Un miliardo
e 800mila persone candidate all’inferno
Dio
onnipotente vuol salvare tutti gli uomini senza eccezione,
ma non tutti si salvano
Concilio di Quierzy dell’853
Seconda ed Ultima Parte
L’aggressività
islamica
Il sorgere della religione islamica è stato
come il dilagare improvviso di un tremendo tsunami o il rapido ed inarrestabile
diffondersi di un’epidemia in modo simile a quanto è successo col covid-19. La cristianità
si è sentita improvvisante aggredita e spaventata da folle crescenti e ben
armate di esaltati seguaci di Maometto, che imponevano la loro religione con la
forza e col terrore, sulla base di argomenti seducenti e speciosi, atti a
soddisfare, sotto la copertura della religione, desideri terreni e brame di
conquista e di dominio politici.
Qual era il segreto di Maometto per generare
attorno a sè seguaci così convinti, decisi ed aggressivi? Egli fu uno straordinario creatore di certezza religiosa
indotta non sulla base di fatti o argomenti oggettivi, come è il metodo della
religione cristiana, ma su di un atto di volontà o decisione assoluta, ostinata
ed irremovibile.
Quindi non un esser certo perché davanti al
vero non si può non esser certi, ma un esser certo perché per un’arbitraria
decisione personale il musulmano vuole
esser certo. Quindi per il musulmano l’impegno religioso non è tanto quello
di una fedeltà a Dio, ma di una fedeltà a
sé stesso, alla propria irrevocabile decisione. In sostanza la sua certezza
non è fondata su Dio, ma su sé stesso, sulla propria volontà.
Ma come Maometto ha potuto avere tanto potere
nel creare in tanti esseri umani da allora ad oggi questo potente stato
psico-emotivo di ostinata ed arrogante sicumera in un tema così delicato come
il rapporto con Dio e la salvezza? Come ha potuto allontanare tanti esseri
umani da Cristo per volgerli a sé? E sì che i segni di credibilità di Maometto
son ben misera cosa a confronto dei segni di credibilità di Cristo.
Quale forza lo ha spinto? Attesi anche gli errori
teologici e morali contenuti nel messaggio coranico sia pur misti a verità, possiamo
esser certi che si tratta di una suggestione diabolica. Si tratta di una
potentissima forza anticristica, che non può essere altro che il demonio, che «non
riconosce Gesù Cristo venuto nella carne» (Gv 4,2).
I segni di ciò sono dati dal caratteristico
fanatismo islamico, che non conosce ragioni e non recede dai suoi errori per quanti
siano gli argomenti che gli si oppongono, seduce con le attrattive dei piaceri,
delle ricchezze e del potere, eccita i predicatori all’odio contro Cristo e
contro i cristiani, scatena le persecuzioni, spaventa con le minacce e
costringe con la forza i non-credenti alla conversione, punisce con la morte
chi abbraccia il cristianesimo. Dietro a simili nefandezze non può esserci che
il demonio.
Occorre tuttavia tener presente che il
diavolo è molto abile nell’ingannare e può far apparire lecito l’illecito, vero
il falso, santo il perverso. Così Dio permette che a volte gli stessi santi restino
momentaneamente ingannati. La stessa concezione coranica di Dio è approvata da
Dio solo per la sua parte di verità.
Ma se un difetto può avere il Concilio in
questa esposizione è quello di tacere, per un eccesso di benevolenza, su
quell’aspetto sinistro del Dio islamico, che Papa Benedetto XVI illustrò
abbondantemente nella sua famosa lezione a Ratisbona, e cioè l’aspetto
irrazionalistico e volontaristico, che, come vedremo sotto, dipende da un
concetto sbagliato del rapporto fra intelletto e volontà e sul piano della
condotta umana e in particolare della fede islamica, spiega la tendenza
islamica ad imporre il credo islamico con la forza e a non ammettere il diritto
alla libertà religiosa.
Teniamo tuttavia presente l’aspetto valido della
teologia islamica: il musulmano certamente sa con la sua ragione, come ogni uomo
ragionevole, che Dio esiste e che Gli si deve render culto. E in ciò non
sbaglia. Il Concilio stesso lo riconosce. Non si tratta di un idolo o di un falso
dio o di un dio pagano. No, è il vero unico Dio, adorato anche dai cristiani.
