La lealtà
del parlare del pensare e dell’agire
Prima Parte (1/2)
Gesù Cristo non fu sì e no, ma In Lui c’è stato il sì
II Cor 1,19
Sia il vostro parlare: sì, sì, no, no
Mt 5,37
L’arte
della discussione
L’attività
del parlare e giudicare non è estranea all’ambito della moralità. Mediante essa
possiamo fare al nostro prossimo un gran bene come un gran male. In essa
occorre in primo luogo osservare le norme che regolano la proprietà e
correttezza del linguaggio, la chiarezza e precisione dell’espressione, l’organizzazione
del discorso o del dialogo o della conversazione per non uscire dal campo della
correttezza formale e della verità dei contenti.
E in secondo
luogo occorre che il nostro parlare sia sempre dettato dalla giustizia e dalla
carità, ossia dalla volontà di edificare e di istruire, mentre nel contempo occorre
da parte nostra la volontà di ascoltare ed imparare.
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Occorre
impadronirsi dell’arte della discussione o del dialogare. Essa ha due possibili
prospettive o finalità: o quella della comunicazione della verità così che
l’altro possa aumentare il suo sapere oppure quella di correggerlo in modo
persuasivo del suo errore.
Questo,
come insegna Aristotele, è il compito del sapiente, del filosofo o dello
scienziato, di uno che è in possesso del sapere, sa quello che dice, ne è certo
e lo può e lo sa dimostrare.
L’altra
prospettiva è quella che corrisponde a quella che Aristotele chiama arte «dialettica»,
la quale si fonda sul confronto delle opinioni. Il dialettico parla in base ad
argomenti probabili. I dialoganti devono accontentarsi del probabile e
dell’opinabile.
Nel dire
e pensare c’è innanzitutto un negare che apre un ventaglio di possibilità
diverse tutte reciprocamente compatibili e coesistenti. Dico per esempio: io
non sono Paolo e non sono Pietro. È l’affermazione dell’alterità, della
diversità e della molteplicità. Lo chiamiamo il principio dell’et-et o del
vel-vel. Qui siamo sempre nell’orizzonte del sì, del vero, del bene; abbiamo
solo diversi sì, diversi veri, diversi beni.
Esiste
poi nel giudicare un negare che suppone l’opposizione tra il vero e il falso. Qui
parliamo del principio dell’aut-aut. I due termini della contraddizione non
possono coesistere: o c’è l’uno o c’è l’altro.
Che
nella Chiesa esistano partiti, movimenti, correnti o tendenze particolari,
preferenze, opinioni diverse o contrarie, una pluralità di spiritualità, diversità
di doni, di mansioni e di uffici, nulla di male; anzi, come dice spesso il
Papa, ciò non compromette affatto l’unità dottrinale di fede, ma anzi è segno
di vitalità, di libertà di pensiero ed è ricchezza immensa della Chiesa, che egli
paragona a un poliedro. La Chiesa è come una regina, una sposa adorna di pietre
preziose e di gioielli (cf il Sal 44,10).
Immagini da Internet:
- Accademia Palatina
- Ester, 1660 Museo Puskin, Mosca