Un miliardo e 800mila persone candidate all’inferno (Seconda ed ultima parte)


Un miliardo e 800mila persone candidate all’inferno

Dio onnipotente vuol salvare tutti gli uomini senza eccezione,
ma non tutti si salvano
Concilio di Quierzy dell’853

 
Seconda ed Ultima Parte


L’aggressività islamica

Il sorgere della religione islamica è stato come il dilagare improvviso di un tremendo tsunami o il rapido ed inarrestabile diffondersi di un’epidemia in modo simile a quanto è successo col covid-19. La cristianità si è sentita improvvisante aggredita e spaventata da folle crescenti e ben armate di esaltati seguaci di Maometto, che imponevano la loro religione con la forza e col terrore, sulla base di argomenti seducenti e speciosi, atti a soddisfare, sotto la copertura della religione, desideri terreni e brame di conquista e di dominio politici. 

Qual era il segreto di Maometto per generare attorno a sè seguaci così convinti, decisi ed aggressivi? Egli fu uno straordinario creatore di certezza religiosa indotta non sulla base di fatti o argomenti oggettivi, come è il metodo della religione cristiana, ma su di un atto di volontà o decisione assoluta, ostinata ed irremovibile.

Quindi non un esser certo perché davanti al vero non si può non esser certi, ma un esser certo perché per un’arbitraria decisione personale il musulmano vuole esser certo. Quindi per il musulmano l’impegno religioso non è tanto quello di una fedeltà a Dio, ma di una fedeltà a sé stesso, alla propria irrevocabile decisione. In sostanza la sua certezza non è fondata su Dio, ma su sé stesso, sulla propria volontà. 

Ma come Maometto ha potuto avere tanto potere nel creare in tanti esseri umani da allora ad oggi questo potente stato psico-emotivo di ostinata ed arrogante sicumera in un tema così delicato come il rapporto con Dio e la salvezza? Come ha potuto allontanare tanti esseri umani da Cristo per volgerli a sé? E sì che i segni di credibilità di Maometto son ben misera cosa a confronto dei segni di credibilità di Cristo. 

Quale forza lo ha spinto? Attesi anche gli errori teologici e morali contenuti nel messaggio coranico sia pur misti a verità, possiamo esser certi che si tratta di una suggestione diabolica. Si tratta di una potentissima forza anticristica, che non può essere altro che il demonio, che «non riconosce Gesù Cristo venuto nella carne» (Gv 4,2).

I segni di ciò sono dati dal caratteristico fanatismo islamico, che non conosce ragioni e non recede dai suoi errori per quanti siano gli argomenti che gli si oppongono, seduce con le attrattive dei piaceri, delle ricchezze e del potere, eccita i predicatori all’odio contro Cristo e contro i cristiani, scatena le persecuzioni, spaventa con le minacce e costringe con la forza i non-credenti alla conversione, punisce con la morte chi abbraccia il cristianesimo. Dietro a simili nefandezze non può esserci che il demonio.

Occorre tuttavia tener presente che il diavolo è molto abile nell’ingannare e può far apparire lecito l’illecito, vero il falso, santo il perverso. Così Dio permette che a volte gli stessi santi restino momentaneamente ingannati. La stessa concezione coranica di Dio è approvata da Dio solo per la sua parte di verità. 

Ma se un difetto può avere il Concilio in questa esposizione è quello di tacere, per un eccesso di benevolenza, su quell’aspetto sinistro del Dio islamico, che Papa Benedetto XVI illustrò abbondantemente nella sua famosa lezione a Ratisbona, e cioè l’aspetto irrazionalistico e volontaristico, che, come vedremo sotto, dipende da un concetto sbagliato del rapporto fra intelletto e volontà e sul piano della condotta umana e in particolare della fede islamica, spiega la tendenza islamica ad imporre il credo islamico con la forza e a non ammettere il diritto alla libertà religiosa. 

