La rivoluzione copernicana di Kant
e il cogito di Cartesio
Seconda Parte (2/3)
Dal sensibile all’intellegibile o dall’intellegibile al sensibile?
Per Aristotele la certezza iniziale, originaria e fondamentale non è, come per Cartesio la certezza di esistere, ma la certezza sensibile. Per Aristotele io so di esistere perché ho conosciuto cose che ho attorno a me e davanti a me. Ma chi ha ragione?
Aristotele è ben consapevole che la veracità del senso rende poi possibile la veracità dell’intelletto, non nel senso che il vero intellettuale non sia più certo del vero sensibile, ma nel senso che la veracità dei sensi condiziona e permette all’intelletto di esercitare il suo superiore potere veritativo. Se il senso ingannasse, la verità intellettuale sarebbe impossibile. Se io mi sbagliassi nel giudicare bianca la neve non potrei neppure con l’intelletto conoscere la verità circa la neve e farmi un concetto di neve come sostanza dal colore bianco.
Continua a leggere:
https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-rivoluzione-copernicana-di-kant-e-il_17.html
Il contenuto del concetto non è una res che rappresenta un’altra res, non è un segno strumentale, ma è, come dice Giovanni di San Tommaso, un segno formale intenzionale della res fuori dell’anima.
Per Cartesio come per Kant è impossibile partendo da una conoscenza a posteriori arrivare alla conoscenza a priori. Invece per Aristotele è vero l’inverso: è basandosi su ciò che è «dopo» ossia partendo dall’esperienza e dalla fisica che l’intelletto arriva a ciò che sta «prima», alla metafisica. Chi ha ragione?
Anche questa volta la palma va ad Aristotele. Egli infatti dimostra che il sapere empirico, ossia il sapere fisico, che parte da ciò che è ontologicamente dopo, ossia che vale di meno, temporalmente, nello sviluppo del sapere, viene prima del sapere di ciò che è prima in senso ontologico o assiologico, cioè la metafisica. Solo il sapere divino parte da ciò che viene prima, lo Spirito assoluto, per sapere ciò che assiologicamente è dopo, il livello empirico dell’ente, oggetto del sapere fisico.
Noi troviamo il fondo della realtà cominciando con lo scavare alla superficie (fisica), perché noi viviamo alla superficie, benché possediamo uno spirito capace di andare a fondo.
Questa dottrina aristotelica viene ripresa da San Tommaso d’Aquino, il quale indica due modalità o metodi di giudicare o di arrivare alla verità: il iudicium inventionis o via inventionis e il iudicium resolutionis o via iudicii, corrispondenti rispettivamente all’induzione e alla deduzione della logica aristotelica. Col primo giudizio noi partendo dall’esperienza ci eleviamo alla conoscenza delle realtà superiori. Col secondo giudichiamo delle realtà inferiori in base a quelle superiori.
Immagini da Internet
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti che mancano del dovuto rispetto verso la Chiesa e le persone, saranno rimossi.