La concezione buonista del peccato
I buonisti falsificano
la divina Provvidenza
I buonisti hanno di Dio una concezione
dimezzata: accettano alcuni attributi, ma ne rifiutano altri, con la
conseguenza, però, che, dato che essi sono tutti connessi fra di loro, togliendone
alcuni, vengono distrutti tutti, si finisce nell’ateismo e nel nichilismo.
Ammettono un Dio creatore, infinito, eterno,
trascendente, sapiente, provvidente, buono, pacifico, misericordioso, amante
dell’uomo. Ma non ammettono che possa esistere senza l’uomo, perché secondo
loro l’uomo, come dice Rahner, è il «destino di Dio», cioè l’uomo è finalizzato
a Dio, ma anche Dio è finalizzato all’uomo, per cui, come dice Hegel, «Dio non
è Dio senza il mondo». Si capisce allora che scompare la trascendenza divina.
Dio per i buonisti è per essenza sempre con
l’uomo; perdona sempre e non castiga mai. Ciò fa sì che ognuno nutra troppa fiducia
di salvarsi, per cui viene meno quel santo timore di Dio, che rende vigilanti
nel timore di peccare e quindi facilita la fuga dal peccato. Coloro che cadono
più facilmente nel peccato sono infatti coloro che sono troppo sicuri di non
peccare. Non che non si debba confidare nella grazia, ma il fatto è che
dobbiamo tener conto anche della nostra fragilità, volubilità ed inaffidabilità.
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Se certe azioni della
natura, come i cataclismi, i terremoti, le siccità, le alluvioni, le carestie,
le epidemie, le bestie feroci recano danno all’uomo, e se la parte materiale
dell’uomo è governata da leggi chimiche che prima o poi costringono l’anima ad
abbandonare il corpo con la morte, non significa che anche l’azione di questi
agenti chimici sia cattiva, perché fa danno all’uomo, giacchè anche qui siamo
davanti a un ordine stabilito da Dio, il quale ordine, perché stabilito da Lui,
è con ciò stesso buono, e danneggia l’uomo solo come conseguenza del peccato
originale.
Il buonista, che
considera il racconto genesiaco privo di qualunque attendibilità storica,
ammettendo il darwinismo ed essendo possibile anche il poligenismo, un semplice
mito eziologico per spiegare poeticamente l’attuale fragilità e peccaminosità
umane, perde di vista la realtà tragica del peccato nella sua essenza profonda
e nelle sue conseguenze umanamente irrimediabili, e lo riduce a un semplice,
banale inevitabile incidente di percorso
Se al vasaio capita di
sbagliare nel formare un vaso e viene fuori un vaso deforme, non ha bisogno di
confessarsi e invocare il perdono divino, ma semplicemente getta via il vaso
malriuscito e prosegue tranquillo nel lavoro.
Immagini da Internet:
- Eruzione Vesuvio, Pierre-Jacques Volaire