Il concetto di Dio del Corano è
sostanzialmente giusto, il Concilio lo riconosce, anche se è un concetto non
privo di difetti, come abbiamo visto e vedremo, e non ha la perfezione assoluta
ed insuperabile del Dio della Bibbia. Ma è pur sempre il Dio per il quale
Cristo è Dio. Il punto non sta qui. Questa è una cosa molto bella e
confortante. Ma il punto è un altro ed è molto grave e preoccupante.
Il punto è quello che ho detto sopra: la
parte della volontà nella fede islamica. Si tratta di una volontà che non sta
nei propri legittimi confini, ma li oltrepassa invadendo il territorio e la
competenza dell’intelletto, perché in realtà spetta a lui e non alla volontà
stabilire qual è la verità.
In realtà, la volontà che pretende di sostituirsi
all’intelletto e di dettar legge all’intelletto in fatto di verità, soprattutto
teologica, non può che condurre l’intelletto nell’errore o se coglie accidentalmente
la verità, non può assicurarsi una certezza oggettiva, ma solo raggiunge l’ostinazione
del fanatismo o dell’arbitrio soggettivo, generatore di arroganza, di violenza
e di false certezze.
La morale
Anche nel campo della morale fra Cristianesimo
ed Islam ci sono convergenze e divergenze. Comune fra di loro è la concezione
dell’uomo come persona creata ad immagine di Dio, obbligato ai divini
comandamenti, aperto alla vita sociale, civile e religiosa e al culto divino, nonché
al dominio razionale della natura.
Il Corano, attingendo all’antropologia
biblica, è alieno da quel sussiegoso e pretenzioso dualismo spiritualistico
platonico che era caro alla teologia bizantina, con la quale Maometto venne a
contatto. Egli invece ebbe il fiuto di comprendere la natura ilemorfica
dell’uomo, un’unica sostanza composta di anima e corpo. Come aveva intuìto
Aristotele.
Sicché lo Stagirita divenne il filosofo
preferito dell’Islam, tanto che, come è noto, la studio di Aristotele fu
introdotto dai musulmani in Europa nel sec. XIII. San Tommaso si accorse
dell’affinità dell’antropologia aristotelica con quella biblica e non esitò ad adottarla
per la sua antropologia.
Il senso concreto che Maometto aveva
dell’uomo lo portò altresì, nella linea di Aristotele, ad accogliere il dogma
biblico della risurrezione dei corpi, contro il disprezzo platonico del corpo e
la sopravvalutazione dello spirito. Tuttavia la intende in modo prettamente
carnale, consentendo l’esercizio della lussuria anche in paradiso.
Al Corano manca la prospettiva della visione
beatifica dell’essenza divina dopo la morte da parte dell’anima separata. Il
musulmano ha vivo il senso della trascendenza e della maestà divina. Tuttavia,
manca la prospettiva contemplativa e l’atteggiamento giusto del fedele secondo
il Corano è quello della devozione (islam), per cui non si tratta di vedere
Dio, ma di obbedire e mettere in pratica i comandi divini.
La felicità viene allora ad essere tutta
umana: la piena realizzazione delle facoltà e delle forze umane e il pieno
soddisfacimento dei bisogni fisici e spirituali dell’uomo. Nel Corano manca
quindi la prospettiva della beatitudine cristiana dell’uomo figlio di Dio che
contempla il Padre (Gv 17,3), perché la beatitudine per il Corano è una semplice
perfezione dell’uomo, che si rapporta a Dio non con la contemplazione, ma solo con
l’obbedienza e l’adorazione (islam).
All’uomo è altresì riconosciuto il possesso
della ragione. Pensiamo solo allo sviluppo delle scienze fisiche e matematiche
promosso dall’Islam. Ma la ragione pare insufficiente a conoscere la verità
religiosa e morale, per cui necessita di ricevere la rivelazione divina che è
contenuta nel Corano. Per questo, il vero uomo, atto alla salvezza, per l’Islam,
non è semplicemente l’animale razionale, ma è il credente nel Corano. Insomma
l’uomo adulto e compiuto, capace di relazionarsi con Dio, è solo il musulmano.
