La razionalità nella conduzione della guerra

 La razionalità nella conduzione della guerra
 

Con decisioni prudenti si fa la guerra

Pr 24,6

Deprecabilità ed inevitabilità della guerra

Il fenomeno della guerra è indubbiamente un’impressionante, ricorrente e tragica manifestazione di irrazionalità, scatenamento di passioni incontrollate, crudeltà, soprattutto la superbia di chi, divinizzando se stesso, e privo di timor di Dio, crede che tutto dipenda da lui e sia a suo servizio; da cui l’imposizione delle proprie idee come fossero la verità assoluta, l’inganno e la frode per assoggettare il prossimo ai suoi fini perversi, una volontà di potenza, che lo porta a voler dominare, umiliare, rapinare, sfruttare e schiacciare il prossimo, l’ira scatenata, espressione dell’odio assetato di sangue, l’avarizia, la sete di impossessarsi dei beni altrui.

La guerra è una delle conseguenze più macroscopiche, allucinanti, odiose e mortifere del peccato originale, che ha diviso quell’umanità, uomo e donna, che avrebbe dovuto e potuto essere unita, ha posto ostilità dell’uomo contro Dio, ha posto per conseguenza ostilità e divisione fra uomo e donna, fra spirito e carne, tra anima e corpo, tra persona e persona, tra fratello e fratello, tra padre e figlio, tra razza e razza, tra stirpe e stirpe, tra popolo e popolo, tra nazione e nazione, tra uomo e natura.

È logico che, essendosi spezzato il vincolo che teneva l’uomo unito a Dio e in pace con lui, tutti gi altri vincoli che da questo primo dipendono, si siano spezzati e al posto della pace sia nata la guerra.

Nella vita presente le guerre sono inevitabili, così come sono inevitabili il peccato, la fragilità, la sofferenza e la morte. Quello che possiamo e dobbiamo fare, nel corso della storia, col soccorso della grazia, l’esercizio delle virtù e illuminati dalla fede, è quello di diminuire gradualmente le crudeltà, le ingiustizie, i crimini, le pazzie e gli orrori della guerra.  

Solo nella vita futura, allorchè i salvati godranno dell’eterna beatitudine non vi saranno più guerre, perché tutti saranno in pace con tutti, liberi ormai per sempre da ogni forma di odio o malvagità. Ma quaggiù, per quanti sforzi facciamo per raggiungere un’umanità pacifica, vi saranno sempre uomini bellicosi e violenti, provocatori di guerre e confitti. Far ragionare il violento non è facile; normalmente la forza si respinge con la forza, anche se l’uso della forza dev’essere ragionevole.

La guerra, quando è mossa senz’alcun motivo ragionevole, è certamente una pazzia, come ama dire il Santo Padre; se poi alla sua radice c’è la superbia, la brama di dominio, il gusto del conflitto, la volontà di prevalere sull’altro, la volontà di distruzione, l’odio, la cupidigia di ricchezze, la guerra è un peccato sociale e collettivo e un crimine gravissimo.

Se è stata una follìa quella di Hitler di voler dominare con la forza in Europa, non è certo stata una follìa quella degli Alleati di abbattere Hitler. Se è stata una follìa quella di Napoleone di pretendere di assoggettare la Russia, non è certo stata una follìa quella della Russia di cacciare Napoleone. Così sul piano della cultura, se è una follia quella degli idealisti tedeschi di pretendere di dominare nella filosofia, non è certo una follìa la dura reazione dei tomisti nel confutare l’idealismo.

Ad ogni modo. volendo riferirsi all’aspetto odioso della guerra, mi pare più conveniente definirla con categoria tratte dalla morale più che dalla psicopatologia. La guerra non è un fenomeno di demenza collettiva, di competenza degli psichiatri, ma è un’azione umana collettiva volontaria ingiusta e criminale, nella quale l’uso della ragione non è assente, ma semmai è contro l’ordine morale, un’azione tale da meritare il castigo divino e la sanzione della giustizia umana.

Non bisogna però confondere il crimine di guerra con la guerra stessa come tale. Infatti in guerra il militare può dar prova sì di viltà o crudeltà, ma anche di coraggio, obbedienza e fedeltà al dovere, di eroismo e di alta capacità di sacrificio, fino al sacrificio della vita stessa. Non è escluso infatti che ci si possa sacrificare uccidendo, se si soccombe combattendo contro un nemico della vita o della pace o della libertà.

Per rimediare a una guerra, occorre conoscerne le cause.

La guerra non è necessariamente un semplice scatenarsi di passioni irrazionali, ma esiste anche un guerreggiare razionale secondo giustizia e prudenza, in ottemperanza al codice di guerra, custodito dal tribunale di guerra, che presiede al dovere del militare di combattere secondo giustizia (Ap 19,11) e non per dar sfogo all’ira, all’odio e alla passione.

Insomma la guerra, quando è doverosa, dev’essere regolata e motivata dalla ragion pratica secondo le legge naturale e divina. Il combattente cristiano ha il dovere di confidare nell’aiuto divino, quando compie il suo dovere militare. A che servono infatti i cappellani militari? Il militare cristiano che muore sacrificandosi per la patria può esser certo di andare subito in paradiso, come ha detto il Patriarca Cirillo, questo a prescindere dal merito se nella guerra in Ucraina hanno ragione gli Americani o i Russi.

L’idea che il servizio militare sia illecito perché contrario alla pace e perché la guerra è una cosa irragionevole, perché è una pazzia ed una cosa  immorale, questa convinzione è esistita sin dagli inizi del cristianesimo, sicchè esistettero pagani, i quali, facendosi cristiani, credettero di dover abbandonare il servizio militare.

Ma la Chiesa non ha mai approvato simili idee ed ha sempre fornito cappellani alle forze armate, segno evidente che essa non respinge affatto l’idea che un cattolico faccia il servizio militare. Del resto, se la Chiesa disapprovasse la guerra in modo assoluto, se respingesse qualunque guerra solo perchè è una guerra, ossia un semplice confronto armato fra eserciti, ne verrebbe la conseguenza logica che il cattolico peccherebbe o dimostrerebbe di essere un demente facendo il servizio militare, cosa che la Chiesa è ben lontana dall’insegnare.

Il rifiutarsi di prestare il servizio militare può essere segno anche eroico di spirito di pace in un regime totalitario, dittatoriale e guerrafondaio, ma può essere in un regime democratico segno di viltà e di mollezza morale. È noto infatti il motto sessantottino «fate l’amore, non fate la guerra».