Teniamo tuttavia presente l’aspetto valido della teologia islamica: il musulmano certamente sa con la sua ragione, come ogni uomo ragionevole, che Dio esiste e che Gli si deve render culto. E in ciò non sbaglia. Il Concilio stesso lo riconosce. Non si tratta di un idolo o di un falso dio o di un dio pagano. No, è il vero unico Dio, adorato anche dai cristiani. 

Il concetto di Dio del Corano è sostanzialmente giusto, il Concilio lo riconosce, anche se è un concetto non privo di difetti, come abbiamo visto e vedremo, e non ha la perfezione assoluta ed insuperabile del Dio della Bibbia. Ma è pur sempre il Dio per il quale Cristo è Dio. Il punto non sta qui. Questa è una cosa molto bella e confortante. Ma il punto è un altro ed è molto grave e preoccupante. 

Il punto è quello che ho detto sopra: la parte della volontà nella fede islamica. Si tratta di una volontà che non sta nei propri legittimi confini, ma li oltrepassa invadendo il territorio e la competenza dell’intelletto, perché in realtà spetta a lui e non alla volontà stabilire qual è la verità. 

In realtà, la volontà che pretende di sostituirsi all’intelletto e di dettar legge all’intelletto in fatto di verità, soprattutto teologica, non può che condurre l’intelletto nell’errore o se coglie accidentalmente la verità, non può assicurarsi una certezza oggettiva, ma solo raggiunge l’ostinazione del fanatismo o dell’arbitrio soggettivo, generatore di arroganza, di violenza e di false certezze.

La morale

Anche nel campo della morale fra Cristianesimo ed Islam ci sono convergenze e divergenze. Comune fra di loro è la concezione dell’uomo come persona creata ad immagine di Dio, obbligato ai divini comandamenti, aperto alla vita sociale, civile e religiosa e al culto divino, nonché al dominio razionale della natura. 

Il Corano, attingendo all’antropologia biblica, è alieno da quel sussiegoso e pretenzioso dualismo spiritualistico platonico che era caro alla teologia bizantina, con la quale Maometto venne a contatto. Egli invece ebbe il fiuto di comprendere la natura ilemorfica dell’uomo, un’unica sostanza composta di anima e corpo. Come aveva intuìto Aristotele. 

Sicché lo Stagirita divenne il filosofo preferito dell’Islam, tanto che, come è noto, la studio di Aristotele fu introdotto dai musulmani in Europa nel sec. XIII. San Tommaso si accorse dell’affinità dell’antropologia aristotelica con quella biblica e non esitò ad adottarla per la sua antropologia. 

Il senso concreto che Maometto aveva dell’uomo lo portò altresì, nella linea di Aristotele, ad accogliere il dogma biblico della risurrezione dei corpi, contro il disprezzo platonico del corpo e la sopravvalutazione dello spirito. Tuttavia la intende in modo prettamente carnale, consentendo l’esercizio della lussuria anche in paradiso.

Al Corano manca la prospettiva della visione beatifica dell’essenza divina dopo la morte da parte dell’anima separata. Il musulmano ha vivo il senso della trascendenza e della maestà divina. Tuttavia, manca la prospettiva contemplativa e l’atteggiamento giusto del fedele secondo il Corano è quello della devozione (islam), per cui non si tratta di vedere Dio, ma di obbedire e mettere in pratica i comandi divini. 

La felicità viene allora ad essere tutta umana: la piena realizzazione delle facoltà e delle forze umane e il pieno soddisfacimento dei bisogni fisici e spirituali dell’uomo. Nel Corano manca quindi la prospettiva della beatitudine cristiana dell’uomo figlio di Dio che contempla il Padre (Gv 17,3), perché la beatitudine per il Corano è una semplice perfezione dell’uomo, che si rapporta a Dio non con la contemplazione, ma solo con l’obbedienza e l’adorazione (islam).
 
All’uomo è altresì riconosciuto il possesso della ragione. Pensiamo solo allo sviluppo delle scienze fisiche e matematiche promosso dall’Islam. Ma la ragione pare insufficiente a conoscere la verità religiosa e morale, per cui necessita di ricevere la rivelazione divina che è contenuta nel Corano. Per questo, il vero uomo, atto alla salvezza, per l’Islam, non è semplicemente l’animale razionale, ma è il credente nel Corano. Insomma l’uomo adulto e compiuto, capace di relazionarsi con Dio, è solo il musulmano. 

