Pietà per l’Ucraina La vocazione ecumenica dell’Ucraina - Quarta Parte (4/4)

 Pietà per l’Ucraina

La vocazione ecumenica dell’Ucraina

Quarta Parte (4/4)

«Predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15):

il contributo alla pace dei Domenicani

 

San Domenico fu particolarmente colpito da queste parole del Signore: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho insegnato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 18-20).

Per questo pensò di fondare un Ordine appositamente dedicato alla predicazione del Vangelo. E riflettendo sull’universalità del messaggio cristiano, concepì il disegno di convertire i pagani a Cristo e cominciò ad accorgersi che purtroppo i cristiani erano tra loro divisi tra un occidente unito a Roma e un oriente infetto dall’eresia, come sarebbe apparso dal contatto con i catari, eretici appunto di origine manichea.

Pertanto, lo slancio missionario di San Domenico puntò sin dagli inizi all’evangelizzazione di quelli che egli chiama i «Cumani». Domenico, per la verità, a causa dell’insufficienza delle notizie di allora, credeva che essi fossero pagani, ma in realtà, come sappiamo oggi, questi cosiddetti Cumani non erano altro che gli Ucraini, perché uno dei nomi con i quali nel medioevo era designata l’Ucraina era «Cumania»[1]. Quindi in sostanza non erano altro che scismatici imbarbariti, che traevano origine dallo scisma di Costantinopoli del 1054.

Il Papa, sul momento, non acconsentì all’aspirazione missionaria di Domenico tra i Cumani, una prospettiva che probabilmente gli parve utopistica ed irrealizzabile, ma volle che Domenico si occupasse dei bisogni più urgenti della Chiesa, che erano quelli di convertire i catari, eretici provenienti dall’Oriente di origine manichea, i quali stavano suscitando disordini ed apostasie nel sud della Francia.

Ma già nel sec.  XIII i Domenicani, accortisi dell’importanza di Kiev, fondarono un convento là. Tuttavia ben presto la comunità fu sterminata dall’arrivo dei tartari, per cui i Domenicani abbandonarono l’impresa. Sicchè l’Ordine non ebbe più per secoli conventi in Ucraina, ma la comunità domenicana di Kiev è risorta solo nel secolo scorso, approfittando dell’ecumenismo cattolico-ortodosso avviato dal Concilio Vaticano II.

Esempio eminente di questo spirito universalistico proprio del cattolicesimo connesso al carisma dell’apostolato nella fedeltà al Romano Pontefice, è San Tommaso d’Aquino, che unisce occidente ed oriente sposando il progressismo aristotelico occidentale col tradizionalismo platonico orientale. A tal riguardo, degno di menzione è l’opuscolo dell’Aquinate Contra errores Graecorum, dedicato al tentativo di persuadere i dissidenti orientali dei loro errori.

Questa percezione dei valori universali del Vangelo, insieme con le differenti culture nelle quali si può esprimere, ha fatto intuire ai Domenicani che la Parola di Dio trascende la differenza fra occidente ed oriente, trascende la stessa differenza fra cattolici ed ortodossi ed affratella tra loro queste immense porzioni dell’umanità nell’unica fede in Cristo.

Questa percezione super partes delle verità di ragione e di fede che accomunano tutti gli uomini e i cristiani fra di loro, fa del Domenicano un eccezionale promotore di coesione, fraternità, mutua comprensione e collaborazione reciproche, riconciliazione e riappacificazione fra gli uomini e fra i cristiani. E per questo lungo i secoli re, sovrani, principi capi di Stato, Papi, singole persone e comunità d’ogni genere si sono sempre serviti di Domenicani come di saggi costruttori di pace e di accordi per risolvere difficili controversie, complicate vertenze, annosi conflitti, vecchi rancori, aspri contrasti e la stessa opposizione reciproca tra belligeranti ottenendo pentimento, riconciliazione, riparazione e pace.

Il Domenicano è molto consapevole della potenza della parola ben misurata, ben mirata e ben calcolata nell’addolcire e moderare gli animi inaspriti e accesi d’ira, nel toccare le coscienze e far riflettere, nel farli ragionare, nel convertire i cuori, nello spegnere le guerre e ristabilire la pace. Santa Caterina da Siena, inerme ed eroica fautrice di pace con la potenza della Parola; Santa Chiara che ferma i Saraceni mostrando loro il Ss.mo Sacramento; San Leone Magno che ferma Attila con la Parola di Dio, Cristo che converte i peccatori col dono della sua vita, sono i modelli del combattente Domenicano.

Certamente i Domenicani nel passato, per espresso volere dei Papi, si sono adattati a far ricorso alla coercizione per tenere a freno gli eretici, che sobillavano il popolo alla ribellione e all’omicidio, ma il Santo Padre Domenico, benché severo confutatore dei catari, si tenne in disparte quando Innocenzo III volle la crociata contro di essi. Il Domenicano combatte con la parola e non si arrende al nemico neppure a costo della vita, sapendo, come diceva Tertulliano, che il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani.

