La pandemia
nel suo rapporto con la natura
Maledetto il suolo per causa tua!
Gen 3,17
A Sua Ecc.za Rev.ma
Mons. Enrico Solmi
Vescovo di Parma
La
natura madre e matrigna
Il Santo
Padre, sin dagli inizi del suo pontificato, ha sempre mostrato un grande
interesse per i rapporti dell’uomo con la natura nel piano di Dio. Così, soprattutto
nell’enciclica Laudato si’ ed anche nell’Esortazione postsinodale dopo il Sinodo
sull’Amazzonia, ha messo in luce tutti quegli aspetti della natura, che, per la
volontà originaria di Dio creatore, ce la rendono Madre amorosa, potente,
provvidente, meravigliosa, che ci mantiene in vita, i cui immensi benefìci e
risorse, valorizzabili dall’industria umana, sono destinati a tutti, natura
che distribuisce o cela in se stessa
sostanze medicinali o comunque trasformabili in medicine e farmaci dalla tecnica
umana, natura, dalla quale, nel rispetto delle sue leggi, il genio umano da
millenni ed anche oggi, grazie ai progressi della scienza, ricava sempre più
potenti energie per il bene e la salute dell’uomo, sempre nuovi e più avanzati
mezzi di comunicazione, di registrazione, di organizzazione, di calcolo, di
trasporto, di indagine dell’universo, di protezione, di difesa militare, e per
la creazione di sempre nuove opere d’arte.
Il Papa
aveva severamente e giustamente condannato uno sfruttamento indiscriminato,
disordinato, irrazionale ed illegale, per meri interessi economici egoistici, a
vantaggio di pochi e a danno di molti, delle risorse della natura, il suo
inquinamento a causa di una produzione industriale su larga scala irrispettosa
dei danni alla popolazione provocati dal mancato riciclaggio dei prodotti di
scarto ed eliminazione dei rifiuti tossici. È così che il Papa ha coniato la
nuova espressione «ecologia integrale», a designare quasi un nuovo settore
della morale.
In occasione
del recente Sinodo, nell’ambito della discussione circa le possibili forme di una
liturgia amazzonica, si era pensato da alcuni, seguendo il metodo
dell’inculturazione, da sempre seguìto dalla Chiesa, di utilizzare l’immagine
della dea Pachamama, ma naturalmente svestita
della sua divinità ed usata come immagine della Madre Terra in quanto creatura di Dio. Però,
purtroppo, come tutti sanno, si sono verificati atti e gesti sacrileghi di culto
idolatrico a Pachamama, condannati dal Papa.
Papa Francesco,
non da tutti compreso, o forse egli stesso non del tutto chiaro, ha bensì difeso
la figura di Pachamama, ma naturalmente non nel senso di minimamente approvare
un culto idolatrico, ma come sollecitazione ad utilizzare, applicando il principio dell’inculturazione, quella
immagine come simbolo della Madre Terra creata da Dio.
Così la Scrittura
utilizzò la dottrina babilonese degli angeli per ricavarne quella biblica, San
Paolo all’areopago utilizzò l’immagine del «dio ignoto» per annunciare Cristo; Gesù
nei primi secoli fu paragonato ad Orfeo, attrazione delle anime; S.Tommaso trasfigurò,
non senza aver ricevuto opposizioni, il concetto greco pagano di Dio per
annunciare il Dio cristiano, e allo stesso scopo Matteo Ricci nel sec.XVI utilizzò,
egli pure incompreso al suo tempo, l’immagine cinese del «cielo» e il Concilio
Vaticano II ha usato l’immagine di Allah per dire che anche i musulmani possono
adorare il vero Dio.
Tuttavia il Papa
fino a poco tempo fa non aveva toccato quasi per nulla il delicato tema e il
difficilissimo problema, che ha sempre tormentato l’uomo, dell’ostilità della
natura nei confronti dell’uomo, dei danni a volte terribili, gravissimi e
vastissimi, che gli vengono, magari inaspettatamente, indipendentemente da ogni
cattiva azione contro la natura e nonostante ogni buon volere.