Abbiamo qui una specie di fideismo simile a
quello luterano: come per Lutero il vero uomo è il cristiano, così nell’Islam
il vero uomo è il musulmano. E per corrispondenza il vero cittadino, membro a
pieno titolo della società civile, è il musulmano.
Per questo, gli Stati islamici, se si escludono
quelli più avanzati, non aderiscono alla carta dei diritti dell’uomo delle Nazioni
Unite e non riconoscono il diritto alla libertà religiosa, ma ammettono solo l’Islam
come religione di Stato. Essi sfruttano questa libertà nei paesi non islamici, ma
non la concedono nei propri paesi ai non-musulmani. Noi Italiani concediamo la costruzione
delle moschee, ma negli Stati islamici è proibita la costruzione di chiese cattoliche,
salvo l’uso del penoso espediente che esse siano nascoste dietro la facciata di
edifici civili.
Non si può negare la proverbiale attitudine religiosa
del musulmano, lo zelo per l’adorazione e la preghiera, la lettura assidua del
Corano, il rispetto per l’imam e l’autorità religiosa, la sua preoccupazione di
obbedire a Dio, di accettare la sua volontà, il timore dei suoi castighi e la speranza
del premio, i sacrifici e le pratiche ascetiche, lo sdegno contro i bestemmiatori
e gli apostati, il coraggio nel manifestare pubblicamente la propria fede,
l’adesione alla Umma, la comunità dei
credenti, le opere della solidarietà
fraterna.
Non si può dire che la famiglia non sia curata:
il musulmano ha la chiara percezione che essa è la sorgente e la culla della vita
umana e fattore di prestigio sociale ed economico, nonché incremento demografico
e rafforzamento della nazione. Essa fa dei genitori i primi trasmettitori della
fede ai figli e sorveglianti originari della loro fedeltà al Corano.
La funzione della donna è duplice: è quella
della maternità ed è quella di soddisfare il bisogno del piacere sessuale. L’Islam
è nato in un popolo fortemente sensuale, benché conscio del dovere di dominare
l’istinto. Il musulmano non percepisce come il cristiano che la donna lo
completa nella spiritualità su di un piano di pari dignità personale.
A
causa dell’eccessiva attrazione sessuale che la donna esercita sul maschio,
questi non ha la percezione della mutua complementarità spirituale fra uomo e
donna, ma si limita a capire da una parte la sua missione familiare e
dall’altra la sente come strumento di piacere. Secondo il Corano, la donna
mantiene questa funzione anche in paradiso, dove invece non ci sarà più la
riproduzione della specie.
Similmente alla visione luterana, anche per
Maometto la riproduzione della specie - («siate fecondi e moltiplicatevi!», Gn
1,28) – è, come nello stato edenico, un obbligo universale. Per questo, in
entrambi non è previsto il voto di verginità, ma ciò anche perché sia per Lutero
che per Maometto la concupiscenza appare uno stimolo, al quale non si riesce a resistere.
Maometto, come è noto, arriva ad ammetterla anche in paradiso.
Manca nell’etica islamica la dottrina del
peccato originale, delle sue conseguenze e del suo rimedio. Il Corano ammette
l’esistenza storica di Adamo ed Eva, ed anzi per il Corano Adamo, in quanto
modello per tutta l’umanità, è il primo musulmano. E la decadenza conseguente
al peccato di Adamo consiste appunto nel fatto che l’umanità nasce non
musulmana, per cui, per salvarsi e tornare a Dio, deve convertirsi all’Islam.
Per il Corano, quindi, non c’è alcun bisogno del sacrificio di Cristo, ma non
occorre altro rimedio che pentirsi dei propri peccati, farne penitenza, invocare la divina misericordia con
l’offerta di sacrifici e preghiere.
