Lo gnosticismo secondo Luigino Bruni - Seconda Parte (2/2)

 

Lo gnosticismo secondo Luigino Bruni

Seconda Parte (2/2) 

 Fraintendimenti di Bruni

Bruni non tiene conto del fatto che dualismo non è il semplice distinguere corpo e anima. Distinguere corpo e anima non vuol dire necessariamente separarli e contrapporli. Questa è l’operazione di Cartesio, certo sbagliata e riprovevole, anche se di fatto è vero, come osserva San Paolo, che nel presente stato di natura decaduta esiste un doloroso conflitto fra la carne e lo spirito, conflitto che però può e deve essere risolto grazie all’esercizio ascetico della vita cristiana.   

Ma opporre anima e corpo come si oppone realtà ad apparenza alla maniera di Platone o dell’induismo è pure sbagliato e sorgente di nefaste frustrazioni e pericolose illusioni. Ma è dogma di fede e verità dimostrata da Aristotele la distinzione dell’anima spirituale dal corpo così come si distingue nella sostanza materiale la forma sostanziale dalla materia prima.

Inoltre Bruni sbaglia nell’accusare San Giovanni che la l’opposizione verità-falsità e bene-male sarebbe dualismo gnostico. Il che è del tutto falso mentre invece bisogna dire che quei binomi dicono, suppongono e comportano sincerità, veracità, schiettezza, semplicità, onestà e lealtà del pensare e del parlare che rifiuta la doppiezza, lo scetticismo, l’ipocrisia, l’astuzia, la finzione, l’ambiguità, il doppio gioco, l’opportunismo e il servizio a due padroni.

Inoltre l’opposizione giovannea Dio-demonio non è per nulla dualismo gnostico, ma è connessa con la scelta inevitabile che si impone a tutti in vista di decidere del proprio destino eterno. Inoltre la prospettiva di vedere Dio in Giovanni non è un influsso gnostico, ma è il fine della vita cristiana rivelatoci da Dio.

La condanna pontificia dello gnosticismo

È strano che Bruni non citi le parole autorevoli di condanna dello gnosticismo che il Santo Padre ha pronunciato nell’Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate del 2018[1]. Il documento è di enorme interesse e importanza, perché non era mai successo che un Papa condannasse lo gnosticismo. Infatti, quando esso sorse, nel sec. II-III, a debellarlo furono sufficienti i Padri Apostolici e i primi Padri della Chiesa.

Lo gnosticismo fu un’operazione condotta da filosofi pagani soprattutto neoplatonici per dimostrare che il paganesimo greco era superiore in sapienza al cristianesimo. Esso si prospettava come la scienza suprema e divina, la piena conoscenza della verità su Dio o sull’Assoluto.

Nei secoli seguenti fino ad oggi lo gnosticismo ha mantenuto questa convinzione. Al contrario dei cristiani che utilizzavano sì i filosofi pagani, ma per interpretare il dato rivelato cristiano, rifiutando ciò che era incompatibile con la fede, senza la pretesa di sostituire il sapere al credere e per formare i dogmi della Chiesa, gli gnostici ritenevano che la sapienza suprema non fosse quella di Cristo e della Chiesa, ma quella di Anassimandro, di Zoroastro, di Protagora, di Parmenide, di Pitagora, dei misteri orfici ed eleusini, di Dioniso, degli stoici, di Platone, di Plotino e di Proclo e perciò si permettevano di correggere la dottrina del Vangelo o della Chiesa come fossero mitologie puerili incapaci di esprimere la sublimità del divino che essi soli avevano capito e sperimentato.

Se tra i pagani c’era un maestro di sapienza, questo era Aristotele. È interessante come essi abbiano lasciato fuori proprio lui, perché era il pagano che meglio di tutti facilita l’accesso alla fede cristiana, e difatti, come è noto, fu appunto utilizzato da San Tommaso a questo scopo.

Nei secoli successivi il problema dello gnosticismo non si presentò più fino al sec. XII col fenomeno del catarismo nella Francia meridionale e nell’Italia settentrionale. Ma a sconfiggerlo fu sufficiente l’opera di San Domenico e dei suoi seguaci.

