Articoli e testi di P.Giovanni Cavalcoli

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Testi di P. Tomas Tyn, OP

27 giugno, 2019

LA DIPENDENZA DELL’IDEA DALLA REALTÀ NELL’EVANGELII GAUDIUM DI PAPA FRANCESCO

LA DIPENDENZA DELL’IDEA DALLA REALTÀ  
NELL’EVANGELII GAUDIUM DI PAPA FRANCESCO
PATH 13 (2014) 287-316 
1. Realismo e idealismo 

Nei paragrafi 231-233 dell’Evangelii gaudium papa Francesco fa un balzo improvviso nella gnoseologia per mostrare quanto il realismo gnoseologico sia importante per una sana ed efficace evangelizzazione. Per contro, condanna, secondo una tradizione ormai consolidata nel magistero della Chiesa da secoli, la gnoseologia idealistica iniziata da Cartesio e che giunge, nei suoi logici sviluppi, sino all’idealismo trascendentale tedesco del sec. XIX. Caratteristica, infatti, del realismo è il principio secondo il quale «la realtà è superiore all’idea» (EG 231), superiore, s’intende, dal punto di vista ontologico, in quanto l’idea nell’atto conoscitivo umano ha un esse diminutum, è una rappresentazione o una similitudine del reale elaborata dalla mente (EG 231), interna alla mente, per mezzo della quale il pensiero coglie o raggiunge la realtà esterna. Come dice il Papa (EG 232): «L’idea le ela-borazioni concettuali –, è in funzione del cogliere, comprendere e dirigere la realtà». Questa resta esterna in se stessa, ma viene immanentizzata nella mente o resa presente alla mente grazie all’idea.
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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/la-dipendenza-dellidea-dalla-realta_27.html 
http://www.theologia.va/content/cultura/it/collegamenti/accademie-pontificie/teologia/path1.html 
http://www.cultura.va/content/dam/cultura/docs/pdf/accademie/path/2-2014.pdf 




26 giugno, 2019

Sacerdozio celibatario e sacerdozio coniugato

Sacerdozio celibatario e sacerdozio coniugato

Sta per aprirsi il Sinodo sull’Amazzonia e uno dei principali problemi che sarà esaminato sarà quello della scarsità di sacerdoti per queste vaste popolazioni tra le quali Cristo chiama ad una più ampia e migliore diffusione del Vangelo, accuratamente inculturato, tenendo conto delle peculiari qualità umane, religiose  e culturali di questa gente, finora pressoché ignorata dal mondo civile e vissuta ai margini della cultura e della civiltà internazionali; eppure dotata anch’essa da Dio e per suo merito di una sua storia, di sue proprie tradizioni, di una sua concezione della vita e dell’esistenza, e del rapporto dell’uomo con Dio e con la natura, e quindi di proprie ed originali qualità intellettuali e morali, che possono e devono dare il loro contributo all’edificazione della Chiesa e della società mondiale.
Stante questa situazione della cristianità amazzonica, da varie parti ci si chiede, al fine di favorire un’efficace diffusione della fede e della pratica cristiana  in modo consono alla mentalità di quei popoli o data la scarsità di sacerdoti celibatari, se non sia il caso di esaminare la possibilità o la convenienza o l’opportunità di istituire per l’evangelizzazione, il governo e la santificazione di quelle popolazioni, un sacerdozio coniugato. 

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23 giugno, 2019

Antichi e Moderni. Per una giusta lettura degli scritti di Tomas Tyn. In particolare la sua dottrina della Giustificazione