Chi è attaccato al piacere difficilmente accetta i sacrifici, le fatiche e la disciplina che sono richiesti dal servizio militare e ancor più mancherà del coraggio di affrontare il combattimento a rischio della vita. È ovvio che la vita dev’essere governata dall’amore, ma non bisogna confondere l’amore con la lussuria.

Il fenomeno della guerra, nella sua complessità, per poter essere compreso e superato ed essere sostituito dalla pace, dev’essere analizzato ed esaminato scientificamente e teologicamente con la massima attenzione, competenza e molta perspicacia nelle sue cause, nei suoi fini, nelle sue modalità, nel suo svolgimento, nelle sue caratteristiche individuali, perché ogni guerra, avvenendo nel concreto dell’esistenza, è diversa dall’altra.

E se non si coglie il concreto, ma si resta nel generico, i nostri interventi saranno inefficaci. E come il buon medico guarisce una malattia solo se è capace di fare una diagnosi non generica ma specifica, precisa e circostanziata, così il saggio che vuol indicare le vie della pace, deve fare un’analisi accurata della guerra in corso per stabilire le responsabilità, i doveri, gli errori, i meriti, chi ha torto e chi ha ragione dando unicuique suum.  

Per questo il fenomeno della guerra può essere sì, nella sua irrazionalità, oggetto d’interesse della psichiatria o della psicanalisi, ma esso è direttamente oggetto di considerazione, calcolo e riflessione da parte di chi la conduce e la combatte, da parte degli strateghi, che, se vogliono condurre la guerra in modo intelligente e a sangue freddo e arrivare alla vittoria, hanno il dovere di valersi delle moderne scienze marziali, di mezzi sufficienti, dell’esperienza storica, di saggi consiglieri militari, delle migliori risorse dei capi militari, nonché di usare rettamente la ragione tecnica e pratica per procedere razionalmente, con avvedutezza e prudenza per non commettere trascuratezze, negligenze, ingenuità, eccessi, errori o crimini.

Ma bisogna anche dire che il fenomeno della guerra, soprattutto in questo caso della guerra in Ucraina, quantunque in ogni guerra giochino sempre rivalità politiche, antagonismi etnici o sociali, interessi economici o di prestigio o di potere, ha sempre radici e motivazioni profonde nell’animo umano, perché nessun uomo ragionevole, che non sia una marionetta del regime,  decide alla leggera di mettere a repentaglio la propria vita, disposto ad uccidere quella altrui, se non in nome di profonde convinzioni, oggettivamente fondate o infondate che siano. Un conto è che un credente sia convinto in buona fede che Dio la vuole, un conto che un ateo combatta in nome del Partito o per fanatismo o in nome di un’ideologia totalitaria, come sono l’idealismo o il marxismo.

Chi conosce la storia della Chiesa d’Occidente e di Oriente, non ha difficoltà ad accorgersi, dai fattori politico-religiosi del teatro di guerra, che la causa remota, ma ancora attiva del conflitto ucraino, la causa rimovendo soltanto la quale avremo la pace fra Occidente ed Oriente, non è quella di una ingiusta rivendicazione territoriale russa, che pure balza in primo piano, ma è una causa ben più profonda, che attiene ad un ben noto contrasto dogmatico fra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli scoppiato nel 1054, circa la stessa concezione del mistero sommo del Cristianesimo, una tragica e funesta divergenza attinente alla concezione  stessa del Mistero Trinitario, la famosa questione del Filioque, una questione per nulla chiusa o superata, come alcuni ritengono, perché è invece una vertenza di vitale importanza tutt’ora aperta ed irrisolta, della quale purtroppo oggi nessuno parla e tanto meno pensa a connetterla col problema della guerra in Ucraina.

L’unione fra Occidente ed Oriente sarà una benedizione per tutta l’umanità, perché sarà la correzione dei rispettivi difetti endemici e la reciproca integrazione dei rispettivi pregi: l’Occidente dovrà rinunciare al suo presuntuoso razionalismo prassistico e tecnocratico, che lo conduce all’ateismo e dovrà invece sviluppare una razionalità aperta alla religione e alla contemplazione; l’Oriente dovrà abbandonare il suo panteismo irrazionale quietistico, che lo spinge all’inazione, coltivando il senso della Trascendenza divina e rinunciando ad assolutizzare l’io. 

Quanto al Filioque, ben lungi dall’essere un vago principio astratto, una questione di parole, è un principio attivo di capitale importanza, che porta con sè la negazione della vita morale cristiana, in quanto soggetta alla guida del Vicario di Cristo. Infatti lo Spirito Santo che procede dal Figlio è il fondamento del carisma di Pietro, per cui gli Ortodossi, a partire dal 1054, respingendo il primato del Romano Pontefice, si sono privati di tutto il progresso dogmatico attuato dai Sommi Pontefici fino ai nostri giorni.

Il Patriarcato di Costantinopoli, separandosi dal Romano Pontefice, perdette quel primato, quell’indipendenza e quella libertà che possedeva nei confronti dell’Imperatore, il quale, sentendosi pure lui custode della fede, cominciò a prevalere sul Patriarca.  Ancora a tutt’oggi il Patriarca Cirillo non dimostra di essere indipendente dalla politica di Putin, che imita il cesaropapismo degli zar e degli imperatori bizantini.  

Infatti nella concezione bizantina, che si aggrava dopo lo scisma del 1054, il custode dell’ortodossia e il compito di farla applicare nello Stato e nella Chiesa appartiene all’Imperatore, mentre al Patriarca sono riservati solo il culto e l’amministrazione dei sacramenti sono di competenza del Patriarca. Si comprende allora come il Patriarca, sottraendosi alla guida dottrinale del Romano Pontefice, si è trovato a dipendere ancora di più dalle idee religiose dell’Imperatore.

Questa situazione continuò persino nel regime sovietico, per quanto ciò possa sembrare paradossale, sebbene tale regime fosse ateo e antireligioso. Tuttavia il marxismo assunse il volto di una nuova ortodossia e di una nuova religione. Significativo è il titolo «Pravda», cioè verità, dato al quotidiano del Partito Comunista.

Fu così che Stalin limitò le attività religiose con la sua ben nota crudeltà sanguinaria, ma non si propose di abolire il senso religioso e di rinunciare al ruolo di custode e maestro della verità assoluta e salvifica, mettendo al posto del cristianesimo la dottrina di Marx: Dio non era più il Dio biblico, ma l’uomo liberatore di se stesso, secondo i princìpi dell’antropologia marxista. Stalin addirittura, come è noto, ristabilì il Patriarcato moscovita dopo che esso era stato abolito e sostituito dal Santo Sinodo dallo zar Pietro il Grande nel sec. XVIII.

