Articoli e testi di P.Giovanni Cavalcoli

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P.Tomas Tyn

Testi di P. Tomas Tyn, OP

26 settembre, 2020

Luigino fra la grazia e il merito

 Luigino fra la grazia e il merito

Siamo prevenuti dalla grazia

In Avvenire di domenica 20 settembre Luigino Bruni affronta nell’articolo Doni che chiamiamo meriti uno dei temi più ardui, più importanti e più classici della teologia: il rapporto dei nostri meriti con la grazia che ci viene da Dio.

Luigino esordisce con la costatazione che «l’eccedenza è una delle leggi auree della vita. È madre della generatività e della generosità». «L’eccedenza più importante non è quella che esce dal nostro cuore, è quella che vi entra». Si tratta dell’«eccedenza della grazia sui nostri meriti».

Luigino non intende negare i nostri meriti nei confronti di Dio, ma affermare che essi hanno radici profonde che ci superano e testimoniano dell’amore di Dio per noi. Commentando il Salmo 127, scrive:

«Nella Bibbia si può parlare dei beni come benedizione perché prima c’è la certezza morale che a un livello molto più profondo i beni sono dono. Dire che chi “costruisce la casa” non sono i costruttori ma “il Signore”, significa riconoscere che anche nelle cose più concrete e quotidiane, dove è evidente che siamo noi con il nostro lavoro ad aggiungere mattone su mattone, a un livello più profondo e quindi più vero quei mattoni e quel sudore sono grazia, sono provvidenza».

Sembra di notare una possibile polemica contro il criptopelagianesimo di un Rahner, che concepisce l’uomo come «autotrascendenza», intesa come moto ad un tempo della grazia e della libertà, verso l’«orizzonte della trascendenza», che sarebbe Dio stesso, dal che non si capisce come Dio dovrebbe essere trascendente e come la grazia dovrebbe entrare nell’uomo dall’alto e non uscire dall’uomo dal basso, riducendo così la grazia al merito.

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Domingo Báñez

Luis Molina

 

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25 settembre, 2020

Il significato mistico del senso del tatto (Terza Parte di Tre Parti)

 Il significato mistico del senso del tatto

 Terza Parte di Tre Parti

L’uso del simbolo del tatto in mariologia

Caso specialissimo ed unico di verginità è la verginità della Madonna e di Gesù Cristo. Non ha nulla a che fare con la verginità di tipo ascetico, di emergenza, transitorio, motivata dallo stato di natura decaduta, perché i soggetti sono assolutamente innocenti, ma rappresenta l’eccellentissima vita in Dio dei due soggetti, così da riverberare il divino, evidentemente asessuato, nella loro umanità. La loro verginità non è quindi da considerare modello di vita religiosa o di celibato sacerdotale, perché sarebbe un atteggiamento presuntuoso. Ma dev’essere solo oggetto di ammirazione, di ringraziamento e di contemplazione delle grandi opere del Signore. Indubbiamente tutti possiamo e dobbiamo rivolgerci a Gesù e Maria, affinchè ci aiutino nella pratica della castità.

Modelli adeguati alla nostra condizione di peccatori sono invece quelli dei Santi, che hanno sperimentato le miserie e le cadute della natura decaduta, hanno dovuto lottare contro la concupiscenza tutta la vita, fuggire le occasioni, dominare a fatica le passioni, fare aspre penitenze, difficili rinunce, attuare una dura disciplina, senza mai peraltro riuscire a vincere del tutto il fomite del peccato.

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L’unione dell’uomo e della donna, come diceva San Giovanni Paolo II, più ancora che la procreazione, riguarda il «senso dell’esistenza umana».

 

 

 

Nel Breviloquio così infatti si esprime il Serafico a proposito del tatto spirituale: «Adstringitur summa suavitas sub ratione Verbi incarnati inter nos habitantis corporaliter et reddentis se nobis palpabile, osculabile, amplexabile per ardentissimam caritatem, quae mentem nostram per ecstasim et raptum traensire facit ex hoc mundo ad Patrem».

24 settembre, 2020

Il significato mistico del senso del tatto (Seconda Parte di Tre Parti)

 Il significato mistico del senso del tatto

Seconda Parte di Tre Parti 

Il falso spiritualismo nel momento in cui disprezza la sensibilità

ne resta ingolfato


Il falso spiritualista che deriva da Cartesio, ritiene illusione credere che le immagini che sono in noi di cose che sembrano essere fuori di noi siano immagini di cose che sono effettivamente fuori di noi. Secondo lui il fatto non è evidente, ma occorre dimostrarlo. E lo fa ricorrendo alla propria autocoscienza assoluta, la quale gli garantisce che ciò che sembra fuori, in realtà è dentro ed è un prodotto dell’autocoscienza o soggettività assoluta, detta anche «io trascendentale».  

