una perché il suo oggetto è uno, appunto l’essere uno di Parmenide, e quindi essere tutto o, come lo chiama Bontadini, «intero», «implesso originario», «struttura originaria», un unico ordine di originario ed originato, un tutto organico, le cui parti, ossia gli enti, stanno all’interno di questo tutto, perché al di fuori non c’è che il nulla.

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La metafisica bontadiniana si riassume nella sua nozione fondamentale di «unità dell’esperienza». Unità perchè l’essere è uno e perché essa è unità di esperienza sensibile e intellettuale, di scienza e di coscienza. 

Per questo la metafisica per Bontadini non è una scienza, ma un’esperienza. 

Si tratta di quella che egli chiama «unità dell’esperienza», una perché il suo oggetto è uno, appunto l’essere uno di Parmenide, e quindi essere tutto o, come lo chiama Bontadini, «intero», «implesso originario», «struttura originaria», un unico ordine di originario ed originato, un tutto organico, le cui parti, ossia gli enti, stanno all’interno di questo tutto, perché al di fuori non c’è che il nulla.


Che rapporto ha questa metafisica col mondo fisico degli enti materiali, particolari, determinati e mutevoli? Non vi trova in esso l’essere, non vi trova la verità e la certezza, ma solo fenomeni, apparenze, parvenze, probabilità. 

È il mondo dell’essere che non è, che resiste all’esigenza di identità propria della ragione. È mondo reale, che non può essere contradditorio; eppure sembra tale e la ragione ha il compito di dissolvere o risolvere questa apparente contradditorietà appunto con l’affermazione della creazione, che per Bontadini è precisamente atto del Pensiero divino, identità assoluta.

Pensiero che è autocoscienza. Si comprende allora l’ammirazione che Bontadini ha per Cartesio come iniziatore della metafisica critica, non fondata su di un ente fisico esterno alla coscienza, ma sulla coscienza di esistere.

Ma l’oggetto della metafisica è l’essere; non sono io. Il parlare di sé non spetta alla scienza ma all’autobiografia.

Immagini da Internet:
- Gustavo Bontadini
-Platone e Ariatotele, la scuola di Atene, Raffaello Sanzio

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