Da
dove viene la pandemia?
Così il Papa
di recente ha detto, a proposto della pandemia, che «la natura non perdona». La
natura ha leggi inesorabili. Non fa sconti. Chi tocca i fili, muore. Essa obbedisce immancabilmente alla volontà di
Dio ordinatore della natura. La natura ci è di esempio di obbedienza a Dio.
Allora Dio ha voluto questa pandemia? Non facciamo una conclusione più ampia
delle premesse. Dio, ci insegna la Bibbia, non vuole la nostra sofferenza. Però,
siccome è giusto, vuole che la giustizia abbia il suo corso. Ora giustizia ha voluto,
e Dio aveva avvertito i nostri progenitori, che tutti fossimo puniti per il peccato
originale. Dunque la pandemia non l’ha voluta Dio, ma ce la siamo tirata addosso
noi con il peccato originale. Questa è la risposta della Bibbia. Se la accettiamo,
bene per noi e ci salveremo. Se invece ci riteniamo più intelligenti della
Bibbia, cerchiamo una risposta migliore.
Ma questa
stessa inflessibilità delle leggi fisiche, è anche per noi un motivo di
speranza, perché anche il coronavirus agisce secondo ben precise leggi di
natura, di causa ed effetto. Per questo, quando avremo capito bene da che cosa
è causato, quali sono le condizioni favorevoli o stimolanti del suo sorgere, come
agisce, come si diffonde, come si mantiene in essere, quali sono i suoi punti
deboli, allora potremo trovare i rimedi per eliminarlo o per difendercene.
Il Papa ha inoltre detto che «la natura si
vendica» contro coloro che la maltrattano. È vero. Tuttavia questa è un’espressione
metaforica. La natura non è un soggetto personale, dotato di ragione e volontà,
capace di far giustizia o di far valere intenzionalmente e volontariamente i suoi
diritti. La natura, certo, se non è impedita, ha delle reazioni
deterministiche, regolate da leggi inflessibili ed inesorabili. Ma nella sua reazione
aggressiva nei nostri confronti dobbiamo leggere, come ho detto e come la fede c’insegna,
un’occasione che Dio ci dà per far penitenza dei nostri peccati e convertirci a
Lui.
Bisogna prendere
tutto ciò che accade dalle mani di Dio. Questa é la saggezza che dà serenità. Dio
«fa piovere sui buoni e sui cattivi» (Mt 5,45). Le calamità naturali colpiscono
tanto i giusti che gli empi; i giusti perché diventino più giusti e gli empi,
perché si convertano, anche se purtroppo capita che certi empi, invece di
convertirsi, bestemmiano ancora di più (Ap 16, 21). Ma in questa vita capita
spesso che malfattori restino impuniti o siano risparmiati dalle sventure,
mentre i giusti siano perseguitati dalla cattiva sorte o siano ingiustamente
puniti. Tuttavia, Dio riparerà ai difetti della giustizia umana, punirà con l’inferno
i ricchi epuloni, ai quali quaggiù tutto è andato bene e premierà col paradiso i
vari Lazzaro e Giobbe, che hanno sopportato con pazienza senza perdere la fede.
La natura ci
parla, seppur severamente, a nome di Dio, quando i pastori tacciono e li
sostituisce. Ma non dovrebbe essere così. È quello che intende dire Gesù con le
parole: «Se questi taceranno, grideranno le pietre!». È vero che l’ascoltare un
severo richiamo non piace a nessuno, ma è salutare. Oggi Dio ci parla attraverso
il coronavirus. Dobbiamo saper vedere anche in ciò la voce di un Padre giusto e
misericordioso. I pastori dovrebbero avere questa parresia da veri profeti, nella
certezza di educare in tal modo il gregge alla fede e alla speranza, senza
temere la reazione rabbiosa o l’irrisione degli empi e dei mondani.
