Pensieri di Padre Tomas Tyn, OP - Seconda Parte

  Pensieri di Padre Tomas Tyn, OP 

Seconda Parte 

Ogni essere finito tramite la sua finitezza mi dice: guarda che non sono io che mi sono posto nell’essere, né io possiedo da sempre l’essere. C’è stato Qualcuno che mi ha dato l’essere.

Quindi, ogni ente finito testimonia dell’ente infinito che gli ha dato l’essere.

Però nel contempo, l’essere dell’ente finito non si riduce al suo essere dipendente. Cioè l’essere di ogni entità creata è un essere proprio a quella entità creata. Non è un semplice dipendere, è un essere tale cosa. Non è un puro essere dipendente.

(P. Tomas Tyn, OP - La causa prima, p.10)

 

Ragione e fede vanno perfettamente d’accordo, e proprio questo poi dona un certo coraggio nell’esplorazione diciamo così scientifica, perché non si teme di affrontare qualsiasi discorso.

(P. Tomas Tyn, OP - La causa prima, p.4)

 

La fede non è un salto nel buio. La fede non è credere alle favole. Credere al dogma rivelato di fede non è credere nei miti. San Paolo si preoccupa proprio di distinguere questi mythoi, cioè i miti, dal contenuto della fede.

Non voglio sempre fare il drammatico, un po’ come si esprime il profeta Geremia nelle sue “Lamentazioni”, tuttavia penso che sia appropriato notare che al giorno d’oggi la nostra fede è fortemente minacciata da una recrudescenza di quella che si può chiamare senza esagerazione una neognosi. In sostanza, c’è una nuova gnosi, che vorrebbe in qualche modo convincerci che ciò che noi crediamo sono dei miti, in sostanza dei simboli psicologici, un’apparenza simbolica, ma nulla di più di questo.

Vedete che io mi preoccupo tanto, miei cari, perché della Trinità poco si parla al giorno d’oggi. Si parla di tante cose, sì, anche importanti, ma sembra quasi che tutto sia ridotto semplicemente all’agire e in particolare all’agire sociale. Non va bene questa continua agitazione. Invece ogni beneficio pratico ci sarà dato in sovrappiù, purchè ci sia l’essenziale, ossia la contemplazione delle cose di Dio.

Perché dover renderci infelici su questa terra, se il Signore ci promette una certa felicità già quaggiù? Guardate che noi siamo chiamati ad essere veramente felici e beati già da quaggiù. Il cristianesimo non è pessimismo.

La Costituzione americana dice che ciascuno ha il diritto di essere felice; ebbene, il cristianesimo dice che ciascuno ha il dovere di essere felice: questa è la differenza, vedete, e quindi bisogna già da quaggiù, su questa terra, cercare di essere felici anticipando quella felicità di cui saremo beati per tutta l’eternità. Il che vuol dire cominciare a contemplare la Trinità.

Vedete, al giorno d’oggi tutto è concentrato sulla terra e sulle sue meschinità; è per questo che siamo così tristi, miei cari. Quindi concediamoci ogni tanto un po’ di festa nel nostro cuore elevando la mente a Dio.

Quando ci si sforza con il pensiero di elevarsi alle cose divine, si prova all’inizio un po’ di amarezza, ma poi giunge una grande gioia; mentre, al contrario, le cose di questo mondo sono tali da darci all’inizio un’apparente gioia, per poi lasciarci una grande tristezza.

(P. Tomas Tyn, Brani da: La consostanzialità col Padre)

 

È molto vero l’inno cristologico di San Paolo della Lettera ai Filippesi; esso dice una profonda metafisica verità, nel senso che veramente il Cristo rinuncia alla sua uguaglianza con il Padre, perchè si riveste di una povera natura che è creata, che di per sè non è; Egli che E’, assieme al Padre e allo Spirito, si riveste di un qualcosa che non è.

Ecco lo svuotamento di Cristo.

Però non è che abbia cessato di essere Dio, di essere la pienezza dell’essere, ma al di là dell’essere, nell’unità della pienezza dell’essere, assume un qualche cosa che di suo, per se stesso, non è.      

(P. Tomas Tyn, OP - La formazione del dogma cristologico, p.3)

 

Se uno mi chiedesse: chi è Dio?

Io rispondo: Dio è il semplice Essere.

Nulla di più, ma anche nulla di meno.

E nell’essere c’è tutto ovviamente, perchè voi capite che tutto ciò che è, è in virtù dell’essere. Tanto è vero che l’essere è proprio ciò in virtù di cui semplicemente si è, si emerge dal nulla. Vedete l’aspetto esistenziale? Notate, l’essenza è ciò per cui una cosa è se stessa. L’essere è ciò per cui la cosa semplicemente è, esiste.

