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10 marzo, 2022

Dignità e limiti del pensiero - Prima Parte (1/4)

 Dignità e limiti del pensiero

Prima Parte (1/4)

Signore, non si inorgoglisce il mio cuore

 e non si leva con superbia il mio sguardo

Sal 130,1

L’avanzata dell’idealismo 

Assistiamo oggi in campo teologico ad un forte ritorno di idealismo, che, sotto pretesto del progresso della teologia promosso dal Concilio Vaticano II, riprende l’equivoco progetto modernistico già a suo tempo condannato nella Pascendi di San Pio X.

Che cosa è esattamente l’idealismo? Lo dice la parola stessa: è l’anteporre l’idea alla realtà, il credere che il reale non ci sia dato prima e indipendentemente dalle nostre idee, ma che esse siano e debbano essere il principio del reale. Quindi il sapere non è dato dall’adeguare le nostre idee a una realtà esterna a noi, ma consiste nella presa di coscienza che siano noi, come Io assoluto o Idea assoluta o Pensiero assoluto (gnosi), a porre sia il reale che le nostre idee ad esso conformi. L’idealismo fu condannato da San Pio X nell’enciclica Pascendi sotto il nome di «immanentismo» e da Pio XII nell’enciclica Humani Generis del 1950.

L’idealismo sostiene fondamentalmente l’identità dell’essere col pensare o, come diceva Schelling, dell’ideale col reale o, come diceva Hegel, del razionale col reale; sicchè, sempre secondo Hegel, la cosa s’identifica col concetto della cosa, la metafisica s’identifica con la logica, per giungere oggi a Rahner, per il quale la gnoseologia s’identifica con la metafisica con l’antropologia con la cristologia e con la teologia. Tutto è uno perchè tutto è Dio. E abbiamo il panteismo.

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Papa Francesco ha più volte denunciato l’avanzata dell’idealismo, consistente, come egli dice, nella negazione del primato della realtà sull’idea.

Papa Francesco, oltre a riprendere la tradizionale condanna dell’idealismo, ha avuto la felicissima ed opportunissima idea pastorale di condannare anche lo gnosticismo, cosa finora mai fatta dal Magistero pontificio.

Quello che affascina i moderni nel pensiero idealista è l’apparenza di essere un pensiero critico, che supererebbe l’ingenuità del realismo medioevale. Sarebbe la cosiddetta «filosofia moderna» nata da Cartesio, la quale tutti noi oggi, a sentire gli idealisti, oggi i modernisti, dovremmo accogliere per essere «moderni», così come oggi usiamo il trattore e non più l’aratro, l’automobile e non più il calesse, l’aereo e non più la nave a vela, i capelli naturali e non più la parrucca. 

 

L’idea per Cartesio non è più ricavata dalla realtà esterna, come per Tommaso, ma è la realtà che è affermata in base all’idea, che quindi diventa l’oggetto primo dell’intelletto al posto dell’ente esterno. Da qui il termine «idealismo». E ciò vale per conseguenza anche per la questione dell’esistenza di Dio.

La dottrina della creazione suppone l’accettazione del principio di causalità efficiente e motrice, e quindi la distinzione dell’ente in potenza ed atto, nonché materia e forma. Invece l’idealismo pretende di spiegare il divenire e la storia con semplici schemi gnoseologico-logici, per esempio l’essere-apparire in Severino, la dialettica in Hegel. La creazione, per loro, non è altro che l’essere che appare come empiria o l’essere dialettico che si fa storia.

Immagini da internet

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