Per questo il motto primitivo dell’Ordine era veritas et pax, sicchè l’Ordine, con la sua prudenza, senso di giustizia, alta sapienza e prestigio morale, sottigliezza di giudizio, misericordia e carità fraterna, ampiezza di vedute e nel contempo sensibilità per il concreto e per le differenze, con la sua capacità di distinguere il certo dall’opinabile, il comune dal proprio, il facoltativo dall’obbligatorio, e la sua capacità di calmare le passioni e gli odii, di mantenere calma, obbiettività  e lucidità laddove altri vaneggiano o sono presi all’ira, di mediare e trovare rapporti, punti di contatto e somiglianze, di congiungere progresso e tradizione, di apprezzare il buono ovunque si trovi, il diverso pur nell’identità, di usare un linguaggio onesto, franco, chiaro e preciso evitando slealtà, equivoci ed ambiguità, praticando l’evangelico amore per il nemico.

Il carisma proprio del Domenicano, lo rende, per la sua prudenza ed oggettività, un giudice ed arbitro imparziale ed affidabile nelle controversie e nei conflitti bellici. Il suo senso dell’universalità dei valori umani e del messaggio evangelico e in generale della dignità di ogni uomo, è nel DNA della spiritualità domenicana. L’apertura di mente del Domenicano lo porta a considerare l’universale, ciò che è comune a tutti i concreti, a prescindere dall’accidentale e dal particolare, ad avere il senso delle proporzioni, e a capire il diritto e il dovere di ciascuno, e proprio ciò gli garantisce la vera intelligenza del concreto nell’orizzonte dello universale astratto.

E per queste loro virtù i Domenicani si diffusero rapidamente in tutta Europa e nei secoli seguenti fino ad oggi, spargendosi nel mondo, per cui non hanno avuto difficoltà a superare le traversie e i profondi mutamenti storici e culturali avvenuti da allora sino ad oggi[2] e a saper apprezzare le più diverse culture e mentalità, sempre per il loro saper sovrastare sulle contingenze e le caducità, agganciati alla Parola che non passa, ma nel contempo capaci di incarnarla nella loro vita e nella storia, per questa loro percezione dell’universalità e perennità della natura e della ragione umana e del messaggio di Cristo.

La tradizionale combattività domenicana contro l’eresia è stata spesso fraintesa come fosse dettata da spirito di contesa o di aggressione, quando invece è vero tutto il contrario: è proprio perché il Domenicano sa che l’eresia è la sorgente delle guerre, che egli la combatte e con ciò stesso procura la pace distruggendo che le si oppone o la distrugge.

L’arcigna figura dell’inquisitore domenicano, spietato ed implacabile persecutore dell’eretico, è una calunnia messa in giro dalla massoneria, mentre è vero piuttosto che l’eretico non può aver pace né donar pace proprio perché schiavo dell’errore. La pace viene solo dalla verità offerta con amore. Per questo, sono proprio il relativismo, la doppiezza, l’opportunismo e l’acquiescenza all’errore ciò che rende possibili le guerre, benché chi adotta quei metodi possa fare la figura di persona tollerante dalle larghe vedute. Il pluralismo delle opinioni è compatibile con la pace, mentre essa è tolta o impedita dalla finzione, dalla falsità e dal disprezzo della verità.

Il Domenicano è profondamente convinto che la pace viene dall’accoglienza della verità, vissuta nell’amore e nella giustizia, verità oggettiva, universale ed eterna, fattore di comunione, di armonia, di condivisione, di unità e di concordia pur nelle diversità e nel pluralismo, così come il litigio, il dualismo, la contrapposizione, l’antagonismo, il conflitto, l’odio, la violenza e la guerra vengono dall’eresia e dalla menzogna.

 

Il compito delle Nazioni Unite

 

Governi le nazioni sulla terra

Sal67,5

        Partorì un figlio maschio,

        destinato a governare tutte le nazioni

Ap 12,5

 

Gli uomini e tutti i popoli hanno sempre compreso l’importanza che l’umanità sia governata da un solo Signore. E per questo sono nati i grandi imperi, non solo, quindi, perché alcuni popoli hanno voluto essere i dominatori degli altri o appropriarsi delle ricchezze degli altri, ma anche per un sincero bisogno di essere tutti uniti e concordi sotto un solo capo.

Solo con le scoperte geografiche del sec. XV noi europei ci siamo accorti di quanto è vasto il mondo, a parte le terre dell’Asia che conoscevamo già. Così solo da allora si cominciò a sognare un impero cristiano effettivamente universale[3]. Si pensi all’impero di Carlo V, sul quale, come si diceva, non tramontava mai il sole.