La tentazione gnostica riapparve nel Rinascimento, che operò una rivalutazione della misteriosofia pagana, dell’ermetismo e dell’esoterismo neoplatonico, al quale si aggiunse l’influsso della Kabbala.  La Riforma luterana, per quanto intendesse essere un ritorno  al mistero della Redenzione contro il paganesimo rinascimentale, se non all’inizio, in seguito, con Jakob Böhme, si lasciò infettare dal soggettivismo gnostico greco e kabbalistico, che aveva ispirato l’antropocentrismo rinascimentale.

A partire da questo momento lo spirito della gnosi pagana cominciò ad operare segretamente nella filosofia di Cartesio, nella Fraternità dei Rosa-Croce, in Leibniz e nella massoneria, sorta a Londra nel 1717. La stessa massoneria dichiara che il fine supremo del massone è il raggiungimento della gnosi[2], il sapere assoluto, la scienza della totalità e dell’Uno, per la quale egli oltrepassa e sovrasta il sapere frammentario delle varie religioni, le unifica e collega fra di loro lasciandole nella libertà di ciascuna, nessuna di loro però di valore assoluto sovrarazionale o divinamente rivelato, ma tutte ugualmente soggette e relative alla ragione, che è divina per essenza, per cui l’uomo è divino per il fatto stesso di ragionare, come dice Hegel.

Come intende il Papa lo gnosticismo? Egli definisce lo gnosticismo «una fede rinchiusa nel soggettivismo». È detto tutto. Qui troviamo Lutero e tutti modernisti di ieri e di oggi. E ancora, lo gnosticismo è la «trasformazione dell’esperienza cristiana in un insieme di elucubrazioni mentali che finiscono per allontanarci dalla freschezza del Vangelo» (n.46). È la pretesa di cogliere la verità con le proprie idee al di sopra della verità del Vangelo. Per questo, in fin dei conti, lo gnostico non è neppure un credente, ma un presuntuoso che vuol sostituire la fede col sapere.

Che cosa intende il Papa per soggettivismo? Si tratta del difetto di fondo della gnoseologia nata da Cartesio, che si sviluppa attraverso l’idealismo tedesco fino ad Husserl. Esso consiste nel fatto che il soggetto conoscente nel conoscere non si adegua all’oggetto da conoscere, ma relaziona a sé l’oggetto e produce lo stesso oggetto.

La verità del sapere per lo gnostico non dipende dal fatto che il soggetto riflette o rispecchia o rappresenta un oggetto esterno ma dal fatto che l’oggetto è conforme al soggetto. La conoscenza per lo gnostico è semplice autocoscienza, è produzione dell’oggetto – il proprio io – che è l’unico oggetto del sapere, perché l’io è l’assoluto, è l’essere. Come Dio, lo gnostico dice di sé: io sono.

Tutto il problema, allora, tutto l’interesse dello gnostico è conoscere se stesso perché non ammette altra realtà all’infuori del proprio io. Per lui tutto è dall’io, tutto è nell’io, niente è fuori dell’io, tutto è dall’io e tutto è per l’io. È l’egocentrismo assoluto, la cui conseguenza morale è l’egoismo. Dice bene pertanto Bruni, seguendo il Papa, che lo gnostico non sa amare: ama solo se stesso,

Ora è chiaro che se l’io è ontologicamente autosufficiente e autofondato, non c’è da chiedersi chi causa o crea l’io. L’io esiste da sé. Per questo l’egocentrismo gnostico è ad un tempo ateo e panteista: ateo, perché è già Dio a se stesso, non ha bisogno di alcun Dio preesistente e trascendente che lo crei; panteista, perché l’io è tutto in senso parmenideo, è ad un tempo io e mondo, io che pone il mondo nell’io. Ma se l’io è Dio e il mondo è nell’io, allora Dio e mondo sono l’io, cioè sono la stessa cosa. Dunque panteismo.

Così per lo gnostico la coscienza non segue alla conoscenza diretta del reale come riflessione successiva sul conosciuto immanente alla coscienza, ma sta all’inizio del sapere perché l’oggetto non deve essere raggiunto, come se stesse fuori, ma è già costitutivamente presente apriori nella coscienza. Deve solo essere scovato. Per sapere il soggetto non deve far altro che riflettere su di sé, andare al fondo di sé.  