Cartesio imposta male la questione della veracità dei sensi. Egli nota bensì che ogni tanto ci ingannano. Ma tratta del dato del senso non come di un dato del quale possiamo fare immediata e certa esperienza, ma come se si trattasse di messaggio che ci viene recapitato da una persona, circa la quale può porsi il problema della sua credibilità, per cui fa un paragone che non calza: «noi – egli dice – non ci fidiamo più di una persona che ci ha ingannato una volta».

Questo può essere anche giusto, ma vale solo nei rapporti interpersonali: non c’entra niente con la questione della veracità del senso, dove, quando ci accorgiamo di essere stati ingannati o di esserci sbagliati, la cosa sensata che tutti fanno per sapere qual è la verità, è semplicemente quella di tornare all’esperienza e farci correggere dall’esperienza. Gli errori del senso si correggono considerando con maggiore attenzione che cosa ci dice il senso. 

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C’è un toccare sacro proprio anche del fedele alla Santa Comunione, per il quale egli, ricevendo Gesù eucaristico nella mano o con la lingua, tocca Gesù stesso sotto le specie eucaristiche.

 

Immagini da internet


23 settembre, 2020

Il significato mistico del senso del tatto (Prima Parte di Tre Parti)

 Il significato mistico del senso del tatto

Prima parte di Tre Parti

                                                         C’è un tempo per abbracciare

                                                                                                  e un tempo per astenersi dagli abbracci

Qo 3,5

Che cosa è la conoscenza 

La conoscenza è un modo immateriale di esistere dell’anima, per il quale essa, attuando la potenza conoscitiva, diventa intenzionalmente il reale esterno, il quale in tal modo, mediante un atto del senso (sensazione o percezione) e rappresentazione (immagine, similitudine, concetto), pur restando in sé stesso fuori dell’anima, viene a trovarsi, in quanto sentito o percepito o rappresentato, nell’anima.

L’essere intenzionale o esse cognitum è un essere immateriale prodotto dal conoscente all’interno di sé stesso, col quale tende all’essere reale esterno rappresentandolo all’interno mediante la rappresentazione. L’essere reale è la regola della verità dell’essere intenzionale, che è lo stesso conoscere. L’essere conosciuto è lo stato dell’essere reale all’interno dell’anima all’atto del conoscere.

Il conoscere, quindi, è distinto dall’essere reale oggetto del conoscere. Il conoscere è essere intenzionalmente l’essere reale esterno. Quando si attua come deve attuarsi, lo riproduce o rappresenta interiormente così com’è, e lo esprime nel linguaggio, ma mentre l’essere intenzionale è un prodotto immateriale del conoscente, l’essere reale esterno, materiale o spirituale, è un ente reale creato da Dio.

L’idealista, quindi, che riduce o identifica l’intenzionale o essere pensato o idea col reale, ovvero il pensare o conoscere con l’essere, confonde la produzione del suo concetto o della sua idea con la produzione del reale ed attribuendo al proprio pensare la produzione del reale, pretende di sostituirsi a Dio creatore del reale. Inoltre l’idealista, identificando il suo pensiero o la sua idea col reale, rende impossibile la spiegazione dell’errore, che consiste esattamente in una discordanza del pensiero dal reale.

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L’essere reale è la regola della verità dell’essere intenzionale, che è lo stesso conoscere. 

L’essere conosciuto è lo stato dell’essere reale all’interno dell’anima all’atto del conoscere. 

 

  Antonio Canova (immagine da internet)

 

21 settembre, 2020

Luigino corregge Recalcati

  Luigino corregge Recalcati

Ancora sull’immagine di Dio

Dopo una vigorosa meditazione sul Nome divino e sull’immagine di Dio contro la tentazione dell’idolatria e delle teologie autoreferenziali, nell’Avvenire di sabato 19 settembre, Luigino Bruni, procedendo lungo il tema dell’immagine, nell’articolo Ma Caino non definisce l’uomo, svolge una vigorosa e calibrata difesa della verità biblica, non senza approvare il positivo, contro il libro di Massimo Recalcati, Il gesto di Caino, circa l’origine della malvagità umana, che certamente deriva dal gesto di Caino, come sostiene Recalcati, ma che suppone – osserva Luigino - la creazione di Adamo ed Eva, i capostipiti di tutto il genere umano, creati, come ricorda ripetutamente e giustamente Luigino, ad immagine e somiglianza di Dio, bontà infinita.