Tuttavia, già le religioni da tempo annunciavano un regno universale sotto il governo di Dio, come l’ebraismo, il cristianesimo e l’islamismo[4]. Nel sec. XVIII erano sorti progetti razionalistici come il «patto sociale» di Rousseau e la massoneria e nell’800, il marxismo e la «religione dell’umanità» di Auguste Comte basata sulla scienza. Ricordiamo altresì l’appello finale del Manifesto del Partito Comunista: «Lavoratori di tutto il mondo, untevi!».

Tuttavia, fino al sec. XIX un impero universale lo si è solo sognato. Soltanto, infatti, nel secolo scorso, dopo la terribile lezione della prima guerra mondiale, fondando la Società delle Nazioni, l’umanità ha pensato che fosse giunto il momento di un simile governo universale. Senonchè, mancando la reciproca comprensione fra occidente ed oriente e rimanendo il persistere dei nazionalismi,  non solo essi non si sono accordati, ma sono venuti a conflitto scatenando la prima guerra mondiale.

Dopo lo scioglimento della Società delle Nazioni, ma riprendendo il suo afflato ideale, nel 1948 è provvidenzialmente sorta ad opera dei vincitori della guerra l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Come abbiamo visto dai documenti del Magistero della Chiesa, l’Organizzazione delle Nazioni Unite è un organismo giuridico-politico sovranazionale, svolgente una funzione preziosissima, finalizzata ad assicurare la convivenza pacifica e la mutua collaborazione degli Stati del mondo in ordine alla realizzazione del bene comune universale o mondiale.

Questa organizzazione è stata preparata da spiriti cattolici profetici e lungimiranti, come Jacques Maritain, il quale ne L’uomo e lo Stato[5], scritto negli Stati Uniti nell’immediato dopoguerra, traccia la linea di quella che dovrà essere un’autorità politica mondiale, con evidente riferimento al saggio proposito dell’ONU, anche se Maritain precisa che per il momento dobbiamo accontentarci solo degli inizi, e lavorare con fiducia e tenacia per un suo sempre migliore funzionamento.

Successivamente la Gaudium et spes ha ripreso l’idea maritainiana, ritenendola per allora prematura, ma niente affatto irrealizzabile, anzi come meta alla quale tutti devono tendere assolutamente con solerzia e tenacia, se l’umanità non vuol conoscere una terza ed ultima guerra mondiale.

Infatti oggi le grandi potenze dispongono, come è noto, di armi così distruttive, che da esse non c’è difesa, per cui diventa impossibile vincere una guerra senza essere distrutti dal nemico. Per questo il Concilio presenta un concetto di guerra come azione essenzialmente ingiusta (nn.79-80), per cui perde di senso la tradizionale concezione della guerra giusta. Con tutto ciò il Concilio mantiene il «diritto a una legittima difesa» (n.79), il che poi non è altro che ciò che tradizionalmente si chiama «guerra giusta».

Perché allora il Concilio parla di «inumanità delle guerre» (immanitas bellorum)(n.79) o della proibizione assoluta della guerra (de bello omnino interdicendo) (n.82)? Perché pensa alle armi atomiche, senza escludere quelle tradizionali, presupposte alla legittima difesa, la quale, per il Concilio, è diritto dei singoli Stati, «finché non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci».

È chiaro che questa auspicata autorità internazionale competente non può essere che l’ONU. Per questo qui il Concilio sollecita implicitamente l’ONU ad assumersi in pieno le proprie responsabilità di autorità pubblica deputata a procurare il bene comune universale, avviandosi ormai soltanto l’ONU ad avere il diritto-dovere di usare il potere coercitivo, come si conviene alla pubblica autorità. Ciò suppone nel contempo l’abolizione delle armi nucleari e il semplice uso di quelle tradizionali.

Intanto San Giovanni XXIII nel 1963, durante i lavori del Concilio, da lui indetto, come appare chiaro,  tra l’altro, per promuovere la riconciliazione fra occidente ed oriente,  parlò, senza citare l’ONU, ma con evidente riferimento ad esso, di «poteri pubblici della Comunità mondiale» (n.74) e di «rapporti dei poteri pubblici delle singole Comunità politiche» (cioè gli Stati) «e i Poteri pubblici della Comunità mondiale» (ibid.) (cioè l’ONU) come finalizzati a consentire all’autorità mondiale di prendersi efficacemente cura «con prospettiva di soluzioni positive» (idid.) del «bene comune universale» (ibid.), ossia dell’intera umanità.

Successivamente, nel 1965, abbiamo avuto, come abbiamo visto, il discorso di San Paolo VI all’ONU, nel quale per la prima volta il Magistero della Chiesa riconosce, approva, appoggia, promuove e loda l’ONU, certo non come attualmente pienamente corrispondente al suo altissimo fine di garantire, promuovere e difendere il bene comune e la pace dell’umanità in questo mondo, ma come inizio promettente, competente ed incoraggiante della realizzazione piena di tale fine, mancando ancora in essa certi fattori necessari a tale piena e soddisfacente realizzazione, fattori senza i quali essa appare non priva di rischi e pericoli di ristagnamento ed inefficacia, condizionata e limitata dall’interferenza di quelle grandi potenze, le quali pretendono in vari modi o misure, più o meno chiaramente, di subordinare ai loro interessi il bene comune dell’umanità.