Dobbiamo osservare che è vero che la coscienza è uscita da sè in sé e ritorno a sé. Ma se essa non è stata preceduta dal contatto sensibile con la realtà esterna, trasportata rappresentativamente all’interno della coscienza, la coscienza è priva di contenuti, gira a vuoto o vaga solo nell’immaginazione.  

La scienza per lo gnostico non comporta un’intenzionalità, un’uscita fuori di sé, non comporta il raggiungimento di un reale esterno ed oggettivo, ma solo un movimento interiore di uscita e ritorno all’interno di sé, perché al di fuori della coscienza non c’è niente. Niente in essa penetra dal di fuori. Essa nel conoscere non raggiunge, non coglie, non apprende un oggetto esterno, ma l’oggetto è già interno ed è immanente alla coscienza. Husserl lo dice con molta chiarezza:

«La coscienza, considerata nella sua purezza, è un complesso chiuso in se stesso, in cui niente può penetrare e da cui niente può sfuggire; e che non ha un fuori spaziotemporale; come non può esercitare né subire alcuna azione causale in relazione a nessuna cosa, premesso che per causare s’intenda la causalità naturale nel senso normale, quale cioè una relazione di dipendenza tra realtà»[3].

«Un mondo, un esistente in generale di qualsiasi tipo pensabile non penetra dal di fuori nel mio ego, nella mia vita di coscienza. Tutto l’esterno è ciò che è in questo interno e ottiene il suo vero senso dalle offerenze originali e dalle conferme che sono interne a questo “dentro” – il suo vero essere, che perciò stesso appartiene al “dentro” come polo unitario delle mie molteplicità reali, con possibilità come facoltà»[4].

La coscienza non dipende dall’essere e l’essere non è la misura della coscienza. Men che meno la coscienza è creata dall’essere. L’essere è semplicemente il correlato della coscienza, per cui tra loro c’è solo corrispondenza reciproca: niente essere senza coscienza, niente coscienza senza essere.

Il soggetto o coscienza possiede già per conto proprio (a priori) la forma dell’oggetto, che è la regola della verità: se l’oggetto è adeguato a questa regola, allora la conoscenza dell’oggetto è vera, se no, no. La verità è data dall’essere soggettivi, non dall’essere oggettivi, come si dà nel concetto realistico del conoscere. Essere soggettivi non è un errore, ma un dovere. Per l’idealista e lo gnostico, il soggettivismo non è un vizio ma una virtù. È nell’errore invece il realista, che si sforza di essere oggettivo.

Il Papa definisce altresì lo gnosticismo con la categoria dell’esperienza, concetto oggi usatissimo proposto con disinvoltura e aria da intenditore e con significati contrastanti, come garanzia di verità, circa tutte le tematiche più ardue dell’esistenza, della vita e della morale per far passare in merito ogni genere di impostura: «una determinata esperienza che si ritiene possa confermare ed illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti» (n.36). Non si riconosce forse l’esperienza preconcettuale atematica trascendentale di Rahner?

Sono colpiti solo i modernisti o anche gli indietristi? Sappiamo come essi, anche se tomisti, sono rimasti fermi in teologia al modo di essere tomista precedente a quello  è proposto dal Concilio Vaticano II. Si tratta di un tomismo troppo ostile alla modernità, ancora con la tendenza ad una morale, ad una pastorale e ad una liturgia che risultano superate dai progressi, dalle esigenze, dai bisogni e dalle possibilità del mondo di oggi.

Forse si può rintracciare un riferimento a questa teologia superata nelle puntate del Papa contro un certo astrazionismo o rigidezza che mancano di quella duttilità ed elasticità che occorrono per far fronte convenientemente alla diversità ed alla concretezza delle situazioni.

Inoltre il Papa denuncia ripetutamente l’errore di chi vagheggia un «Dio senza carne» (n.37), accusa di «disincarnare il mistero» (ibid.), una «mente senza incarnazione, incapace di toccare la carne sofferente di Cristo negli altri» (ibid.), di «spiritualità disincarnata» (n.40). Si può individuare qui il dualismo gnostico dello spirito opposto alla materia come forza ostile o vanità illusoria.