Quanto al Patriarca sotto il regime sovietico, egli manteneva l’organizzazione del culto e la conduzione della vita religiosa, ma doveva trovare il modo, nella custodia dell’Ortodossia, di non recar disturbo all’ideologia dominante, evitando critiche e limitandosi a temi concilianti o di comune buon senso o di ordinaria umanità, senza ignorare quanto di buono il regime attuava nel campo sociale ed economico.

Le condizioni per la pace in Ucraina e fra Occidente ed Oriente

Come lo scisma del 1054 è all’origine della divisione dell’Europa e quindi dell’attuale scontro fra Occidente ed Oriente, così la sanazione dello scisma sarà il fattore della riconciliazione e della riunificazione e quindi della pace. Questa è la finalità dell’ecumenismo cattolico-ortodosso. Dispiace pertanto che, nonostante i dialoghi ecumenici che durano da 60 anni, non venga mai affrontato il tema del Filioque.

Il drammatico momento che stiamo vivendo va pertanto inteso come forte richiamo della Provvidenza a riprendere in mano la questione al fine di risolverla una volta per tutte, il che significa che i fratelli ortodossi devono riconoscere il loro errore per arrivare, come dice l’Unitatis redintegratio, alla pienezza della verità, della quale solo la Chiesa cattolica è in possesso.

Per questo, finché Roma e Costantinopoli non si accorderanno sulla questione del Filioque, cioè finché l’Ortodossia non avrà riconosciuto questo dogma, la pace in Europa sarà impossibile e per conseguenza, considerato il peso che l’Europa ha nel mondo, sarà impossibile la pace nel mondo. 

Da qui comprendiamo il ruolo fondamentale, ai fini di tale delicatissimo discernimento, del pastore d’anime, sia cattolico che ortodosso, nell’individuare questi motivi profondi, spirituali, buoni o cattivi della guerra. Chi infatti c’è di mezzo? Dio o il demonio? È solo quando il saggio pastore comprenderà queste cause, che esse potranno essere rimosse e si potrà raggiungere la pace. Una pace raggiunta senza risolvere questi problemi, sarà solo apparente e foriera di nuove guerre.

Stando così le cose, la Scrittura usa il termine guerra in due sensi: un senso negativo, come peccato o pazzia, e allora essa, inevitabile nello stato di natura decaduta, sarà assente nella terra dei risorti; e un senso neutro o tecnico come semplice conflitto fra due eserciti, e allora si tratterà di vedere di volta in volta dove sta la ragione e dove sta il torto.

La Scrittura è insuperabile esaltatrice della pace e della concordia fra gli uomini e quindi impareggiabile promotrice di soluzioni pacifiche mediante il dialogo e la trattativa delle controversie o vertenze o contenziosi fra popoli e nazioni. Ma nel contempo essa constata realisticamente che gli uomini, a seguito del peccato originale, hanno una tendenza all’odio, alla superbia, alla violenza, all’ira, per cui, incapaci di dominare razionalmente le passioni, aggrediscono il prossimo con la follìa della guerra. Da qui la necessità morale, come dovere di giustizia, da parte dei pacifici, di entrare a loro volta in guerra per vincere le forze militari scatenate dai bellicosi, ed ottenere quindi di assoggettarli e di raggiungere la pace[1].

A tal riguardo la Scrittura insegna che una guerra può essere voluta da Dio (I Cr 5,22; 14, 8-17; 18, 6-13; Gl 4,9). Dio tuttavia, che non vuole la morte ma la vita, vuole l’uccisione dei nemici della vita proprio in difesa della vita. E l’azione escatologica divina sarà proprio quella di eliminare tutte le guerre, cosa che però non appartiene alla vita presente, ma alla condizione della Gerusalemme celeste (Gdt 9,7; 16,2; Os 2,20).

Comunque sia, la guerra in se stessa, in quanto uso della forza militare di uno Stato contro quella di un altro, resta sempre un’azione umana, effetto della ragione e della volontà, il che non vuol dire che si tratti sempre di sana ragione e buona volontà. Ma per darne la qualifica morale, di giusta[2] o ingiusta, occorre vedere a quale a scopo, per quale motivo, in nome di che cosa, con quali mezzi e in che modo essa è ideata e praticata. In ogni caso, è chiaro che per vincere le forze nemiche, oltre che a disporre naturalmente di forze sufficienti, occorre un sagace esercizio della ragione, che organizza la strategia e la tattica.

Sta insomma di fatto che, affinchè una guerra ottenga il suo scopo di vincere il nemico, si tratti pure di una guerra ingiusta, occorre che chi la conduce si mantenga razionalmente lucido e non si lasci vincere da varie passioni, come l’odio o la cupidigia o il panico, perché ciò non farebbe che avvantaggiare il nemico. A maggior ragione occorrerà una sana ragione e un retto volere se il fine del guerreggiare è lecito e doveroso per la difesa dei valori che sono alla base di uno Stato, di una nazione o di un popolo.

Il rischio tuttavia che si può correre è che l’azione per la risoluzione del conflitto e la conquista della pace sia solo affidata alla sagacia delle forze militari e che queste quindi prendano la mano sui governi, sui consigli dei saggi o sulle autorità religiose, entità umane invece alle quali supremamente va assegnata la competenza, la responsabilità e la capacità di condurre effettivamente i belligeranti alla pace.

Per quanto infatti siano in gioco rapporti di forza simili ai fenomeni della natura, questi rapporti nelle guerre sono pur sempre guidati da agenti umani, che possono essere distolti dal male e indirizzati al bene mediante opportuni persuasivi messaggi o esortazioni che, calmando gli odi e le passioni, li spingano a ragionare o a ravvedersi.

Il caso della guerra in Ucraina

Nel caso presente della guerra in Ucraina sembra che le cose vadano evolvendosi in questo senso, ossia che siano i governi americano e russo, manovrando con le loro rispettive potenze militari, a ritenersi sufficienti per condurre il conflitto ad una soluzione.