La
natura non è una dea mortifera
La natura non è, come nei miti pagani, una
persona divina, ma è una numerosissima e diversificatissima famiglia di enti
creati da Dio e sotto il suo governo. L’alternarsi della vita e della morte
nella natura non è il processo normale necessario della conservazione,
dell’evoluzione e della rigenerazione della natura. Se nel mondo della vita infraumana
valgono il principio mors tua vita mea
e il principio della selezione naturale, che lascia vivere solo i più forti, nel
mondo della società umana, dove ciò che conta non è l’insieme o il tutto
sociale, ma la singola persona, creata ad immagine di Dio, i forti hanno il
dovere, per quanto è possibile, di proteggere e curare i deboli.
È sconfortante che nell’attuale angoscioso
frangente della pandemia, dove gli anziani, cioè i più deboli sono maggiormente
a rischio, si sentano qua e là voci che, anziché ispirarsi a sentimenti di umana
pietà, riecheggiano le ciniche e lugubri tesi di Darwin, il beniamino degli
egoisti e degli sfruttatori. È chiaro d’altra parte che il singolo, che gode
buona salute, deve servire il bene comune e che il bene comune prevale sul
privato quando questo è di danno al bene comune. Ma bene comune vuol dire
prestare attenzione soprattutto ai più poveri e ai più deboli, come non si
stanca di ricordare il Papa.
La sofferenza e la morte, secondo la Scrittura,
non sono un prodotto essenziale e necessario della natura per la sua vita e
rigenerazione, ma al contrario sono una iattura e una corruzione della natura.
La natura non vuole la morte, come non la vuole Dio creatore della natura. La morte
e la sofferenza le ripugnano ed essa lotta contro di esse. Sono un male che le
viene dal di fuori e precisamente dal peccato prima dell’angelo e poi per istigazione
del diavolo, viene dal peccato dell’uomo, è l’effetto del peccato ed «è entrata
nel mondo per invidia del diavolo» (Sap 2,24).
È
possibile dunque ed è doveroso lottare contro la sofferenza e la morte. Ma il
rimedio radicale è togliere il peccato. E il peccato si toglie accettando in
Cristo la sofferenza e la morte. Tolto il peccato, si toglie la sofferenza, se
non subito, certamente nella vita futura, anche se è vero che la sofferenza va
affrontata di petto con adeguati rimedi, come per esempio la medicina.
Leggi
fisiche e leggi morali.
È importante, per chiarire il nostro tema,
riflettere brevemente sul significato delle leggi di natura. La natura non è un
ammasso casuale o caotico di cose affastellate tra di loro, ma è un insieme
innumerevole di oggetti di svariatissime dimensioni e qualità ben ordinati e collegati
tra di loro secondo leggi fisse ed infallibili, stabilite dal Creatore. Ed anche
i processi di corruzione e i fatti patologici o degenerativi come quelli dei
cadaveri o dei rifiuti avvengono secondo ben precise leggi.
Tutte le leggi della natura si possono
raccogliere attorno a due vastissimi generi: leggi che regolano le attività
naturali infraumane e leggi che regolano la condotta umana. Le prime sono le leggi
fisiche o di natura; le seconde sono dette leggi morali naturali. E queste
regolano la condotta umana non solo in se stessa, nei rapporti sociali e verso Dio,
ma anche verso la natura e le sue leggi. Ecco l’ecologia.
La legge morale nel campo della salute fisica
e psichica ordina il rispetto delle leggi della vita psicofisica dell’uomo. Il
mancato rispetto di queste leggi provoca la corruzione della vita psicofisica.
La legge morale nel campo della vita spirituale custodisce la salute
psicofisica in un saggio rapporto con la natura ed in più innalza la vita psicofisica
al conseguimento di fini naturali e soprannaturali della vita umana.
Per poter comandare
alla natura, come diceva Galileo, bisogna prima obbedirle. L’uomo non
impone leggi alla natura, ma è lei che impone sue leggi all’uomo. Infatti sia le
leggi che governano la natura cosmica, che quelle che regolano la natura umana,
ossia le leggi morali, sono state ideate da Dio con sapientissimo disegno, affinché
l’uomo armonizzasse con l’universo e l’universo con l’uomo.