Il Papa non precisa quali sono questi fattori istituzionali, ma è facile comprenderlo in base all’analogia che già la Pacem in terris faceva tra il regime democratico di un singolo Stato della Comunità internazionale e il regime democratico che deve essere alla base dell’autorità internazionale e sovranazionale dell’ONU.

 

Suggerimenti per rendere più efficiente l’azione dell’ONU

 in rapporto ai suoi fini e compiti istituzionali

Si tratta in sostanza di introdurre questi fattori, ormai ben noti e da tempo praticati e collaudati dai regimi degli Stati democratici e già raccomandati dalla dottrina sociale della Chiesa. Alla luce di questi insegnamenti della Chiesa occorre in altre parole attuare una riforma dello Statuto dell’ONU, che consenta all’ONU di governare efficacemente su base pienamente democratica, in modo che le decisioni prese a maggioranza, siano effettivamente eseguibili ed operative senza intralci, freni o rallentamenti ingiustificati e possano essere dotate di sufficiente forza coercitiva ed obbligante[6], come si conviene ad un’autorità che disponga dell’effettivo comando dell’azione.

L’ONU, dunque, per funzionare in modo da poter impartire direttive efficaci in ordine al bene comune universale, soprattutto per i compiti di pace, come in occasione della presente guerra, potrebbe prendere a modello il funzionamento del governo federale degli Stati Uniti, che da 250 anni dà esempio a tutto il mondo di retta amministrazione della cosa pubblica[7].

Paragonare, pertanto, il governo dell'ONU al governo degli Stati Uniti non è, come credono alcuni, fuorviante, ma non è altro che una corretta applicazione del concetto analogico di autorità pubblica: che essa sia particolare (USA) o universale (ONU) – come chiarisce San Giovanni XXIII nella Pacem in terris - non cambia nulla nell'essenza dell'autorità; cambia solo il livello del suo esercizio.

D’altra parte, come già osservava Aristotele, una moltitudine di uomini o di società intermedie o di gruppi da sé non si unifica e non può perseguire un fine comune, se non sono unificati nella prassi da un principio unificante singolo personale, che li guidi al compimento del loro fine.

Occorre inoltre osservare che il bene comune, fine della società, non è la somma dei beni privati, perchè da sè il privato bada solo (e giustamente) a se stesso, se non è indirizzato da una guida che lo finalizzi al bene comune. Ora i singoli Stati della società mondiale sono paragonabili ai singoli privati rispetto al bene pubblico della società mondiale. 

Occorre dunque che, come in una società statale particolare il privato è ordinato al pubblico dal governatore di quella società, così e con maggior ragione e maggiore urgenza, se il bene della comunità internazionale dev'essere assicurato, preservato e difeso, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, che accoglie il concorso di tutte le nazioni del mondo per la comune edificazione del bene pubblico mondiale, sia presieduta da un Segretario Generale, che non sia un semplice segretario, svolgente funzioni di rappresentanza o di portavoce, ma un vero e proprio presidente, democraticamente eletto, in grado di governare e far applicare le risoluzioni decise a maggioranza, come in una qualunque normale democrazia.

In altre parole, dato che l'ONU è già un organismo giuridico finalizzato ad assicurare la convivenza giusta e pacifica e concorde dei popoli e degli Stati, pur nella diversità delle legittime opzioni, occorre che il Segretario Generale abbia il potere sufficiente, anche coercitivo (da qui il diritto dell'ONU di avere sotto controllo gli armamenti), per far applicare le risoluzioni maturate nel Consiglio di Sicurezza, il quale pertanto deve rinunciare all'irragionevole pretesa di essere l'organo decisionale, ma deve limitarsi, come dice il suo stesso nome, a svolgere una semplice pur essenziale funzione consultiva, in piena libertà di opinione.

Il bene comune, fine della società, non è la somma dei beni privati, perchè da sè il privato bada solo (e giustamente) a se stesso, se non è indirizzato da una guida che lo finalizzi al bene comune. Ora i singoli Stati della società mondiale sono paragonabili ai singoli privati rispetto al bene pubblico della società mondiale.

Come in un normale regime democratico, il Consiglio e l'Assemblea generale devono sì dibattere liberamente le questioni del momento secondo la dialettica governo-opposizione, ma dovrebbero lasciare la decisione definitiva sul da farsi al Segretario Generale, decisione che, per poter essere efficacemente operativa, non dev'essere intralciata, frustrata, invalidata od ostacolata da nessun veto, che a questo punto non appare altro che la disobbedienza agli ordini dell'autorità. Unico veto ammissibile è semmai l'obiezione di coscienza nei confronti di una risoluzione che contrasti con la legge naturale o con la Carta costituzionale dell'ONU.