Manca inoltre nell’etica coranica l’aspetto
ascetico, ossia la rinuncia ai legami carnali per ottenere una maggior libertà
dello spirito, vale a dire la vita o consacrazione religioso-monastica. È certo
apprezzata la forza dello spirito e della volontà, con lo sforzo e il coraggio
che essi comportano (jihàd), ma lo
spirito non aspira ad una libertà tale da sentire come intralci gli affetti
carnali e gli interessi terreni, così da provar il bisogno di farne a meno,
come invece suggerisce il Vangelo e si riscontra nella vita ascetica cristiana.
Questo rifiuto dell’ascetica avvicina l’etica
islamica all’etica luterana, essa pure contraria, come sappiamo, alla vita
religiosa. Un’eccezione a questa impostazione è data dalla corrente dei sufi[1],
nati probabilmente sotto influsso cristiano, a lungo osteggiata, ma che ebbe
riconoscimento legale nel sec. XIII per interessamento di Al-Gazzali.
Colpisce un’altra coincidenza, su questo punto,
fra Maometto e Lutero: l’apprezzamento di entrambi per la verginità della
Madonna. Entrambi condannano il voto di verginità considerandolo troppo al di
sopra della natura e irrealizzabile, mentre apprezzano la fede nella verginità
di Maria: Lutero in quanto Madre di Dio, Maometto in quanto madre del profeta
Gesù.
La storia
dei rapporti fra cristiani e musulmani
Mt
12,30
È la storia agitata
e fluttuante di un alternarsi di periodi di precaria convivenza con periodi di conflitto
e di persecuzione islamica contro i cristiani. Non si dà mai per i cristiani
una prolungata sicurezza, ma sempre daccapo, passato un periodo più o meno
lungo, ecco ricomparire l’aggressività e la coercizione. Certamente anche i cristiani
hanno fatto strage di musulmani: si pensi alle crociate o alla battaglia di Lepanto
o alla battaglia di Vienna o alla cacciata dei Mori dalla Spagna. Tuttavia non
c’è dubbio che i cristiani hanno sempre dovuto difendersi dalle aggressioni
islamiche.
Infatti
l’espansionismo islamico iniziò subito con l’invasione di territori cristiani,
come la Palestina, Turchia e l’Africa del Nord, portando all’estinzione delle comunità
cristiane, estinzione evidentemente avvenuta, salvo forse casi rarissimi, non
certo per un loro moto spontaneo e convinto di conversione all’Islam, ma sotto
la minaccia delle armi.
Davanti ad
un’aggressione di tali proporzioni e di tale violenza, la cristianità rimase in
un primo tempo sconcertata e non si pensò ad organizzare una risposta sul piano
dell’evangelizzazione o del dialogo, se non forse quello legato agli scambi
commerciali. La riconquista dei territori islamizzati sembrò impossibile e di
fatto è stata impossibile. Intanto l’Islam si diffondeva in Siria, Iraq e
Persia nei secc. VIII-IX. Il Libano vede ormai da molti secoli la convivenza di
cristiani e musulmani.
Ritengo che
la Chiesa per alcuni secoli avrebbe dovuto organizzare una missione di
evangelizzazione o rievangelizzazione dei musulmani, che intanto crescevano di
numero. Purtroppo nei secc. IX-X la Chiesa patì una gravissima crisi morale ed
organizzativa proprio in un momento in cui l’Islam si stava sviluppando a più
non posso. La rinascita dei secc. XI-XII è stata certamente splendida, ma
secondo me ancora una volta non è riuscita ad organizzare una missione per
risolvere il problema dell’Islam. Intanto i musulmani cominciavano ad opprimere
la Chiesa palestinese e fu così che iniziò il periodo delle crociate. Era
proprio necessario?
I primi a
volere esser missionari tra i musulmani furono i Francescani e i Domenicani.
Solo i primi sono riusciti a convivere con i musulmani fino ad oggi. SanTommaso
d’Aquino nel sec.XIII scrisse la Summa
Contra Gentes per la conversione dei musulmani. Nell’Impero Ottomano i
cristiani condussero una vita passabile. Nel ‘400 la Spagna è liberata dal
dominio musulmano. Nel 1453 Costantinopoli cade in mano musulmana. Ma intanto
l’espansionismo turco muove alla conquista dell’Europa. Vengono invasi i paesi balcanici.