Luigino riporta la tesi di Recalcati:

«“Il gesto di Caino è senza pietà. … È da questo gesto che la storia dell’uomo ha inizio. Sappiamo che l’amore per il prossimo è l’ultima parola e la più fondamentale a cui approda il logos biblico. Ma non è stata la prima parola. Essa viene dopo il gesto di Caino”».

E Luigino commenta:

«Una tesi suggestiva, che contiene però il principale equivoco e l’errore più importante del discorso di Recalcati. Lo psicanalista italiano dimentica che il gesto di Caino non è la prima parola dell’umanesimo biblico: prima del fratricidio di Caino il libro della Genesi pone l’Adam e ce lo presenta “creato ad immagine e somiglianza di Elohim (Gen 1,27). Prima dell’uomo-fratricida c’è l’uomo-immagine fatto “poco meno degli dèi” (Salmo 8), culmine della creazione, interlocutore di Dio, suo partner nella custodia della terra, mendicante di reciprocità, che esulta all’arrivo di Eva, finalmente una sua pari, l’ezer-kenegdo, colei con cui poter incrociare gli occhi alla pari (Gen 2)». Alla lettera: colei che gli «sta di fronte o davanti».
 
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 Sacrifici di Abele, Abramo, Melchisedec - Secolo: sec. VII (673 - 679) - S. Apollinare in Classe

L’offerta di Abele e Caino, mosaico del XII secolo, Cappella Palatina, Palermo

Caino uccide Abele - Mosaici del XII secolo - Duomo di Monreale



17 settembre, 2020

Luigino riprende quota

 Luigino riprende quota

Luigino riparte da Dio

In questi mesi, dal marzo scorso, come sanno bene i miei lettori, ho seguito Luigino Bruni in una serie di suoi articoli su Avvenire

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Ma il passo molto importante è quello che fa Luigino in quest’ultimo articolo «Non ad immagine d’idolo» del 13 settembre scorso, anche se il sovratitolo che nega che l’essere umano sia «simulacro» di Dio non è felice, ma comunque nel corso dell’articolo Luigino si spiega chiaramente ricordando la dottrina biblica dell’uomo creato ad immagine di Dio. «Simulacro» ha un senso evidentemente negativo e si riferisce, come spiega l’Autore, ad immagini sbagliate ed idolatriche, meschinamente antropomorfiche, della divinità.   

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Luigino Bruni. Professore ordinario.

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14 settembre, 2020

La proposta di Husserl (Terza Parte di Tre Parti)

   La proposta di Husserl

Terza Parte di Tre Parti

Stoltezza del rifiuto del realismo gnoseologico

Senza negare il valore e l’utilità dell’istanza realistica o positivistica di riconoscere un mondo esterno, empirico, e di indagare e dimostrare i fatti di questo mondo esterno spazio-temporale, Husserl qualificò in tono di spregio tale impostazione gnoseologica come atteggiamento «naturale» ed «ingenuo»,  sostenendo che tale atteggiamento non riflette il sapere in modo originario, radicale, fondamentale ed assolutamente certo sulle cose, ma  solo uno sguardo superficiale, incerto, derivato e provvisorio, che non riflette in pienezza le possibilità ben superiori dello spirito umano e della coscienza morale.

Ora, bisogna dire che la necessità da lui sostenuta, per avere la scienza e la filosofia, di abbandonare l’atteggiamento naturale del conoscere appare piuttosto urtante, giacchè il naturale, riflesso della natura umana, non è qualcosa che possediamo in modo accidentale o facoltativo, ma ciò che ci costituisce essenzialmente, ciò senza di cui non possiamo esistere. 

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Edith Stein (in religione Teresa Benedetta della Croce) - Immagine da internet

13 settembre, 2020

La proposta di Husserl (Seconda Parte di Tre Parti)

  La proposta di Husserl

Seconda Parte di Tre Parti

Il concetto husserliano della coscienza

Basandosi sul cogito cartesiano egli propone un concetto di coscienza che ha più i caratteri della coscienza divina che di quella umana. Dice:

«la coscienza, considerata nella sua “purezza”, è un complesso chiuso in se stesso, un nucleo di assoluto essere, in cui niente può penetrare e da cui niente può sfuggire; e che non ha alcun “fuori” spazio-temporale, né può inserirsi in alcuna connessione spazio-temporale, come non può esercitare o subire  alcuna azione causale in relazione a nessuna cosa – premesso che per causare s’intende la causalità naturale nel senso normale, quale cioè una relazione di dipendenza tra realtà».