A chi può riferirsi il Papa se non ad una metafisica che risolve la materia nello spirito e l’essere nel pensiero? Come non riconoscere qui la metafisica dell’idealismo, oggi diffusa in ambiente modernista, come per esempio quella di Rahner, quando afferma:

«l’essenza dell’essere è conoscere ed essere conosciuto in una unità originaria, che noi vogliamo chiamare coscienza o trasparenza («soggettività», «conoscenza») dell’essere di ogni ente»[5].

Come non riconoscere la gnosi hegeliana secondo la quale

«la scienza pura presuppone la liberazione dall’opposizione della coscienza. Essa contiene il pensiero e insieme anche la cosa in se stessa oppure la cosa in se stessa in quanto è insieme anche il puro pensiero. Come scienza, la verità è pura autocoscienza che si sviluppa ed ha la forma del sé, che quello che è in sé e per sé  è concetto saputo e che il concetto come tale è quello che è in sé e per sè»[6]

Come non riconoscere l’idealismo di Bontadini che risolve la materia nel pensiero? Leggiamo le sue parole:

«Ogni distinzione e più ancora ogni separazione che si ritrova o si ritrovasse nella realtà, dovrà considerarsi come dipendente da un principio opposto al conoscere e quindi, giacchè il conoscere è l’intimo dell’essere, opposto all’essere, un principio di inintellegibilità che sia insieme principio di irrealtà – la materia.  Non ci fermeremo ora sulle aporie da nascono da questo concetto; il nostro intento è qui di rilevare la stretta solidarietà, anzi l’identità che passa tra il conoscere e l’essere»[7].

Come se l’essere fosse solo il pensare e il materiale ripugnasse all’essere, tipica concezione gnostica della realtà, per la quale la riduzione della materia al pensiero comporta come conseguenza proprio quella materializzazione del pensiero che l’idealista vorrebbe evitare. Il vero spiritualismo è quello di Aristotele e di San Tommaso, che riconosce la dignità dell’essere materiale e la sua conoscibilità da parte della mente divina che lo ha progettato e creato: «nemmeno le tenebre per te sono oscure» (Sal 139,12).

Nelle parole del Papa possiamo riconoscere anche l’idealismo di Gentile, cardine del modernismo:

«La filosofia moderna, chi ben la consideri, afferma semplicemente, con ogni discrezione, questa modestissima esigenza, che il pensiero sia qualche cosa, quantunque poi, nell’approfondire il concetto di questa esigenza, la filosofia moderna senta la necessità di affermare il pensiero, non semplicemente come qualche cosa, solo un elemento e quasi un’appendice della realtà, anzi piuttosto come totalità o Realtà assoluta»[8].

Il Papa denuncia anche le pretese speculative esorbitanti dello gnostico, la cui superbia lo convince di raggiungere una tale perfezione nel sapere da possedere la stessa scienza divina onnisciente e legislatrice del bene e del male e creatrice dell’essere.

Il Pontefice esprime questa pretesa folle, erede dell’influsso del serpente genesiaco, il serpente che si morde la coda, facendo uso di espressioni  metaforiche e popolari, che possono sembrare ingenue, ma che essendo alla portata di tutti, anche degli ignari del linguaggio filosofico, sono fortemente efficaci: lo gnostico, pieno di se stesso, gonfio della propria superbia, fidando nella propria intelligenza capziosa e sofistica,  fa tutto dipendere da lui e tutto deve convergere verso di lui, capisce tutto lui  e sa tutto lui, il suo io, il suo pensare e il suo volere  coincide con l’essere, egli è la verità fatta persona che costruisce una

«enciclopedia di astrazioni» (n.37), che «può assumere l’aspetto di un ordine che ingloba tutto» (n.38): ha la pretesa di «rendere pienamente comprensibili tutta la fede e tutto l Vangelo» (n.39); «pretende di ridurre l’insegnamento di Gesù a una logica fredda e dura che cerca di dominare tutto» (ibid.); pretende di «dare le risposte a tutte le domande» (n.41); «vuole tutto chiaro e sicuro pretendendo di dominare lui la trascendenza di Dio» (ibid.).