L’avanzata islamica è fermata a Lepanto nel 1571 e a Vienna nel 1683. I
Gesuiti, nati nel sec. XVI, operano attivamente per la conversione degli
islamici. L’Islam nell’’800 si estende in Africa centrale e in Oriente.
Nel 1968
nuovo grande slancio musulmano della corrente sciita, più radicale, in Iran ad
opera di Khomeini. Inizia l’immigrazione islamica in Europa. Già negli anni ’80
in Germania c’erano quattro milioni di Turchi. Oggi sono in continuo aumento
per mezzo dell’immigrazione. Numerose sono le persecuzioni in Siria, Palestina,
Arabia, Iraq, Iran, Sudan, Congo, Etiopia, Somalia, Eritrea, Daesh, Yemen,
Pakistan.
In altri
Stati, invece, la situazione è più calma o tollerabile o si dà una convivenza
pacifica. Ma non manca in alcuni paesi il flagello del terrorismo, come abbiamo
potuto vedere in questi ultimi anni negli Stati Uniti, in Francia, Germania,
Belgio, Spagna e Inghilterra. Comunque, la convivenza, bene o male, in molti
Stati esiste, come nei paesi dell’Europa occidentale, negli Stati Uniti, in
Russia, in Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Libia, Bulgaria, Romania, Albania,
Bosnia, Erzegovina, Cipro, Montenegro, Filippine, Armenia.
L’afflusso
di migranti islamici in Italia ed in altri paesi europei è in aumento. Essi non
nascondono il loro proposito di convertirci alla loro religione. Il caso di Silvia
Romano è emblematico. Essi trovano da noi nei buonisti, che sono la
maggioranza, convinzioni cristiane fragili e senza solido fondamento razionale,
spirituale e culturale.
Bisogna
accogliere questi immigrati con prudenza e carità ad un tempo. Si deve loro
permettere di agganciarsi alle comunità islamiche già esistenti. Ma occorre
vigilare che non si tratti di facinorosi, che approfittano della democrazia e del
diritto alla libertà religiosa, per mirare ad abbattere le leggi e le
istituzioni dello Stato italiano, per sostituirlo con uno Stato islamico, una
volta giunti al potere con libere elezioni. Questi istigatori all’odio
anticristiano e alla sovversione delle istituzioni devono essere individuati
per tempo dall’autorità civile e religiosa, prima che si procurino adepti, ed espulsi
dal territorio nazionale.
Nel contempo
è urgente che la Chiesa formi un personale ed organizzi una pastorale adatta ad
avvicinare gli islamici presenti nel nostro territorio, suscitando in loro
interesse e stima per noi con gesti ed iniziative personali o sociali,
pubbliche o private, spontanee o istituzionali, politiche, religiose, culturali
ed economiche a loro favore o di comune interesse.
Il metodo
per attirarli alla fede cristiana è quello stesso che Cristo ci ha insegnato e
praticato, e che quindi ha sempre funzionato in tutta la storia dell’espansione
del Chiesa nel mondo: testimonianza della carità fraterna fra di noi (Gv
13,35), disinteresse, dedizione,
pazienza, segni di credibilità, sufficiente preparazione, attitudine alla
persuasione, predicazione leale, convinta, chiara, oggettiva, integrale,
accessibile, senza ambiguità, imposizioni, opportunismi, narcisismi,
esibizionismi, riduzionismi, reticenze, finzioni, ed astuzie.
Il problema
è che nei buonisti la certezza di fede è sostituita dall’opinione soggettiva,
per cui essi, ammesso che accettino tutti i contenuti della fede cattolica, cosa
su cui c’è già da dubitare, data la loro tendenza all’eresia o dell’ignoranza,
non avvertono l’universalità dei valori della fede e quindi la loro
obbligatorietà universale, ma coloro che si convertono all’islamismo non
destano in loro alcuna preoccupazione, poiché vedono la cosa come una scelta
semplicemente diversa, né passa loro per la testa di tentare di riavvicinarli alla
fede cattolica, così come sarebbe sconveniente che un domenicano tentasse di
persuadere un francescano a farsi domenicano.