Abbiamo qui una specie di fideismo simile a quello luterano: come per Lutero il vero uomo è il cristiano, così nell’Islam il vero uomo è il musulmano. E per corrispondenza il vero cittadino, membro a pieno titolo della società civile, è il musulmano. 

Per questo, gli Stati islamici, se si escludono quelli più avanzati, non aderiscono alla carta dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite e non riconoscono il diritto alla libertà religiosa, ma ammettono solo l’Islam come religione di Stato. Essi sfruttano questa libertà nei paesi non islamici, ma non la concedono nei propri paesi ai non-musulmani. Noi Italiani concediamo la costruzione delle moschee, ma negli Stati islamici è proibita la costruzione di chiese cattoliche, salvo l’uso del penoso espediente che esse siano nascoste dietro la facciata di edifici civili.

Non si può negare la proverbiale attitudine religiosa del musulmano, lo zelo per l’adorazione e la preghiera, la lettura assidua del Corano, il rispetto per l’imam e l’autorità religiosa, la sua preoccupazione di obbedire a Dio, di accettare la sua volontà, il timore dei suoi castighi e la speranza del premio, i sacrifici e le pratiche ascetiche, lo sdegno contro i bestemmiatori e gli apostati, il coraggio nel manifestare pubblicamente la propria fede, l’adesione alla Umma, la comunità dei credenti,  le opere della solidarietà fraterna.

Non si può dire che la famiglia non sia curata: il musulmano ha la chiara percezione che essa è la sorgente e la culla della vita umana e fattore di prestigio sociale ed economico, nonché incremento demografico e rafforzamento della nazione. Essa fa dei genitori i primi trasmettitori della fede ai figli e sorveglianti originari della loro fedeltà al Corano.

La funzione della donna è duplice: è quella della maternità ed è quella di soddisfare il bisogno del piacere sessuale. L’Islam è nato in un popolo fortemente sensuale, benché conscio del dovere di dominare l’istinto. Il musulmano non percepisce come il cristiano che la donna lo completa nella spiritualità su di un piano di pari dignità personale.

 A causa dell’eccessiva attrazione sessuale che la donna esercita sul maschio, questi non ha la percezione della mutua complementarità spirituale fra uomo e donna, ma si limita a capire da una parte la sua missione familiare e dall’altra la sente come strumento di piacere. Secondo il Corano, la donna mantiene questa funzione anche in paradiso, dove invece non ci sarà più la riproduzione della specie.

Similmente alla visione luterana, anche per Maometto la riproduzione della specie - («siate fecondi e moltiplicatevi!», Gn 1,28) – è, come nello stato edenico, un obbligo universale. Per questo, in entrambi non è previsto il voto di verginità, ma ciò anche perché sia per Lutero che per Maometto la concupiscenza appare uno stimolo, al quale non si riesce a resistere. Maometto, come è noto, arriva ad ammetterla anche in paradiso.

Manca nell’etica islamica la dottrina del peccato originale, delle sue conseguenze e del suo rimedio. Il Corano ammette l’esistenza storica di Adamo ed Eva, ed anzi per il Corano Adamo, in quanto modello per tutta l’umanità, è il primo musulmano. E la decadenza conseguente al peccato di Adamo consiste appunto nel fatto che l’umanità nasce non musulmana, per cui, per salvarsi e tornare a Dio, deve convertirsi all’Islam. Per il Corano, quindi, non c’è alcun bisogno del sacrificio di Cristo, ma non occorre altro rimedio che pentirsi dei propri peccati, farne  penitenza, invocare la divina misericordia con l’offerta di sacrifici e preghiere.

