Sacerdozio
celibatario e sacerdozio coniugato
Sta per
aprirsi il Sinodo sull’Amazzonia e uno dei principali problemi che sarà
esaminato sarà quello della scarsità di sacerdoti per queste vaste popolazioni
tra le quali Cristo chiama ad una più ampia e migliore diffusione del Vangelo,
accuratamente inculturato, tenendo conto delle peculiari qualità umane,
religiose e culturali di questa gente, finora
pressoché ignorata dal mondo civile e vissuta ai margini della cultura e della civiltà
internazionali; eppure dotata anch’essa da Dio e per suo merito di una sua
storia, di sue proprie tradizioni, di una sua concezione della vita e
dell’esistenza, e del rapporto dell’uomo con Dio e con la natura, e quindi di proprie
ed originali qualità intellettuali e morali, che possono e devono dare il loro contributo
all’edificazione della Chiesa e della società mondiale.
Stante
questa situazione della cristianità amazzonica, da varie parti ci si chiede, al
fine di favorire un’efficace diffusione della fede e della pratica cristiana in modo consono alla mentalità di quei popoli
o data la scarsità di sacerdoti celibatari, se non sia il caso di esaminare la
possibilità o la convenienza o l’opportunità di istituire per
l’evangelizzazione, il governo e la santificazione di quelle popolazioni, un sacerdozio
coniugato.
Occorre
infatti tener presente che nelle diverse culture dell’umanità, come per esempio
tra i buddisti, è apprezzata l’astinenza sessuale come segno di autodominio, di
autosufficienza, di libertà e di vicinanza alla divinità. In altre
culture, come quelle africane, il rapporto sessuale del maschio è apprezzato
come segno di bellezza, vitalità e buona salute, come attitudine al comando e
al governo della comunità, come energia generatrice della vita, mentre in
occidente, sotto l’influsso dello stesso cristianesimo, senza affatto
rinunciare all’ideale dell’astinenza sessuale per il regno dei cieli, si sta
facendo sempre più strada il concetto dell’unione sessuale coniugale come perfezione
del rapporto interpersonale sulla base di una reciprocità tra uomo e donna su piede
di uguaglianza di natura e dignità create e volute da Dio stesso ed anticipo della
futura resurrezione.
Rimane
inoltre nel cristianesimo luterano l’ideale del matrimonio anche per il ministro
del culto, ideale inteso come necessità naturale ed obbligo voluto da Dio, e rimedio
alla concupiscenza, altrimenti irresistibile. Per cui il luterano respinge i voti
religiosi, perché secondo lui l’ideale della verginità è cosa contro natura, oltre
che irrealizzabile, data la corruzione radicale della natura.
Sappiamo
come stanno le cose presso gli Ortodossi. In base a I Tm 3, 1-2, dove si dice
che il vescovo, per poter gestire in modo conveniente la diocesi, deve aver dato
prima buona prova di saper gestire una famiglia, ammettono che un uomo sposato
possa essere ordinato presbitero, mentre il vescovo è normalmente scelto tra i
monaci. Resta pertanto tra gli Ortodossi la stima per il voto di castità, anche
in modo esagerato, con una punta di origenismo, come è dato vedere nella Repubblica
monastica del Monte Athos, con sottinteso disprezzo per la donna.
Per poter giudicare
sul prete sposato o non sposato, occorre tener presente che la gestione di una
famiglia comporta vantaggi ed oneri: i primi consentono una notevole
affermazione delle virtù del coniuge. Suppone infatti che egli sia umanamente così
maturo e capace, da saper gestire convenientemente una realtà umana e sociale così
complessa come è la realtà familiare. Ora, questa cosa non è da tutti. Per
questo bisognerebbe che coloro che non sono adatti o capaci di edificare una realtà
del genere, vi rinunciassero.
Dato questo
stato di cose, la Chiesa ha sempre precisato che il celibato non è ad essentiam per quanto riguarda l’essenza
del sacramento dell’Ordine. Tuttavia, come è noto, fin dai primi secoli la Chiesa
latina ha sempre giudicato molto conveniente il sacerdozio celibatario, ma non
necessario alla sua validità.
Per questo,
presso noi Latini, la questione del sacerdozio sposato, per quanto tale tipo di
sacerdozio sia sempre stato e sia tuttora canonicamente escluso ad liceitatem, resta sempre nel contempo
legittimamente aperta. Tutt’altra questione è quella del sacerdozio femminile,
che invece dalla Chiesa occidentale ed orientale è assolutamente escluso come
invalido in nome della Rivelazione.
La Chiesa cattolica
non abbandonerà mai una stima preferenziale per il sacerdozio celibatario; ma non
è escluso che in un futuro, a certe condizioni e in certi luoghi, possa
ammettere, a fianco del sacerdozio celibatario sempre preferito, anche un sacerdozio
sposato. Tuttavia, può lasciare libera scelta fra l’uno e l’altro. Di per sè
potrebbe esistere anche un Papa sposato, come lo è stato Pietro, primo Papa.