Quanto agli
islamofobi, la loro opposizione malevola, dettata da ignoranza e mancanza di
discernimento, è troppo spinta e sono incapaci di una vera accoglienza. Per il
loro estremismo rifiutano qualunque accordo con loro, anche su obbiettivi ragionevoli
e convenienti. Quanto all’eventualità di una conversione dei musulmani, la
vedono come una cosa impossibile e tendono a generalizzare in modo indebito
certi loro comportamenti arroganti e fanatici, trascurano l’esistenza fra di
loro di elementi ragionevoli e moderati. Ignorano completamente gli aspetti
validi del Corano e la possibilità di confrontarli col Vangelo[2].
Il lavoro da fare è invece quello di
sviluppare e integrare il giudizio del Concilio sull’Islam con quello di
Benedetto XVI e la posizione di Papa Francesco relativa all’accordo di
Abu-Dhabi. Benedetto mette in luce la difficoltà. Francesco i punti di contatto
e i segni di speranza, nella linea del Concilio. I due insegnamenti non si
escludono, ma si integrano a vicenda.
Dalla loro sintesi, si capisce che cosa
dobbiamo fare: evitare da una parte il buonismo opportunista, relativista ed indifferentista,
cincischiante attorno al dialogismo assoluto e dalla chiacchiera inconcludente
e stoltificante. Mentre dall’altra parte bisogna evitare l’islamofobia, teorizzatrice
dello scontro frontale, atteggiamento ipocrita, che si ammanta della fedeltà a
Cristo, ma in realtà profondamente
ingiusto, privo di misericordia, di discernimento culturale e sapienziale e di
oggettività, dettato non dall’amore per la verità e da un desiderio di
fraternità, ma da un preconcetto stato emotivo di odio e di paura, che, troppo
impressionato per un lungo passato storico purtroppo doloroso, attribuisce
temerariamente a tutti i musulmani un’inguaribile malafede e malvagità ed odio
contro il cristianesimo, che li rende tutti degni dell’inferno, e una sordità
senza speranza all’appello del Vangelo.
Come Abramo, del quale pure i musulmani si
considerano eredi, siamo oggi chiamati nella presente circostanza a «sperare
contro ogni speranza» (Rm 4,18), se crediamo veramente che tutti sono chiamati
alla salvezza e che Cristo è morto per tutti e se abbiamo fiducia nelle parole
del Signore, quando ci comanda: «predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc
16,15). Sono forse esclusi i musulmani?
«Va bene – uno forse potrebbe obiettare –, ma
loro hanno già le loro convinzioni, dalle quali non intendono assolutamente
recedere, come lo stanno dimostrando da 14 secoli». D’accordo. Ma non sono più
fondate le nostre convinzioni che le loro? Non sono forse le loro convinzioni
confutabili, mentre le nostre sono irrefutabili? Non appartengono anche i
musulmani alla razza umana? Non sono capaci anche loro di ragionare? Chi ha mai
detto che l’opera dell’evangelizzazione non comporti la confutazione di idee errate?
E Cristo non ci ha forse promesso di essere con noi fino alla fine dei secoli?
Le dottrine del Concilio, compreso ciò che il
Concilio dice dell’Islam, vanno assolutamente ritenute e sono irreformabili,
perché, nel pieno rispetto della Tradizione, esse fanno avanzare la dottrina
dei Concili precedenti. Ma occorre nel contempo onestamente riconoscere alcuni
difetti nella pastorale del Concilio.
Esso infatti, esalta troppo la bontà e la buona
fede degli uomini, minimizza la malvagità umana, scusa troppo la colpa, enfatizza
troppo la misericordia divina, quasi che essa non sia condizionata dal
pentimento e dall’espiazione, non parla quasi mai dei meriti che ci si deve
fare per raggiungere il paradiso, non parla mai del timor di Dio, della
funzione correttiva dei castighi divini e dell’esistenza di dannati nell’inferno,
tutte cose di religione naturale, oltre che evangeliche, che sono inculcate dallo stesso Corano.
