Articoli e testi di P.Giovanni Cavalcoli

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P.Tomas Tyn

Testi di P. Tomas Tyn, OP

28 settembre, 2021

Riflessioni sul significato della parola Dio - Terza Parte (3/3)

  Riflessioni sul significato della parola Dio

Terza Parte (3/3) 

L’essere supremo per San Bonaventura

Per San Bonaventura la parola Dio significa sì ente supremo, ma solo per un semplice allargamento o innalzamento dell’idea dell’essere, non a seguito di una prova razionale per causalità partendo dall’ente contingente e mobile. Egli intende così la parola Dio come «essere purissimo e perfettissimo», che egli ricava dalla distinzione puramente concettuale fra essere perfetto ed essere imperfetto, essere puro ed essere misto, mentre per lui la nozione dell’essere è la più generale di tutte, senza la quale «non si può sapere completamente la definizione di alcuna sostanza particolare».

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/riflessioni-sul-significato-della_28.html


La nozione di Dio di per sé è raggiungibile dalla ragione che ne dimostra l’esistenza, partendo dalla considerazione dell’ente contingente e causato;

ma di fatto l’umanità è venuta ad apprenderla solo dalla Bibbia, così come da essa sola ha appreso che Dio è il creatore del cielo e della terra e che ha creato l’uomo, maschio e femmina, a sua immagine e somiglianza.

La Bibbia conferma quindi il fatto che l’esistenza e l’essenza di Dio non sono originariamente ed immediatamente note, intuìte, sentite o sperimentate con evidenza dalla mente umana né da parte della ragione né da parte della fede, ma sono oggetto di scoperta partendo dalla considerazione degli effetti visibili della divina onnipotenza (Rm 1,20), ed andando per analogia con quanto avviene nella produzione causale delle cause efficienti di questo mondo (Sap 13,5). Tutto ciò ovviamente suppone una nozione analogica dell’ente.

La Bibbia tratta poco di metafisica; eppure, si può amare la Bibbia senza amare la metafisica? Che cosa si capisce della Bibbia se il Dio biblico è Colui Che è, è Colui che ha detto di Se stesso «Io sono»? 

Colui che è il creatore di tutti gli enti? Se la parola ente non ricorre nella Bibbia, non vuol dir nulla. Esistono parole equivalenti, come quella di «cosa», «qualcosa», «creatura», «mondo», «cielo», «terra» e così via.

Da internet:

- Arca di San Domenico (Bologna) : Alla sommità della cimasa, nonché dell'intera arca, si vede Dio Padre che sorregge il mondo con la mano sinistra tenendolo vicino al cuore. Sotto i suoi piedi troviamo un altro globo più grande. Più in basso si vedono i simboli della creazione: i festoni di frutta stanno a significare la terra, i due putti si riferiscono al cielo e gli otto delfini al mare.


26 settembre, 2021

Riflessioni sul significato della parola Dio - Seconda Parte (2/3)

  Riflessioni sul significato della parola Dio

Seconda Parte (2/3) 

Occorre raggiungere la nozione dell’essere.

Se non riusciamo ad astrarre la nozione universalissima ed analogica dell’essere dagli enti concreti dell’esperienza, ci illudiamo di nominare Dio nel modo giusto e biblico, Dio creatore universale di tutti gli enti. Il nostro dio diventa un ente fra gli altri. Allora sì che siamo nel paganesimo greco e non nella sapienza ebraica. Allora il nostro dio, come ci avverte Cristo stesso, diventerà il diavolo, principe di questo mondo, che ci illuderà che noi stessi siamo Dio. Altro che Dio biblico!

L’essere è simile all’esistere, ma non è esattamente la stessa cosa. Nel creare, certo, Dio fa essere e fa esistere. Realizza un pensiero, un’idea, un possibile. Fa passare dal nulla all’essere, dal non-esistere all’esistere. Tuttavia esistono nella nostra mente cose che non hanno l’essere, come il nulla, il male, l’immaginario, l’ente di ragione, l’assurdo.

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 https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/riflessioni-sul-significato-della_26.html


Se non riusciamo ad astrarre la nozione universalissima ed analogica dell’essere dagli enti concreti dell’esperienza, ci illudiamo di nominare Dio nel modo giusto e biblico, Dio creatore universale di tutti gli enti. Il nostro dio diventa un ente fra gli altri. Allora sì che siamo nel paganesimo greco e non nella sapienza ebraica.

