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Testi di P. Tomas Tyn, OP

05 settembre, 2025

Il pensare umano e il pensare divino - Terza Parte (3/4)

 

Il pensare umano e il pensare divino

Terza Parte (3/4)

 

Il superamento dei concetti

Nel concettualizzare l’essere divino dice che il concetto «scoppia», diventa inutilizzabile. Il teologo domenicano sostiene che

«ogni tentativo di concettualizzare l’Assoluto porta allo scardinamento logico della concettualizzazione. Anche la stessa nozione di Assoluto cade nella stessa condizione di relatività concettuale. … L’esplosione dei concetti e delle parole porta al silenzio: mistica, myo, sto zitto».

Giunge a dire che il linguaggio dell’ateo esprime l’esperienza mistica. Allora Nietzsche vale tanto e di più di San Tommaso. Mi chiedo allora a che scopo fare tanta fatica a procurarsi il titolo di dottore in teologia, a che pro scrivere tanti libri e che senso ha il suo essere figlio di quel San Domenico, del quale si narra che il suo principale interesse era o il parlare di Dio o il parlare con Dio. 

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-pensare-umano-e-il-pensare-divino_59.html

Indubbiamente non possiamo rappresentarci adeguatamente Dio comprensivamente con i nostri concetti creati e finiti. Occorrerebbe il Logos divino. Eppure, come dice San Paolo, il cristiano ha il pensiero di Cristo. La nozione analogica illuminata dalla rivelazione sa chi è Dio, benchè ovviamente non ne comprenda l’infinita intellegibilità. Solo che in tal caso è legittimato a parlare di Dio sensatamente senza contraddizioni e senza darsi la zappa sui piedi.

Che poi si debba tacere quando il concetto vien meno o non sappiamo esprimere in parole quello concepiamo o vediamo o sentiamo o sperimentiamo nel fuoco della carità, d’accordo. Ma ciò non vuol dire affatto che il mistico cristiano abbandoni o superi i concetti o sospenda l’attività intellettuale per sperimentare Dio e tanto meno per scoprire di essere Dio o per diventare Dio o l’Assoluto.
 
San Tommaso parla bensì di un’esperienza mistica di Dio, ma precisa che questo contatto diretto con Dio non è opera dell’intelletto, che fa uso dei concetti di fede, ma dipende dalla carità, come dice l’Aquinate: «caritas est de eo quod iam habetur». Dio lo vedremo un giorno in paradiso, ma con la carità lo possediamo fin da adesso.


Il pensiero si definisce proprio in relazione all’essere ad esso esterno, essere, che è la prima ed originaria nozione della mente. La nozione stessa del pensiero dice rappresentazione del reale esterno alla mente e immanenza del pensiero nella mente. «Non è la pietra che è nell’anima – già diceva Aristotele -, ma è l’immagine della pietra».

Nella vita presente noi possiamo acquistare il pensiero divino – il pensiero di Cristo - solo nei concetti della fede. La credenza che possiamo possedere un nostro pensare divino riflesso, inconscio, atematico, globale, preconcettuale più radicale e originario è una pura illusione per nulla consona a quanto ci insegnano la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa.

Ritorna la solita confusione idealistica fra l’essere e l’essere pensato.

Immagine da Internet: Aristotele e Platone, Raffaello Sanzio, Musei Vaticani

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