Aggiungiamo inoltre che ciò che è dettato dalla sana ragion pratica riflette la volontà di Dio e pertanto non può essere, in linea di principio, considerato irrealizzabile o irrealistico, se non stanti, come adesso, condizioni parzialmente impedienti, le quali, però, essendo contingenti e legate ad uno stato storico di imperfezione morale dell'uomo (la natura decaduta), possono e devono essere gradatamente rimosse con l'aiuto di Dio al fine di progredire verso la loro piena rimozione, che coinciderà con la costituzione perfetta e definitiva di una società dovutamente ordinata.

Ora, nella misura in cui l'umanità progredisce nella costituzione di uno Stato mondiale, è chiaro che non si pone più – come alcuni hanno obbiettato - il diritto o la facoltà di emigrare in un altro Stato, né il problema di un'autorità superiore, ma gli uomini si accontenteranno di questo Stato, il quale dal canto suo avrà tutto il diritto di esercitare la suprema autorità temporale e politica, seppur sempre nel rispetto della Chiesa e della legge naturale.

Alcuni obiettano che vale il principio ubi societas ibi ius, ma non varrebbe l’altro ubi societas ibi unum imperium, da me sostenuto seguendo Aristotele. Ma tale obiezione non ha fondamento.  Rispondo infatti che non si può dare il rispetto pratico e concreto del diritto e della legge, se in una società non esiste un governante, un vicem gerens multitudinis, per dirla con San Tommaso d’Aquino, che comandi o prescriva autoritativamente il da farsi. Ora, Il comandare (praecipere) è l'espressione della volontà della persona, che è un ente fisico singolo.

È vero che può darsi una direzione collegiale, una volontà comune concordata; ma resta sempre che l'atto della volontà è metafisicamente un atto singolo del singolo, actiones sunt suppositorum. Anche l'atto della persona morale è analogamente rappresentato come atto singolo. Se diciamo «gli USA vogliono la pace», ciò non appare immediatamente, perchè abbiamo una pluralità. Ma se diciamo «l'Italia vuole la pace», ciò appare immediatamente: l'Italia è assimilata ad una persona.

 

La grande chance dell’Ucraina:

essere all’avanguardia dell’ecumenismo cattolico-ortodosso

 

La presente guerra non è solo un conflitto fra Russia e Ucraina, ma è anche guerra civile fra Ucraini, tra filoamericani tramite l’Unione Europea e filorussi, attratti dal mito della Terza Roma. Purtroppo forze filo-NATO e imperialismo russo sono penetrati in Ucraina invece di aiutarla nella sua secolare ricerca dell’unità nazionale e della pace interna interreligiosa ed ecumenica, hanno esasperato la sua divisione interna, aumentando la lacerazione invece di sanarla, perché non mosse da sincero amore per l’Ucraina, ma dalla voglia di tirarla dalla propria parte contro l’altra. 

Se vogliamo allora far cessare la presente guerra straziante e assicurare l’agognata pace in Ucraina, bisogna che Stati Uniti, Unione Europa e Russia, sotto l’egida dell’ONU, per l’aspetto politico. unitamente al Consiglio ecumenico delle Chiese e alla Chiesa cattolica, per l’aspetto religioso, aiutino l’Ucraina a chiarire e a trovare una buona volta, come tutti i popoli e le nazioni normali e democratici, la sua unità e riconciliazione nazionale. 

Con lo scioglimento dell’URSS, la Russia ha dato una prova di buona volontà, ritornando, secondo la profezia di Fatima, al cristianesimo[8]. Certo la Madonna chiedeva, per la precisione, un ritorno alla Chiesa Romana, dove soltanto regna in pienezza suo Figlio. Tuttavia, il passo della Russia fu certamente fu un passo nella giusta direzione, verso la democrazia e l’ecumenismo, passo importante, che l’Occidente cristiano e laico, soprattutto americano, avrebbe dovuto riconoscere ed incoraggiare.

Doveva pertanto apparire chiaro all’Occidente che le forze della NATO, costituite a suo tempo come difesa dalla Russia comunista, andavano mitigate, benché la Russia avesse conservato il suo armamento atomico. Fu così che negli anni ’90 del secolo scorso America e Russia, pressantemente sollecitate da tutti gli uomini di buona volontà, avviarono opportunissime trattative per il disarmo atomico.

Ma poi che è successo? Come mai si è arrivati a questo punto di rinnovato pericolosissimo contrasto fra Stati Uniti e Russia? Che cosa è successo? È successo che nel corso degli anni seguenti al crollo del comunismo in Russia e  all’accesso della Russia alla democrazia e alla libertà religiosa, i paesi europei che erano stati soggetti alla Russia comunista, invece di assumere una politica di amicizia con la nuova Russia, quasi diffidando della sua conversione, e spinti da certo rancore e da spirito di rivalsa per le umiliazioni patite ad opera dei sovietici,  vollero ad uno ad uno entrare a far parte della NATO, cosicchè la Russia si è trovata sempre più isolata e minacciata nel mondo, fino a giungere alla situazione odierna, in cui anche in Ucraina si è formato un partito antirusso, che ha portato alle elezioni di Zelensky, appoggiato dai cattolici e filobideniani, favorevole all’ingresso dell’Ucraina nella NATO.