Lo gnosticismo è l’espressione di un pensiero conflittuale, che non costruisce, non genera amore ed unità, ma distrugge e genera odio e divisione. Non è vera saggezza, conclude il Papa, perché «la vera saggezza cristiana non deve separarsi dalla misericordia verso il prossimo» (n.46). E qui Bruni ha certamente colto il segno. Ma dire che il pensare cristiano non dev’essere conflittuale, non vuol dire che, all’occorrenza, non debba essere combattivo, perchè la pace a volte si ottiene solo al prezzo di una vittoria sui nemici della pace confutando i loro errori.

Con questo documento sorprendente e geniale, che tutti gli studiosi onesti dello gnosticismo, preoccupati della salute mentale dell’uomo moderno, si attendevano da due secoli,  Papa Francesco ha schiacciato la testa del serpente, ha liberato con la verità di Cristo l’intelligenza moderna dal giogo satanico dell’io cartesiano principio di quella che i cartesiani chiamano «filosofia moderna», generatrice di tutti i mali dello spirito di questi ultimi quattro secoli, per ricondurla sul sentiero dell’umiltà e dell’adaequatio intellectus et rei, con l’esplicito richiamo, tra l’altro, all’importanza del pensiero di San Tommaso d’Aquino, richiamo che chiarisce l’intenzione di fondo della Gaudete et exsultate. Essa infatti – non sembri inopportuno il paragone – è la Pascendi di Papa Francesco.

La differenza è data dal fatto che se Pio X nella Pascendi assomiglia al terribile Cavaliere dell’Apocalisse che sbaraglia tutti i suoi nemici, Francesco assomiglia a Davide che con cinque sassi uccide il gigante Golìa.

C’è da aggiungere che tra Pio X e Francesco c’è stato il Concilio Vaticano II, il quale, come è noto, ha reimpostato il rapporto del cattolico con la modernità, strappando ai cartesiani il vanto di essere loro i moderni e attribuendo al tomista questo vanto, come ebbe già da osservare il Maritain giusto all’epoca del modernismo[9].

Non nego, col Maritain, che un merito del pensiero moderno sia stato una migliore presa di coscienza della soggettività e del mistero della divina misericordia. In questo senso tra la severità della Pascendi alla Gaudete et Exsultate c’è indubbiamente un progresso nella pastorale nei confronti del mondo moderno. Ma in entrambi i Papi medesima è la preoccupazione pastorale, e tremendo è il colpo di spada col quale essi, ministri di Cristo, colpiscono l’orrido nemico.

Bruni ha senz’altro compreso  il carattere dualistico dello gnosticismo, per il suo pensiero conflittuale produttore non di amore, ma di odio. Egli mette in luce, come Papa Francesco, l’intellettualismo astratto ed elitario dello gnosticismo, che chiude il soggetto in se stesso indurendone il cuore verso le necessità dei poveri, ma non è riuscito ad andare alla radice del male come ha fatto il Papa  svelando il principio idealistico-panteista dello gnosticismo.

P. Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 12 marzo 2024


È strano che Bruni non citi le parole autorevoli di condanna dello gnosticismo che il Santo Padre ha pronunciato nell’Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate del 2018. Il documento è di enorme interesse e importanza, perché non era mai successo che un Papa condannasse lo gnosticismo.

Come intende il Papa lo gnosticismo? Egli definisce lo gnosticismo «una fede rinchiusa nel soggettivismo». È detto tutto. Inoltre il Papa denuncia ripetutamente l’errore di chi vagheggia un «Dio senza carne» (n.37). 

Come se l’essere fosse solo il pensare e il materiale ripugnasse all’essere. Il vero spiritualismo è quello di Aristotele e di San Tommaso, che riconosce la dignità dell’essere materiale e la sua conoscibilità da parte della mente divina che lo ha progettato e creato: «nemmeno le tenebre per te sono oscure» (Sal 139,12).

Con questo documento sorprendente e geniale, che tutti gli studiosi onesti dello gnosticismo, preoccupati della salute mentale dell’uomo moderno, si attendevano da due secoli, Papa Francesco ha schiacciato la testa del serpente. Essa infatti – non sembri inopportuno il paragone – è la Pascendi di Papa Francesco. La differenza è data dal fatto che se Pio X nella Pascendi assomiglia al terribile Cavaliere dell’Apocalisse che sbaraglia tutti i suoi nemici, Francesco assomiglia a Davide che con cinque sassi uccide il gigante Golìa.