Manca inoltre nell’etica coranica l’aspetto ascetico, ossia la rinuncia ai legami carnali per ottenere una maggior libertà dello spirito, vale a dire la vita o consacrazione religioso-monastica. È certo apprezzata la forza dello spirito e della volontà, con lo sforzo e il coraggio che essi comportano (jihàd), ma lo spirito non aspira ad una libertà tale da sentire come intralci gli affetti carnali e gli interessi terreni, così da provar il bisogno di farne a meno, come invece suggerisce il Vangelo e si riscontra nella vita ascetica cristiana. 

Questo rifiuto dell’ascetica avvicina l’etica islamica all’etica luterana, essa pure contraria, come sappiamo, alla vita religiosa. Un’eccezione a questa impostazione è data dalla corrente dei sufi[1], nati probabilmente sotto influsso cristiano, a lungo osteggiata, ma che ebbe riconoscimento legale nel sec. XIII per interessamento di Al-Gazzali.

Colpisce un’altra coincidenza, su questo punto, fra Maometto e Lutero: l’apprezzamento di entrambi per la verginità della Madonna. Entrambi condannano il voto di verginità considerandolo troppo al di sopra della natura e irrealizzabile, mentre apprezzano la fede nella verginità di Maria: Lutero in quanto Madre di Dio, Maometto in quanto madre del profeta Gesù.

La storia dei rapporti fra cristiani e musulmani

                                                                                                 Chi non raccoglie con me, disperde
                                                                                                                              Mt 12,30

È la storia agitata e fluttuante di un alternarsi di periodi di precaria convivenza con periodi di conflitto e di persecuzione islamica contro i cristiani. Non si dà mai per i cristiani una prolungata sicurezza, ma sempre daccapo, passato un periodo più o meno lungo, ecco ricomparire l’aggressività e la coercizione. Certamente anche i cristiani hanno fatto strage di musulmani: si pensi alle crociate o alla battaglia di Lepanto o alla battaglia di Vienna o alla cacciata dei Mori dalla Spagna. Tuttavia non c’è dubbio che i cristiani hanno sempre dovuto difendersi dalle aggressioni islamiche.

Infatti l’espansionismo islamico iniziò subito con l’invasione di territori cristiani, come la Palestina, Turchia e l’Africa del Nord, portando all’estinzione delle comunità cristiane, estinzione evidentemente avvenuta, salvo forse casi rarissimi, non certo per un loro moto spontaneo e convinto di conversione all’Islam, ma sotto la minaccia delle armi.  

Davanti ad un’aggressione di tali proporzioni e di tale violenza, la cristianità rimase in un primo tempo sconcertata e non si pensò ad organizzare una risposta sul piano dell’evangelizzazione o del dialogo, se non forse quello legato agli scambi commerciali. La riconquista dei territori islamizzati sembrò impossibile e di fatto è stata impossibile. Intanto l’Islam si diffondeva in Siria, Iraq e Persia nei secc. VIII-IX. Il Libano vede ormai da molti secoli la convivenza di cristiani e musulmani.

Ritengo che la Chiesa per alcuni secoli avrebbe dovuto organizzare una missione di evangelizzazione o rievangelizzazione dei musulmani, che intanto crescevano di numero. Purtroppo nei secc. IX-X la Chiesa patì una gravissima crisi morale ed organizzativa proprio in un momento in cui l’Islam si stava sviluppando a più non posso. La rinascita dei secc. XI-XII è stata certamente splendida, ma secondo me ancora una volta non è riuscita ad organizzare una missione per risolvere il problema dell’Islam. Intanto i musulmani cominciavano ad opprimere la Chiesa palestinese e fu così che iniziò il periodo delle crociate. Era proprio necessario?

I primi a volere esser missionari tra i musulmani furono i Francescani e i Domenicani. Solo i primi sono riusciti a convivere con i musulmani fino ad oggi. SanTommaso d’Aquino nel sec.XIII scrisse la Summa Contra Gentes per la conversione dei musulmani. Nell’Impero Ottomano i cristiani condussero una vita passabile. Nel ‘400 la Spagna è liberata dal dominio musulmano. Nel 1453 Costantinopoli cade in mano musulmana. Ma intanto l’espansionismo turco muove alla conquista dell’Europa. Vengono invasi i paesi balcanici. L’avanzata islamica è fermata a Lepanto nel 1571 e a Vienna nel 1683. I Gesuiti, nati nel sec. XVI, operano attivamente per la conversione degli islamici. L’Islam nell’’800 si estende in Africa centrale e in Oriente.