Si comprende, allora, il grande allarme della Russia politica (Putin) ed ortodossa (Cirillo) per l’attuale situazione, benché ciò avvenga in modo simile a quando una persona è presa dal panico, che reagisce in modo irrazionale e violento, come quello di Putin, ad un nemico che la minaccia, un modo sproporzionato che tutti giustamente condanniamo con la massima severità[9].

Tuttavia, se cerchiamo sinceramente la pace, se conosciamo la psicologia umana e non fare gli ipocriti come Biden, che vuol far la figura dell’uomo di pace e del giustiziere nascondendo di essere stato un provocatore, non possiamo non restare perplessi davanti alla sua certezza di «vincere» le forze russe e cacciarle dal territorio ucraino. Non è escluso che esse, davanti alla riprovazione proveniente da moltissimi paesi del mondo (pensiamo al parere di 140 paesi espresso all’ONU e alla condanna della Santa Sede), cessino la guerra e si ritirino dall’Ucraina.

Non è escluso che Putin si ritiri convinto di aver sconfitto i cosiddetti «nazisti», che si ispirano all’ultranazionalista Stepan Bandera, del quale ho parlato, e che egli stesso ha citato nel suo discorso del 9 maggio. Non è escluso che Putin, visto che la controffensiva ucraina si è rafforzata, rafforzi a sua volta le sue truppe. Ma non sarà un gioco troppo pericoloso per tutti? Che cosa invece possiamo e dobbiamo auspicare?

Una ripresa delle trattative tra Occidente ed Oriente. Ma trattative su quali temi? L’ecumenismo. L’Ucraina, prima ancora di pace economica, istituzionale, sociale, etnica o politica, ha bisogno di pace interiore, di vera libertà religiosa, il che è come dire di ecumenismo.

Hegel ha ragione quando parla del Volksgeist, lo spirito di un popolo, un concetto ripreso, come abbiamo visto, da Bandera. Il suo sbaglio è l’ultranazionalismo o il sovranismo populista, l’idolatria della nazione o del popolo o della patria. È vero che ogni popolo ha una sua missione nell’umanità, ma al servizio del bene comune e non di se stesso, divinizzando se stesso. Sta qui lo sbaglio di Hegel: il panteismo populista nazionalistico e totalitario. Fu questo l’errore di Bandera. E siccome egli lo attinse al regime hitleriano, Putin non sbaglia del tutto a parlare di «nazisti».

Il conflitto tra Ucraina e Russia – ha detto bene Cirillo – non è, al fondo, un conflitto d’interessi territoriali, economici, nazionali, militari o politici, ma è un conflitto «metafisico», ossia spirituale, fra due opposte concezioni dell’uomo e della vita, al limite, fra due opposte concezioni dell’esistenza. Su ciò anche Dugin ha visto giusto. Gli occidentali stentano a capirlo.

Allora questo vuol dire che i protagonisti del dialogo per la pace non devono essere Biden (Zelensky) e Putin, ma il Papa e il Patriarca di Mosca.  I politici troveranno l’accordo sulla base dell’accordo del Papa con Cirillo. Occorre riunificare l’Ucraina attorno a Cristo e renderla cristianità privilegiata ed all’avanguardia dell’ecumenismo cattolico-ortodosso. Nessuno più di Cristo e di chi si appella a Lui o parla a nome di Lui è capace di creare la pace e la riconciliazione. Se non vogliamo dar voce alle armi, occorre dar voce alla Parola di Dio.

Questa vocazione ecumenica dell’Ucraina sembra d’altra parte insinuata dalle parole di San Giovanni Paolo II nella Lettera Euntes in mundum, là dove parla di «Kiev, crocevia privilegiato di culture diverse» (n.4) o afferma: «L’Europa è cristiana nelle sue stesse radici. Le due forme della grande tradizione, l’occidentale e l’orientale, le due forme di cultura si integrano reciprocamente come i due “polmoni” di un solo organismo» (n.12). L’unione Europea deve capire che l’Europa non si costruisce con missili in Ucraina a 250 km. da Mosca, ma sollecitando la Russia a far parte dell’Europa, pur restando una nazione euroasiatica. Vorrà dire, come dice Dugin, che è ora di costruire l’Eurasia, rinunciando ovviamente a dominare su Persia, India, Cina e Giappone.

Bisogna però aggiungere che gli Ucraini, dal canto loro, non hanno mai capito e tuttora stentano a capire che l’amor di patria e l’unità nazionale non richiedono necessariamente una religione di Stato, ma semplicemente l’unità di tutti i cittadini, credenti e non credenti, attorno a princìpi umanistici di una Costituzione repubblicana e democratica, che in fatto di religione ammetta la libertà di religione.