Immagine da Internet:
- Pantocrator, codice di Girona.


[2] Vicomte Léon de Poncins, Freemasonry and the Vatican. A struggle for recognition, Britons  Publishing Company London 1968.

[3] Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, Giulio Einaudi Editore, Torino 1976, pp.108-109.

[4] Logica formale e logica trascendentale, Edizioni Laterza, Bari 1966, p. 309.

[5] Uditori della parola, Edizioni Borla, Roma 1977, p.66.

[6] Scienza della logica, Edizioni Laterza, Bari 1984, p.31.

[7] Studi sull’idealismo, Edizioni Vita e pensiero, Milano 1995, p.282-283.

[8] L’attualismo, Edizioni Bompiani, Milano 2015, p.80.

[9] Antimoderno. Rinascita del tomismo e libertà intellettuale, Edizioni Logos, Roma 1979.

2 commenti:

  1. Caro Padre, lei ha dato un'eccellente descrizione dello gnosticismo. È una consolazione che ricorra alle parole di papa Francesco per definirlo in senso stretto: “una fede chiusa nel soggettivismo”.
    E subito ci dici che lì è criptato tutto lo gnosticismo, poiché lì troviamo Lutero e tutti i modernisti di ieri e di oggi.
    Perfetto.
    Ma perché non dire che lì troviamo anche il lefebvrismo?
    Alla fine il lefebvrismo si riassume nel soggettivismo. E infatti recentemente lei ha detto che il lefebvrismo può essere descritto come gnosticismo.
    Andrei anche oltre. Lo gnosticismo è, certamente, ciò che unisce modernismo e indietrismo. Ma si potrebbe anche dire che lo gnosticismo è la radice di ogni eresia, in quanto negazione del dogma cattolico. Oppure, come si dice spesso oggi, poiché da decenni i Papi non hanno voluto usare la parola eresia, lo gnosticismo è la radice di tutta l'ideologia cristiana.
    Non la pensi così?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Silvano,
      non è facile definire lo gnosticismo, perché storicamente è stato un fenomeno molto complesso e anche contradditorio, basti pensare ai due concetti dello ghnostòn=conosciuto e dell’àghnoston=sconosciuto, riferiti a Dio.
      Ad ogni modo l’essenza dello gnosticismo è la pretesa della ragione umana di superare la fede. Un esempio chiaro di gnosticismo moderno è Hegel, che pone la filosofia al di sopra della religione. E anche la concezione massonico-kantiana-illuminista è una forma di gnosticismo implicito, perché non ammette una religione rivelata o soprannaturale.
      Per quanto riguarda i lefevriani, io direi che propriamente, se vogliamo definire la loro corrente, si tratta di una corrente scismatica, perché disobbediscono al Papa, e indirettamente ereticale, perché accusano di modernismo le dottrine del Concilio e il conseguente magistero pontificio.
      Per quanto riguarda Lutero, ho fatto riferimento allo gnosticismo in quanto il Papa vede lo gnosticismo come una fede soggettivista. E questa è appunto la fede luterana.
      Tuttavia a voler essere precisi, come ho detto, lo gnosticismo è una tale forma di superbia che pretende di possedere una conoscenza assoluta di Dio con la pura ragione, superando la stessa rivelazione cristiana.
      Potremmo chiederci che rapporto c’è tra gnosticismo ed eresia. In base a quello che ho detto, risulta facilmente che lo gnosticismo è estraneo alla questione dell’eresia, perché nega sostanzialmente la verità di fede. In questo senso si può considerare un principio di eresia.
      Tuttavia non si può propriamente parlare di eresia a proposito dello gnosticismo, perché l’eresia è la negazione di una verità di fede. Ora, come ho detto, lo gnosticismo pretende di fare a meno della fede e quindi di raggiungere con la ragione un sapere superiore alla fede.

      Elimina

I commenti che mancano del dovuto rispetto verso la Chiesa e le persone, saranno rimossi.