Ma ragionare nei termini di una vittoria militare mi sembra estremamente pericoloso per la pace mondiale e privo di efficaci prospettive. Come ho già avuto modo di scrivere nel mio blog ed in un libro[3], sono convinto che questa guerra si risolve solo facendo emergere e dando voce alle forze e rappresentanze internazionali super partes, passando ad esse la direzione degli eventi, come le Nazioni Unite, ma soprattutto le forze religiose e spirituali, cattoliche ed ortodosse, non escluse altre forze, come quelle ebraiche, protestanti e musulmane, che recentemente non per nulla si sono incontrate nel grandioso convegno di Astana nel Kazakhstan, rilasciando alla fine del lavori un denso e ricco programma d’azione comune, che sembra fatto apposta per infondere nello scenario della guerra e tra i suoi protagonisti quell’anima di spiritualità che sola può procurare ai belligeranti, ai popoli coinvolti nel conflitto, in particolare Russi ed Americani, alla Comunità Europea e all’intera Comunità internazionale un soffio di speranza nel quadro presente, che sembra diventare sempre più fosco e spaventoso.

Occorre più che mai essere lucidi e ragionare, perché c’è il rischio di lasciarsi vincere da calcoli di mera potenza militare o di lasciarsi prendere dal panico, sentimenti, questi, che sono cattivi consiglieri, mentre invece, per trovare serenità e speranza occorre assolutamente cogliere e comprendere le cause storiche profonde della guerra, la quale, al di là dei rispettivi imperialismi russo e americano, al di là degli interessi economici, sono uno scontro spirituale, una mutua incomprensione e disistima umana, culturale, religiosa, radicate in un profondo passato, i cui nodi irrisolti stanno giungendo al pettine ed è lo scioglimento di  questi nodi, non l’ astuzia della potenza militare, che produrrà la tanto sospirata pace.

Penso in modo particolare all’utilissima ispirazione che viene da tutto quel Magistero che San Giovanni Paolo II ha dedicato a evidenziare la necessità di un incontro fra i «due polmoni dell’Europa» dopo un millennio di dolorosa separazione religiosa[4].  

Se la Russia ha delle semplici rivendicazioni territoriali, soprattutto il Donbass, come ha ufficialmente dichiarato, non si giustificano per questo l’invasione militare, le crudeltà e distruzioni compiute da sette mesi nel territorio ucraino, benché i russofoni del Donbass dal 2014 abbiano gravemente patito da parte degli Ucraini. Come si spiega un simile odio reciproco fra due popoli fratelli, il russo e l’ucraino nati assieme più di 1000 anni fa come popoli cristiani per il battesimo di San Vladimiro?

Dobbiamo chiederci: che cosa sta succedendo alla Russia? Perché è così esacerbata? Che cosa sta succedendo agli Stati Uniti? E perché essi sono così duri? Che cosa sta succedendo all’Europa? Non è la patria del cristianesimo? Che cosa sta facendo la Chiesa? Non dev’essere la luce del mondo? E le Nazioni Unite che cosa stanno facendo? Che cosa stanno a fare alla presidenza della Comunità internazionale? Come si è potuti giungere a questo punto? Dove è finita la civiltà? Siamo all’eclisse dell’uomo? Sta per giungere Cristo Giudice?

Tutte queste immense, ricchissime ed altissime entità umane, sociali e storiche che ho elencato sopra sono all’altezza della situazione? C’è uno sguardo lucido, perspicace, obbiettivo, imparziale, ragionevole, prudente? C’è uno stato d’animo controllato di dominio della passione, di benevolenza, di disponibilità al dialogo, di rispetto per l’altro, di comprensione, di fiducia? C’è un criterio di giudizio ben fondato? C’è senso di responsabilità, accettazione reciproca, buona volontà, senso del bene comune?

Che cosa fare?

In questo tumulto di passioni, in questo irrompere di violenza fisica e verbale, in questo accusarsi reciproco, in questo groviglio di notizie filtrate o contradditorie, dove il pregiudizio o il preconcetto sostituisce il giudizio, dove il dialogo non è sereno, si fatica a sapere qual è la verità o a chi credere, in questo accanito scontro di opinioni e convinzioni contrarie, in questo oscurarsi dei valori, in questo esasperarsi e radicalizzarsi del conflitto, in questo aumento della tensione, in questo apparire di terrificanti sinistri bagliori, ci sentiamo smarriti e impotenti.

Tra tutte le voci tuttavia ne sento una emergere, pur con tutto il carico della fragilità umana: quella di Papa Francesco. L’altra voce, me lo si lasci dire, voce attesa, voce discussa e discutibile, voce debole ma voce dello spirito, voce religiosa, voce che ha alle spalle il millennio del cristianesimo russo, è quella del Patriarca Cirillo.

Le voci dei grandi leaders occidentali od orientali mi preoccupano. Mi sembra che scarseggino in senso di responsabilità e difettino nel misurare le parole. I loro discorsi sono superficiali e semplicistici., Si vede che mancano di cultura, non si rendono conto della profondità dei valori che sono in gioco. Non conoscono la storia.  Non sanno che cosa è l’Occidente né che cosa è l’Oriente. D’altra parte non mi attira una vittoria dell’Occidente e naturalmente, come occidentale, non mi attira neppure una vittoria dell’Oriente. Non sanno uscire dallo schema aggressore-aggredito, come se tutto si risolvesse nel problema del pensionato aggredito dal ladro.

Nessuno, che non sia un fanatico di Putin, nega l’ingiustizia e la crudeltà dell’invasione russa dell’Ucraina e quindi il diritto di questa a difendersi. Tuttavia non ci vuole molto buon senso ad accorgersi della parzialità delle informazioni sulla guerra che giungono qui in Italia selezionate dagli Americani, per le quali l’Ucraina fa la figura di essere un popolo pacifico e innocente, favorevole alla NATO, unito contro i Russi, vittima del barbaro invasore russo, della cui azione militare si narrano ogni giorno solo orrori e crudeltà, quando invece, attingendo a fonti storiche attendibili e indipendenti, risulta che in realtà l’Ucraina è lacerata fra cattolici ed ortodossi, ortodossi dipendenti da Costantinopoli e ortodossi dipendenti a Mosca, tra filoccidentali e filorussi. L’opposizione ai Russi non è compatta, ma contrastata. La simpatia per la NATO e per l’Occidente non è da tutti condivisa.

Pur riconoscendo l’ingiustizia dell’aggressione russa, non mi sento di parteggiare per una parte contro l’altra, ma trovo pregi e difetti da ambo le parti. Non mi tengo al di fuori, ma ho assunto questa posizione proprio dopo maturo esame e perché vivo profondamente quello che sta succedendo. È vero che la Russia ha invaso l’Ucraina, per cui suo primo e immediato dovere è quello di ritirare le truppe, riparare i danni e di punire i criminali di guerra. Ma anche l’Ucraina e la NATO, dietro alle quali ci sono gi Stati Uniti, sono stati dei provocatori.  