L’essere è simile all’esistere, ma non è esattamente la stessa cosa. Nel creare, certo, Dio fa essere e fa esistere. Realizza un pensiero, un’idea, un possibile. Fa passare dal nulla all’essere, dal non-esistere all’esistere. Tuttavia esistono nella nostra mente cose che non hanno l’essere, come il nulla, il male, l’immaginario, l’ente di ragione, l’assurdo.

Quando Dio crea non dà semplicemente l’esistenza a un’essenza, ma crea dal nulla e l’essenza e l’esistenza. Il composto di essenza ed essere da possibile diventa reale.

Solo Dio può dare l’essere, solo Dio può far passare un’essenza dall’essere potenza di essere a potenza attuata dal suo essere.

Creare non è solo questione di volontà; è questione di passaggio dal non-essere all’essere. Per spiegare l’atto creativo non basta dire che Dio crea dal nulla, se poi non si riconosce che Dio aggiunge l’essere all’essenza dell’esistente creato. E se un’essenza può esistere in mente Dei et hominis senza il suo essere, vuol dire che fra un’essenza e il suo essere c’è una distinzione reale.

Immagini da internet:
- Creazione, Monreale, mosaico,
- Topolino, un personaggio dei fumetti dei cartoni animati creato il 16 gennaio 1928

22 settembre, 2021

Riflessioni sul significato della parola Dio - Prima Parte (1/3)

  Riflessioni sul significato della parola Dio

Parte Prima (1/3)

Una parola che dà senso alla vita

Se consultiamo un vocabolario, vedremo che la parola Dio significa «ente supremo». È la definizione esatta. Tuttavia, che significa ente supremo? Ma inoltre: quanti oggi usano la parola Dio? E chi la usa, la usa sempre nel senso giusto?

Perché tanti di noi oggi non usano questa parola? Non parlano mai di Dio? Certamente perché pensano che a questa parola non corrisponda nessuna realtà, ma che semmai si tratti di un concetto vecchio e superato dal progresso della cultura e della scienza. Eppure i vocabolari continuano a registrarla e a darle il suo significato, che, per la verità, è molto impegnativo. Vuol dire forse che l’ente supremo non esiste? Cerchiamo in questo articolo di chiarirlo.

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Se consultiamo un vocabolario, vedremo che la parola Dio significa «ente supremo».

È la definizione esatta.

Tuttavia, che significa ente supremo? Ma inoltre: quanti oggi usano la parola Dio? E chi la usa, la usa sempre nel senso giusto?

     
 
Eppure ci rendiamo conto del nesso che esiste fra il concetto dell’ente e il concetto di Dio, se un qualunque vocabolario, che non è un trattato di filosofia, ma un prontuario fatto anche per tutti gli illetterati, lo presenta come scontato? 
 
 

Il vocabolario definisce la parola Dio in conformità a quanto la ragione può concepire di Dio, appunto come Ente supremo. 

Ma, come sappiamo, esiste un libro, la Bibbia, che si presenta come rivelazione che Dio fa di se stesso all’uomo.

 

 Immagini da internet

21 settembre, 2021

Sulla legge mosaica - Occorre distinguere diversi tipi di legge

 Sulla legge mosaica

Occorre distinguere diversi tipi di legge

La legge mosaica comprende i dieci comandamenti, il codice civile e la legge liturgica. La prima corrisponde alla legge morale naturale e pertanto vale per tutti gli uomini. Essa è stata confermata da Gesù Cristo, per cui la sua osservanza, sostenuta dalla grazia, è necessaria alla salvezza per tutti gli uomini.

La seconda è la legislazione civile propria del popolo ebraico, che esso ha tutto il diritto di conservare. Essa però vale solo per lui, così come ogni nazione ha la sua propria legge civile.

La terza è una normativa liturgica e cerimoniale in preparazione alla venuta del Messia e prefigurativa della sua venuta, come per esempio la circoncisione, il sacrificio dell’agnello e il divieto di mangiare il sangue e gli animali impuri.

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Immagine da internet:

Mosè con le tavole della legge - Staatliche Museen di Berlino - L'opera è firmata e datata "REMBRANDT F. 1659".

17 settembre, 2021

Da che cosa dipende il fascino di Karl Rahner

  Da che cosa dipende il fascino di Karl Rahner

Un problema ancora non risolto

Sono ormai più di sessant’anni che la scena della teologia è dominata dal rahnerismo e non appaiono segnali significativi che mostrino un’inversione di tendenza, benché sempre più chiaramente appaia come il rahnerismo sia all’origine dell’attuale processo di decadenza della Chiesa cattolica, decadenza che naturalmente è negata dai responsabili di essa[1], ma ciò non fa sì che il rahnerismo, agli occhi degli osservatori imparziali dotati di opportuni criteri di giudizio, non resti il radicale responsabile della gravissima crisi attuale della Chiesa.

