San Tommaso riconfermato Dottore Comune della Chiesa

 San Tommaso riconfermato Dottore Comune della Chiesa

Quando Cristo ha incaricato Pietro di confermare i fratelli nella fede, ha esteso questo potere alla facoltà di indicare tutte quelle cose o valori che motivano la fede, conducono alla fede, facilitano, proteggono e condizionano la fede, rendono possibile o impossibile o permettono la fede, impediscono od ostacolano la fede, illustrano, interpretano o conseguono alla fede, rafforzano e sviluppano la fede, diffondono la fede, applicano la fede nella condotta umana.

Ora è evidente che occorre distinguere chiaramente quella che è la dottrina della fede dalla teologia. La dottrina della fede è la stessa dottrina di Cristo, oggetto della fede teologale e soprannaturale, interpretata dalla Chiesa nel dogma, dottrina divina e quindi assolutamente vera ed infallibile, necessaria alla salvezza.

La teologia è un semplice sapere umano, indubbiamente capace di certezza ed universalità, un sapere che usa della ragione e della filosofia per interpretare ed approfondire le verità della fede sulla base della fede; ma si tratta di una dottrina fallibile, come fallibile è ogni dottrina umana.

Essa però rende un prezioso servizio riguardo a quei punti di cui sopra, che toccano ciò che spetta al Papa come conseguenza dell’incarico che Cristo gli ha affidato di confermare i fratelli nella fede. Per questo motivo i Papi hanno sempre avuto una particolare attenzione al lavoro dei teologi, approvando, raccomandando, incoraggiando, proteggendo, difendendo, sostenendo e canonizzando i buoni e disapprovando o ammonendo o correggendo o castigando o scomunicando i cattivi alla luce di quella fede nella quale i Papi sono maestri nel nome di Cristo.

Queste cose spiegano un fatto che nella storia della teologia appare sorprendente, e cioè il fatto che i Papi da otto secoli a questa parte, tanta è la distanza di tempo che ci separa da San Tommaso, insistano instancabilmente nel presentare Tommaso come modello di teologo, preferendolo a tutti gli altri Santi Dottori della Chiesa.

I due discorsi che il Santo Padre ha fatto all’XI Congresso Tomistico Internazionale[1] si pongono pertanto su questa linea e vanno interpretati in base ai criteri suesposti.  Infatti nella storia della teologia, dai tempi di Tommaso, si sono avuti più volte episodi di teologi, come per esempio Guglielmo di Ockham, Lutero, i teologi anglicani e cartesiani, Giansenio, i teologi idealisti e gli ontologisti del sec.XIX, i modernisti del secolo scorso e quelli di oggi, come per esempio Schillebreeckx e Rahner, i quali hanno ritenuto che la dottrina di Tommaso e la teologia scolastica nata da lui fosse falsa o superata o contraria alla Scrittura o paganeggiante.

Da qui la loro opposizione all’Aquinate. Oppure altri, come alcuni dell’’800[2], Maréchal e Rahner, hanno ritenuto che Tommaso fosse stato superato dalla filosofia moderna, in quanto legato all’ingenuo realismo medioevale, per cui era necessario, secondo loro, utilizzare Tommaso correggendo la sua concezione del sapere secondo l’impostazione idealistica, la quale, partendo da Cartesio, passa da Kant a Fichte ad Hegel fino a giungere ad Husserl, Heidegger, Gentile e Severino.

Ora i discorsi del Papa all’Angelicum puntualizzano al riguardo sette cose.

1.Il Papa insiste nel dovere di interpretare Tommaso in modo rispettoso, oggettivo, onesto e corretto, senza fargli dire quello che piace a noi, e senza mescolare il pensiero dell’Aquinate con gli errori del pensiero moderno;

2. Ricorda le direttive conciliari concernenti il discepolato tomista, laddove il Concilio ordina di servirsi del pensiero dell’Aquinate per operare un discernimento o vaglio critico del pensiero moderno, in dialogo col pensiero moderno, al fine di promuovere il progresso della teologia assumendo i valori della modernità e respingendone gli errori.

3. L’universalità della dottrina tomistica, che ha meritato a Tommaso il titolo di Dottore Comune della Chiesa, universalità, che le ha meritato di essere raccomandata preferenzialmente fra tutte le altre rappresentando meglio di tutte le altre la dottrina della Chiesa, strumento eletto, del quale la Chiesa si serve nella sua dogmatica, non esclude affatto l’importanza del pluralismo teologico, l’utilità di diverse correnti o posizioni teologiche laddove la ricerca è ancora aperta, o giocano diverse sensibilità spiritualità o non sono in gioco i dogmi o le verità di fede e di ragione. Da qui la capacità del tomismo di entrare in dialogo con i fratelli separati, con le diverse culture e religioni, fino al dialogo con gli stessi non-credenti.