Ad ogni modo, bisogna precisare che, tolti
questi difetti, la pastorale del Concilio è ottima ed è più evangelica di quella
dei precedenti Concili. Essa infatti è adatta all’evangelizzazione dei musulmani,
come mai era avvenuto nella pastorale dei precedenti Concili, i quali mai fino ad
allora avevano pensato ad evidenziare aspetti
positivi dell’Islam. Invece, nel Concilio Vaticano II la Chiesa, con la sua
autorità dottrinale infallibile, per la prima volta dalla nascita dell’Islam,
ha riconosciuto le verità contenute nella religione islamica.
Ciò ovviamente lascia intatta la condanna degli
errori del Corano per quanto riguarda il mistero trinitario e gli altri misteri
propri della fede cristiana, anche nel campo della morale. Tuttavia gli oppositori
irriducibili e globali dell’Islamismo, se sono onesti e vogliono essere veri cattolici,
devono prender atto del fatto che il Concilio, col suo giudizio sull’Islam, ha
realizzato una svolta storica dall’incalcolabile
portata e ci offre una speranza soprannaturale della quale finora troppi
hanno dubitato o diffidato. Chi si ostina nello scetticismo e nella diffidenza con
falso ed amaro realismo, mostra di non credere nell’azione dello Spirito Santo,
Che per mezzo della Chiesa chiama tutti i popoli e tutte le religioni all’unità
con Cristo e sotto Cristo.
Che cosa
succederà?
Diventeranno un solo
gregge sotto un solo pastore
Gv 10,16
Prima dovrà venire l’apostasia
ed esser rivelato l’uomo iniquo
II Ts 2,3
La storia
della Chiesa si muove nei secoli secondo una duplice modalità: da una parte
abbiamo un moto espansivo di crescita, di arricchimento, di vitalità e di
unificazione, sotto l’impulso dello Spirito Santo, per cui essa maternamente chiama
à sé e raccoglie nel suo seno tutte le genti, sicché vediamo come essa nel passato
sia andata soggetta ad un continuo aumento quantitativo numerico ed espansivo,
ossia geografico e territoriale.
Ma nel contempo
essa è soggetta all’azione di Satana, che è del tutto contraria a quella dello
Spirito Santo: se lo Spirito raccoglie, il demonio disperde; se lo Spirito unifica,
il demonio divide; se lo Spirito pacifica, congiunge e concilia, il demonio
contrappone e genera conflitti e discordie; se lo Spirito vitalizza, il demonio
mortifica; se lo Spirito infervora, il demonio raffredda; se lo Spirito fa
crescere, il demonio fa decrescere; se lo Spirito espande, il demonio
restringe; se lo Spirito edifica, il demonio distrugge; se lo Spirito rafforza,
il demonio indebolisce.
Per quanto
riguarda il cammino della Chiesa nel futuro, ci pare di trovarci davanti a due
previsioni contrastanti. Da una parte, le parole del Signore:
«per il
dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà
fino alla fine, sarà salvato. Frattanto questo Vangelo del regno sarà
annunziato a tutto il mondo, perché sia resa testimonianza a tutte le genti; e
allora verrà la fine» (Mt 24, 12-14).
E qui pare che la Chiesa predichi a tutto il
mondo e sia quindi giunta fino ai confini della terra. Dall’altra parte, Paolo
prevede un’apostasia generalizzata (II Ts 2,3) e sembra che le forze del male assaltino
la Chiesa ridotta a un piccolo gregge: «Marciarono su tutta la superficie della
terra e cinsero d’assedio l’accampamento dei santi e la città diletta» (Ap 20,
9).
Come spiegare
questa situazione apparentemente contradditoria? La Chiesa è al massimo
dell’espansione o si è ridotta in dimensioni insignificanti? L’umanità
diventerà un solo gregge o la Chiesa sarà dispersa nelle nazioni? Può esser
vera l’una e l’altra cosa: una Chiesa diffusa in tutto il mondo sempre tuttavia
esposta come piccolo gregge, all’assalto delle forze demoniche.
Possiamo
allora sperare, in questa visuale, che la Chiesa accolga un giorno nel suo seno
i musulmani che si convertono a Cristo, così come la Chiesa espandendosi, ha sempre
accolto nel suo grembo popoli che adoravano gli idoli a cominciare dagli
antichi Romani? All’epoca di San Pietro e di San Paolo, chi poteva immaginare
che la predicazione cristiana sarebbe riuscita a convincere i Romani, fieri dei
loro dèi, ad abbracciare la religione di Cristo?
