Articoli e testi di P.Giovanni Cavalcoli

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Testi di P. Tomas Tyn, OP

31 dicembre, 2023

Comunicato concernente la Dichiarazione Fiducia supplicans

 

Comunicato

concernente la Dichiarazione Fiducia supplicans

Cari Lettori,

a seguito della pubblicazione della Fiducia supplicano ho ricevuto numerosissimi interventi, la cui stragrande maggioranza è di dissenso nei confronti del Documento, spesso con tono adirato e scandalizzato, contenenti accuse al Papa, al Card. Fernandez e nei miei confronti di tradimento della Tradizione, di bestemmia, di falsità, di doppiezza ed opportunismo.

Molti interventi fanno obiezioni ragionevoli alle quali ho risposto. Noto una grande ripetitività negli interventi, un accanimento ostinato, segno evidente che non vengono lette le mie risposte o che si hanno nei confronti miei e del Documento posizioni preconcette o c’è la volontà di non ascoltarci.

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DOMENICA FRA L'OTTAVA DI NATALE – SANTA FAMIGLIA DI GESU', MARIA E GIUSEPPE

 


 

In un lungo articolo, ho spiegato con dovizia di ragioni e chiarimenti il vero significato e il vero valore della Dichiarazione, con la quale la Chiesa compie un passo avanti di portata storica nel cammino della misericordia.

 



Immagini da Internet: 

- Sacra Famiglia, XVIII secolo
- Gesù in casa di Simone, Gregorio Marinaro

25 dicembre, 2023

Secondo natura e contro natura - Il problema delle unioni omosessuali in un recente documento della Chiesa

 

Secondo natura e contro natura

Il problema delle unioni omosessuali

in un recente documento della Chiesa

 Dio benedice la sessualità umana

                                                                                                       Maschio e femmina li creò

                                                                                                               Gen 1,27

La Dichiarazione Fiducia supplicans del Dicastero per la Dottrina della fede[1] è un documento sostanzialmente pastorale, che però mette in gioco, ribadisce e chiarisce verità di fede concernenti la volontà di Dio nei confronti della sessualità umana e quindi la concezione cristiana dell’uomo con particolare riferimento alla dignità della sessualità così come risulta dal piano divino protologico-genesiaco, redentivo-salvifico ed escatologico-glorifico.

Sulla base di questi presupposti dottrinali, il documento impartisce istruzioni circa la condotta che il sacerdote deve tenere nei riguardi di coppie di divorziati risposati od omosessuali che dovessero chiedere di essere benedette. Al fine di ovviare a questa richiesta, che potrebbe essere basata su di un equivoco o non avere una retta intenzione o supporre un concetto errato di benedizione, la Dichiarazione tratta a lungo in forma dottrinale del sacramentale della benedizione con un’ampiezza mai in precedenza verificatasi nel Magistero della Chiesa. 

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La Dichiarazione spiega che la benedizione, così come risulta dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione, nella costante prassi della Chiesa, è un atto di culto divino e nel contempo di carità fraterna, la cui efficacia non dipende dall’opera operata (ex opere operato), cioè dall’energia soprannaturale intrinseca al gesto compiuto, che in tal caso è un sacramento, ma dipende dalla fede, dalla retta intenzione e dalla buona volontà del soggetto ricevente ed operante in grazia (ex opere operantis).

Una cosa molto interessante della Dichiarazione è il fatto di mettere in rapporto la benedizione col valore della sessualità umana

Le regole dell’agire morale si desumono dalle finalità della natura umana conosciuta nei suoi caratteri essenziali e, per quanto riguarda l’etica sessuale, si desumono dalla natura e dalle finalità naturali della dualità maschio-femmina.

La Dichiarazione ribadisce in vari modi la proibizione e la condanna dei rapporti omosessuali, sebbene lo faccia in modo velato, allusivo, sottinteso ed implicito, forse per un eccessivo riguardo, che nuoce però alla chiarezza.

Ci si chiede: allora perché la benedizione? Che cosa benedire? Dov’è nell’unione il buono da benedire? Evidentemente nell’unione non è da ravvisare solamente l’aspetto sodomitico, ma occorre considerare che, essendo un’unione di due persone, può esistere un elemento di onestà (nn.28,31) dato dal fattore spirituale che può essere alimentato dalla carità e quindi voluto da Dio o gradito a Dio. È questo l’aspetto atto ad essere benedetto, mentre la benedizione può proporsi come fine anche quello di aiutare i due nel faticoso ma doveroso cammino di progressiva liberazione dal peccato. 