Se
riflettiamo alla responsabilità che comporta il metter su famiglia, dobbiamo
osservare che tanti matrimoni falliscono perché i due si uniscono in modo improvvido
ed imprudente, mettendosi in un’impresa al di sopra delle loro forze, senza rendersi
conto di cosa li aspetta e senza avere le qualità e le forze sufficienti per affrontare
convenientemente gli impegni familiari.
Chi sceglie la
vita religiosa o il celibato sacerdotale non è perchè non sarebbe capace di
metter su famiglia. Se così fosse, non si tratterebbe di una vera vocazione. Farsi
religiosi o sacerdoti è abbracciare uno stato di vita più impegnativo. Se uno
non è capace del meno, non può pretendere di fare il più.
Se ad uno
viene in animo di rinunciare al matrimonio per il sacerdozio o la vita religiosa, non deve farlo perchè non trova
nessuna ragazza, ma perché lo stato matrimoniale non gli basta e vuol salire
più in alto. Un tempo nascevano vocazioni ecclesiastiche a 10 o 12 anni, le quali
spesso sono riuscite bene. Ma perchè? Perchè questi fanciulli erano ottimi,
cresciuti in un ottimo ambiente familiare e parrocchiale. Oggi che spesso i
genitori e i preti non sono buoni educatori, bisogna che il giovane sia aiutato
a scegliere tra i diversi stati di vita.
Per questo i formatori oggi devono essere molto
cauti nel giudicare. Se un giovane per esempio dice di amare la castità consacrata,
occorre vedere se questo amore è autentico oppure se si tratta d frigidità
sessuale o di rigorismo dualista o disprezzo per la donna.
D’altra
parte, la gestione di una famiglia, proprio perchè è una cosa molto seria,
soprattutto se la famiglia è numerosa, richiede dal coniuge, in nome della
carità, che comanda di amare anzitutto i propri familiari, se vuol fare il suo
dovere, che si ritagli una notevole fetta di tempo ed utilizzi una notevole
parte delle sue risorse morali e fisiche per occuparsi degli affari e dei
bisogni della famiglia. Il resto del tempo che gli rimane e delle sue
forze potrà dedicarlo al ministero
sacerdotale e pastorale.
Il
sacerdozio celibatario è più spirituale di quello sposato. Il celibato favorisce la libertà spirituale, un
più acuto senso del sacro, una maggiore intelligenza
delle cose celesti, un maggiore discernimento nei fenomeni spirituali, un più
ardente desiderio di Dio, una maggior apertura e disponibilità per il prossimo,
una maggior fortezza nelle prove, una maggior saggezza nella guida delle anime,
una più pura stima della donna. Il sacerdote celibe non avrà esperienza
concreta degli affetti coniugali e degli affari familiari. Tuttavia, ha una più
alta conoscenza teologica della nozione paolina del matrimonio come mistero di
salvezza, immagine dello sposalizio fra Cristo e la Chiesa (Ef 5,32).
Il prete
sposato invece sarà più capace di una pastorale familiare più concreta, dal
momento che conosce per esperienza quella che è l’intimità fra sposo e sposa,
l’educazione dei figli, nonché tutte le questioni connesse con la vita
familiare, vivendole giorno per giorno in prima persona.
Infine, una
ragione addotta da alcuni, che dovrebbe giustificare il sacerdozio sposato, è
che ciò porrebbe un freno al dilagare fra i preti della pedofilia e della sodomia.
Non concordo assolutamente con tale discorso, che mi pare di grande stoltezza e
del tutto ignorante su quella che è la vera realtà del problema della
corruzione sessuale dei preti. Non si tratta affatto di dare uno sbocco ad
un’energia sessuale repressa. Il matrimonio del prete, per esser degno della sua sacra missione, dev’essere ben altro che
un ripiego per dar soddisfazione ad un impulso sessuale morboso altrimenti irrefrenabile.
Non è sposandosi che quell’infelice prete
potrà liberarsi da quei vizi. Egli deve colpire il male alla radice, altrimenti
continuerà a praticare la pedofilia e la sodomia anche da sposato. Egli deve
vincere la lussuria. Questo è il problema. Deve vincere questa fame insaziabile
di piacere erotico, che mira solo a soddisfare se stessa, non importa quale sia
l’oggetto. Bisogna pertanto che questi preti si ricordino del dono ricevuto
oppure – cosa possibile per molti – se non sono stati ordinati validamente, che
pensino alla loro anima, e chiedano a Dio la forza di liberarsi, certi del soccorso
della divina misericordia.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato,
18 giugno 2019
Articolo pubblicato il 23 giugno 2019 : http://www.libertaepersona.org/wordpress/2019/06/sacerdozio-celibatario-e-sacerdozio-coniugato/
Articolo pubblicato il 25 agosto 2019 : http://www.libertaepersona.org/wordpress/2019/08/sacerdozio-celibatario-e-sacerdozio-coniugato-2/
Articolo pubblicato il 25 agosto 2019 : http://www.libertaepersona.org/wordpress/2019/08/sacerdozio-celibatario-e-sacerdozio-coniugato-2/
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