Antichi e Moderni.
Per una giusta lettura degli scritti di Tomas Tyn.
In particolare la sua dottrina della Giustificazione
Chi ha dimestichezza con gli scritti del Servo di Dio Padre Tomas Tyn, si sarà certamente accorto di come egli, soprattutto nelle sue opere di filosofia e teologia, faccia frequente uso di due categorie largamente adoperate dai tomisti preconciliari e non solo da loro, ma dallo stesso Magistero della Chiesa: gli «Antichi» e i «Moderni», guardando con ammirazione ed approvazione agli Antichi, e invece con disapprovazione e rifiuto ai «Moderni».  Che cosa intende dire esattamente Padre Tyn con questi appellativi? Occorre fare attenzione, perché c’è il rischio dell’equivoco, che intendo appunto dissipare in questo articolo.
Se qualcuno interpretasse questo linguaggio di Padre Tomas come se  fosse un segno di arretratezza o conservatorismo, sbaglierebbe di grosso e dimostrerebbe di fraintenderlo gravemente. Se infatti osserviamo attentante, nel contesto tyniano, a chi precisamente Tyn si riferisce, vedremo facilmente che gli Antichi sono i massimi filosofi greci, Socrate, Platone ed Aristotele, mentre i Moderni si assommano in quella che i discepoli di Cartesio hanno chiamato con tanta sicumera, insistenza e purtroppo capacità persuasiva «filosofia moderna» il sistema del loro maestro, sicchè sono riusciti ad imporre questa denominazione agli stessi storici della filosofia, spesso cartesiani essi stessi, sicchè oggi come oggi anche storici non cartesiani chiamano «filosofia moderna» il cartesianismo.
 
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La Scuola di Atene. Affresco di Raffaello Sanzio, databile al 1509-1511. E' situato nella Stanza della Segnatura, una delle quattro "Stanze Vaticane", poste all'interno dei Palazzi Apostolici.
(immagine da internet)

21 giugno, 2019

Caro confratello ...

Oggi intanto vi propongo questa lettera che il padre Giovanni Cavalcoli invia al giovane sacerdote tramite Duc in altum.
A.M.V.
https://www.aldomariavalli.it/2019/06/21/formazione-nei-seimanari-una-mail-per-le-testimonianze-e-una-lettera-di-padre-cavalcoli/ 

Caro confratello, sono un sacerdote domenicano anziano, docente emerito dal 2011 di teologia e metafisica nella Facoltà teologica di Bologna. Ho letto con viva partecipazione quanto tu hai raccontatao sul blog di Aldo Maria Valli.
Ciò che dici non mi stupisce, perché conferma tristi e frequenti fatti, dei quali ero già al corrente. La formazione sacerdotale è uno dei più gravi compiti del vescovo, perché è dal lavoro e dall’esempio di sacerdoti dotti e santi  che viene edificato il popolo di Dio, si diffonde il Vangelo nel mondo, si estende il regno di Dio sulla terra, ossia la Chiesa, si allontanano le tenebre dell’errore, si riformano i costumi degli uomini e si vincono i vizi e la corruzione.

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https://www.aldomariavalli.it/2019/06/21/formazione-nei-seimanari-una-mail-per-le-testimonianze-e-una-lettera-di-padre-cavalcoli/
https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/oggi-intanto-vi-propongo-questa-lettera.html
Papa Francesco a Napoli - 21-6-19

17 giugno, 2019

Può un Papa mentire? Sul caso Viganò

Può un Papa mentire?
Sul caso Viganò
La menzogna e l’eresia
Vatican Insider del 10 giugno scorso, in un articolo di Salvatore Cernuzio, dà notizia di un’intervista concessa da Mons.Viganò al Washington Post in quello stesso giorno. Riferisce Cernuzio: «L’ex rappresentante del Papa negli Usa si sofferma a lungo sulle dichiarazioni del Papa alla tv messicana Televisa, in cui affermava di non sapere nulla dei crimini di McCarrick, altrimenti avrebbe agito. Viganò – che afferma di essere stato proprio lui ad informare Bergoglio, nel 2013, delle malefatte dell’allora pastore di Washington - si dice “immensamente triste” per il fatto che Francesco “ha mentito palesemente al mondo intero”: “Come si può dimenticare tutto questo, specialmente un Papa?”».
Mons.Viganò, che era stato smentito dal Papa, torna a ribadire la sua accusa, peraltro confortata da una recente dichiarazione dell’ex-segretario di McCarrick. Chi dice la verità? La presunzione, penso, dovrebbe andare per il Papa. Ma non è impossibile che un Papa possa mentire, come invece è impossibile che possa essere eretico. 
Certo tanto l’eresia che la menzogna è un dire il falso o un negare il vero. Ma c’è una grande differenza, che mentre la menzogna riguarda dei fatti: si dà per avvenuto un fatto non avvenuto o viceversa – un’azione compiuta o non compiuta, un evento accaduto o non accaduto, una testimonianza resa o non resa, una situazione reale o fittizia, una frase pronunciata o non pronunciata e cose del genere -, l’eresia è un dare per verità di fede una proposizione falsa, che non è di fede o negare che sia di fede e dichiarare falsa una proposizione che è di fede. 