Immagini da Internet

23 dicembre, 2023

Ricordiamo la nascita di Gesù Cristo

 

Ricordiamo la nascita di Gesù Cristo

Agli amici Lettori
 

Cari Amici Lettori,

2000 anni che cosa sono nella storia dell’uomo? Se i paleoantropologi hanno trovato pietre lavorate vecchie di due milioni di anni, Gesù Cristo ci è vicinissimo. Forse ci potremmo chiedere come mai non è nato prima.  Dobbiamo fidarci delle decisioni del Padre celeste. Sappiamo per certo che tutti gli uomini sono chiamati da Cristo alla salvezza e possono salvarsi.

Certamente anche quei nostri fratelli, magari somaticamente molto diversi da noi e simili a scimmie, in modo magari inconsapevole ed implicito hanno potuto incontrare Cristo e molti ci attendono in paradiso. 

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 Immagine da: https://www.vatican.va/content/vatican/it.html

22 dicembre, 2023

Diversità e falsità - Come conciliare l’unità con la molteplicità?

Diversità e falsità

Come conciliare l’unità con la molteplicità?

 

In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas

S.Agostino

 

L’universalità del sapere non toglie la diversità delle opinioni

La vita è bella perché è varia. Tuttavia esistono condizioni mancando le quali la vita è impossibile. Allora non si ha una vita diversa, ma semplicemente la negazione della vita. Ciò vuol dire che esiste una diversità costruttiva e una diversità nociva. La prima è certamente bella. La seconda è orribile e odiosa.

Essere adulteri è certamente diverso da essere fedeli. Essere sano è diverso da essere malato. Rubare è diverso da donare. Essere onesti è diverso da essere doppi. Essere eretici è diverso da essere ortodossi. Essere atei è diverso da essere teisti. Essere eterosessuali è diverso da essere omosessuali. Ma possiamo dire che queste diversità siano buone, lodevoli, doverose, virtuose, conformi alla volontà di Dio e alla natura umana, meritevoli del paradiso?

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Il pluralismo delle culture, delle filosofie e delle religioni è cosa molto delicata, che va trattata con la massima prudenza e col più fine discernimento. Infatti la religione, la filosofia e la teologia hanno una pretesa di verità oggettiva ed universale, come ogni vera scienza, come le scienze fisiche, sperimentali e la matematica; esse non appartengono all’ambito della semplice opinione, dove c’è spazio per la soggettività, la diversità, la creatività, l’immaginazione.  Ma appartengono all’orizzonte dell’universalità oggettiva. Se il chimico o l’ingegnere non sono padroni del loro sapere, combinano guai. Allo stesso modo, se il credente, il filosofo o il teologo non conoscono l’essenza e i fini della natura umana, combinano guai ancora peggiori.

L’individualità del sapiente, per cui egli è diverso da altri sapienti nella medesima disciplina non incrina o non annulla o non relativizza l’universalità del sapere nel quale i vari sapienti operano. La fisica di Aristotele o di Tolomeo o Copernico o di Galileo o di Newton o di Einstein o di Heisenberg o di Born è sì la fisica di quegli scienziati, con tante ipotesi false o discutibili, se consideriamo i soggetti che la praticano, ma in se stessa la fisica è la fisica, è la verità della natura, appartiene a tutti i fisici, e non è proprietà privata di nessuno di essi; nessuno si identifica col suo sapere. 

Immagine da Internet


17 dicembre, 2023

La lealtà del parlare del pensare e dell’agire - Seconda Parte (2/2)

 

La lealtà del parlare del pensare e dell’agire

 
Seconda Parte (2/2)

Le divisioni nel campo del sapere  e nel campo morale

Nei sensi suddetti Cristo divide e crea divisioni. Ma si tratta di divisioni salutari, per le quali si mettono le carte in tavola, doverose divisioni che, nel rispetto dovuto all’errante o allo stesso ipocrita, lo smascherano mettono in luce l’opposizione fra il vero e il falso, il bene e il male,  al fine di affermare il vero contro il falso e il bene contro il male. Questo vuol dire metter pace. La pace è il trionfo del vero sul falso, del bene sul male, dell’onestà sulla disonestà, della limpidezza sulla doppiezza.

Esiste pertanto un dividere o contrapporre sano, doveroso e costruttivo, che è opera dell’intelletto, o del discernimento, del tutto normale e necessario al suo funzionamento. È l’atto del distinguere, per cui diciamo che questo è distinto da quello, questo non è quello, la materia è distinta dallo spirito, il corpo è distinto dall’anima, l’uomo è distinto dall’animale o da Dio, il pensiero è distinto dall’essere e così via. 

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Esiste una divisione che riguarda la logica, relativa al parlare e al pensare, e una divisione reale, relativa all’agire e alla morale. Un conto è dividere il genere dalla differenza e un conto è dividere una mela in due metà.