Nel 1968 nuovo grande slancio musulmano della corrente sciita, più radicale, in Iran ad opera di Khomeini. Inizia l’immigrazione islamica in Europa. Già negli anni ’80 in Germania c’erano quattro milioni di Turchi. Oggi sono in continuo aumento per mezzo dell’immigrazione. Numerose sono le persecuzioni in Siria, Palestina, Arabia, Iraq, Iran, Sudan, Congo, Etiopia, Somalia, Eritrea, Daesh, Yemen, Pakistan.

In altri Stati, invece, la situazione è più calma o tollerabile o si dà una convivenza pacifica. Ma non manca in alcuni paesi il flagello del terrorismo, come abbiamo potuto vedere in questi ultimi anni negli Stati Uniti, in Francia, Germania, Belgio, Spagna e Inghilterra. Comunque, la convivenza, bene o male, in molti Stati esiste, come nei paesi dell’Europa occidentale, negli Stati Uniti, in Russia, in Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Libia, Bulgaria, Romania, Albania, Bosnia, Erzegovina, Cipro, Montenegro, Filippine, Armenia.

L’afflusso di migranti islamici in Italia ed in altri paesi europei è in aumento. Essi non nascondono il loro proposito di convertirci alla loro religione. Il caso di Silvia Romano è emblematico. Essi trovano da noi nei buonisti, che sono la maggioranza, convinzioni cristiane fragili e senza solido fondamento razionale, spirituale e culturale.

Bisogna accogliere questi immigrati con prudenza e carità ad un tempo. Si deve loro permettere di agganciarsi alle comunità islamiche già esistenti. Ma occorre vigilare che non si tratti di facinorosi, che approfittano della democrazia e del diritto alla libertà religiosa, per mirare ad abbattere le leggi e le istituzioni dello Stato italiano, per sostituirlo con uno Stato islamico, una volta giunti al potere con libere elezioni. Questi istigatori all’odio anticristiano e alla sovversione delle istituzioni devono essere individuati per tempo dall’autorità civile e religiosa, prima che si procurino adepti, ed espulsi dal territorio nazionale.

Nel contempo è urgente che la Chiesa formi un personale ed organizzi una pastorale adatta ad avvicinare gli islamici presenti nel nostro territorio, suscitando in loro interesse e stima per noi con gesti ed iniziative personali o sociali, pubbliche o private, spontanee o istituzionali, politiche, religiose, culturali ed economiche a loro favore o di comune interesse.

Il metodo per attirarli alla fede cristiana è quello stesso che Cristo ci ha insegnato e praticato, e che quindi ha sempre funzionato in tutta la storia dell’espansione del Chiesa nel mondo: testimonianza della carità fraterna fra di noi (Gv 13,35),  disinteresse, dedizione, pazienza, segni di credibilità, sufficiente preparazione, attitudine alla persuasione, predicazione leale, convinta, chiara, oggettiva, integrale, accessibile, senza ambiguità, imposizioni, opportunismi, narcisismi, esibizionismi, riduzionismi, reticenze, finzioni, ed astuzie.

Il problema è che nei buonisti la certezza di fede è sostituita dall’opinione soggettiva, per cui essi, ammesso che accettino tutti i contenuti della fede cattolica, cosa su cui c’è già da dubitare, data la loro tendenza all’eresia o dell’ignoranza, non avvertono l’universalità dei valori della fede e quindi la loro obbligatorietà universale, ma coloro che si convertono all’islamismo non destano in loro alcuna preoccupazione, poiché vedono la cosa come una scelta semplicemente diversa, né passa loro per la testa di tentare di riavvicinarli alla fede cattolica, così come sarebbe sconveniente che un domenicano tentasse di persuadere un francescano a farsi domenicano.

