Articoli e testi di P.Giovanni Cavalcoli

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P.Tomas Tyn

Testi di P. Tomas Tyn, OP

31 luglio, 2020

Un miliardo e 800mila persone candidate all’inferno (Seconda ed ultima parte)

Un miliardo e 800mila persone candidate all’inferno

Dio onnipotente vuol salvare tutti gli uomini senza eccezione,
ma non tutti si salvano
 
Concilio di Quierzy dell’853
  
Seconda ed Ultima Parte

L’aggressività islamica

Il sorgere della religione islamica è stato come il dilagare improvviso di un tremendo tsunami o il rapido ed inarrestabile diffondersi di un’epidemia in modo simile a quanto è successo col covid-19. La cristianità si è sentita improvvisante aggredita e spaventata da folle crescenti e ben armate di esaltati seguaci di Maometto, che imponevano la loro religione con la forza e col terrore, sulla base di argomenti seducenti e speciosi, atti a soddisfare, sotto la copertura della religione, desideri terreni e brame di conquista e di dominio politici. 

Qual era il segreto di Maometto per generare attorno a sè seguaci così convinti, decisi ed aggressivi? Egli fu uno straordinario creatore di certezza religiosa indotta non sulla base di fatti o argomenti oggettivi, come è il metodo della religione cristiana, ma su di un atto di volontà o decisione assoluta, ostinata ed irremovibile.

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Papa Francesco - Viaggio in Marocco (2019) 

30 luglio, 2020

Un miliardo e 800mila persone candidate all’inferno (Prima Parte)

Un miliardo e 800mila persone candidate all’inferno

Dio onnipotente vuol salvare tutti gli uomini senza eccezione,
ma non tutti si salvano
Concilio di Quierzy dell’853

Prima Parte (1 di 2)

Una dolorosa spaccatura nella Chiesa

La Chiesa, benché resti sempre in sé stessa una e santa per essenza, tuttavia è lordata ed invasa da una tale quantità di peccatori ed eretici, che di fatto si trova oggi dolorosamente lacerata fra due partiti contrapposti: i buonisti, che sostengono che l’inferno non esiste e che tutti si salvano, e gli anticonciliari, i quali sostengono che i musulmani vanno all’inferno. 

I buonisti si considerano la Chiesa del progresso, preparatori di una «svolta epocale» e illuminati da un «nuovo paradigma». Sostengono che la modernità va accolta in toto e senza riserve. Scagionano i modernisti condannati da San Pio X, considerano il Concilio Vaticano II troppo conservatore e si ispirano alla riforma luterana.

Gli anticonciliari, all’opposto, si considerano la Chiesa della tradizione, dei valori «non negoziabili» e della Messa «di sempre». Respingono in blocco la «modernità». Vorrebbero tornare alla Chiesa di Pio XII e vogliono annullare come false le dottrine innovatrici del Concilio Vaticano II. 

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25 luglio, 2020

Luigino abolisce la colpa

Luigino abolisce la colpa

Che cosa ha combinato Luigino questa volta

Il mio peccato mi sta sempre dinnanzi
Sal 50,5

Luigino Bruni si è rifatto vivo nel numero di Avvenire del 19 luglio scorso con l’articolo È Dio, quindi mi somiglia col sottotitolo Non siamo amati perché senza colpa, ma perché siamo amati-e-basta, con una citazione di Bonhöffer: «saremo chiamati nuovamente a pronunciare la parola di Dio in modo che il mondo ne sarà cambiato e rinnovato. Sarà un linguaggio nuovo, forse completamente non religioso» e con un ammonimento-esergo: «la cultura della colpa e del sacrificio nasconde molte insidie».

Ce n’è abbastanza per un denso commento su temi di grande importanza. Sappiamo ormai come è fatto Luigino: parte con buoni pensieri attorno a qualche Salmo e poi improvvisamente dà una brusca virata guastando tutto quello che ha detto fino a quel punto con controsensi teologici, che sconfinano nella bestemmia. È già la sesta volta che nello spazio di due mesi Avvenire pubblica le sue bravate, con grave danno al suo prestigio di quotidiano cattolico e mettendo a dura prova i lettori, che smettono di comprare il giornale.