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Martin Heidegger - Immagine da internet

12 settembre, 2020

La proposta di Husserl (Prima Parte di Tre Parti)

 

 La proposta di Husserl

Prima Parte di Tre Parti

Un profeta nella Babele delle lingue?

Nel clima dello scontro fra positivismo ed hegelismo nella Germania dei primi anni del secolo scorso, comparve Edmund Husserl, che volle annunciare al mondo d’aver trovato una «nuova scienza», una «scienza assoluta», la filosofia veramente prima, certa, rigorosa, universale, fondamento di tutte le scienze, scienza che pone e risolve in modo radicale, oggettivo e definitivo la questione della verità del sapere e quindi del senso della vita umana.

Husserl prometteva anche di confutare la pretesa hegeliana di risolvere l’essere nel pensiero e nel concetto, sorgente di soggettivismo e di presuntuose costruzioni teoretiche arbitrarie, e proclamava il ritorno allo sguardo semplice, intuitivo e diretto della cosa in sé intesa come essenza e dato e correlato immediato ed indiscutibile della coscienza. Su questa linea Husserl riprese il termine di «esperienza», non però nel senso empirico, ma in senso interiore, spirituale. Tuttavia poi di fatto nel suo pensiero maturo ricade dichiaratamente nell’«idealismo», come sviluppo del cogito cartesiano.

Inoltre egli era dotto in matematica ed aveva un forte interesse per la logica. Era ben consapevole del valore di verità di queste scienze, verità che peraltro si conquista solo attraverso una forte e faticosa disciplina razionale ed intellettuale, abituando la mente all’astrazione e a vivere e ad operare in un mondo che non è quello reale, ma è un mondo costruito dalla ragione, il mondo della logica, un ens rationis.  

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Edmund Gustav Albrecht Husserl

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11 settembre, 2020

Le false affermazioni di Andrea Grillo circa il preteso rahnerismo del Papa

 Le false affermazioni di Andrea Grillo

circa il preteso rahnerismo del Papa

 

Invisibilia Dei per ea quae facta sunt, intellecta conspiciuntur

Rm 1,20

Ci difendiamo con le nostre labbra:

chi sarà nostro padrone?

Sal 12,5

 

Un’altra sparata di Andrea Grillo, forse la più grossa.

I miei lettori conoscono ormai da tempo il teologo Andrea Grillo come uno dei teologi modernisti oggi più noti, che si distingue sia per la demolizione dei valori cristiani, come ha fatto per esempio nel suo attacco alla dottrina del matrimonio e della famiglia, nonché al dogma della transustanziazione eucaristica ed insultando e denigrando grandi figure di Pontefici dell’età moderna, come il Beato Pio IX o S.Giovanni Paolo II o Benedetto XVI, oppure i più coerenti e limpidi testimoni della fede oggi presenti nel collegio cardinalizio, come per esempio i Cardinali Müller, Brandmüller e Burke, nonché i recentemente scomparsi Meisner e Caffarra. Il Grillo peraltro si è divertito a infierire in modo particolare su questi illustri prelati approfittando di una punta di conservatorismo presente in alcuni di essi.

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La Tradizione come un giardino da coltivare

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10 settembre, 2020

Luigino vuole che gli empi la facciano franca

 Luigino vuole che gli empi la facciano franca

Pecca fortiter et crede firmius

Questa volta Luigino Bruni, nell’articolo di Avvenire del 6 settembre scorso È Bibbia il nome del Padre, dopo aver demolito il cristianesimo nelle puntate precedenti mettendosi a «convertire» Dio perché sia buono, pretendendo di «cambiarlo» perché lo lasci in pace, respingendo il concetto di sacrificio espiatorio, facendo l’elogio della mezza perfezione e della sete di Dio inappagata, soffocando il rimorso d’aver tradito il suo «primo patto»,  vanificando il concetto della colpa, sostituendo la beatitudine d’oltretomba con la felicità di quaggiù e convinto, nell’ultima puntata, che Dio lo salvi anche se lui non vuol meritare, questa volta tenta di ricostruire il cristianesimo sulle sue macerie facendo ricorso alla sua più miserevole contraffazione contemporanea, un astutissimo espediente escogitato ipocritamente da quegli empi che vogliono farla franca senza incorrere nei castighi divini, ma anzi godendosi – in questa vita, non nell’altra che non esiste - le delizie della cosiddetta «misericordia» del Padre, il quale – come ci assicura Luigino – perdona non dopo il peccato, ma mentre si pecca. Egli dice infatti come per avvertirci di un errore: «pensiamo che le parole di resurrezione siano quelle che iniziano dopo i peccati, dopo i tradimenti, dopo le cattiverie, dopo le maledizioni».

