Nota sull’infallibilità
pontificia
In occasione del 150° anniversario della
proclamazione del dogma dell’infallibilità pontificia al Concilio Vaticano I,
ho pensato che possa essere utile per i lettori questa nota sul significato di
questo dogma ispirandomi all’insegnamento di Giovanni Paolo II, il quale ha
spiegato il senso e i limiti dell’infallibilità nell’udienza generale del 24 marzo 1993:
“L’infallibilità
- ha affermato - non è data al Romano Pontefice come a persona privata,
ma in quanto adempie l’ufficio di pastore e di maestro di
tutti i cristiani. Egli inoltre non la esercita come avente l’autorità in se
stesso e da se stesso, ma ‘per la sua suprema autorità apostolica’ e ‘per
l’assistenza divina a lui promessa nel Beato Pietro’. Infine, egli non la
possiede come se potesse disporne o contarvi in ogni circostanza, ma solo
‘quando parla dalla cattedra’, e solo in un campo dottrinale limitato alle
verità di fede e di morale e a quelle che vi sono strettamente connesse (…) il
Papa deve agire come ‘pastore e dottore di tutti i cristiani’, pronunciandosi
su verità riguardanti ‘fede e costumi’, con termini che manifestino chiaramente
la sua intenzione di definire una certa verità e di richiedere la definitiva
adesione ad essa di tutti i cristiani. È quanto avvenne – per esempio – nella
definizione dell’Immacolata Concezione di Maria, circa la quale Pio IX affermò:
‘ ‘È una dottrina rivelata da Dio e dev’essere, per questa ragione, fermamente
e costantemente creduta da tutti i fedeli’; o anche nella definizione della
Assunzione di Maria Santissima, quando Pio XII disse: ‘Con l’autorità di Nostro
Signore Gesù Cristo, dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, e con la nostra autorità,
dichiariamo e definiamo come dogma divinamente rivelato... ecc.’. A queste
condizioni si può parlare di magistero papale straordinario, le cui
definizioni sono irreformabili ‘di per sé, non per il consenso della Chiesa’ (…)
I Sommi Pontefici possono esercitare questa forma di magistero. E ciò è di
fatto avvenuto. Molti Papi però non lo hanno esercitato”.
Infallibilità dottrinale pontificia vuol dire
che il Papa, quando, come pastore universale della Chiesa e maestro della fede
insegna o chiarisce alla Chiesa e al mondo una dottrina di fede o connessa con
la fede, non s’inganna e non inganna. In parole semplici: quando il Papa
annuncia o spiega il Vangelo alla Chiesa e al mondo dice sempre la verità e non
può sbagliarsi.
Bisogna però distinguere l’infallibilità ordinaria dall’infallibilità straordinaria. La prima concerne
l’insegnamento della dottrina di fede già
nota o di dogmi già definiti. La seconda concerne la definizione di un nuovo dogma. Il tipo di infallibilità al quale
allude San Giovanni Paolo II è il secondo, non il primo.
Quando quindi egli dice che molti Papi non
hanno esercitato il carisma dell’infallibilità, intende riferirsi alla definizione di nuovi dogmi; ma non intende
affatto dire che il Papa, quando nel suo magistero ordinario o quotidiano orale
o scritto insegna le verità del Vangelo, possa sbagliarsi o insegnare il falso
o, peggio, cadere nell’eresia.
Quindi, se si vuole avere il dovuto rispetto
per il magistero dottrinale pontificio ordinario e quotidiano, bisogna
assolutamente evitare la slealtà di coloro, i quali, sotto pretesto del fatto che il Papa in questo tipo di magistero
non esercita l’infallibilità solenne o straordinaria, ossia non definisce un
nuovo dogma, negano l’infallibilità ordinaria, per cui si permettono di notare
o di accusare il Papa di errore o di falso o addirittura di eresia, quando insegna
cose che non sono di loro gradimento.
P. Giovanni Cavalcoli
Fontanellato, 18 luglio 2020
Preg.mo Padre Cavalcoli,
RispondiEliminale chiedo, cortesemente, di aiutarmi a comprendere come si concili l’impossibilità che un Papa possa sostenere tesi eretiche, con i seguenti due fatti storici:
1) Papa Onorio I (625-638) fu scomunicato postumo da tre Concili ecumenici (il Terzo Concilio di Costantinopoli del 681, il Secondo Concilio di Nicea del 787 e il Quarto Concilio di Costantinopoli dell’870) poiché sosteneva la dottrina eretica del Monotelismo. Nella lettera con cui confermò i decreti del Terzo Concilio di Costantinopoli, Papa San Leone II (682-683) lanciò l’anatema su Papa Onorio (“anathematizamus Honorium“), affermando che il suo predecessore “non illuminò questa Chiesa apostolica con la dottrina de la tradizione apostolica, ma cercò di sovvertire l’immacolata fede con un empio tradimento” (Denzinger-Schönmetzer, 563).
2) Papa Giovanni XXII (1316-1334), sostenne a lungo la tesi eretica secondo cui i santi avrebbero goduto della visione beatifica solo dopo il Giudizio Universale, nella seconda venuta di Cristo. Si ebbero ammonizioni e confutazioni pubbliche anche attraverso diverse pubblicazioni teologiche e una correzione fraterna da parte del Cardinale Jacques Fournier, che poi succedette a Giovanni XXII con il nome di Papa Benedetto XII (1334-1342). Soltanto in punto di morte, Giovanni XXII ritrattò la dottrina erronea.
La ringrazio dell’attenzione che vorrà riservarmi, e la saluto con cordialità e stima
Bruno V.
Caro Bruno,
Elimina1. il caso di Papa Onorio fu chiuso e definitivamente chiarito da Papa S.Leone II, il quale sentenziò che Onorio non era stato personalmente, intenzionalmente e volontariamente eretico, ma bensì negligente nel reprimere l'eresia: "flammam haeretici dogmatis non, ut decuit apostolicam auctoritatem, incipientem exstinxit, sed NEGLIGENDO confovit" (Denz.560): dunque non un falso giudizio, o errore dell'intelligenza, che caratterizza la vera e propria eresia, ma un atto di imprudenza pastorale.
2. Giovanni XXII aveva espresso quella tesi non come maestro della fede o con l'intenzione di definire, ma come dottore privato. Cf Andrea Vaccari,Il dogma del paradiso, Lateran University Press, Roma 2005
P.Giovanni
P.Giovanni
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