Per esempio prendendo il genere animale, quando ad esso aggiungo le differenze razionale e non-razionale, il genere resta intatto. Ora è interessante notare le conseguenze di questi concetti della logica sul piano per esempio dell’etica sessuale. I detti concetti, infatti, fanno riferimento alla natura animale della persona umana, per cui da qui si arguisce ciò che potrà essere secondo natura o contro natura nel campo della condotta sessuale.

Nel mondo materiale certamente un caso come quello delle differenze logiche non è possibile. Infatti il dividere logico è cosa normale e necessaria, purchè si sappia dividere secondo le regole della logica. Invece il dividere fisico o materiale può essere cosa buona o cattiva a seconda delle circostanze e del genere o specie dell’atto che si compie.

 

Hegel non ha capito che il soggetto e il predicato, benché concetti opposti tra di loro in quanto concetti, in quanto invece riferiti al soggetto reale, che è uno e il medesimo e circa il quale giudicano, si identificano tra loro nel soggetto reale.

Ora, anche Aristotele concepisce il giudizio come sintesi di opposti, precisando che ciò che è unito nel pensiero non è sintetico ma monadico nella realtà. In altre parole, se io dico l’uomo è un animale, è chiaro che il concetto di uomo non è il concetto di animale. Ma perché allora associo due concetti disparati se ciò a cui li riferisco è nella realtà una e medesima cosa, cioè l’uomo? Perché l’uomo è animale. Falso sarebbe invece se dicessi che l’uomo è una scimmia.

 

Non esiste vera pace se non nella verità. Essa dipende sì dalla giustizia, ma niente giustizia se non esiste la verità, perchè la giustizia è la messa in pratica della verità. La questione della verità è ineludibile. Se non si risolve questa, nulla si risolve nell’esistenza e nella vita.

Immagini da Internet

15 dicembre, 2023

La lealtà del parlare del pensare e dell’agire - Prima Parte (1/2)

 

La lealtà del parlare del pensare e dell’agire

Prima Parte (1/2)

 

Gesù Cristo non fu sì e no, ma In Lui c’è stato il sì

II Cor 1,19

 

Sia il vostro parlare: sì, sì, no, no

Mt 5,37

L’arte della discussione

L’attività del parlare e giudicare non è estranea all’ambito della moralità. Mediante essa possiamo fare al nostro prossimo un gran bene come un gran male. In essa occorre in primo luogo osservare le norme che regolano la proprietà e correttezza del linguaggio, la chiarezza e precisione dell’espressione, l’organizzazione del discorso o del dialogo o della conversazione per non uscire dal campo della correttezza formale e della verità dei contenti.

E in secondo luogo occorre che il nostro parlare sia sempre dettato dalla giustizia e dalla carità, ossia dalla volontà di edificare e di istruire, mentre nel contempo occorre da parte nostra la volontà di ascoltare ed imparare. 

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Occorre impadronirsi dell’arte della discussione o del dialogare. Essa ha due possibili prospettive o finalità: o quella della comunicazione della verità così che l’altro possa aumentare il suo sapere oppure quella di correggerlo in modo persuasivo del suo errore.

Questo, come insegna Aristotele, è il compito del sapiente, del filosofo o dello scienziato, di uno che è in possesso del sapere, sa quello che dice, ne è certo e lo può e lo sa dimostrare.

L’altra prospettiva è quella che corrisponde a quella che Aristotele chiama arte «dialettica», la quale si fonda sul confronto delle opinioni. Il dialettico parla in base ad argomenti probabili. I dialoganti devono accontentarsi del probabile e dell’opinabile. 

Nel dire e pensare c’è innanzitutto un negare che apre un ventaglio di possibilità diverse tutte reciprocamente compatibili e coesistenti. Dico per esempio: io non sono Paolo e non sono Pietro. È l’affermazione dell’alterità, della diversità e della molteplicità. Lo chiamiamo il principio dell’et-et o del vel-vel. Qui siamo sempre nell’orizzonte del sì, del vero, del bene; abbiamo solo diversi sì, diversi veri, diversi beni.

Esiste poi nel giudicare un negare che suppone l’opposizione tra il vero e il falso. Qui parliamo del principio dell’aut-aut. I due termini della contraddizione non possono coesistere: o c’è l’uno o c’è l’altro.

Che nella Chiesa esistano partiti, movimenti, correnti o tendenze particolari, preferenze, opinioni diverse o contrarie, una pluralità di spiritualità, diversità di doni, di mansioni e di uffici, nulla di male; anzi, come dice spesso il Papa, ciò non compromette affatto l’unità dottrinale di fede, ma anzi è segno di vitalità, di libertà di pensiero ed è ricchezza immensa della Chiesa, che egli paragona a un poliedro. La Chiesa è come una regina, una sposa adorna di pietre preziose e di gioielli (cf il Sal 44,10).  