Quanto agli islamofobi, la loro opposizione malevola, dettata da ignoranza e mancanza di discernimento, è troppo spinta e sono incapaci di una vera accoglienza. Per il loro estremismo rifiutano qualunque accordo con loro, anche su obbiettivi ragionevoli e convenienti. Quanto all’eventualità di una conversione dei musulmani, la vedono come una cosa impossibile e tendono a generalizzare in modo indebito certi loro comportamenti arroganti e fanatici, trascurano l’esistenza fra di loro di elementi ragionevoli e moderati. Ignorano completamente gli aspetti validi del Corano e la possibilità di confrontarli col Vangelo[2].

Il lavoro da fare è invece quello di sviluppare e integrare il giudizio del Concilio sull’Islam con quello di Benedetto XVI e la posizione di Papa Francesco relativa all’accordo di Abu-Dhabi. Benedetto mette in luce la difficoltà. Francesco i punti di contatto e i segni di speranza, nella linea del Concilio. I due insegnamenti non si escludono, ma si integrano a vicenda. 

Dalla loro sintesi, si capisce che cosa dobbiamo fare: evitare da una parte il buonismo opportunista, relativista ed indifferentista, cincischiante attorno al dialogismo assoluto e dalla chiacchiera inconcludente e stoltificante. Mentre dall’altra parte bisogna evitare l’islamofobia, teorizzatrice dello scontro frontale, atteggiamento ipocrita, che si ammanta della fedeltà a Cristo, ma in realtà  profondamente ingiusto, privo di misericordia, di discernimento culturale e sapienziale e di oggettività, dettato non dall’amore per la verità e da un desiderio di fraternità, ma da un preconcetto stato emotivo di odio e di paura, che, troppo impressionato per un lungo passato storico purtroppo doloroso, attribuisce temerariamente a tutti i musulmani un’inguaribile malafede e malvagità ed odio contro il cristianesimo, che li rende tutti degni dell’inferno, e una sordità senza speranza all’appello del Vangelo.

Come Abramo, del quale pure i musulmani si considerano eredi, siamo oggi chiamati nella presente circostanza a «sperare contro ogni speranza» (Rm 4,18), se crediamo veramente che tutti sono chiamati alla salvezza e che Cristo è morto per tutti e se abbiamo fiducia nelle parole del Signore, quando ci comanda: «predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). Sono forse esclusi i musulmani? 

«Va bene – uno forse potrebbe obiettare –, ma loro hanno già le loro convinzioni, dalle quali non intendono assolutamente recedere, come lo stanno dimostrando da 14 secoli». D’accordo. Ma non sono più fondate le nostre convinzioni che le loro? Non sono forse le loro convinzioni confutabili, mentre le nostre sono irrefutabili? Non appartengono anche i musulmani alla razza umana? Non sono capaci anche loro di ragionare? Chi ha mai detto che l’opera dell’evangelizzazione non comporti la confutazione di idee errate? E Cristo non ci ha forse promesso di essere con noi fino alla fine dei secoli?

Le dottrine del Concilio, compreso ciò che il Concilio dice dell’Islam, vanno assolutamente ritenute e sono irreformabili, perché, nel pieno rispetto della Tradizione, esse fanno avanzare la dottrina dei Concili precedenti. Ma occorre nel contempo onestamente riconoscere alcuni difetti nella pastorale del Concilio.
Esso infatti, esalta troppo la bontà e la buona fede degli uomini, minimizza la malvagità umana, scusa troppo la colpa, enfatizza troppo la misericordia divina, quasi che essa non sia condizionata dal pentimento e dall’espiazione, non parla quasi mai dei meriti che ci si deve fare per raggiungere il paradiso, non parla mai del timor di Dio, della funzione correttiva dei castighi divini e dell’esistenza di dannati nell’inferno, tutte cose di religione naturale, oltre che evangeliche,  che sono inculcate dallo stesso Corano. 

