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07 maggio, 2025

Della stessa sostanza del Padre - Riflessioni sul dogma cristologico di Nicea per una nuova evangelizzazione - Seconda Parte (2/4)

 

Della stessa sostanza del Padre

Riflessioni sul dogma cristologico di Nicea

per una nuova evangelizzazione

 Seconda Parte (2/4)

 L’autocoscienza al posto della sostanza

Un filosofo contemporaneo che vorrebbe concepire la persona abbandonando la nozione di sostanza, è Joseph Seifert, che così si esprime: «l’essere è persona. La persona come “io sono” è pertanto l’essere in senso proprio. La metafisica è scienza della persona più che scienza della sostanza».

Seifert evidentemente non sa che cosa è l’analogia dell’essere e della sostanza, per cui riduce l’ente trascendentale, che abbraccia spirito e materia, al solo ente categoriale dello spirito e della persona. E non si accorge che le conseguenze di una simile confusione sono disastrose: se si riduce la materia a spirito (Berkeley, Hegel), la materia rivendica la sua dignità materializzando lo spirito (Marx, Comte)., per cui si arriva all’evoluzionismo schellinghiano e darwiniano,  al concetto della materia eterna e pensante, della persona come materia e di Dio come storia.

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/della-stessa-sostanza-del-padre_7.html

Cristo Risorto, Rubens

Se la materia fosse non essere, solo lo spirito-essere sarebbe buono; la materia sarebbe cattiva e pericolosa, ed abbiamo Platone. Se però la materia è pensante, come dice Locke, l’immortalità dell’anima separata dal corpo è impossibile, concepire uno spirito immateriale è un vaniloquio e la metafisica non ha senso, come dice Hume.

Seifert non considera che la sostanza non è solo quella materiale, ma anche quella spirituale, al punto che il Concilio Vaticano I definisce la natura divina come sostanza. E la sostanza del Padre del dogma niceno è evidentemente sostanza spirituale, essendo Dio puro spirito. Così pure, quando il Concilio di Viennes parla di «sostanza dell’anima razionale» (Denz.902), non si riferisce certo a una sostanza materiale.


Sostanza significa semplicemente sussistente: che a sussistere sia una materia o una pura forma, questo è accidentale. Altrimenti come farebbero i Greci a parlare di ipostasi nella Trinità, dato che ipostasi corrisponde a sostanza? 

Certo, se ci fermiamo a pensare che per il dogma trinitario Dio è uno e tre, come fa il Corano, si capisce il suo grido minaccioso contro i cristiani: «non dite tre!». Ma appunto per evitare questa apparente assurdità la Chiesa distingue: tre persone, una natura. Tuttavia è chiaro che qui occorre modificare il concetto corrente di persona come sostanza, sennò saremmo daccapo.

Bisogna ricorrere al concetto di relazione sussistente, come fu già progettato da Sant’Agostino e confermato dal Concilio di Firenze del 1439. Infatti, relazione significa essere-verso (pros ti), per cui ci è utile per esprimere il fatto che le Persone divine sono in vari modi per essenza, non per volontà, rivolte le une verso le altre o relative alle altre.  

L’operazione condotta dalla Chiesa è stata quella allora di separare l’esistere accidentale (esse-in) della relazione dalla sua essenza (esse-ad) e di dare sussistenza e quindi personalità alla relazione.

L’atto d’essere di Cristo è certamente uno solo, come per ogni ente, Dio compreso, ed è l’atto d’essere della Persona divina, con la sua propria natura divina. Ora l’atto d’essere nella Persona non è altro che l’atto del sussistere. Come dunque la natura umana di Cristo non ha una sua propria sussistenza umana, se no avremmo l’assurdo di due persone, così non ha un proprio atto d’essere, ma le viene comunicato dalla Persona del Verbo, al quale è ipostaticamente unita.

Immagini da Internet

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