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Immagine da internet

15 giugno, 2019

Come si salvano gli embrioni?

Come si salvano gli embrioni?[1]

Come sappiamo dal Catechismo, «la grande misericordia di Dio, che vuol salvi tutti gli uomini, e la tenerezza di Gesù verso i bambini, che gli ha fatto dire: “lasciate che i bambini vengano a me e non glie lo impedite” (Mc 10,14), ci consentono di sperare che vi sia una via di salvezza per i bambini morti senza il Battesimo» (n.1261).

Questa dottrina del Catechismo abbandona evidentemente l’antica dottrina del limbo, la quale ebbe per molti secoli il permesso di circolazione all’interno della teologia cattolica, ma senza mai esser stata proclamata verità di fede e senza mai esser stata insegnata dal Magistero della Chiesa. Si trattava di una conclusione teologica, che serviva a capire quale poteva essere la sorte dei bambini morti senza Battesimo. Infatti, memori del fatto che Cristo dice esplicitamente che chi non crede e non è battezzato non si può salvare, non si vedeva come questi piccoli, che peraltro si supponeva esser macchiati dalla colpa originale, potessero andare in paradiso. 

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14 giugno, 2019

Salvini rispetta il Vangelo?

La politica confusa con la teologia


Da tempo si è diffusa l’esigenza che il dibattito teologico abbandoni l’astrattezza scolastica per immergersi nella concretezza del quotidiano, del mondo attuale e della storia moderna. E quale occasione migliore, quale locus theologicus più fecondo e concreto, quale segno della verità che nasce dalla prassi, quale più ricca sorgente di pastoralità, della politica, soprattutto poi se capita un evento così importante come le elezioni europee?

Mentre dunque un tempo i teologi, nei loro ristretti circoli specialistici, dibattevano, si occupavano e si preoccupavano di sottili questioni speculative o del rapporto fra il dogma e la metafisica ed eretici apparivano coloro che si opponevano al magistero pontificio ed ai decreti dei Concili in materia di fede  e di morale, capita oggi che vi siano dei politici che si assumono il ruolo di teologi e che vi siano teologi ritenuti all’avanguardia in questa teologia del concreto, i quali considerano come orizzonte proprio della teologia le idee che balzano alla ribalta nell’arena degli scontri politici e parlamentari. 




Mosaico del Cristo Pantocratore
nella Chiesa di Chora, Istanbul
(da internet)

11 giugno, 2019

La questione del desiderio di vedere Dio e la potenza obbedienziale Un testo di Tomas Tyn

La questione del desiderio di vedere Dio
e la potenza obbedienziale
Un testo di Tomas Tyn
Mia introduzione
Si può dire che l’istanza di fondo della Sacra Scrittura è il desiderio di vedere il volto di Dio, di vederlo «faccia o faccia», «così com’è» (I Gv 3,2). «Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così la mia anima anela a Te, o Dio» (Sal 42,2). «Inquietum cor nostrum – diceva S.Agostino – donec requiescat in Te».
Oggi invece gli spiriti sembrano per lo più divisi tra due opposti estremismi: tra il fideismo misericordista di coloro che, convinti di sperimentare Dio in modo ineffabile già da sempre nell’intimo della propria coscienza, non hanno altro interesse nei confronti di Dio che sperimentare la sua misericordia. 
....
Sul versante opposto troviamo gli atei e gli agnostici, ai quali Dio non interessa o non sanno se ci sia o non ci sia, perché o dubitano che esista o si dicono convinti che non esista e, per conseguenza, pensano di poter benissimo regolare la propria condotta  morale senza bisogno di ricevere ordini, magari per mezzo del Papa o di una cosiddetta «legge naturale», da un Dio che dal cielo dica loro che cosa devono fare. Se infatti così fosse, essi sentirebbero come conculcata la loro libertà.
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Mosaico 
Basilica di San Clemente 
in Roma

08 giugno, 2019

Il rapporto tra natura e grazia: distinzione senza separazione. Un testo di Tomas Tyn.