Invece purtroppo dobbiamo riconoscere che i cattolici ucraini non hanno saputo utilizzare l’ecumenismo promosso dal Concilio Vaticano II. Nel contempo è evidente che il Patriarcato di Mosca è uno strumento politico della Russia per dominare l’Ucraina, così come la promozione della democrazia è un pretesto politico di Washington per dominare l’Ucraina. Soltanto la Chiesa Romana, aralda del regno di Cristo, è totalmente disinteressata ed esclusivamente e sinceramente al servizio del bene temporale e spirituale dell’Ucraina, come lo è di tutta l’umanità.

 

Invochiamo i Santi Patroni d’Europa

 

Nell’attuale drammatica circostanza, nella quale forze demoniache agiscono nell’intento di incitare entrambi i belligeranti gli uni contro gli altri, si accendono le ire, si scatena l’odio, la violenza e la vendetta, si eccita la superbia, incapace di vedere i lati buoni del nemico, sono interrotte le comunicazioni, occorre più che mai, per vincere queste forze del male, far ricorso a coloro che in cielo le hanno già vinte per sempre e quindi possono guidarci alla vittoria. Sono i Santi. E dobbiamo in particolar modo ricorrere a quei Santi che hanno posto le basi dell’Europa cristiana, uniti sotto il Successore di Pietro, Vicario di Cristo, Re del cielo e della terra, Principe della pace.

Essi sono:

- La Beata Maria Vergine, Santissima Madre di Dio, parimenti venerata da cattolici ed ortodossi;

- San Benedetto, Padre dei monaci d’Occidente e Patrono d’Europa;

- San Basilio, Padre dei monaci d’Oriente, al quale Benedetto si è ispirato per adattare all’occidente il monachesimo orientale;

- San Nicola, Vescovo di Mira in Turchia, del sec. III-IV, già sepolto a Mira. Le sue reliquie furono trafugate da marinai italiani nel 1087 per sottrarle al pericolo musulmano e trasportate a Bari, dove tuttora si trovano. Intanto il culto di S.Nicola era giunto a Costantinopoli, dove nel sec.VI Giustiniano fece costruire una chiesa. Da allora il Santo cominciò ad essere oggetto di una venerazione ininterrotta non solo in occidente, ma anche da parte della Chiesa orientale, venerazione che non è cessata neppure con lo scisma del 1054 e dura tuttora anche presso gli ortodossi russi, i quali giungono spesso e numerosi al Santuario di Bari, dove i Domenicani gestiscono un importante centro di dialogo ecumenico cattolico-ortodosso. Il presidente Putin ha regalato una statua di S.Ncola al Santuario ed ha pregato presso la tomba del Santo.

-I Santi Cirillo e Metodio, Apostoli degli Slavi;

- San Vladimiro, Re dei Russi e Principe di Kiev, fondatore della Russia cristiana.

P. Giovanni Cavalcoli       

Fontanellato, 12 maggio 2022

Memoria della Prima Apparizione della Madonna a Fatima

Già nel sec.  XIII i Domenicani, accortisi dell’importanza di Kiev, fondarono un convento là. Tuttavia ben presto la comunità fu sterminata dall’arrivo dei tartari, per cui i Domenicani abbandonarono l’impresa. Sicchè l’Ordine non ebbe più per secoli conventi in Ucraina, ma la comunità domenicana di Kiev è risorta solo nel secolo scorso, approfittando dell’ecumenismo cattolico-ortodosso avviato dal Concilio Vaticano II.




I Santi Cirillo e Metodio, Apostoli degli Slavi,

da Costantinopoli portarono il cristianesimo, nella versione slava, nella Grande Moravia e, grazie ai loro discepoli, ai popoli della Penisola Balcanica.

 

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 Immagini da Internet



[1] I cumani erano feroci tribù guerriere pagane che facevano scorrerie in diversi paesi dell’Europa orientale, dalla Siberia all’Ungheria. Propriamente non coincidevano col popolo ucraino. Tuttavia l’Ucraina per un certo tempo fu chiamata Cumania a causa della presenza dei cumani. Cf Enciclopedia Treccani, voce UCRAINA; H. Vicaire, Storia di San Domenico, Edizioni Paoline, Alba 1960, pp.432-433.

[2] Pensiamo solo ad alcuni rivolgimenti storici che hanno messo a dura prova la cristianità, come lo scisma d’occidente, la riforma protestante, le guerre di religione, la rivoluzione francese, le due guerre mondiali e l’attuale periodo di conflitti intraecclesiali seguìto al Concilio Vaticano II.