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21 luglio, 2020

Nota sull’infallibilità pontificia

Nota sull’infallibilità pontificia


In occasione del 150° anniversario della proclamazione del dogma dell’infallibilità pontificia al Concilio Vaticano I, ho pensato che possa essere utile per i lettori questa nota sul significato di questo dogma ispirandomi all’insegnamento di Giovanni Paolo II, il quale ha spiegato il senso e i limiti dell’infallibilità nell’udienza generale del 24 marzo 1993

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19 luglio, 2020

A Dio per mezzo del Corano

A Dio per mezzo del Corano

Il cammino spirituale di Silvia Aisha Romano

Troverai Dio se lo cerchi con tutto il cuore
Dt 4,29

Aisha concorda col Concilio

Nel sito La voce che illumina è recentemente apparsa un’intervista di Davide Piccardo ad Aisha Silvia Romano dal titolo «Silvia Romano si racconta per la prima volta: mi son chiesta perché a me e ho trovato Dio».

È interessante che Aisha non usa il termine «Allàh», ma usa il termine «Dio». Del resto, il termine Allàh è legato al termine ebraico El, che significa appunto «Dio». Ciò ci ricorda la dottrina del Concilio Vaticano II, il quale insegna che anche i musulmani adorano il vero ed unico Dio. Dice infatti il Concilio: 

«il disegno della salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in primo luogo i musulmani, i quali, professando di tenere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno finale»[1]

Ancora il Concilio: 

«La Chiesa guarda con stima anche i musulmani, che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano anche di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti nascosti di Dio, come si è sottomesso Abramo. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano però come profeta: onorano la sua madre vergine Maria e talvolta pure la invocano con venerazione. Inoltre attendono il giorno del giudizio quando Dio onnipotente ricompenserà tutti gli uomini risuscitati. Così pure essi hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio  soprattutto con la preghiera, l’elemosina e il digiuno»[2].

Abbiamo qui una visione solamente positiva, che non accenna agli errori e ai contrasti col cristianesimo. Così similmente Aisha riprende gli stessi temi del Concilio senza polemizzare col cristianesimo. Il discorso sull’Islam quindi resta incompleto, perché gli errori sono taciuti sia nel Concilio che in questa intervista ad Aisha ed in molte altre occasioni negli ambienti modernisti.   


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16 luglio, 2020

L'essere delle creature è un dono ed è un dono gratuito.

L'essere delle creature è un dono ed è un dono gratuito.

Padre Tomas Tyn, OP 

(Brani tratti dalle Conferenze/Lezioni: Creazione e conservazione II - 1989)
Allora teniamo fermo questo. La mentalità antica è quella che si dice in termini filosofici mentalità essenzialistica. Essa è opposta alla mentalità esistenzialistica, come l’essenza è opposta all’esistenza. Mentalità antica, mentalità essenzialistica. Ovvero le essenze fondano sé stesse. Il mondo così come è, non può non esserci nè può essere diverso da come è. Mentalità, ripeto, pagana. 

Invece la mentalità cristiana, alla luce dell'essere puro, - dell'esistere, dell’exsistere, cioè di essere, di emergere dal nulla - dice che le cose emergono dal nulla, non perché hanno diritto ad emergere, no, ma perchè c'è una causa creatrice che conferisce a loro quell'essere che solo la causa possiede nella sua essenza.

Invece tutte le altre essenze hanno quell'essere come dono che viene dal di fuori. Da qui la differenza tra essenza finita ed essenza infinita. 

L'essenza infinita è quell’essenza che si identifica con lo stesso essere. Le essenze finite sono quelle essenze che non sono l'essere, ma ricevono l'essere, hanno l'essere, si rivestono dell'essere, ma lo ricevono come un qualche cosa di estrinseco; non hanno cioè in sé stesse il motivo sufficiente del loro esserci.