Ad ogni modo, bisogna precisare che, tolti questi difetti, la pastorale del Concilio è ottima ed è più evangelica di quella dei precedenti Concili. Essa infatti è adatta all’evangelizzazione dei musulmani, come mai era avvenuto nella pastorale dei precedenti Concili, i quali mai fino ad allora avevano pensato ad evidenziare aspetti positivi dell’Islam. Invece, nel Concilio Vaticano II la Chiesa, con la sua autorità dottrinale infallibile, per la prima volta dalla nascita dell’Islam, ha riconosciuto le verità contenute nella religione islamica. 

Ciò ovviamente lascia intatta la condanna degli errori del Corano per quanto riguarda il mistero trinitario e gli altri misteri propri della fede cristiana, anche nel campo della morale. Tuttavia gli oppositori irriducibili e globali dell’Islamismo, se sono onesti e vogliono essere veri cattolici, devono prender atto del fatto che il Concilio, col suo giudizio sull’Islam, ha realizzato una svolta storica dall’incalcolabile portata e ci offre una speranza soprannaturale della quale finora troppi hanno dubitato o diffidato. Chi si ostina nello scetticismo e nella diffidenza con falso ed amaro realismo, mostra di non credere nell’azione dello Spirito Santo, Che per mezzo della Chiesa chiama tutti i popoli e tutte le religioni all’unità con Cristo e sotto Cristo.

Che cosa succederà?

       Diventeranno un solo gregge sotto un solo pastore
Gv 10,16
      
Prima dovrà venire l’apostasia
ed esser rivelato l’uomo iniquo
II Ts 2,3

La storia della Chiesa si muove nei secoli secondo una duplice modalità: da una parte abbiamo un moto espansivo di crescita, di arricchimento, di vitalità e di unificazione, sotto l’impulso dello Spirito Santo, per cui essa maternamente chiama à sé e raccoglie nel suo seno tutte le genti, sicché vediamo come essa nel passato sia andata soggetta ad un continuo aumento quantitativo numerico ed espansivo, ossia geografico e territoriale.

Ma nel contempo essa è soggetta all’azione di Satana, che è del tutto contraria a quella dello Spirito Santo: se lo Spirito raccoglie, il demonio disperde; se lo Spirito unifica, il demonio divide; se lo Spirito pacifica, congiunge e concilia, il demonio contrappone e genera conflitti e discordie; se lo Spirito vitalizza, il demonio mortifica; se lo Spirito infervora, il demonio raffredda; se lo Spirito fa crescere, il demonio fa decrescere; se lo Spirito espande, il demonio restringe; se lo Spirito edifica, il demonio distrugge; se lo Spirito rafforza, il demonio indebolisce.

Per quanto riguarda il cammino della Chiesa nel futuro, ci pare di trovarci davanti a due previsioni contrastanti. Da una parte, le parole del Signore:

«per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà fino alla fine, sarà salvato. Frattanto questo Vangelo del regno sarà annunziato a tutto il mondo, perché sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine» (Mt 24, 12-14).

E qui pare che la Chiesa predichi a tutto il mondo e sia quindi giunta fino ai confini della terra. Dall’altra parte, Paolo prevede un’apostasia generalizzata (II Ts 2,3) e sembra che le forze del male assaltino la Chiesa ridotta a un piccolo gregge: «Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d’assedio l’accampamento dei santi e la città diletta» (Ap 20, 9). 


Come spiegare questa situazione apparentemente contradditoria? La Chiesa è al massimo dell’espansione o si è ridotta in dimensioni insignificanti? L’umanità diventerà un solo gregge o la Chiesa sarà dispersa nelle nazioni? Può esser vera l’una e l’altra cosa: una Chiesa diffusa in tutto il mondo sempre tuttavia esposta come piccolo gregge, all’assalto delle forze demoniche.

Possiamo allora sperare, in questa visuale, che la Chiesa accolga un giorno nel suo seno i musulmani che si convertono a Cristo, così come la Chiesa espandendosi, ha sempre accolto nel suo grembo popoli che adoravano gli idoli a cominciare dagli antichi Romani? All’epoca di San Pietro e di San Paolo, chi poteva immaginare che la predicazione cristiana sarebbe riuscita a convincere i Romani, fieri dei loro dèi, ad abbracciare la religione di Cristo?