Il rapporto tra natura e grazia: distinzione senza separazione[1]
Un testo di Tomas Tyn
Mia introduzione
a) I termini del problema
Il rapporto tra natura e grazia corrisponde a quello che con la teologia scolastica medievale si cominciò a chiamare rapporto fra «ordine naturale» ed «ordine soprannaturale», sebbene l’espressione «soprannaturale» non si trovi nella Scrittura. Ma chiarissimo e importantissimo è il concetto espresso da quel termine: il mondo della grazia e dei «magnalia Dei», le opere del Signore, superiore al livello ontologico della creatura naturale, mondo misterioso, sconfinato e meraviglioso appartenente all’ambito del divino, che trascende la natura umana e le sue più alte aspirazioni naturali.
Il rapporto fra natura e grazia è simile altresì al rapporto fra la grazia e il libero arbitrio, in quanto potere della volontà, che è facoltà della natura umana. Al rapporto grazia-libero arbitrio potrebbe fare da pendant il rapporto rivelazione divina-ragione umana, sicchè, come l’azione della grazia sul libero arbitrio premuove la volontà dallo stato di peccato alla carità nell’opera della giustificazione, così similmente l’azione illuminante della grazia fa passare l’intelletto dall’incredulità alla fede, dalle tenebre alla luce, per usare un linguaggio giovanneo, sempre nell’opera della giustificazione.
La dinamica del rapporto della grazia con la natura è illustrata con chiarezza e  potenza espressiva nelle sue varie forme e modalità dalla teologia di S.Paolo, il quale mostra ...
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Battistero neoniano
Ravenna

03 giugno, 2019

Il parere del teologo e il giudizio del Magistero nelle questioni dottrinali

Il parere del teologo e il giudizio del Magistero
nelle questioni dottrinali
Communiter veritatem quaerere
Un faticoso ma fruttuoso cammino assieme
Il buon rapporto dei teologi col Magistero e soprattutto col Sommo Pontefice è una delle più alte ed utili attività che caratterizzano la Chiesa cattolica,  affinchè i fedeli «camminino nella verità» (cf 3 Gv 3) e sappiano quali e quante sono le verità di fede e sappiano difendersi dagli errori contrari, così come un organismo vivente ha bisogno di tutti gli organi vitali per poter vivere. Un Card.Kasper, che dice che non sappiamo quante sono le verità di fede, è come quel medico che dicesse di non sapere quanti sono gli organi vitali del corpo umano.
Questo certo non vuol dire che lo sappiamo con la stessa precisione con la quale sappiamo quanti sono i nostri denti, ma solo nel senso che esistono credenze, circa le quali non è tuttora chiaro se sono o non sono di fede. E per questo si discute fra teologi, perché si potrebbe, in linea di principio, giungere ad una duplice conclusione: o che non sono di fede; e allora possono essere abbandonate, come è successo per la credenza nel limbo. Oppure che possono essere elevate a dogma, come alcuni auspicherebbero per la dottrina della corredenzione di Maria.
Senonchè, però, a causa dell’umana fragilità e anche a volte della malizia, questo rapporto nei secoli tra teologi e Magistero non è sempre stato facile, e si è avuta anche la rottura con grave danno dei fedeli scandalizzati, confusi, divisi, sviati e indotti nell’errore e nel peccato.
A volte l’autorità è restata sorda agli appelli dei teologi. A volte sono stati loro a prendere l’iniziativa senza il permesso dell’autorità. I teologi faticano a sottomettersi. L’autorità tende ad imporsi. Oppure si dà anche il caso di una teologia ripetitiva o per pigrizia o perchè troppo bisognosa di sicurezza o paurosa della ricerca e del progresso. E d’altra parte si può dare un’autorità troppo permissiva, che si lascia prendere la mano dai teologi sovversivi.
 
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