Modernità modernismo postmodernità
La parabola del figliol prodigo
La postmodernità è la situazione spirituale di oggi, allorchè ci troviamo in mezzo alle conseguenze disastrose, al nichilismo, alle conflittualità, alla disillusione, al disorientamento, al disgusto, allo scetticismo, ai detriti e alle macerie del crollo di quella modernità, che i cartesiani, per propagandare efficacemente la filosofia di Cartesio, chiamarono «filosofia moderna».
E di fatto fu tanto abile la loro opera di convincimento, che essi convinsero moltissimi, persino gli storici della filosofia e gli stessi nemici di Cartesio a ritenere che la sua fosse veramente la «filosofia moderna», la vera filosofia.
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Essere moderni, progrediti e rinnovatori è un bisogno, è un preciso dovere
morale. È comandato dallo stesso cristianesimo. Chi non progredisce nella carità
– dice Sant’Agostino – non ha carità. Come dice continuamente il Papa, il cristiano
è uno che cammina sempre, sempre si rinnova, progredisce e migliora, sempre avanza
verso il Regno di Dio.
L’istanza dei modernisti dei tempi di San Pio X era giusta: la Chiesa aveva bisogno di svecchiarsi e di ammodernarsi. Doveva confrontarsi col pensiero moderno e non semplicemente condannarne gli errori, per assumerne gli aspetti positivi.
Non basta conservare il deposito della fede; occorre anche conoscerlo sempre meglio. Non basta trasmettere quello che si è imparato; occorre anche far avanzare la ricerca, proporre nuove strade, nuove soluzioni, aprire nuove vie. Occorre abbandonare vecchi pregiudizi o usi inadatti ai tempi, anche se di lunga data.
Dobbiamo dunque essere moderni e non modernisti, rispettosi del moderno, e del postmoderno, con sano discernimento critico, basato sul Magistero della Chiesa e la sana filosofia, non fanatici o idolatri del moderno.
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