L’essere, il semplice esistere, coincide con l’essenza solo in Dio. E così si costituisce l’ente infinito.

In tutte le realtà distinte da Dio, l’essenza si distingue dall’essere. Cioè quelle realtà, proprio in quanto non sono Dio, per quel non essere Dio, possiedono un limite che stacca la loro essenza da quella essenza che è la pienezza dell’essere. Quindi, c’è l’essere ma diminuito, decaduto dalla ampiezza infinita dell’essere stesso.

(P. Tomas Tyn, OP - (La causa prima, p.8)

 

L’abito della grazia non è Dio, ma una creatura, però nell’abito della grazia l’uomo è elevato spiritualmente in maniera tale da avere per oggetto del suo conoscere e del suo amare Dio nella sua essenza. Quindi si potrebbe dire che Dio crea nella creatura una creatura che è al di sopra di ogni altra creatura, e questa è la grazia, come abito creato

(P. Tomas Tyn, OP - Il fine ultimo, VII, p.2).

 

Dio ci incoraggia a pregare anche per gli altri e nello stesso tempo ci impegna ad essere ben consapevoli che siamo responsabili in primo luogo della nostra salvezza.

C’è l’una e l’altra cosa.

Il fatto che noi non possiamo meritare rigorosamente la salvezza altrui, ci fa capire che praticamente siamo responsabili solo della nostra salvezza, cioè possiamo meritare strettamente la vita eterna solo per noi stessi.

 (P. Tomas Tyn, OP - Grazia e merito, p.3)

 

Il mondo è liberato da una sola goccia del sangue di Cristo come vittima di espiazione. 

C’è una specie di sovrabbondanza della salvezza in Cristo riguardo agli uomini da Lui redenti.

Tuttavia questo vale per quanto riguarda la sufficienza del sacrificio di Cristo e non per quanto riguarda l’efficacia. Pertanto è necessario che in qualche maniera ciascuno diventi partecipe lui stesso di quella salvezza, che Cristo gli offre, unendo alle sue le proprie sofferenze e quindi rendendo in se stesso efficace la croce di Cristo.

(P. Tomas Tyn, Cristo capo della Chiesa, p.2)

 

Quando Dio santifica l’uomo non è Dio che cambia, ma è l’uomo che è innalzato alla partecipazione divina.

Così anche nell’unione ipostatica, che è il modello di ogni unione con Dio.

Cristo è il modello della santità proprio per questo, perché ogni santità consiste nell’essere uniti con Dio: da Dio deriva ogni santità.

Dio è il Santo per essenza; quindi ogni santità consiste nell’unione della creatura razionale con Dio.

(P. Tomas Tyn, OP - Grazia e merito, II, p.1)

 

Bisogna sempre provare con tanta pazienza ad aiutare noi stessi e le anime sofferenti a capire come persino la sofferenza è predisposta da Dio non per il nostro male, ma proprio per la nostra purificazione e addirittura per la salvezza del mondo.

Cosicchè una persona che soffre per così dire in eccedenza, cioè più di quanto è strettamente necessario per l’espiazione dei suoi peccati, diventa veramente come un alter Christus, come un altro Gesù, che si offre per altri uomini, una vocazione grande ma molto difficile da accettare, tanto è vero che anche Gesù nell’orto del Getsemani ebbe un momento di debolezza umana, allorché disse: “Padre, passi da me questo calice”.

È stata una reazione fisiologica del tutto normale.

 (P. Tomas Tyn, OP - La distinzione della creatura da Dio, p.4)

 

Al di là di quello che si dice e si fa all’altare, cosa molto importante, e cioè il seguire il sacerdote nei suoi gesti e in quello che dice, la vera e intensa partecipazione a questo mistero, cosa molto, molto più importante, è avere nel cuore e anche nella mente e ovviamente in tutto il nostro essere umano, avere dentro di noi questa intima convinzione che, durante l’azione sacrificale della Santa Messa, stiamo misticamente, ma realmente dinnanzi alla croce di Gesù.

Quindi con gli stessi sentimenti dovremo partecipare alla Santa Messa: come se stessimo dinanzi alla Croce di Gesù sul Golgota.

(P. Tomas Tyn, OP - L’eucaristia, I, pp.1-2)

 

Fine Seconda Parte

P. Giovanni Cavalcoli, OP

Fontanellato, 22 novembre 2022

Quando Dio santifica l’uomo non è Dio che cambia, ma è l’uomo che è innalzato alla partecipazione divina.

Così anche nell’unione ipostatica, che è il modello di ogni unione con Dio.

Cristo è il modello della santità proprio per questo, perché ogni santità consiste nell’essere uniti con Dio: da Dio deriva ogni santità.

Dio è il Santo per essenza; quindi ogni santità consiste nell’unione della creatura razionale con Dio.

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