Non è così – ci dice Luigino – ma la misericordia del Padre consiste nel fatto che Egli ci perdona non perché, avendo peccato, ci castiga col rimorso della colpa commessa, ci ispira il pentimento e il dolore per aver peccato e meritato il suo castigo,  ci ispira la volontà di chiederGli perdono e confessare il nostro peccato, la volontà di correggerci ed i emendarci, senza perderci d’animo, e di essere perseveranti nel nostro cammino di conversione, di far penitenza e di riparare le offese a Lui e al prossimo. 

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Il Ritorno del figliol prodigo è un dipinto a olio su tela (262x206 cm) di Rembrandt, databile al 1668 e conservato nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo.

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07 settembre, 2020

Papa Francesco non è un pragmatista senza ideali

 

 Papa Francesco non è un pragmatista senza ideali

Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam

Una questione impostata male

Ne La civiltà Cattolica del 5 settembre scorso il Padre Antonio Spadaro cerca di rispondere alla seguente domanda: Il governo di Francesco. È ancora attiva la spinta propulsiva del pontificato? Già la domanda è impostata male, in modo grossolano e assolutamente inadeguato a come occorre interrogarsi in modo decente circa la delicatissima questione dell’operato di un Pontefice. Spadaro sembra interrogarsi in base al ben noto principio di Nietzsche della volontà di potenza. La potenza di un Papa è un’altra.

Spadaro sa interpretare l’azione di Papa Francesco come io so interpretare i movimenti della nostra galassia. Non una parola sulla sua dottrina, sul dogma, sulla sua pastorale, sulla sua pietà religiosa, sul suo rapporto con Dio, sulle sue devozioni, sulla sua fede, sulle sue virtù, sui suoi difetti, sulle sue gioie, sulle sue sofferenze. Sì, è vero, cita Gesù Cristo, ma tutto si ferma lì. Come il Papa vive il suo rapporto con Cristo? Non lo dice. Insiste sulla spiritualità del Papa, fino a parlare di «mistica»; ma come la intende questa spiritualità? Non chiarisce. La interpreta in modo assolutamente ambiguo. Anche Hegel aveva sempre lo «Spirito» sulla bocca. Ma che Spirito era? E il demonio non è uno spirito?

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04 settembre, 2020

Luigino vuol salvarsi senza merito


 Luigino vuol salvarsi senza merito

Luigino è grato a Dio, ma non lo ringrazia di meritare 

Questa volta Luigino Bruni nell’articolo di Avvenire del 30 agosto intitolato «La civiltà della cicogna», dopo un’introduzione ben fatta sulla gratitudine a Dio, ci presenta la solita solfa luterana della salvezza per sola grazia senza meriti. Evidentemente, questa eresia, già condannata dal Concilio di Trento proprio contro Lutero e considerata dal Catechismo di San Pio X come «peccato contro lo Spirito Santo» continua a sedurre certi cattolici. Ci poniamo allora due domande: come mai un’eresia condannata cinque secoli fa continua ad avere successo? Perché il Catechismo di San Pio X è così severo contro questa eresia?

Rispondiamo alla prima domanda. Non è facile conciliare l’idea del merito con quella della grazia, perché merito vuol dire compenso per un lavoro fatto, comprare, esigere per giustizia, mentre grazia vuol dire ricevere gratuitamente. Ora, si obbietta, delle due una: un bene o me lo procuro come compenso del mio lavoro o lo acquisto perché lo compro oppure lo ricevo perché mi viene dato gratis. Non sono possibili le due cose contemporaneamente.

A tutta prima l’idea di salvarsi senza merito sembrerebbe essere perfettamente cristiana: il doveroso omaggio all’opera gratuita della grazia, che sembrerebbe essere il fattore unico ed esclusivo della salvezza senza alcuna collaborazione da parte dell’uomo, perché in fin dei conti è Dio che salva e sennò sembrerebbe che l’uomo voglia meritare un bene superiore alle sue forze, che non può essere né pagato né meritato.  Altrimenti dove va a finire la sua gratuità? Ecco il problema in tutta la sua chiarezza.

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