[3] Questo fu anche il sogno di Dante, ma, come sappiamo, egli, da uomo del medioevo, pensava solo all’Europa. Nel sec. XVIII, in clima illuministico, Kant fu il teorizzatore di una «pace universale» basata sulla ragione e sull’imperativo categorico della legge morale. Fu una buona idea, che dette origine alle varie «dichiarazioni dei diritti dell’uomo», in linea con l’umanesimo di San Paolo, di Cicerone e di San Tommaso, ma purtroppo è assente il ricorso alla grazia divina, mancando la fede nella rivelazione cristiana, per cui si nota il presuntuoso pelagianesimo, tipico della massoneria e dell’ebraismo legalista sionista.

[4] L’universalismo cristiano luterano è un cristianesimo «di nazione tedesca», come recita uno dei primi libelli di Lutero contro il Papa, per cui tale evangelismo, certo non privo di spunti buoni, è  però privo di quella vera universalità che è propria del cattolicesimo ed è la pretesa di imporre a tutto il mondo lo spirito di un popolo particolare, sì con i suoi pregi, ma anche con i suoi difetti. Il nazionalsocialismo hitleriano, come ho dimostrato di recente su questo blog, non è che lo sviluppo finale di questo cristianesimo corrotto e fazioso, preparato da Hegel, Nietzsche ed Heidegger.

[5] Vita e Pensiero, Milano 1953.

[6] Evidentemente l’ONU deve poter disporre di sufficienti mezzi militari o forze di polizia o servizio d’ordine, lasciando ai singoli Stati una propria forza pubblica, adatta ad appianare i conflitti interni. Ma è assolutamente inammissibile che singoli Stati, come gi Stati Uniti e la Russia, dispongano di armi nucleari per conto proprio, del resto senza alcun vantaggio ed utilità per loro, stante la loro ben nota capacità distruttiva planetaria.

[7] Cf il libro del Maritain, Réfléxions sur l’Amérique, Librairie Arthème Fayaed, Paris 1958. In esso Maritain sostiene che il regime politico americano è quello che meglio di altri si accorda col suo progetto di nuova civiltà o cristianità profano-cristiana delineata in Humanisme intégral, la quale trova un’eco nella Gaudium et spes del Concilio Vaticano II.

[8] La Costituzione russa del 2020, riformata dopo la caduta del regime sovietico, introduce la menzione di Dio (art. 67,1 comma 2), la difesa del matrimonio come unione tra uomo e donna (72, comma 1), la promozione dei valori tradizionali della famiglia (114, comma 1). Si tratta di una Costituzione di tipo sostanzialmente democratico e presidenziale, simile a quella americana, con regolare sistema pluralistico partitico-parlamentare ed elezioni popolari del Presidente. Che di fatto resti una certa autocrazia, è vero, ma allora si tratterà di rispettare la Costituzione.

[9] Nel suo discorso per le celebrazioni del 77° anniversario della vittoria contro Hitler, Putin ha parlato di «guerra preventiva»: attaccare prima che sia il nemico ad attaccarti. Ma devi farlo con tanta violenza e in una forma così indiscriminata? Attirandoti addosso la controffensiva delle forze ucraine sostenute da altri Paesi, che cosa hai risolto? Non era meglio rinunciare all’invasione? E non sarà meglio per te ritirarti e rivolgerti all’ONU? Sei nel Consiglio di Sicurezza!

4 commenti:

  1. Caro Padre Cavalcoli,
    se non ho frainteso, i due principi da lei citati, il principio di ubi societas ibi ius, e l'altro principio, di ubi societas ibi unum imperium, sono armoniosi.
    Pertanto, capisco che c'è un senso positivo o un "ideale" del concetto e dell'attuazione di "impero".
    Tuttavia, in altre occasioni, lei hai parlato di lavorare per un impero come di una cattiva tendenza, in quanto hai ripetutamente criticato le tendenze imperialiste, ad esempio degli Stati Uniti, della Russia, della Cina, ecc.
    È troppo chiederti di fare luce su questo argomento?

    Nadia Márquez

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    1. Cara Nadia,
      usando la parola latina imperium ho inteso riferirmi al suo significato letterale di “comando” o di “governo”, nella supposizione che si tratti di un comando o governo giusto, perché può essere anche ingiusto.
      Quando invece ho parlato di imperialismo, qui si tratta, secondo il significato corrente della parola, della tendenza di certe grandi potenze mondiali a imporre il loro dominio su altri Paesi e ad estendere i confini del loro territorio al di là dei propri, con politiche eventualmente arroganti e pretenziose.

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  2. Caro Padre Giovanni,
    mi permetta di segnalare una piccola lacuna (un microscopico lapsus memoriae) nel suo scritto. L'attuale presidente dell'Ucraina è Zelensky, Volodimir Zelensky e non Kerensky. Forse un riferimento ad Aleksandr Fyodorovich Kerensky, della rivoluzione del 1917?
    Colgo l'occasione per salutarvi e ringraziarvi per tutto il vostro lavoro.

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    1. Caro Julio,
      la ringrazio della segnalazione.
      Si tratta semplicemente di un errore di battitura.

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