Valutando infatti la situazione della Chiesa oggi, per quanto umanamente possiamo giudicarne e lasciando ovviamente a Dio il giudizio ultimo di tale situazione, non è difficile percepire la Chiesa come un organismo soggetto a un processo di disorganizzazione, una società in via di dissoluzione, un’azienda sull’orlo del fallimento, incapace di soddisfare ai bisogni per i quali era stata costituita.

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A molti Rahner appare come il teologo che ha fatto esemplarmente proprio il programma di assunzione del pensiero moderno alla luce del Vangelo. In realtà Rahner ha fatto l’inverso: ha scelto nel Vangelo quello che è gradito al pensiero moderno, scartando il resto.

 
Molti sono portati ad interpretare Rahner in senso ortodosso, ed ovviamente, nei suoi numerosissimi scritti, moltissime sue frasi sono perfettamente ortodosse o possono essere interpretate in tal senso. 
 
Foto da internet

14 settembre, 2021

Omelia per il Corpus Domini - Servo di Dio P.Tomas Tyn, OP

 Omelia per il Corpus Domini 

Servo di Dio P.Tomas Tyn, OP 

 

Il Papa, cari fratelli, il Papa di venerata memoria, Paolo VI, ha ribadito quello che tutti i Papi, tutti i successori di San Pietro hanno detto riguardo alla divina Eucaristia.

Ha detto ciò che dice anche il Concilio di Trento, e cioè che il nome più appropriato di quella presenza non è né transfinalizzazione, né transignificazione, ma bensì transustanziazione.

Una parola un po’ difficile, transustanziazione, cioè cambiamento, transustanziazione, trans significa una transizione, cambiamento. Transustanziazione significa un cambiamento, miei cari, che solo Dio può operare, perché nella natura delle cose avvengono delle generazioni, delle nascite e delle evoluzioni, ma mai delle transustanziazioni, cioè un passaggio da sostanza a sostanza. Che cosa vuol dire questo?

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http://www.arpato.org/omelie/omelie_sangiacomo.htm 

http://www.arpato.org/testi/omelie/MG8-CorpusDomini-Giovanni.pdf

https://www.youtube.com/watch?v=7qnSBBJArBc 



Servo di Dio Padre Tomas Tyn, OP

Parrocchia San Giacomo Fuori le Mura (Bologna) - 1.6.1986

10 settembre, 2021

Cosa significa toccare l’ostia consacrata?

  Cosa significa toccare l’ostia consacrata?

La funzione del tatto nella Santa Comunione

Come sappiamo, l’uso del tatto ha un ruolo essenziale nelle religioni e quindi anche nella Scrittura, sia come rappresentazione fisica dell’atto col quale il divino raggiunge l’uomo (Is 6,7; Ger 1,9; Dn 10,16), sia come atto rituale dell’uomo col quale egli si mette in contatto col divino (Mt 14,36; 28,9; Lc 24,39; Gv 20,17).

Se però nell’Antico Testamento il toccare il divino è un atto temerario (Es 19,12), data l’indegnità dell’uomo di allora davanti ad un Dio severo, con la venuta di Cristo, Dio, che si è degnato di venire ad abitare in mezzo a noi, si lascia toccare nell’umanità del Figlio, ed è Dio stesso che in Cristo si compiace di toccare l’uomo per guarirlo.

Il tatto ha una funzione essenziale nei sacramenti e in generale nelle azioni sacre come quel senso che si trova particolarmente coinvolto nella dinamica del rapporto con Dio o per significare che deve starne lontano per umiltà o viceversa come trasmettitore della grazia, nel senso di donarla e di riceverla. 

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Toccare l’ostia è toccare gli accidenti del pane. Ma essi nascondono la sostanza del Corpo del Signore, al quale sono uniti per concomitanza il sangue, l’anima e la Divinità. 

Quindi in certo modo, benchè indiretto e sacramentale, tocchiamo Dio, e possiamo dire con l’emorroissa: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita» (Mt 9,20). Gli accidenti eucaristici sono il mantello di Cristo.


Nell’ostia c’è il Corpo fisico del Signore? Bisogna vedere che cosa intendiamo per «fisico». Se intendiamo fisico nel senso della fisica sperimentale, la quale sperimenta e misura i corpi fisici di questo mondo, allora certamente si deve dire che non c’è il Corpo fisico, nel senso che il Corpo non c’è con le sue dimensioni e qualità sensibili, che ha solo in cielo.