4. L’universalità o universale condivisibilità del pensiero tomistico, basato sulla ragione naturale comune a tutti gi uomini e sull’universalità della Parola di Dio ha un eminente potere di metter in luce i valori dell’uguaglianza umana e della fraternità, operando come potente fattore di convergenze, unità e concordia in un tempo come il nostro, afflitto da tante divisioni e contrasti, e sull’orlo di una guerra che può mettere a repentaglio addirittura le sorti dell’umanità.

5. Ribadendo, sulle orme del Concilio, il valore eminente  di Tommaso come modello del teologo, il Papa ha implicitamente smentito la tesi relativista, secondo la quale la dottrina della Chiesa trascende la filosofia non nel senso che la fede trascende la ragione, ma nel senso che non esistendo valori umani universali teoretici e morali, non esisterebbe la filosofia come scienza oggettiva ed universale, ma esisterebbero solo le filosofie, ossia opinioni filosofiche soggettive, tra le quali uno è libero di scegliere quella che preferisce, mentre la Chiesa, che bada all’universalità del sapere di fede, non prenderebbe posizione nei confronti di alcuna di queste particolari filosofie.

Viceversa Papa Francesco, raccomandando la filosofia di Tommaso, implicita nella sua teologia, ci ricorda che la verità è una sola[3], è universale ed è di tutti, lumen publicum, come diceva Sant’Agostino, bene comune, e quindi si oppone al relativismo filosofico, falsa libertà e generatore di discriminazioni ideologiche e sociali, deleterio per l’unità e la verità della fede.

La Chiesa non s’impegna con alcuna particolare filosofia o cultura, è vero. Ma il fatto è, per riconoscimento stesso della Chiesa, che la filosofia di Tommaso non è una filosofia tra le altre, ma è la filosofia esemplare, che tutti i filosofi devono seguire, se vogliono camminare nella verità e poter accogliere la fede, perché la fede non si basa sulla falsità, ma sulla verità. Non si tratta naturalmente di fare un atto di obbedienza come se si trattasse di verità di fede, ma semplicemente di corrispondere con fiducia all’indicazione autorevole che ci viene da chi in nome di Cristo è pastore delle nostre anime.

6. Con le sue parole un favore del primato di San Tommaso, il Papa ha sventato il piano che i rahneriani stanno portando avanti dall’immediato postconcilio per sostituire Rahner a San Tommaso alla guida della teologia, con la pretesa di spacciare Rahner come il «protagonista del Concilio», facendo pressioni sul Papa e giungendo di recente all’audacia di presentare il Papa come rahneriano.

7. Papa Francesco ha evidenziato in modo particolare la santità di Tommaso: per comprendere ed apprezzare il suo pensiero occorre essere amanti della santità, perché il suo pensiero nasce sì dall’amore per la verità, ma anzitutto per la santità. Per capire Tommaso, ha detto molto bene, occorre essere dei contemplativi e degli uomini di preghiera, così come l’Aquinate traeva le sue più alte ispirazioni dalla contemplazione e dalla preghiera. Papa Francesco ci ha lasciato intendere che Tommaso, prima di essere uno speculativo, fu un mistico, ardente d’amore per Dio e per il prossimo.

Le verità che Tommaso c’insegna, ci dice il Papa, prima che dalla sua intelligenza, dipendono dalla sua carità. Tommaso c’insegna che se il teologo non pratica anzitutto la umiltà, rischia di cedere alla tentazione della superbia, che è la massima disgrazia che ci possa capitare.

Da qui l’importanza dell’umiltà, che dona quel discernimento e quell’occhio critico che ci difendono dalle insidie del demonio, il quale ha condotto l’umanità alla rovina accecandola con la superbia. Tommaso ci indica nell’unione affettuosa con Cristo Verità la via per sventare le trame del demonio e trovare nella verità del Vangelo le vie della salvezza.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 24 settembre 2022

 

Viceversa Papa Francesco, raccomandando la filosofia di Tommaso, implicita nella sua teologia, ci ricorda che la verità è una sola, è universale ed è di tutti, lumen publicum, come diceva Sant’Agostino, bene comune, e quindi si oppone al relativismo filosofico, falsa libertà e generatore di discriminazioni ideologiche e sociali, deleterio per l’unità e la verità della fede.



[1] Ai partecipanti al Congresso Tomistico Internazionale, promosso dalla Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino – 22 Settembre 2022

https://www.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2022/9/22/congresso-tomistico.html 

[2] Günther, Hermes e Frohschammer.