In altre parole, per dirlo in modo più popolare, l'essere delle creature è un dono ed è un dono gratuito, cioè le creature non possono fare un sindacato, andare dal Padre eterno e, quelle che non ci sono, dirGli: noi abbiamo diritto all'essere. 

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Michelangelo - Il Creatore

12 luglio, 2020

Dialogo fra un Vescovo buonista e un covid-19

Dialogo fra un Vescovo buonista e un covid-19

V=Vescovo C=covid

Un muto giumento, con voce umana,
    impedì la demenza del profeta
II Pt 2,16

C - Buongiorno, Eccellenza!
V – Mio Dio! Chi sei?
C – Sono un covid!
V – Un… che cosa?
C – Un covid, Eccellenza, un covid-19, uno dei miliardi di covid che stiamo scorrazzando nel mondo con la pandemia.
V – Ah, birbaccione maledetto! Ma come fai ad essere così voluminoso? Mi sembri il mappamondo di un istituto di astronomia.
C – La Provvidenza mi ha ingrandito 150.000 volte per potermi rendere visibile ai suoi occhi.
V – Oh, no, mio Dio, devo esser soggetto ad un’allucinazione!
C – Niente affatto, Eccellenza, sono un ente reale: mi tocchi e vedrà.
V – No! Che schifo! Ma come mai parli?
C – Ricorda il racconto biblico dell’asina di Balaam?
V – Certo.

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10 luglio, 2020

Gratitudine a San Tommaso

Gratitudine a San Tommaso[1]

Iustum deduxit Dominus per vias rectas
 Sap 1,10
                        Misericordias Domini in aeternum cantabo
Sal 88,2                    
         Fecit mihi magna qui potens est
                                                                  Lc 1,49

La prova decisiva della mia vita

Il parlare di sé, come tale, non è esibizionismo o narcisismo, purchè non parliamo tanto di quello che abbiamo fatto noi, quanto piuttosto di ciò che Dio ha fatto in noi e servendosi di noi, nonostante i nostri peccati e le nostre disobbedienze a Lui. È questo lo spirito che voglio assumere e il metodo che voglio seguire accingendomi a ricordare alcuni fatti importanti della mia vita. Se un poveraccio ha ricevuto una grossa eredità da un ricco signore, da distribuire ai poveri, che farà? Non dovrà proclamarlo con gioia a tutti sui tetti?

Ormai al termine della mia vita, guardando al mio passato di cattolico, mi accorgo con gratitudine a Dio, d’aver percorso sin dalla fanciullezza le vie del Signore in un continuo avanzamento fino ad oggi. Un impulso decisivo lo ricevetti a 16 anni nel 1958 dall’incontro con un santo sacerdote, Don Giovanni Buzzoni, mio  insegnante di religione al liceo classico e poi mio confessore. Pativo una profonda crisi di certezza, essendo stato avvelenato dallo scetticismo soggettivista cartesiano, dall’esistenzialismo ateo e dallo storicismo crociano.

Soprattutto l’incontro con Cartesio al liceo provocò in me un angoscioso dubbio circa la veridicità dell’esperienza sensibile, e quindi l’esistenza e la verità della stessa realtà esterna così come si presentava al mio intelletto, un dubbio atroce, che in precedenza non mi era mai venuto in mente: le nostre percezioni sensibili corrispondono a cose esterne fuori di noi? 

Come esserne certi? Cartesio  provoca artificialmente il dubbio, ma in realtà non lo risolve affatto col suo famoso cogito, il quale è piuttosto un’innaturale e forzata contorsione del pensiero su se stesso[2]. In fondo la gnoseologia e la metafisica cartesiana non sono che una ripresa e dell’antica sofistica greca: l’essere è ciò che appare a me e ciò mi fa comodo, perché così faccio quel che mi pare, senza dover render conto a nessuno.

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Pala del Guercino (Basilica San Domenico di Bologna) - S.Tommaso d'Acquino
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09 luglio, 2020

A Luigino piace la sete

A Luigino piace la sete

Luigino ne ha combinata un’altra delle sue

Su Avvenire del 5 luglio scorso è tornato in gran forma Luigino Bruni col suo articolo La beatitudine della sete. Luigino finge un incontro fra il suo io da ragazzo assetato di Dio e il suo io adulto, ancora assetato di Dio, ma carico di tante impurità accumulate nel corso della vita e quasi irriconoscibile da parte del ragazzo.