Ma se per fisico intendiamo fisico nel senso di materiale, allora è chiaro che si tratta del Corpo fisico, giacchè un corpo immateriale non esiste. Un corpo è per definizione una sostanza composta di materia e forma. Sostanza immateriale è solo lo spirito. Ma il corpo di Gesù nell’osta è il suo vero Corpo, anche se a modo di sola sostanza. E tuttavia si tratta di sostanza materiale.

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09 settembre, 2021

Il rimedio alla ambiguità del linguaggio - Terza Parte (3/3)

 Il rimedio alla ambiguità del linguaggio

Terza Parte (3/3)

I Papi contano sulla milizia ignaziana per vincere la doppiezza di Satana,

strappargli il dominio sul mondo e consegnare il mondo a Cristo 

Inoltre, c’è da tenere presente che l’Ordine di Sant’Ignazio è nato nel contesto dell’umanesimo rinascimentale, il quale, a differenza di quello medioevale teocentrico, culla dell’Ordine Domenicano, che dava il primato della contemplazione sull’azione, riflette l’interesse per l’opera della Redenzione e per la salvezza tipico del ‘ 500.

E questo cristocentrismo fu comune a Lutero, a Sant’Ignazio e al Concilio di Trento. Occorre attendere i Concili Vaticano I e Vaticano II per avere il recupero del primato della contemplazione, senza per questo rinunciare alle precedenti conquiste del cristocentrismo, le quali, però, fraintese dall’illuminismo e dalla massoneria, avevano condotto addirittura all’ateismo.

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Lo sforzo della chiarezza non impedisce che i discorsi anche dei più grandi predicatori abbiano bisogno di essere interpretati. 

Se hanno bisogno di essere interpretate le parole di Gesù Cristo, della cui onestà e proprietà di linguaggio non possiamo dubitare, figuriamoci con quanta facilità abbiano bisogno di essere interpretati i discorsi di qualunque altro uomo.

E per qual motivo Cristo ha istituito gli apostoli, se non perché fossero gli interpreti autorizzarti della sua parola? «Chi ascolta voi, ascolta me» (Lc 1,16). 

 



Immagini da internet
Pinacoteca nazionale di Bologna

08 settembre, 2021

Il rimedio alla ambiguità del linguaggio - Seconda Parte (2/3)

  Il rimedio alla ambiguità del linguaggio

Seconda parte (2/3)

L’ambiguità del linguaggio è segno di ipocrisia

Alla persona doppia la fermezza appare rigidità, la tenacia appare ostinazione, la certezza appare dogmatismo, la saldezza sembra cocciutaggine, l’evidenza è pura apparenza, la fedeltà sembra conservatorismo, l’affermazione del vero appare presunzione, la condanna dell’errore appare violenza, l’ambiguità e la finzione appaiono prudenza e saggezza.

«Semplici come le colombe, prudenti come i serpenti» (Mt 10,16). Occorre difendersi dagli ingannatori e dagli impostori. Sempre nell’onestà, il linguaggio tuttavia con costoro dev’essere cauto e misurato, tale da non lasciar scoperte fessure dalle quali il nemico può entrare, tale da non poter essere strumentalizzato e tale da svelare i loro inganni e metterli davanti alle loro responsabilità. Occorre imparare un linguaggio tale da poter sfuggire alle insidie e alle trame del nemico; semplici sì, ma occorre evitare quelle ingenuità, delle quali il nemico potrebbe servirsi per umiliarci. 

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L’ideale ignaziano è nato in un momento della Chiesa, nel quale ce n’era estremo bisogno: una milizia di apostoli in obbedienza al Papa per difendere e proteggere la Chiesa dall’insidia luterana e ricondurre all’ovile le pecore disperse dall’opera di Lutero, una milizia di difesa e di attacco, fatta di audacissimi militi, pronti a dare la vita per la causa di Cristo agli ordini del Papa.

Una qualità eccellente del Figlio di Sant’Ignazio, che rende il Gesuita modello di guida delle anime per tutta la Chiesa, è la sua sapienza pratica nella direzione spirituale mediante i famosi Esercizi spirituali, concepiti sul modello dell’addestramento militare come esercitazione metodica e ordinata di tutte le potenze dell’anima, intelletto, volontà, passioni, immaginazione, sensibilità e motilità corporea per il raggiungimento della meta dell’«uomo spirituale», nel pieno dominio di se stesso ed ordinamento interiore unitario delle sue potenze vitali nella ricerca della santità, nel discernimento quotidiano della volontà di Dio, sotto la guida dello Spirito Santo e nella devozione al Sacro Cuore di Gesù.

Immagine da internet