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11 marzo, 2022

Dignità e limiti del pensiero - Seconda Parte (2/4)

  Dignità e limiti del pensiero

Seconda Parte (2/4)

Dall’idealismo allo gnosticismo

Alla luce dell’insegnamento del Papa sullo gnosticismo, risulta naturale ed utile continuare a fare attenzione al vecchio idealismo trascendentale tedesco, ma con un occhio particolare al rinato gnosticismo, che costituisce l’ambizione di fondo dell’idealismo, che ha avuto il suo culmine in Hegel, il quale con la sua tesi della «scienza assoluta», è la proposta gnostica più seducente nel nostro tempo.

Limitarsi alla denuncia dell’idealismo oggi è dunque ancora troppo poco, benché sia sempre utile, perché l’idealismo continua ad ingannare i filosofi; e se inganna i filosofi, figuriamoci la gente comune. Infatti, benché l’idealismo sia contrario al senso comune ed appaia ad esso una pazzia, tuttavia gli idealisti sono così astuti da far apparire il comune buon senso un’ingenuità per non dire un’illusione, persuadendo con sottili sofismi, che hanno l’apparenza della genialità, che la sapienza sta nel rendersi conto che le cose non esistono al di fuori di noi indipendentemente da noi, ma sono prodotti del nostro pensiero.  

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La tentazione gnostica è quella di invaghirsi narcisisticamente e di inebriarsi della stupenda e meravigliosa facoltà di pensare per confidare eccessivamente nella forza del proprio pensiero.

Il pensare trascende tempo e spazio e si apre all’universale, allo spirituale, alla totalità, all’eternità. Oltrepassa ogni limite e si apre all’infinito. «Infiniti spazi nel pensier mi fingo».  Il pensiero è come un uccello, spicca il volo, si libra nell’aria senza appoggi materiali, lascia la terra e vola in cielo. Per questo l’angelo ha le ali Il pensiero, come dice Giuseppe Verdi, ha le «ali dorate». Il pensare ci rende grandi, magnanimi, giganti, immortali. 

È impossibile un pensare separato da qualcosa che viene pensato. Il pensiero è distinto dall’essere, che ne è l’oggetto; ma nel contempo ne è strettamente relazionato, tanto che o si pensa un oggetto o non si pensa affatto. 

Il pensiero può avere se stesso per oggetto, ma solo perché il pensiero pensato diventa un oggetto, oggetto del pensiero.

A differenza del pensiero divino esistente ab aeterno, il pensare umano conosce interruzioni e riprese, uno svolgimento, uno sviluppo, un’evoluzione, ha una storia. Avanza e retrocede nel tempo, a differenza del pensiero divino, che è tutto attualissimo in un istante, atto eterno, certissimo e fermissimo, luce infinita, immutabile e sconfinata, onnicomprensivo, onnipervadente, onnipenetrante, onniavvolgente e senza origine e senza fine.

Immagini da Internet

2 commenti:

  1. Caro Padre,nel mondo in cui viviamo oggi, nel quale l'egoismo sembra dilagare e addirittura incoraggiato, facendoci credere di avere una miriade di diritti senza nessun dovere, possiamo dire che viviamo in una società colma di idealisti per lo più inconsapevoli? L'egoismo può essere considerato una forma, magari grezza, di idealismo?
    Una seconda domanda: nel celeberrimo canto XXVI dell'inferno dantesco, la famosa orazione di Ulisse che si conclude con:"Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza", può essere vista come un monito di Dante contro lo gnosticismo? La conoscenza di cui parla Ulisse non è un volere andare oltre il consentito, oltre il limite umano come vorrebbero fare gli gnostici? La saluto assicurandole la mia preghiera. Giuseppe

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    1. Caro Giuseppe,
      Papa Francesco assimila l’idealismo allo gnosticismo, perché nell’uno e nell’altro caso il soggetto si chiude nelle proprie idee e quindi viene ad ordinare tutto a se stesso. Non c’è dubbio che questo è il principio teoretico dell’egoismo. E quindi si può dire senz’altro che l’idealismo è la giustificazione teoretica dell’egoismo.
      Per quanto riguarda le parole di Ulisse, in se stesse sono giuste, perché noi non siamo dei puri animali, ma siamo persone umane, informate da una anima spirituale, la cui tendenza è l’acquisto della virtù e della conoscenza, fino ad arrivare alla conoscenza di Dio.
      L’errore di Ulisse non fu questo, ma fu quello di presumere eccessivamente delle forze della ragione, tentando un cammino superiore a queste forze e quindi destinato al fallimento. Inoltre Ulisse non ebbe quella avvertenza che pur si nota già in Platone, il quale aveva coscienza delle limitate capacità della ragione umana, e tuttavia, consapevole dell’esistenza di Dio e che Dio può rivelarsi alla ragione, formulò un famoso voto, che assomiglia ad una preghiera biblica, col quale egli espresse il desiderio che la divinità potesse rivelarsi ed illuminare la ragione con una verità divina, che va al di là della ragione.
      Qui Platone sembra quasi vaticinare il mistero della grazia, che è un dato della Rivelazione cristiana. Infatti, in forza della grazia di Cristo, che suscita la fede, la ragione umana può superare se stessa e conoscere delle verità divine, che da sola non potrebbe conoscere senza il soccorso della fede.
      La fede peraltro promette alla ragione, da essa illuminata, di potere un giorno, dopo la morte, vedere immediatamente l’essenza divina, quella che nel cristianesimo si chiama “visione beatifica” del paradiso.
      Un’altra cosa da notare è che il fatto che la ragione possa essere elevata dalla grazia ad una conoscenza soprannaturale testimonia del fatto che la ragione possiede già da sé quella che i teologi chiamano “potenza obbedienziale”, vale a dire la disponibilità ad essere elevata dalla grazia ad una conoscenza di Dio superiore a quella che la ragione può raggiungere con le sue sole forze.
      Per quanto riguarda lo gnosticismo, esso è un peccato di superbia, non tanto per il desiderio di conoscenza, quanto per la pretesa presuntuosa della ragione di superare se stessa con le sue sole forze e di raggiungere una conoscenza divina, che è del tutto al di là delle sue possibilità naturali.
      Quindi nello gnosticismo la ragione umana in qualche modo divinizza se stessa. Ovviamente ciò che essa viene ad affermare non può essere la verità, ma è un inganno che illude l’uomo, facendogli credere di essere alla pari di Dio.

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