Vociare assassino
L’accusa lanciata dal Papa emerito ai suoi nemici tedeschi
Terza Parte (3/4)
La guerra
Nel 1978 salì al trono di Pietro San Giovanni Paolo II, dopo il brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I. Egli era pieno di energia e intendeva riparare alla debolezza di Paolo VI nei confronti dell’avanzata del modernismo e del comunismo nel mondo e nella Chiesa stessa. Ovviamente non gli faceva colpa di ciò, perché Paolo VI fu un santo, ma, come dice il Salmo, «quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?». Quando arriva un terremoto, che cosa faccio? Fermo il terremoto? Neppure Gesù era riuscito a convertire i farisei, che hanno messo a morte. Paolo VI fu un Papa crocifisso.
Giovanni Paolo, tuttavia, non rifiutava certo la croce, ma provò a vedere se riusciva ad ottenere qualcosa ed era meno disposto ad accettare che ci si prendesse gioco di lui, questo naturalmente, non per sostenere il suo prestigio personale, ma per il bene della Chiesa. In fin dei conti, che cosa voleva, infatti, se non il bene della Chiesa? Paolo VI non era riuscito a fermare gli scillebexiani e rahneriani. Volle provarci lui.
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Ratzinger e Giovanni Paolo II, molto sensibili al valore teologico, formativo e spirituale della Liturgia («lex orandi, lex credendi»), influenzati da Romano Guardini, dietro suggerimento della tradizione greco-slavo-russa e riflettendo sul fatto che il Concilio cominciò la sua riforma lavorando sulla Liturgia, e in particolare sul valore della Messa, si accorsero che l’intento principale del Concilio non è stato pastorale, non è stato dottrinale, ma è stato liturgico, intendendo però la liturgia non tanto come atto giuridico, rito o cerimonia, quanto piuttosto come esperienza del Mistero divino e azione misterica ossia sacramentale introduttiva al Mistero, conosciuto nella fede e misticamente sperimentato, amato e gustato, dal quale apprendere l’impulso interiore all’azione ed alla propria ed altrui santificazione.
Ratzinger e Giovanni Paolo compresero che il Concilio propone un altissimo concetto della liturgia, fons et culmen totius vitae christianae, un concetto che troviamo nella tradizione orientale, dove culto, supplica, preghiera, elevazione dello spirito fanno tutt’uno.
Ora, l’amicizia di Ratzinger con Rahner faceva appunto riferimento a questo aspetto mistico della liturgia, perché anche Rahner, similmente a suo fratello Hugo, era sensibile all’aspetto misterico e mistico del cristianesimo.
Tuttavia Ratzinger, frequentando l’amico, si era accorto che egli, per il suo concetto di mistero divino, non attingeva alla vera concezione biblica, ma riprendeva quell’Inconoscibile che già era stato condannato dalla Pascendi, come già abbiamo visto sopra, si rifaceva ad un’emotività romantica, nella quale la lucidità dell’intelletto è offuscata dall’impeto del sentimento, quella che Rahner e Schillebeeckx chiamano «esperienza atematica».
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