[3] Dire che la verità è una sola non significa ignorare che esistono molte verità. Si tratta solo di distinguere la verità come adeguazione al reale dalla verità come contenuto, ossia come cosa vera. È chiaro che in questo secondo senso le verità sono molte. Invece l’adeguazione veritativa non può che essere una. Per esempio se abbino le due affermazioni contradditorie l’anima è mortale e l’anima è immortale, qui non ci possono essere due verità, due adeguazioni, ma la verità è una sola: l’anima è immortale.

5 commenti:

  1. Carissimo p. Giovanni sono felice che Papa Francesco abbia confermato e raccomandato la filosofia e la teologia di San Tommaso a tutta la Chiesa e devo confessarti che nei miei studi in preparazione al sacerdozio, purtroppo, il suo pensiero l’ho incontrato raramente, quasi di passaggio nei corsi frequentati.
    Nonostante questa carenza, come le scrissi a suo tempo, ho raccolto in un mio libro le mie riflessioni che mi hanno accompagnato nei miei studi filosofici e teologici e poi nella mia formazione permanente, raccogliendo il tutto in un “piccolo trattato sulla Conoscenza della verità” in cui ho cercato di mettere in relazione la verità della Rivelazione divina, incarnata dal Verbo divino, con la definizione di verità elaborata da san Tommaso: “veritas est adæquatio rei et intellectus”, in cui si stabilisce una conformità fra ciò che si pensa e ciò che è nella realtà.
    Questa definizione di verità, mi ha permesso di comprendere come l’evento dell’Incarnazione, inteso come l’auto-comunicazione di Dio, modalità con la quale Dio entra, in modo umano, rappresenti un’adeguazione del divino all’essere umano, creato a Sua immagine e somiglianza, con il quale condivide, in forma di partecipazione, l’intelligenza, la volontà e la libertà.
    Si potrebbe descrivere questo processo come un adaequatio Revelationis et intellectus in cui la Rivelazione divina si fa oggetto della nostra conoscenza, affinché il nostro intelletto e la nostra volontà a loro volta, con un atto libero, accolgano e si adeguino alla Rivelazione: adaequatio intellectus et Revelationis.
    La Rivelazione divina giunge a noi come realtà altra, extramentale e rendendosi conoscibile, adeguandosi così al nostro intelletto, il Verbo si fa carne, si rende visibile, udibile, toccabile, cade sotto i nostri sensi.
    Seguendo l’insegnamento di san Tommaso, l'oggetto non è da intendere come qualcosa di assolutamente indipendente dal soggetto, ma lo giudica, appunto, in relazione al soggetto, cioè in rapporto alla coscienza con cui detto oggetto è appreso e giudicato.
    Pertanto la Verità della Rivelazione divina, pur rimanendo tale, si conforma alla realtà delle cose, si rende presente per essere colta dalla nostra intelligenza e dalla nostra volontà con un atto di assenso libero, l’atto di fede.
    Grazie per la sua attenzione.
    Don Vincenzo Sarracino

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Don Vincenzo, le comunico che pubblicherò la mia risposta, col suo intervento, sul mio blog.

      Elimina
  2. Caro padre Cavalcoli, una brevissima domanda per chiarire il mio dubbio.
    Riguardo a Karl Rahner, e riguardo a due dei suoi libri: "Karl Rahner: il Concilio tradito" e "Karl Rahner: Un eretico nel cuore della Chiesa?".
    Sono due libri o un libro?
    Grazie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Ross,
      si tratta dello stesso libro. Nella nuova edizione, il titolo è stato cambiato dall’Editore, che ha la facoltà giuridica di farlo.
      Per la verità, non vedo molto bene questo cambiamento, perché non c’è il riferimento al Concilio. Nella presentazione che Zenone fa del libro, egli giustamente osserva che Rahner si pone in contrasto con la Tradizione.
      Ora, questo è certamente vero, ma il tema del mio libro non è il contrasto con la Tradizione, ma il contrasto con le dottrine del Concilio. Ad ogni modo, dato che il Concilio conferma la Tradizione, tutto sommato l’idea di Zenone va abbastanza bene.
      L’impressione che si può avere leggendo la presentazione che Zenone fa al libro è che essa eventualmente possa avvicinarsi alla tesi dei passatisti, secondo i quali Rahner si opporrebbe alla Tradizione, ma non al Concilio, perché secondo loro Rahner, con i suoi errori, è uno dei protagonisti del Concilio. In tal modo essi finiscono per accusare di eresia il Concilio e di essere contro la Tradizione, cosa che non si può assolutamente sostenere.

      Elimina
    2. Grazie, padre Giovanni, per il suo chiarimento.

      Elimina

I commenti che mancano del dovuto rispetto verso la Chiesa e le persone, saranno rimossi.