Eppure Luigino adulto non si perde d’animo: vuol ritrovare quel ragazzo innocente, vuol farsi da lui riconoscere, nonostante «la sua pelle imbrunita dal sole del deserto, la polvere accumulata nel cammino, le ferite di cui soffre, sue e del prossimo». 

Eppure Luigino si sente ancora più che mai come la cerva del Salmo 42-43, Salmo che si ferma a commentare nei seguenti versetti: «come la cerva anela ai corsi d’acqua, così la mia anima anela a Te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: “dov’è il tuo Dio?”» (v. 1-2).

Tuttavia, secondo Luigino, «la sete di questa cerva non è la sete buona di chi sta arrivando all’acqua. È la sete di chi vaga nel deserto cercando l’acqua in un’oasi sconosciuta in altri attraversamenti e che ora si è seccata. Quindi geme, anela, grida, urla per una sete che non può estinguere perché l’acqua non c’è».

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08 luglio, 2020

Le opinioni del Papa (Seconda ed ultima parte)

Le opinioni del Papa

Seconda ed utima Parte

L’insegnamento di San Giovanni XXIII

Fondamento della tesi del Papa, sembrano essere le famose parole di S.Giovanni XXIII, nel discorso inaugurale del Concilio «Gaudet mater Ecclesia» dell’11 ottobre 1962, dove il Santo Pontefice parla del fatto che oggi la Chiesa «preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che le armi della severità» (potius quam arma severitatis)[1], mentre Papa Francesco, almeno nella versione di Tornielli, le cambia a questo modo: «San Giovanni XXIII disse che la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di abbracciare le armi del rigore»[2].

Queste parole cambiano il testo di Papa Giovanni, dove non c’è nessun «invece», che dà l’impressione che la misericordia sostituisca la severità, anziché accompagnarla o stare assieme con lei, seppure ad un livello superiore, il che è invece il senso delle parole autentiche di Papa Giovanni. Invece questi non accantona e non esclude affatto la severità, ma la mantiene, seppure al di sotto della misericordia. Infatti nel testo giovanneo non c’è un «invece», ma un «piuttosto che», il che è ben diverso.

Papa Francesco, invece, sembra restare frastornato dal fantasma delle «armi», fatte per uccidere. Non coglie il fatto che anche la severità è una medicina fatta per guarire. Si tratta dunque del castigo correttivo, strumento pedagogico ed educativo indispensabile ad ogni educatore, sia nella pedagogia umana come nella pedagogia divina.

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07 luglio, 2020

Le opinioni del Papa (Prima parte)

Le opinioni del Papa

Prima parte

I.                   Le interviste giornalistiche non fanno magistero

È cosa evidente e comprensibile che ad un Papa, trattando in maniera improvvisata, soprattutto con privati e non con autorità ecclesiastiche o coram populo Dei di argomenti che toccano la fede o i costumi, sia lecito parlare a ruota libera, esprimendo sue private opinioni o sentimenti del momento o particolari influssi culturali orecchiati e quindi non fruendo del munus dottrinale petrino, ossia di quella infallibilità della quale fa uso quando come Successore di Pietro intende, nel suo magistero ordinario, insegnare pubblicamente alla Chiesa universale la dottrina della fede. 

Chi dunque registra e diffonde le parole del Papa, anche se lo fa col consenso del Papa, ma lo fa solo come persona privata, per quanto possa essere un famoso giornalista accreditato in Vaticano, quindi senza mandato pontificio o autorità apostolica, come potrebbe averla un Vescovo o un Cardinale, rappresentante ufficiale del Papa, soprattutto se della Santa Sede, lo fa evidentemente senza autorità apostolica, ma solo come persona privata, per quanto si sforzi di riferire fedelmente ciò che ha detto il Papa. Ma la firma di quel che dice è solo la sua, non è quella del Papa o di un suo rappresentane o incaricato ufficiale.