Immagini da Internet:
- Accademia Palatina
- Ester, 1660 Museo Puskin, Mosca

13 dicembre, 2023

Ateismo e salvezza - Decima Parte (10/10)

 

Ateismo e salvezza

Decima Parte (10/10)

Severino

Passando a Severino, al quale riconosciamo il merito di insistere sull’essere eterno, immutabile e necessario, di voler difendere il principio di non-contraddizione e di voler combattere il nichilismo, bisogna tuttavia dire che egli cade in alcuni errori gravi: primo, quello di identificare idealisticamente il pensiero con l’essere; secondo, quello di negare l’esistenza dell’ente temporale, mobile e contingente, distinto e fuori dell’essere eterno; terzo, quello di rifiutare l‘analogia dell’essere, perché non ammette i gradi dell’essere; quarto, quello  di giudicare nichilista la dottrina della creazione perchè fa riferimento al nulla (creatio ex nihilo), mentre il nulla secondo lui non esiste.

È vero che al di fuori dell’essere nulla esiste. Ma l’essere non è solo l’essere eterno e necessario, per cui occorre notare che al di fuori dell’essere eterno ed immutabile, esiste l’essere contingente, mutevole e temporale. Severino ha il concetto dell’ipsum Esse e con ciò possiamo dire che ha il concetto giusto dell’essenza di Dio. Ma poi, identificando l’essere come essere, con l’ipsum Esse, perde di vista che l’ente contingente è creato dall’ente necessario. Non si accorge che il produrre l’essere dal nulla è l’atto proprio dell’ipsum Esse e che il concetto del creare come creatio ex nihilo non è affatto contradditorio, non comporta la confusione dell’essere col non essere, ma è il passaggio dall’essere possibile all’essere attuale.  

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È vero che al di fuori dell’essere nulla esiste. Ma l’essere non è solo l’essere eterno e necessario, per cui occorre notare che al di fuori dell’essere eterno ed immutabile, esiste l’essere contingente, mutevole e temporale. Severino ha il concetto dell’ipsum Esse e con ciò possiamo dire che ha il concetto giusto dell’essenza di Dio. Ma poi, identificando l’essere come essere, con l’ipsum Esse, perde di vista che l’ente contingente è creato dall’ente necessario. Non si accorge che il produrre l’essere dal nulla è l’atto proprio dell’ipsum Esse e che il concetto del creare come creatio ex nihilo non è affatto contradditorio, non comporta la confusione dell’essere col non essere, ma è il passaggio dall’essere possibile all’essere attuale. 

Il Dio di Severino è un Dio impotente che non può creare perché non ammette la possibilità di un essere inferiore al suo, un essere per partecipazione distinto dal suo essere, che è essere per essenza. Quindi il suo Dio non giustifica l’esistenza del mondo, ma non è altro che il mondo trasformato in apparizione finita di Dio, quindi siamo nel panteismo.


Per Rahner noi giungiamo a sapere che Dio esiste non partendo dall’esperienza delle cose e scoprendo, nella linea di Rm 1,20, che esse, per esistere, hanno la necessità di essere causate da un Ente causa prima, che esista per sua stessa essenza, ma in forza della predetta esperienza trascendentale. 

Egli col suo discorso si allaccia evidentemente alla metafisica cartesiana, per la quale noi non giungiamo alla nostra autocoscienza partendo dall’esperienza sensibile delle cose esterne, ma questa conoscenza ci è resa possibile sulla base «dell’autopossesso originario dell’esistenza conoscente e disponente liberamente di sé».

Rahner pretende di fondare questa sua tesi nel passo di Lumen Gentium del Concilio Vaticano II, dove si dice che è possibile una via di salvezza anche per coloro che «non sono giunti ad un’esplicita conoscenza di Dio» (n.16). Egli infatti omologa l’implicita conoscenza di Dio supposta dal Concilio alla sua esperienza trascendentale di Dio, la quale invece non c’entra per niente, perché è chiaro, secondo la sana ragione e la dottrina della Chiesa, che noi arriviamo a sapere che Dio esiste applicando per induzione il principio di causalità e niente affatto in forza dell’esperienza trascendentale rahneriana, che non esiste, e l’ammetterla identificherebbe l’autocoscienza umana con quella divina.

Resta certa infatti la definizione corrente ed ovvia che ho detto, ossia: teismo è affermare Dio; ateismo è negarlo. Per questo resta vero che c’è in gioco una questione di verità. E resta essenziale la questione se è possibile provare razionalmente che Dio esiste e, se possibile, come farlo. Ed è importantissimo determinare il concetto del vero Dio.

Immagini da Internet:
- Emanuele Severino
- Karl Rahner