Non vedo come auspicabile altro che quello che esorta a fare ripetutamente Papa Francesco: non una vittoria militare di una delle due parti, ma una deposizione immediata delle armi da ambo le parti e, come auspica S.Giovanni Paolo II,  un incontro, una reciprocità, una comunione tra Occidente ed Oriente, giacchè  Dio che ha creato l’uno e l’altro,  vuole che siano fratelli, non rivali, non l’uno al di sopra dell’altro, ma entrambi fratelli sotto la presidenza delle Nazioni Unite.

Sono convinto che un contatto, un abboccamento fra Francesco e Cirillo, sommi Pastori di anime, ministri di Dio, guide spirituali, rappresentanti ed interpreti dei bisogni spirituali di uno sterminato numero di anime, sarà decisivo, sarà risolutivo. Nell’estrema disdetta Dio fa maturare la rinascita; quando tutto sembra perduto e si è arrivati alla fine, ecco che Dio fa risorgere e ridona la vita, sulle soglie della morte brilla l’aurora della resurrezione.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 2 ottobre 2022

Bisogna dire che il fenomeno della guerra, soprattutto in questo caso della guerra in Ucraina, ha sempre radici e motivazioni profonde nell’animo umano.

Un conto è che un credente sia convinto in buona fede che Dio la vuole, un conto che un ateo combatta in nome del Partito o per fanatismo o in nome di un’ideologia totalitaria, come sono l’idealismo o il marxismo.

In questo tumulto di passioni, in questo irrompere di violenza fisica e verbale si fatica a sapere qual è la verità o a chi credere, in questo apparire di terrificanti sinistri bagliori ci sentiamo smarriti e impotenti.

Tra tutte le voci tuttavia ne sento una emergere, pur con tutto il carico della fragilità umana: quella di Papa Francesco. L’altra voce, me lo si lasci dire, voce attesa, voce discussa e discutibile, voce debole ma voce dello spirito, voce religiosa, voce che ha alle spalle il millennio del cristianesimo russo, è quella del Patriarca Cirillo. 

Immagini da Internet


[1] Qualcosa del genere si rende necessario nell’esercizio della sessualità. Dio ha creato l’uomo e la donna perché siano una sola carne, e vuole che vi sia armonia fra spirito e sesso. Ma anche in questo campo psicologico si impone una legge simile a quella per la soluzione dei conflitti fra i popoli: se la carne non si assoggetta pacificamente allo spirito e lo disturba, occorre l’uso della forza, la mortificazione e l’astinenza sessuale. Nella resurrezione futura uomo e donna, ormai liberi dalla concupiscenza, torneranno ad essere una sola carne. Dio non vuole la sconfitta del prossimo o del sesso se non nelle condizioni di quaggiù e per motivi ragionevoli. Ma la meta che occorre sforzarsi di raggiungere e che sarà pienamente raggiunta solo lassù è l’amicizia col prossimo e col sesso, perché questa è la volontà originaria ed escatologica di Dio. Egli vuole tra le sue creature, tra spirito e sesso, tra uomo e donna, tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, la pace, l’unione e l’armonia, non la lotta, l’esclusione e il conflitto.

[2] È chiaro che occorre vedere quale senso diamo al termine “guerra”. Se per guerra intendiamo un atto criminale, è evidente che non può esistere una guerra giusta, come non può esistere un crimine giusto.

[3] Dona a noi la pace. Il significato della presente guerra, Edizioni Chorabooks, Hong Kong 2022.

[4] Lettera Apostolica La luce dell’Oriente del 2 maggio 1985; Epistola enciclica Slavorum Apostoli del 2 giugno 1985; Lettera Apostolica in occasione del VI centenario del “battesimo della Lituania” del 1987; Lettera apostolica Euntes in mundum in occasione del millennio del battesimo della Rus’ di Kiev del 25 gennaio 1988; Messaggio Magnum Baptismi donum ai cattolici ucraini in occasione del millennio del battesimo della Rus’ di Kiev del 28 febbraio 1988; Esortazione apostolica Ecclesia in Europa del 28 giugno 2003; Memoria e identità, Rizzoli, Milano 2005, pp.113-152.

17 commenti:

  1. "A che servono infatti i cappellani militari?"

    Papa Francesco dovrebbe ripensare la coerenza (o l'incoerenza) della sua qualifica di "follia della guerra" con alcuni dei suoi altri discorsi:

    "Voglio ringraziarvi per la vostra presenza qui. Ringraziarvi anche per tutto quello che avete fatto, che fate e che continuerete a fare in questi giorni, durante la mia visita. Lavoro in più!… Ma soprattutto vorrei ringraziarvi per quello che avete fatto e quello che fate per la pace, mettendo a rischio la vostra vita. Ed è quello che ha fatto Gesù: ci ha riconciliato con il Padre, ha messo a rischio la sua vita e l’ha donata. Questo vi rende ancora più fratelli di Gesù: rischiare [la vita] per la pace, per ottenere la pace. Grazie di cuore per tutto questo. Grazie! Vi auguro di poter vedere consolidata la pace in questo Paese, che se la merita" (Ai militari e alle forze dell'ordine, Aeroporto Militare Bogotá, 8 settembre 2017).

    "Cari Carabinieri, la vostra missione si esprime nel servizio al prossimo... Ciò richiede costante disponibilità, pazienza, spirito di sacrificio e senso del dovere. Nel vostro lavoro siete sostenuti da una storia scritta da fedeli servitori dello Stato che hanno onorato la vostra Arma con l’offerta di sé stessi... Pensiamo al servo di Dio Salvo d’Acquisto, che a 23 anni, qui vicino a Roma, a Palidoro, ha spontaneamente offerto la sua giovane esistenza per salvare la vita di persone innocenti dalla brutalità nazista. [...]
    Di grande rilievo è il vostro impegno oltre i confini nazionali. Anche all’estero, infatti, vi sforzate di essere costruttori di pace, per garantire la sicurezza, il rispetto della dignità umana e la difesa dei diritti umani in Paesi travagliati da conflitti e tensioni di ogni tipo" (Discorso ai partecipanti all'Incontro dell'Arma deo Carabinieri, 6 giugno 2014).

