08 maggio, 2024

Il cogito di Cartesio e la rivoluzione copernicana di Kant - Alle origini del modernismo - Quinta Parte (5/5)

 

Il cogito di Cartesio e la rivoluzione copernicana di Kant

Alle origini del modernismo

 Quinta Parte (5/5)

Quale concetto di Dio si deduce dal cogito cartesiano?

Bontadini delinea bene la conseguenza ultima del cogito cartesiano che si manifesta in pienezza nella filosofia di Hegel e di Gentile, per la quale io non mi trovo davanti a un tu altro da me indipendente da me, al di sopra di me, un Tu divino che mi ha creato, dal quale quindi dipende la mia esistenza, un Tu col quale posso dialogare, al quale parlo e che mi parla, un Tu che posso amare e che mi ama.

Né mi trovo davanti a persone simili a me, pur esse indipendenti da me, non prodotte da me, ma creature di Dio come me, con le quali pure posso entrare in una relazione di dialogo, di amore e di collaborazione. Niente di tutto questo, perché Bontadini ci ricorda che nella visione dell’idealismo assoluto da lui condiviso: «il pensiero non ha bisogno di garanzie ...

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https://padrecavalcoli.blogspot.com/p/il-cogito-di-cartesio-e-la-rivoluzione_7.html


Occorre ricordare che tra il primato dell’idea sulla realtà e il primato della realtà sull’idea, si deve scegliere questo, come asserì Papa Francesco sin dall’inizio del suo pontificato. Identificare il pensiero con l’essere, il reale con l’ideale vuol dire identificare l’uomo con Dio.

L’idealista reifica l’idea e derealizza l’ente, come fa Berkeley. Smaterializza la materia e materializza il pensiero. Per questo Locke ammette la possibilità della materia pensante. Dall’uomo res cogitans di Cartesio salta fuori l’uomo-macchina, la res extensa di La Mettrie; Darwin confonde l’uomo con l’animale.

Oggi l’illustre scienziato Federico Faggin esprime le seguenti importanti considerazioni: “È la coscienza che capisce la situazione e che fa la differenza tra un robot e un essere umano".


Che differenza c’è tra la mira del realista e quella dell’idealista? In base a quanto ho detto, la risposta non è difficile: il realista ci vuol convincere che noi siamo creature di Dio, di un Dio che in sé esiste fuori di noi, davanti a noi, al di sopra di noi, indipendentemente da noi, prima di noi e in noi.

L’idealista invece ci vuol convincere, col tono oracolare di chi ci svela la nostra vera dignità, che il nostro vero essere non è affatto il nostro io empirico, che noi quindi non siamo affatto creati da un Dio distinto da noi che sta lassù in cielo fuori di noi e al di sopra di noi, ma che noi stessi, nella sostanza profonda, ultima e reale del nostro io, l’io trascendentale o assoluto, siamo Dio, quel Dio che il realista si immagina come un ente supremo abitante in cielo, quel Dio lì siamo noi.

Immagini da Internet: Federico Faggin e Julien Offroy de La Mettrie

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