L’attuale contrasto
fra la natura e l’uomo, una natura ostile all’uomo e un uomo che offende la natura,
non sono affatto cose volute da Dio, non rientravano affatto nel piano
originario della creazione, ma sono, come ci narra la Bibbia (Gen 3, 17-19) l’effetto
e il castigo del peccato originale. Esso, infatti, mettendo l’uomo contro Dio,
ha spezzato tutti i rapporti e i legami che nell’Eden venivano a formare un’esistenza
unitaria, sanissima e armoniosa a tutti i livelli, in tutte le sue dimensioni,
in tutte le sue forze, in tutti i suoi aspetti. Il peccato ha messo l’uomo contro
se stesso, ha messo l’anima contro il corpo, l’intelletto contro la volontà,
l’intelletto contro il senso, la passione contro la volontà, l’uomo contro la donna,
il singolo contro la società e l’uomo contro la natura.
La natura ferita e decaduta a seguito del peccato
è venuta quindi ad essere dissestata nell’organismo delle sue leggi, le quali
non favoriscono più il benessere, ma causano una sofferenza penale («spine e cardi»
Gen 3,18), sempre comunque sotto la moderazione della divina misericordia.
Certo anche il coronavirus agisce secondo leggi stabilite da Dio. Ma proprio
questo fatto, come ho detto, è ciò che, sotto la guida di Dio, consentirà alla
scienza, conoscendo queste leggi, di sconfiggere il coronavirus.
E Cristo, dal canto suo, con la sua
redenzione e il suo sacrificio, restaura tutti i rapporti, cominciando col
riconciliare l’uomo con Dio, e ricomponendo quindi l’armonia tra l’uomo e la
natura.
Non solo, ma Cristo ha innalzato l’uomo e la
natura ad una dignità superiore a quella edenica. Non solo infatti l’uomo
riacquista l’immortalità perduta col peccato, ma l’intera natura infraumana è
liberata dalla morte, mentre nell’Eden vigeva la legge, per questa natura, mors tua vita mea. Infatti, i viventi inferiori
costituivano il cibo dell’uomo (Gen 1,29); ma nel mondo dei risorti l’uomo non
ha più bisogno di restaurare le forze col cibo, possedendo un’immortalità
ancora più elevata di quella edenica. Tutto il mondo infraumano parteciperà
dell’immortalità dell’uomo in una vita di pacifica comunione universale, libera
da qualunque contrasto o conflittualità, espressa dal profeta Isaia con
l’immagine del leone che convivrà con l’agnello (Is 65,25).
L’etica
naturale e soprattutto quella evangelica insegnano che l’agire morale dell’uomo,
mediante il saggio uso della ragione e del libero arbitrio, sostenuti dalla
grazia, dev’essere conforme al dettame della legge morale naturale. La
disobbedienza a questa legge causa nell’uomo il fallimento della vita, ossia la
frustrazione del conseguimento dei fini della natura umana e del fine ultimo,
Dio, e quindi una falsa libertà e una falsa felicità, che conducono alla
dannazione eterna.
Dominio
sulla natura, comunione con la natura
L’ordine razionale della natura corrisponde
all’ordine della razionalità umana. È vero, come si era accorto Kant, attento
studioso della natura, che la ragione umana mediante la scienza fisica ritrova
se stessa nello scoprire la razionalità fenomenica e matematica della natura.
Secondo Kant, però, l’uomo interroga la natura non per imparare da essa, ma per
obbligarla a rispondere su ciò che egli già sa a priori sulle leggi della
natura.
Ora, è vera invece l’una e l’altra cosa. La
prima cosa corrisponde alla fisica teorica; la seconda ai bisogni della
tecnica. In Kant emerge ancor più che in Cartesio e Leibniz quella pretesa
razionalistica ed idealista e quella scarsa umiltà, che toglie alla natura i suoi
misteri e la riduce a un semplice campo di esercizio del potere dell’uomo
occidentale, abbandonando quella saggezza medioevale cristiana, vorremmo dire
francescana, che portava all’ammirazione e alla contemplazione della natura per
amor di Dio. Per la verità, si salva qualcosa di questo nell’estetica di Kant,
con l’ammirazione per il «sublime»[1].