Un potente
stimolo alla conversione furono i martiri. E per questo Tertulliano espresse la
famosa frase che «il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani». Ma quanti
cristiani gli islamici hanno martirizzato lungo i secoli e lo fanno anche oggi.
Ma non pare che la loro coscienza si scuota.
Che cosa dunque
ci vuole per convincere i musulmani? Come mai tanta durezza, tanta ostinazione,
tanta sordità? A Roma ci son voluti 3 secoli per convertirsi. Ma poi dalla Roma
pagana è sorta la splendida, immortale Roma cristiana, sede del Vicario di
Cristo. Che cosa è che invece blocca i musulmani da 14 secoli? Certamente è una
forza satanica. Come vincerla? Come scacciarla? Occorrerebbe,
forse, un successore di Maomtto, di genio e prestigio nel mondo musulmano pari
a lui, un nuovo profeta che, presentatosi con segni prodigiosi, come inviato di
Dio e mandato da Maometto, correggesse il Corano in senso cristiano. Infatti la
profezia è per sua essenza una visione parziale di Dio, per cui si può dare un
profeta che vede Dio meglio del precedente. Solo Dio vede pienamente Se stesso.
E per questo, la visione di Dio che ha Cristo è la più alta ed è insuperabile,
perché Cristo è Dio.
Ma soprattutto
occorre invocare lo Spirito Santo e chiederGli insistentemente che ci indichi
la via e ci dia la forza per condurre i musulmani a Cristo. Al riguardo, sono
convinto che il Concilio stia giungendo al loro cuore, come giunse al cuore di
Roma nell’imperatore Costantino, che nel nome del popolo romano, disse a Gesù
apparsogli in visione: «Galileo, hai vinto».
P. Giovanni
Cavalcoli
Fontanellato,
29 luglio 2020
Papa Francesco - Viaggio in Marocco (2019)
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2019/3/31/religiosi-marocco.html
Papa Francesco con l’imam sunnita Ahmad al-Tayyeb dell’Università di Al Azhar
Papa Francesco - Viaggio in Marocco (2019)
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2019/3/31/religiosi-marocco.html
Papa Francesco con l’imam sunnita Ahmad al-Tayyeb dell’Università di Al Azhar
[1] Louis Gardet, Esperienze mistiche in paesi non cristiani, Edizioni Paoline 1960.
Gent.mo padre Cavalcoli, ho finito da poco il suo libro sul buonismo e la seguo sempre con passione. Per ragioni di ricerca mi sono occupato un po' dell'origenismo e della cosiddetta eresia dell'apocatastasi con conseguente non eternità dell'inferno. Lei ha citato a più riprese il concilio di Quierzy dell'853 dicendo che fu approvato ufficialmente dalla Sede Romana, ciò che ci permette di dire che la dottrina "dell'etsi non omnes salventur" ha ricevuto un'approvazione dogmatica da parte del romano pontefice e gode quindi di uno statuto dottrinale prossimo alla fede (perdoni le eventuali inesattezze lessicali). Purtroppo non sono stato in grado di recuperare, nemmeno nella bibliografia scientifica, alcuna notizia precisa circa l'accoglienza delle conclusioni conciliari da parte della Santa Sede. Potrebbe dirmi, per cortesia, qual è la sua fonte per questa notizia? La ringrazio anticipatamente per la risposta e chiedo la sua benedizione.
RispondiEliminaPietro
Caro φῶς ἀληθινὸν, il Concilio di Quierzy fu presieduto da Incmaro di Reims. Fu un Concilio locale, ma fu approvato dal Papa, perché figura nel Denzinger ai nn. 621-624. Inoltre è citato dal documento della Commissione teologica internazionale dedicato alla questione del limbo. Infine è citato dal CCC al n. 605.
EliminaGent.mo padre, grazie per la risposta. Effettivamente compare nel Denzinger e nel CCC, e se lei lo considera un'approvazione implicita sufficiente, suppongo che abbia ragione. Grazie ancora per il lavoro che fa e per il tempo dedicatomi!
EliminaPietro