Il
persuadere come atto essenziale dell’evangelizzazione
Ogni sabato Paolo discuteva nella sinagoga
e
cercava di persuadere Giudei e Greci
At 18,4
Dobbiamo
persuadere gli uomini ad abbracciare la fede
Il
persuadere, nel campo dell’evangelizzazione, è l’attività dialettica o
dialogica o didattica (I Tm 3,16), detta «apologetica», con la quale il
predicatore, che è «dottore» (At 13,1), perché si tratta dimostrare delle
verità, mediante opportuni e ben studiati argomenti e l’esibizione di prove e
garanzie di credibilità, induce un altro ad assentire, dopo matura riflessione
e illuminato dalla grazia, alla verità del Vangelo.
Affine al
persuadere, secondo la Scrittura, è il convincere, che però comporta una
capacità più forte di far accogliere dall’altro le ragioni del credere e la
verità evangelica. Se uno è convinto, è persuaso, ma non è detto che chi è
persuaso sia convinto.
La
persuasione non è ancora la convinzione, ma la prepara. Essa infatti è per lo
più lo stato mentale dell’opinante. La convinzione, invece, è espressione della
certezza, che può essere certezza razionale, effetto dell’evidenza o della
dimostrazione o può arrivare alla certezza di fede[1].
Così la persuasione è per sua natura una adesione debole alla verità, mentre si
parla di convinzioni forti, salde, irremovibili. Chi è persuaso non è del tutto
convinto. Potrebbe fare marcia indietro. Eppure la persuasione è il primo passo
verso la certezza di ragione e di fede.
Dalla ragione
si sale alla fede. La fede, però, benché in sé stessa «non sia fondata sulla
sapienza umana, ma sulla potenza di Dio» (I Cor1,5), senza essere un sapere
razionale, è un «ossequio ragionevole (rationabile
obsequium)» (Rm 12,1), ossia in armonia con la ragione. La fede non può
essere preparata ed introdotta nella mente dell’uomo ragionevole da semplici
opinioni o persuasioni. Si parte da queste; ma la fede dev’essere introdotta da
argomenti razionali e storici certi. Occorre la convinzione.
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San Pietro e San Paolo Apostoli - immagine da internet