Un potente stimolo alla conversione furono i martiri. E per questo Tertulliano espresse la famosa frase che «il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani». Ma quanti cristiani gli islamici hanno martirizzato lungo i secoli e lo fanno anche oggi. Ma non pare che la loro coscienza si scuota.

Che cosa dunque ci vuole per convincere i musulmani? Come mai tanta durezza, tanta ostinazione, tanta sordità? A Roma ci son voluti 3 secoli per convertirsi. Ma poi dalla Roma pagana è sorta la splendida, immortale Roma cristiana, sede del Vicario di Cristo. Che cosa è che invece blocca i musulmani da 14 secoli? Certamente è una forza satanica. Come vincerla? Come scacciarla? Occorrerebbe, forse, un successore di Maomtto, di genio e prestigio nel mondo musulmano pari a lui, un nuovo profeta che, presentatosi con segni prodigiosi, come inviato di Dio e mandato da Maometto, correggesse il Corano in senso cristiano. Infatti la profezia è per sua essenza una visione parziale di Dio, per cui si può dare un profeta che vede Dio meglio del precedente. Solo Dio vede pienamente Se stesso. E per questo, la visione di Dio che ha Cristo è la più alta ed è insuperabile, perché Cristo è Dio.

Ma soprattutto occorre invocare lo Spirito Santo e chiederGli insistentemente che ci indichi la via e ci dia la forza per condurre i musulmani a Cristo. Al riguardo, sono convinto che il Concilio stia giungendo al loro cuore, come giunse al cuore di Roma nell’imperatore Costantino, che nel nome del popolo romano, disse a Gesù apparsogli in visione: «Galileo, hai vinto».

P. Giovanni Cavalcoli 
Fontanellato, 29 luglio 2020




Papa Francesco - Viaggio in Marocco (2019)
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2019/3/31/religiosi-marocco.html


Papa Francesco con l’imam sunnita Ahmad al-Tayyeb dell’Università di Al Azhar


[1] Louis Gardet, Esperienze mistiche in paesi non cristiani, Edizioni Paoline 1960.
Ill Vangelo e il Corano, in Sufficit gratia mea, raccolta di studi in onore del Card. Angelo Amato, Libreria Editrice Vaticana, 2019, pp.21-25.

3 commenti:

  1. Gent.mo padre Cavalcoli, ho finito da poco il suo libro sul buonismo e la seguo sempre con passione. Per ragioni di ricerca mi sono occupato un po' dell'origenismo e della cosiddetta eresia dell'apocatastasi con conseguente non eternità dell'inferno. Lei ha citato a più riprese il concilio di Quierzy dell'853 dicendo che fu approvato ufficialmente dalla Sede Romana, ciò che ci permette di dire che la dottrina "dell'etsi non omnes salventur" ha ricevuto un'approvazione dogmatica da parte del romano pontefice e gode quindi di uno statuto dottrinale prossimo alla fede (perdoni le eventuali inesattezze lessicali). Purtroppo non sono stato in grado di recuperare, nemmeno nella bibliografia scientifica, alcuna notizia precisa circa l'accoglienza delle conclusioni conciliari da parte della Santa Sede. Potrebbe dirmi, per cortesia, qual è la sua fonte per questa notizia? La ringrazio anticipatamente per la risposta e chiedo la sua benedizione.
    Pietro

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    1. Caro φῶς ἀληθινὸν, il Concilio di Quierzy fu presieduto da Incmaro di Reims. Fu un Concilio locale, ma fu approvato dal Papa, perché figura nel Denzinger ai nn. 621-624. Inoltre è citato dal documento della Commissione teologica internazionale dedicato alla questione del limbo. Infine è citato dal CCC al n. 605.

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    2. Gent.mo padre, grazie per la risposta. Effettivamente compare nel Denzinger e nel CCC, e se lei lo considera un'approvazione implicita sufficiente, suppongo che abbia ragione. Grazie ancora per il lavoro che fa e per il tempo dedicatomi!
      Pietro

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