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    1. Caro Pierino,
      quando il Papa parla di guerra come follia, si riferisce all’attuale guerra in Ucraina, non sta parlando della guerra in generale, ma parla di questa particolare guerra, che ci spaventa tutti, perché i due contendenti, Russi ed Americani, si stanno minacciando a vicenda di usare le armi atomiche. Chiediamoci se questa non è una vera pazzia.
      Per questo il Santo Padre non si sogna neanche di auspicare il disarmo degli eserciti nazionali con armi tradizionali oppure, per esempio, la nostra Arma dei Carabinieri. Ciò è testimoniato dalle nobili esortazioni del Papa a compiere il proprio dovere a servizio della Patria.
      Per capire cosa intende dire il Papa, occorre quindi distinguere accuratamente le armi tradizionali da quelle nucleari. E di fatti, se il Papa insiste nella necessità assoluta di operare un disarmo riguardo alle armi nucleari, si astiene assolutamente dall’auspicare il disarmo dell’Esercito Italiano o delle Forze dell’ordine.

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    2. Caro Padre Cavalcoli,
      sono perfettamente d'accordo con lei, ed io, così come avete capito le parole di papa Francesco, così come avete capito lei. Mi sembra però che non tutti i fedeli cattolici che ascoltano o leggono le parole del Papa siano capaci di fare queste distinzioni, e sono proprio i discorsi del Papa, ambigui, vaghi, superficiali (poco colti e privi di storia, come lei lo dice anche in questo articolo) coloro che incoraggiano le incomprensioni tra il popolo cattolico. Penso che su dieci fedeli che sentono il Papa dire "la guerra è sempre pazza", nove fraintendono.

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    3. Caro Pierino,
      comprendo molto bene le sue osservazioni riguardo al modo di esprimersi del Santo Padre. È un problema che stiamo vivendo sin dagli inizi del suo pontificato. Su questo punto occorre molta benevolenza, molta carità, molta finezza nell’interpretare, facendo sempre uno sforzo di interpretazione benevola.
      In questo caso ci accorgiamo che, esaminando un termine che ci sembra ambiguo, possiamo interpretarlo o in senso accettabile oppure no.
      Prendiamo per esempio la parola “guerra”. Il punto di partenza per intenderci sul significato della parola è semplicemente un dizionario di italiano. Che cosa dice il dizionario? Che cosa è la guerra? La guerra è un conflitto armato tra le forze militari di due Stati o Nazioni. Per una discussione di questo genere, si dovrebbe partire da qui. E qui comprendiamo che siamo davanti ad una definizione di tipo neutro, ovvero tecnico, per cui qui non possiamo senz’altro dare un giudizio morale definendo la guerra come azione ingiusta o pazzia. Per esprimere un giudizio di questo tipo bisogna vedere a che scopo o in che modo le armi vengono usate.
      Che cosa fa invece Papa Francesco? Parte da un concetto biblico della guerra, intesa come nefasta conseguenza del peccato originale e quindi come conflitto nel quale si scatena l’odio, la violenza, la rapina, la distruzione. È chiaro che intendendo la guerra in questo senso, la guerra non può che essere una ingiustizia o una pazzia. Allora, a questo punto, vediamo come col termine guerra si possono intendere due cose diverse: o un’azione umana, di tipo puramente tecnico, cioè l’uso delle armi; oppure una azione intrinsecamente ingiusta.
      Con questa accezione del termine “guerra” è logico che la guerra diventa una cosa ingiusta, altrimenti cadremmo in contraddizione, così come se noi parlassimo di un peccato giusto o di un crimine giusto.
      Si capisce allora come la Bibbia ci insegna che nella Gerusalemme celeste non ci saranno più guerre. Invece nella vita presente, a causa delle conseguenze del peccato originale, le guerre sono inevitabili. Ciò non esclude, ma anzi richiede nel corso della storia uno sforzo continuo, sostenuto dalla grazia divina, per una graduale eliminazione delle guerre.
      Che fare, d’altra parte nel caso che una Nazione sia aggredita da un’altra? Occorre organizzare delle Forze Armate, che frenino la malvagità di questi aggressori. È quella che tradizionalmente si chiama la “guerra giusta”. Mentre è chiaro che la “guerra ingiusta” è quella scatenata dagli aggressori e dai violenti.
      Un compito fondamentale del mio blog è proprio aiutare i fedeli a comprendere come seguire utilmente gli insegnamenti del Papa e a metterli in pratica. Ciò chiaramente richiede un impegno ermeneutico, tale da potere aiutare i fedeli a comprendere esattamente che cosa intende dire il Santo Padre.

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  2. "Questa situazione continuò persino nel regime sovietico, per quanto ciò possa sembrare paradossale, sebbene tale regime fosse ateo e antireligioso. Tuttavia il marxismo assunse il volto di una nuova ortodossia e di una nuova religione. Significativo è il titolo «Pravda», cioè verità, dato al quotidiano del Partito Comunista".

    Quella stessa "inquisizione dottrinale" di un regime ateo e antireligioso come quello che regnava in URSS, sembra che ora sia quello che imita il regime comunista cinese e quello che si applica, in apparenza drasticamente, alla Chiesa cattolica in Cina.
    Questo è legato al misterioso (ancora sconosciuto nei termini di prezzo) concordato tra la Santa Sede e il governo cinese (argomento sul quale mi sembra che padre Cavalcoli non abbia ancora affrontato nel suo blog).

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    1. Su questo tema del regime comunista cinese, non sono un competete. Il mio campo è la teologia, non è la politica, anche se riconosco che tra queste due entità c’è uno stretto rapporto.
      Come cattolico mi fido delle notizie ufficiali che vengono o dalla Santa Sede o dalla Stampa cattolica, notizie che nell’insieme sono positive, anche se caute e prudenti. Non posso quindi che esprimere l’auspicio che si tratti almeno di una convenzione che salvi un minimo di dignità per la Chiesa e che contenga il massimo di quello che in un regime totalitario la Chiesa può ottenere.
      Certo, in questo campo la Chiesa non è infallibile, tuttavia fruisce di una quasi bimillenaria esperienza storica di rapporto col potere civile, esperienza che in vari modi assicura la tranquillità delle anime e dei popoli.

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    2. Caro Padre Cavalcoli,
      comprendo i limiti della sua competenza nel campo stretto della teologia, senza intromettersi in quello meramente politico. Capisco perfettamente.
      Tuttavia, trovo molto suggestivo e sorprendente il capovolgimento di 180 gradi nell'atteggiamento della Santa Sede nei confronti della cosiddetta Chiesa cattolica cinese, che ha vissuto in segreto nei precedenti pontificati, sempre fedele al Papa, contrariamente alla "Chiesa Cina ufficiale" sposata con il Partito Comunista.
      Trovo difficile comprendere l'attuale atteggiamento del Vaticano, che costringe quei fedeli cattolici a unirsi e assimilarsi a coloro che prima erano considerati traditori della Chiesa e del Papa.