Ma l’elevazione a Dio sembra essere assente.
Ma dopo Kant arriverà Fichte, il quale, tutto
preso dall’istanza del dominio dello spirito sulla materia, non vede più nella
natura che il termine dell’applicazione dello sforzo umano dell’autorealizzazione.
Con Schelling la natura torna ad essere sovrana, ma in una visione panteistica
e monista, dove il soggetto-oggetto, spirito-materia, vita-morte, finito-infinito,
mito e logos, libertà e necessità, umano e divino si fondono e si identificano in
un’unica Totalità o Natura divina.
Convergono in Schelling la Sostanza unica di
Spinoza, fatta di pensiero e di estensione, oggetto dell’amor Dei intellectualis e il Dio-Mondo di Giordano Bruno, bollente
crogiolo delle potenze magiche, meta degli eroici furori. Se Spinoza, Bruno e
Schelling avessero conosciuto Pachamama, non avrebbero mancato di farne le lodi
e di integrarla nel loro sistema.
In Hegel la natura è l’autoalienazione
dell’Idea nel mondo. Ma questo a sua volta è necessario all’Idea come opposto
dal quale l’Idea torna a se stessa. Ricordiamoci infatti che per Hegel l’essere
è circolare e riflesso, cioè è Spirito. Ciò vuol dire che è dialettico; il
punto di arrivo coincide col punto di partenza.
Dalla vita viene la morte e dalla morte viene la vita. Dal bene viene il
male e dal male viene il bene. Dunque vita e morte, bene e male sono inseparabili,
al contrario del cristianesimo, che propugna e prevede il trionfo della vita e
del bene.
Dice infatti Hegel: «L’Idea, dalla sua immediatezza
ed esteriorità, che è la morte» - cioè la natura -, «torna in sé, per essere
dapprima il vivente» - dalla morte alla vita - «e poi supera anche questa
determinatezza, nella quale è soltanto vita e si produce nell’esistenza dello
Spirito, che è la Verità e lo scopo finale della natura ed è la vera realtà dell’Idea».
L’Idea nega se stessa come natura, ossia come mortale. Ma nella morte c’è
ancora l’Idea, seppure alienata. Dunque affinché l’Idea sia se stessa, deve
tornare a se stessa. Ecco allora il passaggio dialettico dalla morte alla vita.
Eppure, bisogna dire che l’uomo, col pretesto
di essere signore della natura, non ha il diritto di manipolare o plasmare la
natura con mezzi tecnici a suo piacimento senza il rispetto della legge morale
naturale, perché questo produce la morte. Ma qui non c’è processo dialettico che
tenga. Se gli giunge la morte, la morte resta morte, se non giunge la Vita a
togliere la morte. E per sempre.
Occorre ricordare infatti che la natura
umana, benché animata da un’anima spirituale che la rende signora della natura
cosmica e del mondo infraumano, fa parte, nella sua dimensione materiale, della
natura cosmica ed è soggetta alle sue leggi, per cui, per mantenersi in salute,
e non incontrare la morte, ha l’obbligo di obbedire alle leggi della natura cosmica
e della sua natura.
Mediante il progresso della scienza e della
tecnica e quindi il progresso della medicina, l’uomo, è capace di utilizzare le
leggi della natura per scongiurare o quanto meno limitare sempre di più i danni
o distruggere le forze ostili che gli vengono dalla natura.
Su questo processo di liberazione umana, a
consacrarlo, incoraggiarlo, confermarlo e potenziarlo interviene e s’innesta la
grazia di Cristo, la quale, per l’intercessione di Maria SS.ma, nel momento in
cui sostiene gli eroismi di coloro che sono in prima linea nelle cure
sanitarie, illumina i ricercatori, rende vigili e operosi i sani, dona zelo ai pastori,
saggezza ai governanti, pazienza e speranza ai sofferenti, risana i malati, consola
i morenti, dona la pace ai morti, purifica i penitenti, ammonisce i
peccatori, a tutti offre salvezza e
misericordia.
P.Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 2 aprile 2020
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