 Quindi anche il nome «Francesco», che Tornielli ha messo in alto nella copertina del suo libro, come se il Papa fosse l’autore del libro, è fuorviante. L’autore non è il Papa; l’autore è Tornelli. Non rischiamo di mettere Tornielli tra i documenti pontifici. È vero che sotto, in piccolo, si dice: «una conversazione con Andrea Tornielli». Ma questo doveva apparire in grande come titolo del libro e, se si fosse stati chiari, il libro avrebbe dovuto intitolarsi così: «Il Papa parla con Andrea Tornielli», oppure: «Il Papa secondo Tornielli». 

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04 luglio, 2020

La rabbia contro Dio

La rabbia contro Dio

I deliri di alcuni Gesuiti sudamericani

Gli uomini bruciarono per il terribile calore
                                                                      e bestemmiarono il nome di Dio
                                                                   che ha in suo potere tali flagelli,
            invece di ravvedersi per rendergli omaggio
Ap 16,9

Il Dio cattivo che castiga sostituito dal Dio
il cui Corpo è la Natura, Madre buona

Lo scrittore cattolico Josè Antonio Ureta nel Sito Fatima oggi del 1° luglio scorso ha pubblicato un articolo dal titolo Coronavirus: i gesuiti dell’America Latina approfittano della crisi per apostatare dal vero Dio. Egli fa questa grave accusa – cito dall’Autore - alla «rivista Aurora, lanciata dalla Conferenza dei Provinciali in America Latina e Caribe all’inizio dell’epidemia e che ha già pubblicato quattro numeri, con articoli di religiosi della Compagnia e di laici legati ad essa».  

Ureta riferisce che Padre Ignacio Blasco S.J. nel suo articolo intitolato: “Dove chiama Dio nella pandemia?” propone di sostituire la concezione di un Dio che punisce con quella di un Dio essenzialmente unito alla Madre Natura, che sarebbe il Corpo di Dio, Madre benefica e non punitiva, se non siamo noi ad offenderla.   Dio quindi non punisce, ma punisce la Madre Natura. Al timor di Dio sostituisce il timore reverenziale della Natura.

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Foresta amazzonica 
(Brasile)

 Fiume Giordano (Terra Santa)




                               San Giovanni Battista








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02 luglio, 2020

Luigino si prende gioco di noi

Luigino si prende gioco di noi

I.  Avvenire non demorde

Avvenire insiste ancora con Luigino. È giusto del 28 giugno scorso il suo articolo La sapienza del gomitolo. Sembrerebbe che Avvenire si sia accorto dei miei quattro articoli su Luigino Bruni e voglia in certo senso sfidarmi, senza accorgersi che il prendersela con me o il provocarmi, non è contrastare le semplici opinioni di Padre Cavalcoli, ma va a colpire quella sana ragione e soprattutto quella dottrina della Chiesa, alla quale faccio riferimento nelle mie critiche a Luigino.  

Questo aperto ed insensato insistere di Avvenire nel voler denominarsi «cattolico» pubblicando articoli che scalzano il cattolicesimo e la razionalità dalle radici, è stupefacente ed è ad un tempo ridicolo. 

Sembrerebbe a tutta prima l’effetto di un disturbo mentale di tipo masochistico o autolesionista. Ma è un procedere troppo bene calcolato, dosato ed organizzato per essere spiegato solo con la psicopatologia. Risponde invece certamente a un programma e ad un piano collettivo segreto anticattolico ben preciso e a lungo termine: avvelenare gradualmente e dolcemente la coscienza cattolica con favole e frottole pseudobibliche ben congeniate, rammollirne la sua solidità e saldezza, fino a farla diventare gelatinosa, così da poter essere facilmente manipolabile dall’impostura, fino a farla diventare il suo esatto contrario: la totale empietà e l’odio per Dio. 

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Allegoria della Sapienza - Andrea Fantoni (Bergamo


Il paradiso - Beato Angelico