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    3. Caro Pierino,
      dato che la Santa Sede ha stipulato un accordo col Governo cinese riguardante l’organizzazione ecclesiale della Chiesa cattolica, io credo che tutti quei cattolici che in precedenza all’accordo attuavano il culto clandestino, non riconosciuto dallo Stato cinese, per quanto potessero essere fedeli al vero culto cattolico, proprio in quanto cattolici dovrebbero avere fiducia in questo accordo tra la Santa Sede e il Governo cinese.
      Aggiungo che mi sembra evidente in questo accordo l’intento del Papa di unire la Chiesa cinese, in modo che cessi quella dolorosa divisione per la quale c’era la contrapposizione tra una Chiesa riconosciuta dal Regime e una Chiesa non riconosciuta.
      Che poi in questo accordo ci siano degli elementi che tornano a svantaggio della Chiesa o le creino difficoltà, la cosa è possibile. Però a questo punto devo ripeterle quello che le ho già detto e cioè che io non sono un competente in materia e quindi tutto quello che posso dire è formulare la speranza che questo accordo possa tutto sommato assicurare alla Chiesa cinese una dignitosa sussistenza, pur dovendo sopportare un regime che indubbiamente non è favorevole né al cristianesimo né alla stessa religione.

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  3. "Quanto al Patriarca sotto il regime sovietico, egli manteneva l’organizzazione del culto e la conduzione della vita religiosa, ma doveva trovare il modo, nella custodia dell’Ortodossia, di non recar disturbo all’ideologia dominante, evitando critiche e limitandosi a temi concilianti o di comune buon senso o di ordinaria umanità, senza ignorare quanto di buono il regime attuava nel campo sociale ed economico".

    Lo scrive padre Cavalcoli molti decenni dopo Stalin.
    Forse le sue stesse parole potrebbero essere usate da qualcuno, cambiando solo due termini, a pochi decenni dall'attuale pontificato di papa Francesco:
    "Quanto al Papa sotto il regime del Nuovo Ordine Mondiale, egli manteneva l’organizzazione del culto e la conduzione della vita religiosa, ma doveva trovare il modo, nella custodia dell’Fede, di non recar disturbo all’ideologia dominante, evitando critiche e limitandosi a temi concilianti o di comune buon senso o di ordinaria umanità, senza ignorare quanto di buono il regime attuava nel campo sociale ed economico".

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    1. Caro Pierino,
      il paragone con il Patriarca Ortodosso non regge del tutto, perché, mentre il Papa, per volere di Cristo e con l’assistenza dello Spirito Santo ha effettivamente una autorità ed un prestigio che sopravanzano quelli di qualunque altro potere sulla terra. Il Patriarca Ortodosso, per quanto investito del carisma episcopale, a causa della sua separazione da Pietro, manca di quella forza spirituale che gli consentirebbe di esercitare in pienezza tutto il vigore del suo potere, così da sapere elevarsi al di sopra delle forze mondane e non da non lasciarsi umiliare.
      Per quanto riguarda il rapporto tra l’autorità religiosa e l’autorità politica, c’è una notevole differenza tra la concezione e la pratica nelle due Chiese. La Chiesa Cattolica è indipendente dal potere politico, grazie alla presenza del Romano Pontefice, il quale, governando la Chiesa in tutto il mondo, riesce ad ottenere un prestigio internazionale, per cui incute rispetto nelle varie Nazioni del mondo.
      In particolare, per quanto riguarda le singole Nazioni, si ha un riflesso positivo nell’ambito di ciascuna in quanto la Chiesa Cattolica in quella Nazione riceve dal Papa delle direttive e un incoraggiamento spirituale che porta i singoli pastori di quella Nazione ad assumere un atteggiamento altamente dignitoso nei confronti dei vari poteri politici delle singole Nazioni, così da ottenere il coraggio di richiamare in nome di Dio le autorità politiche al rispetto del bene comune e della giustizia sociale, ove esse si allontanassero dal compimento del loro dovere.

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    2. Caro Padre Cavalcoli,
      sono perfettamente d'accordo con lei sulle notevoli differenze nelle caratteristiche del rapporto della Chiesa cattolica (e del Papa) rispetto al potere civile, rispetto al rapporto dell'Ortodossia orientale (e del Patriarca).
      Il mio paragone metaforico o letterario, se così si può dire, è motivato solo da quell'opzione pastorale che è del tutto evidente che papa Francesco ha assunto nei confronti degli attuali leaderi mondiali, un atteggiamento che non mostra una totale fermezza nella difesa della valori "non negoziabili". Non, tra l'altro, a livello dei suoi insegnamenti magisteriali, ma attraverso i suoi gesti, atteggiamenti, dialoghi, collaboratori, ecc.
      Grazie.

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    3. Caro Pierino,
      le faccio presente che nell’azione di governo di un Papa, nei confronti della Chiesa, bisogna distinguere due elementi: l’azione, che si rivolge ai fedeli, che è l’azione pastorale, che un Papa conduce all’interno della Chiesa; e l’azione diplomatica, che un Papa conduce nel mettere a rapporto la Chiesa con gli Stati.
      Se osserviamo la condotta di Papa Francesco, noteremo che per quanto riguarda la difesa dei valori non negoziabili, egli è esigente e chiaro, quando si rivolge ai fedeli; mentre nell’azione diplomatica deve avere un atteggiamento più tollerante, dato che in questo campo deve intrattenere rapporti con Capi di Stati, i quali, anche se si dicono cattolici, presentano lati difettosi dal punto di vista morale.

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    4. La ringrazio, padre Cavalcoli, per la delicata e vasta attenzione che ha dedicato ai miei umili commenti. Sicuramente li rileggerò e li rileggerò, perché oltre a confermare i miei stessi punti di vista, mi aiutano ad approfondire le cose, con le loro sapienti distinzioni. Come dice il solito: chiunque può unire le cose e confondere, ma pochi sanno distinguerle, ed è in questo che consiste la saggezza: buona parte della filosofia saggia consiste nel saper distinguere per unire. Grazie ancora.

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  4. Io sono contro le uccisioni e le guerre. Dio non può volerle, né quelle considerate dagli uomini giuste, né ingiuste. E Dio l'ha detto chiaramente nel 5° comandamento. «La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine […]. Nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente» ( Catechismo , 2258). Ovviamente per me il patriarca Kirill è fuori dalla Chiesa, con la sua affermazione nel giorno di 70° compleanno di Putin: "Dio ti ha dato potere". Dio non ha concesso a nessuno la facoltà di uccidere, soprattutto persone innocenti come donne e bambini. Questi crimini gridano vendetta a Dio. Dio ha messo un segno sul corpo di Caino, perché non fosse ucciso da nessun altro uomo. Tutta la storia umana è contro Dio. E' inutile tentarne una giustificazione. Il fautore delle guerre è l'uomo che viene sobillato da Satana, che conosce molto bene le debolezze umane. Kirill si vergogni perché non si giustificano i macellai e le atrocità che si stanno commettendo per la "Grande Russia"; grande solo per l'uomo ma non certo per Dio. Il nostro papa Francesco I abbia almeno una volta il coraggio di essere il vicario di Dio sulla terra e si interponga tra gli eserciti, che mietono morte. Non sa che dopo la morte i Santi vanno in Paradiso? I Martiri cristiani non gli sono di esempio? Cosa fa a Roma mentre tutto il mondo è sull'orlo di un baratro?

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    1. Caro Giuseppe,
      il V Comandamento, come risulta dal testo da lei citato, non proibisce l’uccisione in modo assoluto, ma solo l’uccisione dell’innocente, giacché in alcuni casi non c’è altro modo di difendersi da un nemico che attenta alla nostra vita o alla salvezza della Patria, che sopprimerlo. È una triste necessità, ma è una necessità richiesta dalla salvezza della vita del singolo o della società, che ha diritto a sussistere e ad essere difesa.
      Purtroppo, a seguito del peccato originale, la guerra è entrata del mondo con tanti altri guai: la sofferenza, il peccato, la morte, la schiavitù delle passioni e di satana, la tendenza a peccare, la discordia tra gli uomini, l’ostilità da parte della natura.
      Tuttavia la grazia di Cristo, nel corso della storia, consente gradualmente di recuperare quella pace nel singolo e nella società che corrisponde alla volontà originaria del Creatore e che potrà essere ritrovata in una forma superiore nel Regno dei cieli, sotto la signoria di Gesù Cristo.
      Per quanto riguarda Cirillo, in quanto pastore di anime, resta il patriarca di tutte le Russie, anche se sappiamo che la sua Chiesa è scismatica nei confronti della Chiesa Cattolica.
      Occorre inoltre ricordare che, secondo la tradizione cesaropapista bizantina, il Patriarca lascia al capo dello Stato un primato nella protezione della Chiesa, che però spesso comporta una forma di timidezza nel denunciare le ingiustizie del potere.
      La frase di Cirillo può anche essere intesa come un richiamo, nel senso che il potere che ha Putin gli deriva da Dio, al Quale dovrà rendere conto.
      Il fatto che a Caino sia risparmiata la vita è un fatto molto importante, che testimonia della clemenza che in certi casi il potere civile può praticare in nome di un senso di umanità. Tuttavia bisogna ricordare che il testo biblico, immediatamente dopo quella misura di cui sopra, minaccia la pena di morte per chi uccide Caino.
      Papa Francesco, stando a Roma, può utilizzare una grande rete di servizi della Santa Sede, che è costituita dalle Ambasciate dei vari Stati presso la Santa Sede, può comunicare con le Nunziature di tutto il mondo, dispone di un nucleo di consiglieri e di alcuni istituti specializzati nei rapporti con l’Oriente, può invitare i cristiani di tutto il mondo a pregare per la pace.

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  5. Studiando la Storia della Chiesa, ho incontrato per la 1° volta la questione del filioque e sono contento che Lei l'abbia ripreso e ne ha fatto la ragione dell'incomprensione tra la Chiesa Occidentale e quella Orientale. Però, prima di questo argomento, c'è la Tradizione e le Scritture, del vecchio e del Nuovo Testamento, a dirci che Gesù ha portato la pace ed ha promesso la resurrezione e la vita eterna, riservata agli uomini di buona volontà. Gli Ecclesiastici spesso hanno scambiato il potere temporale con quello divino, mentre Gesù ha detto con chiarezza "Il mio regno non è di questo mondo". Quale papa o patriarca ha mai ripetuto "il mio regno non è di questo mondo"? A papa Francesco I piace la politica e così pure sembra al patriarca Kirill, ma la politica è dell'uomo e spesso va a braccetto con Satana.

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    1. Caro Giuseppe,
      ho piacere che lei si sia reso conto della fondamentale importanza della questione del Filioque per comprendere le radici lontane dell’attuale guerra in Ucraina.
      Infatti questa guerra è l’ultimo estremo risultato del grave conflitto che nacque tra Europa occidentale ed Europa orientale in quella sciagurata data del 1054, nella quale il Patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario, si separò dal Papa accusandolo di eresia per avere introdotto nel Credo il famoso Filioque, che è il dogma per il quale lo Spirito Santo procede non solo dal Padre, ma anche dal Figlio.
      Questo scisma ruppe l’unità dell’Europa cristiana e da allora c’è sempre stata una incomprensione ed una ostilità reciproca tra l’Europa rimasta cattolica e l’Europa orientale diventata ortodossa.
      Questa tensione tra Occidente ed Oriente aumentò nel secolo scorso con le due guerre mondiali, che furono una nuova espressione di questa ostilità tra Oriente ed Occidente.
      È vero che l’Occidente è stato influenzato dal panteismo orientale, ed è vero che l’Occidente ha esportato il pensiero di Marx in Russia, facendo nascere l’Unione Sovietica e la Cina comunista. Ma, questo travaso di idee, trattandosi di errori filosofici, non è servito a nulla per conciliare Occidente e Oriente.
      Stando così le cose, l’unica speranza che abbiamo per la riconciliazione è l’azione dei Romani Pontefici, depositari del messaggio universale del Vangelo, e sul piano civile l’Istituto delle Nazioni Unite (ONU).
      Nel contempo bisogna che sia la Russia che gli Stati Uniti rinuncino ad una tendenza imperialistica ed espansionistica nel mondo, che a loro non spetta, e accolgano di buon grado l’universalismo e la fraternità predicati dal Vangelo, nonché la presidenza del governo mondiale, che spetta alle Nazioni Unite.
      I Romani Pontefici, sulla scorta dell’insegnamento di Cristo, hanno sempre distinto l’autorità spirituale della Chiesa dall’autorità civile e temporale dello Stato, e quindi la differenza tra il Regno di Cristo, che non è di questo mondo, e i regni, che sono di questo mondo, anche se bisogna effettivamente riconoscere che, quando i Papi possedevano il potere temporale, relativo agli Stati della Chiesa, sono stati a volte effettivamente presi eccessivamente dalla preoccupazione del potere temporale.

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